ENGELBERTO (Enghelberto)
Conte di Gorizia terzo di questo nome, "advocatus" della Chiesa di Aquileia, dei monasteri di Millstatt in Carinzia e degli episcopati di Parenzo e di Pola, nacque nella prima metà dei sec. XII dal conte Engelberto (II) e dalla moglie di questo, Adelaide. Verso il 1170 sposò Matilde o Mechthild di Andech s. Merania, figlia di Bertoldo III di Andechs, dal 1173 marchese d'Istria e dal 1180 duca di Merania. Da Matilde, ricordata come sua moglie per la prima volta nel 1183 (Wiesflecker, I, n. 276), E. ebbe il figlio Mainardo (IV).
Casata influente, quella degli Andechs-Merania svolgeva un ruolo importante nell'area dell'alto Adriatico e godeva di vaste relazioni in tutta Europa. Matilde era stata sposata in prime nozze con Federico di Hohenburg-Pozzuolo, appartenente ad una famiglia di grandi signori fondiari dell'Istria. Ella deve aver portato in dote ad E. un decisivo incremento territoriale in Istria, dove i conti di Gorizia, dopo il fallimento della politica da loro avviata nei confronti del patriarca d'Aquileia suggellata dall'accordo di Ramuscello del 1150, si impegnarono a fondo. Nel sec. XIII i conti di Gorizia succedettero agli Andechs anche nel Tirolo, in particolare a Bressanone e nelle sue contee feudali e nelle sue "advocatiae": anche in questo caso la successione era fondata probabilmente sul matrimonio di E. con Matilde.
Dopo la morte dei padre, avvenuta nel iigi circa, E. e suo fratello Mainardo (III) gli succedettero nella contea, al cui governo già in precedenza erano stati chiamati a partecipare. Nel 1191 E. viene indicato per la prima volta dalle fonti come "advocatus" della Chiesa di Aquileia (Wiesfiecker, I, n. 296). Nel 1192, durante il viaggio di ritorno dalla Terrasanta, il re d'Inghilterra Riccardo I Cuordileone attraversò il territorio di E. e del fratello di questo: non è stato chiarito quale fu il ruolo dei due conti di Gorizia nella fuga del sovrano (ibid., I, n. 296). Nel 1195 Mainardo parti per la crociata e lasciò la signoria sino al suo ritorno, nel 1198, al fratello. Poco dopo E. e suo fratello si misero nuovamente in lite con il patriarca d'Aquileia. In forza dei trattato di Ramuscello, con la morte di Engelberto (II) l'importante fortezza di Moosburg era passata al patriarca: i conti di Gorizia non vollero accettare questa perdita e minacciarono Pellegrino II, patriarca dal 1195, di usare la forza delle armi. Nel novembre del 1199 si allearono con la città di Treviso contro il patriarca. Nel 1200 una sentenza di Salinguerra, allora podestà di Verona, scelto come giudice arbitrale dalle due parti - sentenza che, fra parentesi, venne giurata in tedesco da E. e da suo fratello -, non riusci a produrre una pace duratura. Dopo scontri armati, solo lunghe e complicate trattative, alle quali parteciparono i duchi di Austria-Stiria, del Tirolo, di Andech s.Merania e di Carinzia, nonché i conti di Appiano e di Weichselburg, portarono ad un accordo tra i conti di Gorizia ed il prelato. Il 27 genn. 1202 E., suo fratello ed i loro compurgatori giurarono in Cormons il trattato di pace, che Pellegrino II giurò in Udine il giorno dopo. Il 5 febbraio successivo fu rilasciato, in Gorizia, il documento relativo alla pace.
I conti di Gorizia si impegnavano a non stringere leghe con Treviso, a non molestare il patriarca e a portargli aiuto in caso di guerra con milizie mercenarie. In considerazione di ciò, E. e suo fratello ricevettero in piena proprietà il castello di Gorizia; la fortezza di Moosburg rimase a loro; fu definito di nuovo l'accordo di "advocatia" tra i conti di Gorizia e la Chiesa di Aquileia.
Dopo l'accordo del 1202 vi fu per il momento armonia tra E., suo fratello ed il patriarca: Wolfgero, il nuovo presule salito alla cattedra di Aquileia nel 1204, compose una vertenza tra il capitolo di Aquileia ed i conti di Gorizia a proposito della "advocatia" di Marano, pronunziandosi in favore dei conti. Nel corso di una controversia con la città di Venezia, il medesimo patriarca deve aver inviato E. presso Filippo di Svevia, come suo legato (ibid., I, n. 322). Dopo la morte di Wolfgero nel gennaio del 1218 E. fu incaricato delle funzioni di capitano generale; tuttavia egli, per quanto ci è noto, non portò questo titolo, e la sua carica non corripondeva a quella dei titolari della stessa in epoca posteriore. E. fu nominato comandante delle truppe friulane e riusci a sedare le agitazioni interne e assicurare la sicurezza generale. Anche dopo l'arrivo dei nuovo patriarca Bertoldo di Andeclis-Merania, un nipote della moglie Matilde, E. conservò il suo ufficio.
"Advocatus" del monastero di Millstatt in Carinzia al pari dei suoi predecessori, dopo una lunga vertenza con quel cenobio E. rinunziò - per sé e per i suoi successori - nelle mani dell'abate Alkerio - ad ogni suo diritto ad esigere "a fratribus Milstantensibus" lo "advocatie modium, qui vulgo vôtimûtti dicitur", dopo che "ipse abbas et fratres XL marcas Frisacensis monete publice michi persolverunt". Nel protocollo della pagina abdicationis relativa a quest'atto, fatta redigere in Villaco il 30 nov. 1202, "ne de cetero michi vel cuiquami inibi advocato eiusdem cenobii fratres super eodem modio exigendo liceat infestare", egli si intitola "Engilbertus Dei gratia comes de Gorze, Milstatensis cenobii advocatus" (ibid., I, n. 314).
E. mori un 5 settembre, intorno all'anno 1220. Il primo documento che lo menzioni come scomparso è del luglio dell'anno successivo (ibid., I, n. 397).
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