ENCEFALITE (XIII, p. 943; App. I, p. 558)
Con questa denominazione venivano indicati in passato tutti i processi morbosi caratterizzati da acuta o rapidamente ingravescente compromissione cerebrale con sintomatologia multiforme variabile, accompagnata da segni generali di infezione, a cui corrispondeva un quadro anatomopatologico di infiammazione dell'encefalo in senso lato, senza caratteri specifici. Vi venivano pertanto compresi anche fatti morbosi encefalici di origine traumatica, tossica esogena, talora anche vascolare o degenerativa, che in seguito, con il perfezionarsi dei quadri nosografici e degli studî anatomici, sono stati differenziati sotto il nome generico di encefalopatie acute (v. encefalopatie, in questa App.).
Oggigiorno il concetto di e. va riferito esclusivamente alle malattie dell'encefalo, focali, plurifocali o diffuse, acute o subacute, determinate dall'azione diretta o indiretta di un agente morboso o di un meccanismo patogeno, noto o ignoto, comunque suscettibile di determinare un quadro anatomopatologico di infiammazione dell'encefalo. Questa, pur essendo diversa nelle varie forme morbose, tende ad essere simile in tutte anche se predominano in alcune di esse determinati caratteri anatomopatologici. Il tipo di reazione infiammatoria comune a tutte le forme di e. si articola sui seguenti elementi (J. G. Greenfield, 1958): a) infiltrazione cellulare (di leucociti, linfociti, mononucleati, plasmacellule, fagociti), caratteristica dei processi infiammatorî; b) infiltrazione ed iperplasia microgliale, di grado più o meno elevato, focale o diffusa, un aspetto ben noto della quale è la neuronofagia; c) alterazioni delle cellule nervose, senza caratteri specifici (tigrolisi, rigonfiamento e ialinizzazione protoplasmatica; spostamento in posizione eccentrica, impallidimento ed eventuale scomparsa del nucleo); d) inclusioni cellulari (nelle cellule nervose, negli astrociti, negli oligodendrociti), il cui classico esempio è costituito dai corpi di Negri della rabbia; e) alterazioni della sostanza bianca, consistenti in rammollimenti, talora necrosi, ma più spesso demielinizzazione, prevalenti in alcune forme di encefalite (tipo "B") fino a costituire in alcune il carattere più saliente (leucoencefaliti); f) alterazioni delle pareti vasali, sotto forma di arteriti, migrazione leucocitaria, lesioni necrotiche o ialine, depositi di fibrina.
A questi elementi anatomopatologici si aggiunge spesso una partecipazione più o meno intensa delle meningi, talora dimostrata dalle alterazioni del liquido cefalo-rachidiano (meningoencefaliti, componente, "encefalitica" di alcune meningiti).
La prevalenza delle lesioni, suscettibile di essere dedotta dai sintomi, a carico della sostanza grigia o della sostanza bianca, pur non essendo mai rigorosamente esclusiva, ha portato alla suddivisione convenzionale in polioencefaliti e in leucoencefaliti (per cui alcuni indicano con panencefaliti quelle forme morbose in cui l'interessamento della sostanza grigia e della sostanza bianca è ugualmente intenso). A considerazioni anatomiche di livello (topografiche), anziché di tipo, sono ispirate le denominazioni talora usate, quali di diencefaliti o di mesencefaliti. Un esempio di denominazione correntemente usata, che unisce entrambi tali criterî di prevalenza per un determinato tipo di tessuto o per una determinata zona del nevrasse, è la poliomielite, denominazione atta a indicare che le principali lesioni sono situate a carico delle cellule nervose, cioè della sostanza grigia (polio-) del midollo spinale (-mielite).
Tuttavia una classificazione moderna delle encefaliti può solo in via secondaria tener conto di criterî anatomici topografici o di prevalenza delle lesioni in un determinato tipo di tessuto, ma deve tendere piuttosto a una differenziazione impostata su criterî eziologici o patogenetici.
