TOMAI, Ennio
– Nacque all’Aquila il 3 marzo 1893 da Luigi e da Chiara Perli.
Stabilitosi in giovane età a Napoli, vi frequentò brevemente l’Istituto di belle arti, proseguendo il suo apprendistato presso lo studio dello scultore Filippo Cifariello, il quale, concluso il periodo di formazione, gli rilasciò il 16 agosto 1912 un certificato autografo che ne attestava le capacità artistiche.
Acquisite dal maestro solide basi veristiche, Tomai esordì nel 1912 sia come acquerellista sia come scultore, presentando alla LXXXI Esposizione internazionale della società amatori e cultori di belle arti di Roma l’acquerello Infanzia beata e alla I Esposizione nazionale giovanile di belle arti di Napoli i bronzi La mamma, Ritratto del tenore Brancardi e Nel bagno, ricevendo critiche positive. Tra il 1912 e il 1913 viaggiò in Europa, soffermandosi a Parigi e a Odessa. Nella città russa tenne nel giugno del 1912, presso il Circolo Dante Alighieri, una conferenza su L’arte italiana del XIX secolo e realizzò il busto-ritratto in bronzo di Boris Ivanovič Genis, critico d’arte e direttore di una scuola di teatro. Al ritorno di Tomai in patria l’opera venne esposta nel 1913 a Napoli, alla I Mostra dell’Italica ars, e nel 1914 alla II Esposizione internazionale d’arte della secessione romana, dove Tomai tornò nel 1915 presentandovi i bronzi Ritratto e Anima e materia, quest’ultimo accostabile, nella resa impressionistica unita a una certa vibrazione ‘spirituale’, a esiti fra Leonardo Bistolfi e Medardo Rosso, mentre è informata al gusto floreale la Figura di donna con cappello pressoché coeva (entrambe in collezione privata).
Negli anni della Grande Guerra, arruolatosi in artiglieria e interrotta momentaneamente l’attività scultorea, Tomai si dedicò alla grafica, rivelandosi un disegnatore di livello non inferiore allo scultore e confermando le sue inclinazioni simboliste, secessioniste e liberty, unite a una vena espressionista. Vanno ricordate in quest’ambito le illustrazioni realizzate per il periodico cinematografico napoletano L’arte muta (1916-17), tra cui spiccano ritratti di attrici come quello di Tilde Kassay e quello, raffinatissimo, di Mary Corvin, risolto in stile modernista con colori piatti e linee di contorno fluide e marcate a effetto cloisonné che richiamano le vetrate medioevali; non a caso, Tomai impostò analogamente un elegante bozzetto ad acquerello per una vetrata. In quel periodo disegnò anche manifesti per il cinema muto, ambito in cui Napoli era all’avanguardia, contando numerose case cinematografiche. Per una di queste, la Tina Film, creò nel 1919 un marchio grafico di classico vigore, che segnalava una svolta stilistica verso certo michelangiolismo ‘eroico’ riletto in chiave modernista, accostabile alla grafica neorinascimentale di Adolfo De Carolis. Un classicismo aggiornato ritroviamo anche nel bozzetto per la Federazione delle società per la protezione degli animali, che parrebbe memore del Carro del sole di Gaetano Previati, e nella cartolina per «Extemporanea ars», dove il motivo del cavaliere è riletto in chiave geometrica secessionista (tutti in collezione privata).
Tra i suoi bozzetti per illustrazioni e manifesti cinematografici arrivati fino a noi attraverso collezioni private ricordiamo Ogni alba nuova è una stella amara, Le nove stelle (1917), Una peccatrice (1918), L’ultimo romanzo (1920), La terre du diable (1922). Ma il suo interesse per il cinema andò ben oltre il campo dell’illustrazione al suo servizio, portandolo a cimentarsi anche nei ruoli di scenografo, fotografo di scena, attore, regista, soggettista (scrisse con Pasquale Parisi Il gatto nero, prodotto dalla Lombardo Film nel 1920), fino a diventare nel 1919 direttore artistico della casa cinematografica Oriental Film, che produsse la serie Liana Bracci, dal nome dell’attrice e autrice principale.
