Guarnieri, Ennio
Direttore della fotografia, nato a Roma il 12 ottobre 1930. Attento ritrattista di attrici e attori, deciso a rifiutare ogni forma di cliché autoriale, si è dimostrato uno dei più versatili e raffinati artigiani del colore nel cinema italiano degli anni Sessanta e Settanta, legando il proprio nome a quello di cineasti dal taglio estetizzante come Mauro Bolognini (per il quale ha fotografato una decina di film) e Franco Zeffirelli. Nel 1973 per Fratello Sole, sorella Luna (1972) e nel 1983 per La traviata, entrambi di Zeffirelli, ha ottenuto il Nastro d'argento. è stato anche candidato nel 1973 al BAFTA Award per Il giardino dei Finzi Contini (1970) di Vittorio De Sica, regista di cui ha seguito da vicino gli ultimi anni della carriera.
Dopo gli studi da geometra, arrivò per caso al cinema come assistente del direttore della fotografia Anchise Brizzi dal 1949 al 1956, e quindi di Otello Martelli e Gianni Di Venanzo, dal quale apprese i segreti dell'uso della luce diffusa. Per un anno, nel 1961, fu operatore alla macchina, prima con Roberto Gerardi e poi con Marcello Gatti. Nel 1962 girò il primo film come direttore della fotografia, I giorni contati, seconda regia del giovane Elio Petri; ma a mettere in evidenza il suo talento fu soprattutto lo stile delle immagini in bianco e nero di Luciano, una vita bruciata di Gian Vittorio Baldi, di Il mare di Giuseppe Patroni Griffi (il cui taglio documentaristico non occulta un'ambigua morbidezza), entrambi del 1962, e di L'ape regina (1963) di Marco Ferreri. Nei suoi primi film G. abbinava il lavoro sulle luci a quello di operatore alla macchina. Passato al colore dopo la metà degli anni Sessanta, si fece apprezzare come attento cesellatore della luce sul volto delle attrici, diventando l'operatore personale di star dell'epoca quali Virna Lisi, Sylva Koscina e successivamente Mariangela Melato. In particolare, le luci da lui concepite per la Koscina in L'assoluto naturale (1969) di Bolognini, a metà strada fra kitsch e tradizione figurativa colta, restano tra i capisaldi della fotografia italiana di quel periodo. In quegli anni G. cominciò a sperimentare nel colore l'uso della luce diffusa, ottenendo risultati di grande raffinatezza in Medea (1969) di Pier Paolo Pasolini e in Il giardino dei Finzi Contini, dove la morbidezza del colore materializza bene il dignitoso dolore dei personaggi del romanzo di G. Bassani.
Negli anni Settanta seppe sfruttare le nuove emulsioni per lavorare sia sugli impasti di sfumature (Fratello Sole, sorella Luna) sia sui colori pieni (Travolti da un insolito destino nell'azzurro mare di agosto, 1974, di Lina Wertmüller), adattando di volta in volta il proprio stile alle necessità del racconto. A contatto con l'estenuata eleganza delle ricostruzioni d'epoca di Bolognini, seppe dare il meglio di sé soprattutto negli affreschi letterari, come quelli urbani di Metello (1970), Bubù (1971), L'eredità Ferramonti (1976), La storia vera della Signora dalle camelie (1981), e quello contadino di Per le antiche scale (1975), dove mille nuances dei colori della terra sembrano uscire dalla nebbia come fantasmi del passato. Operatore sempre eclettico, nel 1983 ha girato due film diametralmente opposti per concezione figurativa quali La traviata di Zeffirelli, dove le scenografie in plexiglas consentono curiose avventure cromatiche, e Storia di Piera di Ferreri, d'impianto estremamente realista. Ha lavorato anche con Federico Fellini ‒ incontrato già all'epoca di La dolce vita (1960), quando era assistente di Martelli ‒ trovandosi a suo agio più negli spot pubblicitari girati dal regista che negli esterni di Ginger e Fred (1986), film da lui abbandonato (e terminato da Tonino Delli Colli) per poter girare la seconda parte del kolossal televisivo A.D. ‒ Anno Domini (1985) di Stuart Cooper. In seguito, pur diradando gli impegni cinematografici (ha lavorato soprattutto per la televisione), è tornato al fianco di Ferreri per La carne (1991), della Wertmüller per Ninfa plebea (1996) e di Zeffirelli per Storia di una capinera (1993) e Callas forever (2002). Ha inoltre firmato le immagini di Il diario di Matilde Manzoni (2002) di Lino Capolicchio, al suo secondo film come regista. Tra gli altri registi con i quali ha collaborato si ricordano Luigi Comencini, Dino Risi, Carlo Verdone e Luigi Zampa.
S. Consiglio, F. Ferzetti, Ennio Guarnieri. Quale luce senza storia?, in La bottega della luce: i direttori della fotografia, a cura di S. Consiglio, F. Ferzetti, Milano 1983, pp. 96-105.