La classificazione esposta nella tabella, ispirata a questo punto di vista, riprende alcune delle differenziazioni classiche suaccennate, ma si sforza soprattutto di mantenere una distinzione fra e. primitive ed e. secondarie (allargando forse, per alcune di queste, il concetto di "metastatico" di Spatz), anche se l'oscurità del meccanismo morboso rende per certi gruppi precario il rigore eziopatogenetico.
La poliomielite (qui considerata sotto l'aspetto di encefalopoliomielite) e la encefalite da virus della rabbia (Rabbia) sono già trattate in altre voci (v. poliomielite, in questa App.; rabbia, XXVIII, p. 654), a cui rimandiamo. La e. zoosteriana è una rara modalità della mielo-ganglio-neurite che costituisce lo zona (v. erpete, XIV, p. 267) e non offre caratteri specifici.
Il gruppo delle e. primitive da virus noti, trasmesse da artropodi, costituisce un gruppo abbastanza omogeneo di forme morbose caratterizzato da un quadro infettivo acuto spesso gravissimo con segni di prevalente compromissione corticale e da lesioni anatomiche consistenti essenzialmente in perivascolariti, reazione gliale di tipo nodulare, compromissione neuronica intensa e fenomeni di demielinizzazione.
L'esempio tipico di questo gruppo è l'e. giapponese (o tipo "B"; per differenziarla dalla e. letargica detta di tipo "A"). Questa malattia, segnalata in Giappone fin dal 1873 e osservata per la prima volta ad Okayama nel 1911 e studiata da K. Futaki nel 1924, è localizzata principalmente sulle coste del mare interno del Giappone, ha caratteri endemico-epidemici, andamento stagionale (estiva, da agosto a settembre), mostra una spiccata preferenza (nelle ultime epidemie) per i giovani, nei quali ha un andamento prognostico meno grave che negli anziani.
È data da un virus filtrabile, coltivabile sulla membrana allantoidea di embrione di pulcino, trasmissibile per via intracerebrale in varî animali di laboratorio, creando immuno-resistenza nell'uomo e negli animali, determinando un notevole potere antivirale nel siero dei convalescenti. ll virus dell'e. B ha caratteri individuali e non determina, anche se apparentato con quello dell'e. di St. Louis e del Looping-ill, immunità crociata. Il contagio è sempre indiretto, attraverso la puntura di zanzare (Culex tritaeniorhynchus, Culex pipiens, ecc.). Il quadro anatomopatologico è simile a quello delle altre forme del gruppo e in particolare a quello dell'e. di St. Louis. L'esistenza di una reazione gliale di tipo nodulare lo avvicina, così come la partecipazione paritetica della sostanza grigia e della sostanza bianca, alla panencefalite di Pette-Döring, per cui da alcuni la e. giapponese B, la St. Louis ed alcune altre autoctone europee, quali quella appunto descritta da G. Pette e H. Doring, vengono raggruppate e separate sotto il nome di panencefaliti nodulari, denominazione di puro valore convenzionale.
Nella e. giapponese si distinguono dal lato clinico, dopo una fase di invasione (che segue ad una "incubazione" di 5-14 giorni), caratterizzata da sensazioni vertiginose, irrequietezza, anoressia, un 1° stadio di tipo meningitico, con febbre alta preceduta da brivido, cefalea, polialgie, sonnolenza, modesta rigidità nucale, che si accentua nei casi più gravi fino al coma; un 2° stadio, detto di "eccitamento encefalitico),, in cui, oltre la sindrome infettiva con stazionarietà della temperatura, si ha una sindrome mentale, caratterizzata da confusione e delirio, ed una neurologica, contraddistinta da ipercinesie, disturbi del tono, talora convulsioni, in genere senza segni di compromissione dei nervi cranici; un 3° stadio, di miglioramento globale, in cui appare di frequente la "letargia", talora con inversione del ritmo sonno-veglia, a cui segue tuttavia una lenta ripresa fino alla guarigione che spesso è seguita da postumi. La diagnosi, oltreché sui criterî clinici, è affidata alla positività delle prove di neutralizzazione del virus e di deviazione del complemento. La prognosi è grave, con mortalità (in genere nel 1° stadio) fino ad oltre il 75%.
