GRIFFINI, Enrico Agostino
Nacque a Venezia il 19 ag. 1887 da Angelo e Maria Pozzati. Dopo un breve soggiorno in Tunisia, dove si era trasferita per motivi di lavoro, la famiglia tornò a Milano dove il G. compì gli studi e svolse la sua carriera. Conseguita la laurea in ingegneria industriale elettrotecnica nel 1910 presso il Regio Istituto tecnico superiore (poi Politecnico), dal 1913 al 1917 fu assistente del corso di costruzioni di macchine presso lo stesso istituto e insegnò meccanica e disegno di macchine presso la scuola di arti e mestieri. Ma i suoi interessi si spostarono ben presto verso il campo dell'architettura: rinunciando ad altri incarichi didattici, dal 1918 al 1920 fu assistente alla cattedra di disegno di ornato e di architettura presso il Politecnico. Nel 1927 conseguì la libera docenza in architettura generale. Insegnò dal 1935 disegno d'ornato e architettonico nella facoltà di ingegneria e tenne il corso di architettura pratica nella facoltà di architettura, sempre a Milano. Dal 1939 al 1950 fu professore incaricato di elementi costruttivi presso la stessa facoltà; poi, per due anni, insegnò architettura tecnica a Pisa.
Molto attivo nell'ambiente culturale e artistico della sua città, fece parte, per la sezione di arte sacra, del comitato della prima (1923) e della seconda (1925) edizione della Biennale per le arti decorative di Monza; partecipò poi alla quarta (1930), alla quinta (1933) e alla sesta (1936) Triennale di Milano. Nel 1923 fu invitato all'Esposizione di architettura ed edilizia di Bruxelles. Nel 1929 prese parte all'Esposizione internazionale delle abitazioni e dei piani regolatori a Roma; nel 1930, all'Esposizione internazionale di architettura moderna a Budapest; e nel 1937, all'Exposition internationale des arts et des techniques a Parigi. Ricoprì incarichi nell'ambito del Sindacato fascista degli architetti: fu segretario dal 1936 della sezione milanese e dal 1938 fu nel direttorio nazionale.
Dopo un debutto professionale, che lo vide partecipare a diversi concorsi di architettura - in collaborazione con il fratello Alberto, ingegnere civile, e con il collega di insegnamento Paolo Mezzanotte - e dopo una serie di opere ispirate ai modi del cosiddetto barocco fiorito lombardo, i suoi orientamenti culturali si rinnovarono radicalmente. Nel 1927, a seguito del viaggio di studio al quartiere modello di Weissenhof a Stoccarda, dove visitò con particolare interesse anche la mostra dei materiali e dei sistemi costruttivi, fece propri i temi del razionalismo. Sottoscrisse il "Programma di architettura", pubblicato sul primo numero (maggio 1933) di Quadrante, rivista di architettura e cultura diretta da M. Bontempelli e P.M. Bardi, e aderì al Movimento italiano per l'architettura razionale (MIAR). Fu redattore di Quadrante e collaborò alle principali riviste italiane, come Rassegna di architettura, Domus, Architettura.
Sebbene non facesse parte della generazione direttamente coinvolta nel dibattito sul rinnovamento del linguaggio architettonico, che interessò l'ambiente accademico e professionale a partire dalla metà degli anni Venti, il G. fu un protagonista della cultura architettonica tra le due guerre ed è considerato tra i "pionieri del razionalismo italiano". Portò all'attenzione, attraverso una intensa attività di ricerca accompagnata da fortunate iniziative editoriali, la questione dell'abitazione, impostando il problema della casa popolare come "problema sociale costruttivo ed economico". Il suo lavoro Costruzione razionale della casa (Milano 1932) è considerato il primo manuale moderno sull'argomento ed ebbe un ruolo centrale nel dibattito architettonico. Il G. vi raccolse riflessioni già anticipate in scritti per La Casa (1929) e per Atti del Sindacato fascista degli ingegneri (1931). Il volume, ristampato in molte edizioni e tradotto anche in spagnolo nel 1953, fu accompagnato, nel 1934, dal Dizionario dei nuovi materiali per l'edilizia, un elenco descrittivo, per categorie, di oltre 1000 nuovi materiali per la costruzione, cui si aggiunse Elementi costruttivi, edito nella prima versione nel 1943 e ristampato dopo la guerra (Milano 1949).
