BUTTI, Enrico Annibale
Commediografo e romanziere milanese, nato il 19 febbraio 1868 e morto il 29 novembre 1912. Fu una delle più significative figure d'artisti, sulla soglia tra il secolo decimonono ed il ventesimo. Venuto al teatro sul finire dell'Ottocento quando ancora il teatro, influenzato dai naturalisti francesi e dalla scuola di Becque e del Teatro Libero, temperava in una commedia verista italiana, borghese e psicologica, la tranche de vie dei commediografi d'oltralpe, il B. parve compiere, sotto un'evidente derivazione ibseniana, un idealistico tentativo di teatro di pensiero contro le angustie d'un teatro che mirava a rappresentare la vita senza indagare, sotto il conflitto delle passioni e delle cupidigie, le aspirazioni e i tormenti spirituali. I primi drammi, Paolo Ermoli e Il frutto amaro (ed. 1912, scritti in collaborazione con C. Hanau) aprirono subito la via ad opere maggiori, nelle quali il B., pur senza prendere ostentatamente partito nel dramma a tesi, cercò d'imporre, attraverso la rappresentazione d'umani conflitti, un vasto mondo di idee e di problemi spirituali e morali alla meditazione e alla coscienza degli spettatori. Così i problemi del piacere fine a sé stesso, quelli del bisogno religioso dell'animo umano e quelli della teoria socialista ispirarono al B., successivamente, tre dei suoi drammi più personali e più pensosamente austeri: La Corsa al piacere (ed. 1900), Lucifero (ed. 1903) e Una tempesta (ed. 1901). Per il loro contenuto idealistico e l'universalità dei loro problemi, questi tipici drammi del B., in cui l'ansia d'una ricerca di pensiero contrastava la libertà creativa d'un autentico commediografo, suscitarono interesse anche all'estero dove furono largamente rappresentati e discussi. Altre opere sue notevoli furono: Il gigante e i pigmei (ed. 1903), che, per una supposta evocazione del Carducci, diede esca ad acerrime polemiche; Fiamme nell'ombra (ed. 1907); Tutto per nulla (ed. 1906); Nel paese della fortuna (ed. 1911). Spirito meditativo e scrittore tormentato e tormentoso (v. anche le sue prose narrative: L'Immorale, racconto, 1894; L'Incantesimo, romanzo, 1897; L'Anima, memorie di Alberta Sarcori, 1903) il B. non sembrava chiamato alle grazie spensierate della commedia giocosa. In questa invece con l'Intermezzo (ed. 1912) e più con Il Cuculo (ed. 1907) ebbe grandissimi successi e forse i suoi più grandi. La breve vita di continuo travagliata dalla malattia non permise al B., uomo d'eccezione come artista e come pensatore, di dare esattamente la sua misura. Tuttavia egli riuscì a comporre nei suoi ultimi anni, nel poema drammatico in versi Il Castello del sogno (ed. 1910), se non il suo capolavoro, come egli credette e sperò, certo una specie di testamento poetico e filosofico in cui, rappresentando la vita nel suo desolato squallore, con elevata parola invita gli uomini a illuminarne le tenebre con l'amore e la fede.
Bibl.: C. Levi, E.A. Butti, con bibliografia delle opere e della critica, in Riv. teatr. ital., s. 11ª, XVI, fasc. 6°, novembre-dicembre 1912; M.B. Romani, Studio critico dell'opera di E.A. Butti, 1920; L. Tonelli, L'evoluzione del teatro contemporaneo in Italia, Palermo s. a.