Le e. da virus africani sono per molti caratteri analoghe a quelle di tipo B, ma sono ancora poco note sia dal punto di vista clinico sia da quello anatomopatologico ed epidemiologico.
L'e. letargica o di Von Economo (tipo "A") è la più importante delle e. primitive di origine quasi certamente virale, ma in cui l'agente patogeno è ignoto. Essa si differenzia dalle e. B, per l'andamento epidemico che non è stagionale né geograficamente distrettuale, né legato, apparentemente, a un ciclo di trasmissione extraumano, per il predominare delle lesioni a carico del tronco dell'encefalo con conseguente presenza di segni clinici di compromissione dei nervi cranici (specie degli oculomotori), per la miglior prevalenza dei fenomeni letargici e infine, in un buon numero di casi, per il particolare comportamento post-morboso, cioè per la ben nota sindrome cronica detta correntemente parkinsonismo post-encefalitico (v. encefalite, in App. I, p. 558).
Nell'ambito delle e. particolare rilievo hanno assunto, negli anni successivi alla seconda guerra mondiale, alcune forme di e. riscontrabili specialmente in Europa occidentale, che hanno alcuni caratteri simili a quelli delle e. B, la cui origine virale è, come per la e. letargica, presunta ma non dimostrata.
La e. che H. Pette, in collaborazione con G. Doring, ha descritto nel 1939, con il nome di panencefalomielite autoctona del tipo dell'e. giapponese, in seguito presentata sotto altri nomi (panencefalite subacuta, panencefalite nodulare, e. nodulare atipica), corrisponde a un quadro clinico caratterizzato sia da una componente di tipo infettivo acuto (febbre, algie varie) sia da segni di compromissione mentale (disturbi della coscienza, alterazioni vegetative, delirio, coma) e neurologica (ipercinesie, mioclonie, atteggiamenti grotteschi, talora rigidità) e da un decorso ingravescente che procede verso il delirio confusionale e la demenza.
Il quadro anatomopatologico mostra, accanto a spiccate lesioni della sostanza grigia a tipo di vascolarite con compromissione cellulare e reazione gliare di tipo nodulare, evidente anche a carico del tronco dell'encefalo e talora del cervelletto, una compromissione più o meno manifesta della sostanza bianca con demielinizzazione prevalentemente sottocorticale.
Accanto alle osservazioni di panencefalite tipo Pette-Döring sono descritte, per molti autori con criterio assimilatore, altre due forme di e. di origine ignota, a decorso francamente subacuto in generale, in cui tuttavia le alterazioni anatomiche sembrano talora prevalere a carico della sostanza bianca con demielinizzazione abbastanza diffusa (da cui il nome, usato da alcuni e invalso nell'uso, di leucoencefaliti subacute). La prima di esse, descritta per la prima volta da J. W. Dawson nel 1933, porta il nome di e. subacuta a inclusioni per le caratteristiche inclusioni intracellulari, dimostrabili con particolari colorazioni istologiche. La seconda, descritta da L. van Bogaert nel 1945 e rintracciata dallo stesso autore in osservazioni precedenti di altri autori, viene indicata abitualmente con la denominazione di leucoencefalite sclerosante subacuta. Entrambe colpiscono soggetti in età infantile o evolutiva ed hanno in comune dal lato clinico, oltre la compromissione mentale, a tipo di deterioramento intellettivo ingravescente fino alla demenza, una particolare sindrome costituita da disturbi del tono a tipo di rigidità opposizionale, associati a ipercinesie miocloniche ("clonismi") in flessione degli arti, particolarmente salienti nei confronti degli arti superiori, accompagnata da un quadro elettroencefalografico tipico caratterizzato da ipersincronismi clonici periodici.