Negli anni del conflitto Tomai non interruppe l’attività espositiva, come attestano le sue partecipazioni in veste di disegnatore, a Napoli, all’Esposizione d’arte di Villa Lucia nel 1917 e alla I Mostra d’arte alla Floridiana nel 1919. Disegnò anche marchi di fabbrica (Premiata fabbrica meccanica cotone e garza) e cartoline commemorative per i caduti in guerra, oltre alla copertina per il fascicolo musicale Piedigrotta serenissima (1921) e al manifesto per la Mostra nazionale di belle arti dei grigio-verdi (1921), che mentre segnala «una certa compiacenza per il recupero dell’armonia formale dell’arte classica [...] all’interno di una composizione ancora erede del gusto illustrativo secessionista» (Salvatori, 1986, p. 222), sembra anche implicare una velata accusa ai danni della guerra, nel corteo di militari mutilati che avanza dallo sfondo verso la figura femminile panneggiata che personifica l’Arte (Cuozzo, 2000).
Dai primi anni Venti Tomai tornò a dedicarsi prevalentemente alla scultura, realizzando una serie di monumenti ai caduti, diversi dei quali poi andati distrutti, sia a Napoli (Caserma Bianchini, 1921, e Manifattura Tabacchi, 1923, perduto) sia in altre località campane e non (fra le quali Lioni, 1921; Piedimonte d’Alife, 1925; Perito, 1926; Ogliastro Cilento, 1929). In linea con le tendenze della cultura ufficiale del tempo, si riscontra «in queste opere la ricerca di vigore plastico, di volumi essenziali, di lineamenti duri e muscoli ben in rilievo», in figure «atletiche [...] di stampo neorinascimentale, e soldati romani eroici...» (Guida - Mazzella, 2000, p. 351). L’impronta classicistica è presente anche nel bassorilievo Pietà materna per la targa ai caduti del Vomero (1922). Al contempo, in sculture come L’artiglio (collezione privata), Tomai ricercava, sull’esempio di Adolfo Wildt, estenuate forzature anatomiche al limite della deformazione.
In alcuni monumenti si affacciava un tema, quello ornitologico, che, declinato in una grande varietà di motivi, sarebbe diventato il fulcro della produzione scultoria dell’artista dagli anni Trenta in avanti. Si tratta in particolare dei monumenti ai caduti di Prignano Cilento, sormontato da un grande nibbio, e di Buonalbergo del Sannio, su cui svettava un’aquila, oggi perduta, le cui ampie ali spiegate disegnavano nel vuoto un motivo grafico-cinetico dall’eco futurista, prossimo anche a certe sperimentazioni non solo scultorie, ma anche grafiche, di Duilio Cambellotti, cui Mario De Micheli (1981) ha appunto accostato Tomai: «La matrice del suo stile è ancora il Liberty, ma, come per Cambellotti, un Liberty inteso attraverso un sintetismo che ne compone con fermezza la forma. Del Liberty gli rimane il senso dell’eleganza decorativa e della linea [...]. Va detto tuttavia che le sue sculture non soffrono della rigidità propria della stilizzazione, in esse, al contrario, è sempre presente un palpito, un accento di vitalità, che le salva dalla frigidità dello schema. Ne risulta così una scultura complessa, tesa su di un equilibrio difficile, tra naturalità e astrazione, tra decorazione ed espressione. Di qui, appunto, la sua originalità» (pp. 37 s.). Dunque, se Tomai affidò alla grafica la sua adesione a un linguaggio modernista basato sulla fluidità della linea curva e sulla bidimensionalità delle soluzioni cromatiche, la sua scultura si evolvette in modo diverso. Si direzionò infatti verso un equilibrio tra l’attenta osservazione del dato reale e la sua traduzione in un linguaggio tridimensionale sintetico, informato a un’eleganza lineare e a un tornito nitore delle superfici di matrice non solo liberty, ma anche déco e postcubista, come suggeriscono la semplificazione geometrica e la compattezza dei volumi.
La sua ricca produzione animalistica e soprattutto ornitologica, nella quale si palesano queste caratteristiche, dalla fine degli anni Venti andò a comporre «una stirpe intera di volatili» (I. Valente, in Ennio Tomai scultore..., 2017, p. 11), studiati e fotografati dal vero nel suo studio napoletano di villa Haas al Vomero, dove lavorava circondato da uccelli di varie specie che volavano in completa libertà. Nacquero così le sue opere più originali, nel miglior gusto animalier: ogni uccello, dal più ‘nobile’ al più comune, incontrava l’interesse dell’artista, che ne impreziosiva la resa in scultura tramite ricercate patinature frutto di sperimentazioni personali.
