IRPINO, Enea
Scarse sono le notizie biografiche che lo riguardano. Nato a Parma, probabilmente da Manfredo, letterato e amico di Andrea Baiardi, in data non precisata, collocabile nella seconda metà del secolo XV, fu attivo come poeta tra la città natale e l'Italia meridionale nel primo trentennio del secolo successivo.
L'I. maturò nel clima del petrarchismo prefarnesiano, in circostanze che ne favorirono tuttavia l'interesse per la poesia contemporanea non municipale. Non a caso il suo sonetto più noto, databile al 1508, rappresenta insieme un omaggio e una tacita dichiarazione di assenso alla linea poetica di autori come I. Sannazzaro, il Cariteo, il Calmeta, Niccolò da Correggio, Antonio Tebaldeo, della cui lezione l'I. si rivelò versatile prosecutore. Di suggestioni mutuate dalla poesia cortigiana di fine Quattrocento risulta infatti intrisa la maggior parte delle rime da lui composte nei primi due decenni del secolo XVI e raccolte, intorno al 1520, in un Canzoniere dedicato al riminese Giovanni Bruni de' Parcitadi.
Rimasto inedito e conservato, in copia autografa, presso la Biblioteca Palatina di Parma (Mss., HH.V.31.700), il libro costituisce l'unico saggio pervenutoci della poesia dell'I., e fornisce al contempo la traccia più utile a delinearne il profilo biografico, dal momento che al suo interno sono riconoscibili nuclei tematici dai quali emerge l'intreccio di finzione letteraria e autobiografismo tessuto dal poeta. Centrale, in tal senso, è la vicenda che legò il nome dell'I. a quello della nobildonna identificata nel 1903 da B. Croce con Costanza d'Avalos, vedova di Federico Del Balzo conte della Cerra, dal 1501 duchessa di Francavilla. Allontanatosi da Parma per amore di costei nel 1505 o 1506, e certo non più tardi del 1508, l'I. soggiornò a lungo in località diverse dell'Italia meridionale, tra cui Ischia, dove appunto la Avalos risiedeva e dove si era resa protagonista, nel 1503, della difesa che aveva conservato il possesso dell'isola al re Ferdinando il Cattolico.
La lettura delle rime dedicate alla donna permette di focalizzare le fasi di un comportamento suggestionato da precisi modelli letterari. Stando a quel che è detto nella canzone Nel tuo preclaro, altero, e natio nido, l'I. partì per Ischia e si presentò alla Avalos al compimento del decimo anno di servaggio amoroso. Si era infatti invaghito di lei per fama, ma la parabola sentimentale che emerge nel Canzoniere si configura da subito come una sorta di romanzo d'amore in linea con l'esperienza petrarchesca, "secondo una lettura di esso in direzione psicologizzante" (Turchi, p. 21). Rimangono sconosciuti i motivi che spinsero nella realtà l'I. a vivere per molti anni lontano dalla città natale, benché sia lecito ipotizzare che egli fosse spronato sia dall'urgenza di una sistemazione cortigiana, sia dalla volontà di fuggire il provincialismo di Parma. A quest'ultimo aspetto vanno ricondotti del resto anche l'interesse per tradizioni letterarie diverse, l'adozione di un linguaggio depurato da residui padani, nonché lo sviluppo di una fine capacità descrittiva. Esemplificativo, in tale senso, è il gusto dell'I. per la celebrazione della bellezza femminile attraverso il ricordo di ritratti eseguiti da artisti come ad esempio Alessandro Araldi, che nel decennio 1500-10 immortalò Beatrice da Correggio, detta Mamma, ispirando all'I. alcuni sonetti e madrigali, o come Leonardo da Vinci, autore, forse intorno al 1505, di un ritratto di Costanza d'Avalos che A. Venturi volle identificare con la celeberrima Gioconda. Degno di nota è, tra gli altri, il madrigale, Mirand'il Vincio in sé Madonna, sorta di tenzone fra il dio d'Amore e la mente di Leonardo, in cui la rielaborazione del topos dell'ineffabilità, richiamante le tesi neoplatoniche esposte negli Asolani di P. Bembo, confermerebbe l'ipotesi della presenza dell'I. alla corte d'Ischia intorno al 1505 (Basile, p. 93).