La differenza fra le due forme è affidata alla diversità delle descrizioni secondo i diversi autori e, probabilmente, all'esistenza, accanto a forme subacute, facilmente riconoscibili e assolutamente caratteristiche, di forme acute e acutissime di più difficile diagnosi. È tuttavia preferibile, dal punto di vista nosografico e classificativo, assimilare le due forme sotto il nome di e. subacuta a inclusioni di Dawson-van Bogaert, mantenendo invece distinta la panencefalite di Pette-Döring in cui si ha la mancata preferenza per l'età evolutiva, la minor specificità del quadro clinico, la insicura correlazione elettroencefalografica ed una maggior vicinanza ad alcune forme di encefalite autoctona europea d'incerta classificazione.
Fra le e. primitive da virus ignoto vanno incluse le e. necrosanti (o necrotizzanti), di cui vengono descritte due forme: l'e. necrotizzante herpetica, attribuita da molti all'herpes simplex (già ritenuto, da G. Levaditi, l'agente morboso dell'e. letargica), e l'e. necrosante acuta a inclusioni.
Entrambe hanno in comune il quadro anatomopatologico caratterizzato topograficamente da una singolare prevalenza delle lesioni nel rinencefalo e nelle zone adiacenti e dalla presenza di ampî focolai di rammollimento con picchiettature emorragiche, intensa reazione leptomeningea linfo-istiocitaria a chiazze, noduli gliali, reazione microgliale e infiltrazioni perivascolari prevalentemente monocitarie. In esse le necrosi, soprattutto superficiali, si verificano alla confluenza delle aree maggiormente colpite dai fenomeni infiammatorî. Nella seconda di esse si riscontrano inclusioni nelle cellule nervose ed oligodendrogliali.
Il quadro clinico grave e tumultuoso (con rapida evoluzione, fatale in pochi giorni nei casi mortali), in cui le manifestazioni superficiali herpetiche sono rare, è caratterizzato da inizio di tipo pseudo-influenzale, spiccata componente meningitica, con dissociazione cito-albuminica del liquor, manifestazioni cerebrali di tipo focale (emiplegie, manifestazioni epilettiche, allucinazioni olfattive), confusione mentale con progressiva comparsa di torpore e coma, quadro elettroencefalografico con presenza di segni di comizialità e talora di focalità temporale.
Le e. secondarie, non dovute cioè presumibilmente a un agente morboso o a un meccanismo patogenetico operanti esclusivamente a carico del sistema nervoso, possono essere suddivise convenzionalmente in metastatiche, quando la noxa, virale, batterica o genericamente patogena è sicura o presumibile e giunge al sistema nervoso da altre parti dell'organismo, e in non metastatiche, considerando in questa categoria quelle forme di e. legate a un meccanismo prevalentemente tossico o allergico o di altro genere, non peculiare del sistema nervoso, in cui non possa essere chiamata in causa la nozione di "trasporto" da una parte del corpo all'encefalo.
La maggior parte delle e. secondarie metastatiche vengono studiate da altre discipline mediche e i loro quadri morbosi, descritti come complicanze delle rispettive malattie nel corso delle quali si manifestano, sono trattati in altre parti. Tale è il caso delle e. suppurative o purulente (v. App. I, p. 558), anche intese come complicazioni encefalitiche della meningite purulenta piuttosto che come ascesso cerebrale. Fra le non suppurative sono di maggior interesse neurologico quelle di origine virale, fra le quali si riscontrano una parte delle meningoencefaliti nostrane, mentre quelle di origine batterica o parassitaria vengono ricordate nell'ambito delle rispettive malattie infettive.