Fra il 1925 e il 1940 furono numerosissime le mostre cui Tomai partecipò con queste sculture e, meno frequentemente, con sculture ritrattistiche o religiose.
Ricordiamo la I Mostra d’arte napoletana promossa nel 1925 dal Giornale d’arte (dove espose L’ultima civetteria, raffigurante un uccello morente); nel 1929 la I Mostra del Sindacato fascista artisti della Campania (con disegni di uccelli e una Pavoncella in bronzo argentato); nel 1930 la II Sindacale campana e la I Mostra nazionale dell’animale nell’arte a Roma, dove portò Inverno, Dopo la pioggia e soprattutto l’eccezionale Gazza, arditamente interpretata secondo un linearismo dinamico e astraente di ascendenza futurista. Tomai fu presente costantemente alle mostre Sindacali regionali e nazionali: nel 1932 fu membro della commissione per la scelta delle opere nella III Sindacale campana, dove espose il gesso La difesa della stirpe e un’Aquila in bronzo; nel 1933 espose alla Sindacale napoletana un Gabbiano e in quella fiorentina un Airone; nel 1934 presentò alla Sindacale di Napoli un’Aquila reale e realizzò le aquile in argento per la culla della principessa Maria Pia di Savoia (Palazzo Reale di Caserta); nel 1935 fu alla Sindacale campana con una Procellaria, un Colombo e un Falco; nel 1936 portò alla VII Sindacale interprovinciale a Napoli una Folaga (probabilmente identificabile con quella del Circolo artistico politecnico di Napoli, di cui fu socio e membro del Consiglio); nel 1937 alla II Sindacale nazionale, a Napoli, espose una Testa, un Cormorano e delle Paparelle; alle Sindacali napoletane del 1938, 1939 e 1940, portò rispettivamente un Falco, una Testa e uno Sparviere; nel 1941 prese parte a Milano, con un Falco, alla III Sindacale nazionale. Presentò sculture di rapaci a importanti rassegne nazionali: nel 1935, un Falco giocoliere alla II Quadriennale di Roma e, l’anno successivo, un’Aquila alla XX Biennale di Venezia; nel 1939 uno Sparviero alla III Quadriennale (parte delle sculture citate è pubblicata in Ennio Tomai scultore..., 2017).
Dal 1937 insegnò lavorazione artistica dei metalli al Reale Istituto d’arte di Napoli, dove stabilì collaborazioni con altri docenti, come Lelio Gelli, con cui realizzò una Vittoria alata in argento (Museo artistico industriale di Napoli), esposta alla Mostra didattica di Napoli nel 1939-40 e alla Mostra dell’istruzione artistica di Roma nel 1940 e stilisticamente vicina all’angelo simboleggiante Matteo per i quattro Evangelisti del padiglione della civiltà cristiana in Africa alla Mostra delle Terre italiane d’oltremare di Napoli (1940). Produsse anche piccole sculture d’arredo, come una Baccante (versioni in cera e in argento) e una Saliera in argento per il Palazzo Reale di Napoli.
Dai primi anni Quaranta, chiusosi un ciclo storico e il sistema artistico-espositivo a esso legato, Tomai si allontanò volontariamente dai circuiti ufficiali, continuando la sua attività artistica in privato e coltivando con passione anche la fotografia, campo in cui produsse un ampio repertorio di immagini di vario genere, dalle foto di scena alle sequenze tratte da fotogrammi di film; dagli studi per opere d’arte (ad esempio lo Studio di mani per la scultura Madonna col Bambino - Maria Ausiliatrice per un edificio del Vomero) alla documentazione di opere finite, preziosa quando queste siano andate distrutte. In campo fotografico fu anche inventore: nel 1951 brevettò un particolare visore per diapositive.
Morì a Napoli il 31 luglio 1969. Dagli anni Ottanta, studi scientifici e mostre ne hanno rinnovato il ricordo, restituendolo al quadro dell’arte italiana del suo tempo.
Alcune sue opere sono in collezioni pubbliche: la Galleria d’arte moderna di Milano conserva un Falco giocoliere, Palazzo Pitti a Firenze custodisce un Nibbio e il Comune di Napoli un Fagiano ferito, recentemente attribuito a Tomai da Rosa Romano D’Orsi. Inoltre, una Testa di giovane è nella collezione di Intesa Sanpaolo - Banco di Napoli.