Al G., che con Mezzanotte prese parte ai concorsi per la ricostruzione di piccole case rurali (concorso "Ercole Marelli", 1919) e delle chiese (1920, primo premio), per il monumento al fante sul monte S. Michele (1920-21) e per un monumento ai caduti a Milano (1924-25), si deve la realizzazione di diverse case economiche, tra cui quella per la Cooperativa case dei combattenti a Milano (1924), e dei villaggi Montegrappa e Vittorio Veneto a Melzo con G. Manfredi (1924-25), di sobborghi giardino a bassa densità, ma anche di villini. L'opera che rappresenta il punto di arrivo delle ricerche di questi anni è la palazzina Maltecca (1925-26), dal linguaggio riferibile al barocco lombardo di fine Settecento.
Il G. lavorò principalmente in area milanese per una committenza privata composta di industriali che, guardando ai modelli europei, avviarono una serie di iniziative di tipo filantropico e promossero la costruzione di case per gli operai e per il ceto medio impiegatizio. Lontano dalle polemiche sullo stile e sull'architettura di Stato, fu libero di impostare un linguaggio moderno strettamente legato all'innovazione delle tecnologie edilizie e dei materiali da costruzione; praticò una sorta di modernità pragmatica, sviluppando una ricerca coerente nel corso della sua intensa carriera didattica e professionale. Fu presente solo in alcune delle numerose competizioni di quegli anni, come il concorso per l'auditorium di Roma (con G. Cavaglieri ed E. Faludi, 1934), e quello per la sistemazione di piazza Duomo a Milano (con P.G. Magistretti, G. Muzio, P. Portaluppi) in cui il suo gruppo risultò vincitore.
Le sue ricerche sulla casa facevano riferimento alle esperienze di A. Klein e B. Taut e lo portarono ad applicare all'abitazione i concetti della moderna organizzazione del lavoro in fabbrica. La progettazione della casa popolare, secondo Klein (tradotto in Italia solo nel 1975), doveva essere condotta in modo scientifico: il dimensionamento degli ambienti derivava dall'analisi delle funzioni. Nelle realizzazioni il G. sperimentò nuove soluzioni a livello tipologico e distributivo, ma alle ricerche teoriche affiancò lo studio attento delle tecniche costruttive e dei nuovi materiali edilizi.
Esemplari sono le case progettate con G. Manfredi nel quartiere "alla Fontana" (Milano, 1927-28), realizzato per la Società edificatrice case operai, bagni e lavatoi pubblici, nata nel 1863 con lo scopo di migliorare la qualità delle abitazioni operaie, e "al Bissoncello" (Rozzano, 1929-30), commissionato dalla società Filatures de Schappes come ampliamento del quartiere operaio già esistente presso lo stabilimento. Nel primo caso il G. compì un omaggio ai Höfe viennesi; ma alle innovazioni tipologico-distributive, con la originale soluzione che prevede i servizi nelle sporgenze di facciata e l'abolizione del ballatoio, si accompagna un sobrio trattamento dei volumi nel gioco tra pareti intonacate e trame di rivestimento. Al Bissoncello il G. sperimentò l'"alloggio minimo" definendo un elemento tipo, una sezione di fabbricato con la scala, ripetibile in serie in modo da rispondere anche a esigenze di economia e standardizzazione della costruzione. Il progetto fu presentato all'Esposizione internazionale di Budapest (1930), alla II Mostra di architettura razionale (Roma, 1931), alla quinta edizione della Triennale (Milano, 1933) e alla Mostra della casa popolare (ibid., 1936).
Le ricerche più avanzate sul tema della standardizzazione si concretizzarono successivamente nel progetto per il concorso del quartiere "F. Baracca" - bandito nel 1932 dall'Istituto case popolari di Milano, cui il G. partecipò con Bottoni, Faludi e Manfredi - e, soprattutto, nelle proposte per la Triennale del 1933 dove con Bottoni presentò il "Gruppo di elementi di case popolari" e, con Bottoni e Faludi, la serie di "quattro case per vacanza": proposte che seguivano la casa smontabile realizzata, sempre con Faludi, per la Fiera di Milano (1932). Si tratta di edifici provvisori che, da una parte, testimoniano le ricerche tipologiche ma, dall'altra, rappresentano una sorta di manifesto della prefabbricazione e della tipizzazione costruttiva. La sperimentazione continuò nel progetto per un magazzino di vendita in ferro e vetro per il concorso Falck (1931, con Manfredi e Faludi, secondo premio).