Le rime dell'I., d'altro canto, testimoniano una personalità che recepì solo in minima parte le tensioni dell'Italia del primo Cinquecento: al di là del nucleo di versi dedicati alla Avalos, probabile frutto di un comportamento adulatorio, si cimentò sovente nelle lodi di figure legate alla corte ischitana (Alfonso d'Avalos, Isabella e Beatrice d'Aragona, Vittoria Colonna ecc.), nella descrizione di viaggi (tra gli altri, in Sicilia presso l'Etna), nella celebrazione di nobildonne come Nicolosa Fogliani, vedova di Raffaele Della Rovere, fatto uccidere nel 1502 da Oliverotto Eufreducci. Sicché, anche a giudicare dai contenuti, trapela dal libro un'impressione di letterarietà che, sebbene vivificata dall'autobiografismo e da una raffinata sensibilità artistica, tradisce i limiti di una visione costretta costantemente a dimensioni di cortigianeria.
Sembra certo che la permanenza dell'I. a Ischia e in Italia meridionale si protrasse a lungo (una sua canzone in lode delle donne d'Italia "leggiadre e chiare" fu scritta sicuramente nell'isola tra il 1510 e il 1512), ma ciò non bastò ad assicurargli la fama. Il poeta tornò infatti a Parma in data che non è nota, e solo dopo il suo rientro decise di dare alle stampe il Canzoniere, completato da una serie di rime religiose e da una Canzone della Speranza, vera e propria requisitoria alla dea personificata. Del 20 marzo 1520 è la lettera con cui l'I. dedicava il libro, ormai pronto per la tipografia, a Bruni de' Parcitadi. Il volumetto rimase però inedito, forse a causa degli eventi che colpirono la città e ai quali il poeta non dovette sopravvivere a lungo.
Basile, fondandosi sulle manoscritte Memorie storiche de'poeti parmigiani defunti di Giannantonio Liberati, risalenti al 1787, ha ritenuto il 1530 anno probabile della morte dell'Irpino.
Un ritratto dell'I. è stato riconosciuto da C. Ricci nel dipinto di G. Mazzola Bedoli classificato anticamente come Antiquario e conservato a Parma.
Fonti e Bibl.: I. Affò, Memorie degli scrittori e letterati parmigiani, III, Parma 1791, pp. 182-192; I. Affò - A. Pezzana, Memorie degli scrittori e letterati parmigiani, VI, 2, Parma 1827, pp. 423-425; Lettere di Girolamo Tiraboschi al padre Ireneo Affò tratte da' codd. della Biblioteca Estense di Modena e dalla Palatina di Parma, a cura di C. Frati, I, Modena 1894, p. 215; C. Ricci, La R. Galleria di Parma, Parma 1896, pp. 240 s.; G. Rossi, Il codice Estense X.34, in Giornale storico della letteratura italiana, XXX (1897), p. 24; F. Rizzi, Tra i lirici parmensi del Cinquecento, in Aurea Parma, V (1921), pp. 221-227; A. Venturi, Storia dell'arte italiana, IX, 1, La pittura del Cinquecento, Milano 1925, pp. 41 s.; A. Ghidiglia Quintavalle, Un volto ritrovato: colori e inchiostri a gara in onore di "Mamma da Correggio", in Aurea Parma, XXXVI (1952), pp. 14-18; B. Croce, Un canzoniere d'amore per Costanza d'Avalos, duchessa di Francavilla, in Id., Aneddoti di varia letteratura, I, Bari 1953, pp. 158-165; M. Turchi, Una via al petrarchismo: il "Canzoniere" di E. Hirpino, in Aurea Parma, LVI (1972), pp. 17-48; B. Basile, Petrarchismo e manierismo nei lirici parmensi del Cinquecento, in Le corti farnesiane di Parma e Piacenza 1545-1622, II, Forme e istituzioni della produzione culturale, a cura di A. Quondam, Roma 1978, pp. 87-99.