Lo scultore Luigi Mazzella, suo allievo, gli ha dedicato un monumento ubicato a Napoli nei pressi dello studio di villa Haas.
Fonti e Bibl.: L’Aquila, Ufficio di stato civile del Comune, atto di nascita n. 155; L’arte muta, I (1916), 1 e 3; Il monumento in bronzo dello scultore Tomai ai caduti in guerra di “Lioni”, in Il Roma della domenica, 4 dicembre 1921; A. Pappalardo, Pittori e scultori d’Abruzzi e del Molise, in Il Mattino, 24 gennaio 1926; G. Artieri, Cronache napoletane. La I Mostra sindacale campana a Posillipo, in Emporium, LXX (1929), pp. 242-249; Prima mostra regionale d’arte. Circolo artistico politecnico (catal.), Napoli 1950, p. 24, n. 32bis; Mostra sociale d’arte. Circolo artistico politecnico (catal.), Napoli 1952, p. 12; U. Schioppa, Arte napoletana contemporanea, Napoli 1956, p. 45; M. De Micheli, La scultura del Novecento, Torino 1981, pp. 37 s.; P. Ricci, Arte e artisti a Napoli (1800-1943), Napoli 1981, p. 854; G. Salvatori, E. T., in In margine. Artisti napoletani fra tradizione e opposizione, 1909-1923 (catal.), a cura di M. Picone Petrusa, Milano 1986, pp. 221-230; La raccolta d’arte del Circolo artistico politecnico di Napoli, a cura di L. Martorelli, Napoli 1991, p. 161, n. 94; G. Salvatori, E. T., in La pittura in Italia. Il Novecento/1, Milano 1992, pp. 1092 s.; Scultura italiana tra XIX e XX secolo (catal.), a cura di A. Panzetta, Bologna 1996, pp. 16-26; F. Guida - L. Mazzella, E. T., in Arte a Napoli dal 1920 al 1945. Gli anni difficili (catal.), a cura di M. Picone Petrusa, Napoli 2000, pp. 351-353; M. Cuozzo, Specchi dei tempi. Le arti grafiche a Napoli tra le due guerre, ibid., p. 101; A. Panzetta, Nuovo dizionario degli scultori italiani dell’Ottocento e del primo Novecento, da Antonio Canova ad Arturo Martini, Torino 2003, p. 905, ill. n. 1837; M. Cuozzo, Illustrazione e grafica nella stampa periodica napoletana dalla Belle époque al fascismo, Napoli 2005, passim; L. Strozzieri, E. T., in Gente d’Abruzzo. Dizionario biografico, a cura di E. Di Carlo, I-X, Castelli 2006-2007, X, pp. 89 s.; I. Valente, Scultori a Napoli al tempo di Renda. Un viaggio fra le tendenze artistiche di fine Otto e inizio Novecento, in Giuseppe Renda, 1859-1939, tra tradizione e rinnovamento (catal.), a cura di D. Esposito, Napoli 2007, pp. 11-47; La Campania e la Grande Guerra. I monumenti ai caduti della provincia di Salerno, a cura di M.R. Nappi, Roma 2009, pp. 172-176, 189 s.; La Campania e la Grande Guerra. I monumenti ai caduti di Napoli e provincia, a cura di M.R. Nappi, Roma 2011, pp. 181, 243; Eccellenze a Napoli a tutto tondo, da Ammendola a Tizzano. Scultori fra Otto e Novecento (catal.), a cura di D. Esposito, Napoli 2011, p. 32; M. Picone Petrusa, Dalla Secessione al “ritorno all’ordine”: le vicende della scultura, in Il bello o il vero. La scultura napoletana del secondo Ottocento e del primo Novecento (catal., Napoli), a cura di I. Valente, Castellammare di Stabia 2014, pp. 63-74; R. Romano D’Orsi, E. T., ibid., pp. 446, 550 s.; E. T. scultore (1893-1969) (catal.), a cura di P. Del Cimmuto, Rivisondoli 2017; R. Romano D’Orsi, E. T., in Storia, arte e città. Le collezioni della Fondazione “Circolo artistico politecnico” di Napoli da Giuseppe Caravita Principe di Sirignano, a cura di I. Valente, II, Napoli 2018, pp. 466 s.