Negli anni Trenta e Quaranta il G. progettò e realizzò numerosi complessi di abitazioni, con l'attenzione sempre rivolta ai caratteri tipologici e alle scelte costruttive, condizionate in questo periodo dalle prescrizioni autarchiche. Si ricordano la casa a cortile aperto a Milano (1937-40); le case per dirigenti e dipendenti di centri industriali, rispettivamente a Rho (1940) e a Gardone Val Trompia (1941), dove sono inseriti alloggi duplex; per i dipendenti della Radaelli a Rogoredo (1942-43), che si riferisce al tipo del quartiere al Bissoncello e il cui ampliamento è realizzato, sempre dal G., dopo la guerra (1946-47).
Il rigoroso metodo messo a punto nelle ricerche sull'abitazione venne applicato con successo dal G. nello svolgimento di altri temi progettuali. Progettò palazzi per uffici (sede delle Assicurazioni generali a Milano, 1937-48) ed edifici nel campo dell'edilizia assistenziale, ospedaliera e, soprattutto, industriale. Le sue opere, spesso di notevole impegno tecnico, sono caratterizzate da aderenza alle funzioni, rigore compositivo, efficacia linguistica dei materiali.
Dopo aver affrontato, all'inizio della sua carriera, il tema dell'ospedale partecipando ai concorsi per il Policlinico di Parma (1912-14), per l'ospedale dei bambini di Brescia (1922-23), per il nuovo ospedale Maggiore di Milano (1927, con G. Manfredi ed E. Bertarelli), realizzò complessi all'avanguardia, come nel caso del padiglione Granelli (1931-32) per l'istituto di patologia medica dell'Università di Milano o della colonia Lino Redaelli a Cesenatico, ora distrutta (1937-38, con C. Fratino, e 1947-48).
In particolare il padiglione Granelli, improntato a un linguaggio schiettamente moderno, esprime contemporaneamente il progresso tecnico-scientifico nei campi medico e architettonico. In seguito a questa esperienza il G. partecipò al congresso dell'Associazione internazionale degli ospedali (1935), venne inserito nel Comitato italiano per l'edilizia ospedaliera e partecipò al V Congresso degli ospedali (Parigi, 1937) con una relazione sulle questioni tecnico costruttive.
Organizzato planimetricamente come combinazione tra un blocco orizzontale (per la degenza) e uno verticale (per i laboratori) collegati attraverso un corpo centrale, il padiglione Granelli si distingue per l'eleganza della composizione, per l'accuratezza del dettaglio costruttivo e per l'impiego attento dei materiali di finitura: intonaci di colori diversi, graniti e marmi. Materiali tradizionali, ma anche nuovi, come anticorodal e linoleum, gli attribuiscono un deciso carattere di modernità. Interessante anche la pensilina in cemento armato annessa al padiglione - una soletta lunga 17 metri sostenuta da un solo pilastro centrale - la cui immagine rimanda all'espressionismo strutturale.
Nel campo dell'edilizia industriale il G. avviò, tra il 1940 e il 1950, una lunga collaborazione con la società Redaelli per la costruzione di una serie di edifici di servizio negli stabilimenti di Rogoredo e Dervio. Realizzò inoltre lo stabilimento della società Smalterie italiane (Milano, 1941) e per la Koh.I.Noor (Abbiate Guazzone, 1942-43).
Il G. fu impegnato, nel corso della sua carriera, anche in campo urbanistico: partecipò ai concorsi per il piano regolatore di Genova (con Bottoni, M. Pucci, 1931, terzo premio), di Gallarate (con Pucci, 1931, primo premio), di Verona (con Faludi, Pucci, G. Boccoli, Manfredi, T. Serra, 1932, primo premio ex aequo) e di Aprilia (con Faludi, A. Bianchetti e C. Pea, 1935).
Nel 1951 pubblicò a Milano Progetti e realizzazioni MCMXX-MCML.
Il G. morì a Milano il 22 ag. 1952.
Fonti e Bibl.: Un regesto completo delle sue opere e una bibliografia cronologica sono in M. Savorra, E.A. G., Napoli 2000. Si veda, inoltre, Diz. degli architetti del XX secolo, Torino 2001, sub voce.