Analogamente le forme subacute (parassitarie, tubercolari o sifilitiche) sono comprese in altre entità nosografiche. La inclusione della tripanosomiasi fra le e. secondarie è forse discutibile se si considera la prevalente compromissione del sistema nervoso. Questo tipo di e. inoltre si differenzia notevolmente dalle altre di origine parassitaria per la prevalenza delle lesioni a carico della sostanza bianca. La maggior parte delle altre forme parassitarie, così come per le sopraricordate e. suppurative, è di principale interesse neurochirurgico, determinando di frequente la formazione di ascessi o cisti cerebrali.
Le e. non metastatiche si differenziano notevolmente da tutte le altre forme di e., non tanto per il quadro clinico quanto per l'ubicazione e il tipo delle lesioni anatomo-patologiche. La spiccata prevalenza delle lesioni nella sostanza bianca, la discrezione delle alterazioni della sostanza grigia, spesso limitrofe alle precedenti come per uno "sconfinamento", la scarsità della componente ematogena negli infiltrati in cui i linfociti e i plasmatociti sono praticamente assenti, il contrasto fra la gravità delle distruzioni mieliniche e il tipo di reazione infiammatoria, a carattere gliale, hanno fatto porre in dubbio l'appartenenza di queste forme alle e., spingendo alcuni a proporre, per definirle, i termini di encefalopatia o di encefalomielosi, che esprimono un aperto scetticismo verso la natura infiammatoria di questi processi morbosi. Non vi è dubbio che il quadro anatomico si differenzi in modo spiccato da quello delle altre e. e le stesse lesioni della sostanza bianca offrono la caratteristica di essere situate attorno a vasi venosi o venule, giustificando il termine di e. perivenose, largamente usato per indicarle. A questa differenza anatomica con le altre e. si aggiunge la complessità del problema eziologico e delle soluzioni ipotetiche proposte per esso. Ritenuta ormai esclusa dai più l'origine virale delle e. di questo tipo, anche se spesso costituiscono una complicazione di malattie virali note (v. tabella), è stato invocato piuttosto un meccanismo allergico o iperergico, come espressione di una sensibilizzazione del sistema nervoso al virus della malattia primitiva, o come una risposta del tessuto nervoso per la deficienza ereditaria della normale reazione difensiva della cute o per una correlatività con l'eruzione cutanea (nelle e. esantematiche). I risultati di una serie cospicua di ricerche sperimentali rivolte all'intento di provocare negli animali una e. simile alla perivenosa attraverso l'iniezione intracerebrale di miscugli di varie sostanze organiche ad alta azione sensibilizzante, pur non essendo stati risolutivi, hanno complessivamente rafforzato anziché indebolito tale teoria.
In questo gruppo di e. possono essere distinti cinque tipi, di cui i primi tre, specialmente nel quadro anatomico, presentano notevoli, reciproche analogie, mentre gli altri due tipi appaiono clinicamente e anatomicamente più autonomi (vedi tabella).
Le e. esantematiche, così chiamate perché si manifestano nel corso delle malattie esantematiche dell'infanzia, pur differendo l'una dall'altra per alcuni caratteri (epoca di comparsa rispetto alla malattia primitiva, maggiore o minor gravità delle varie forme fra di loro, talora in netto contrasto con la gravità della malattia esantematica), hanno in comune un quadro clinico costituito essenzialmente da una sindrome "encefalitica acuta" (cefalea, vomito, febbre, sonnolenza, convulsioni, torpore fino allo stupore e al coma), a cui si aggiungono paralisi flaccide di tipo centrale e segni di compromissione del midollo a tipo di mielite acuta, a comparsa "apoplettica", rapide nell'instaurarsi come nel regredire nella convalescenza, mai accompagnate da atrofia muscolare. La maggior parte dei casi che giungono alla guarigione non presenta postumi neurologici di qualche rilievo.
Le e. post-vacciniche, simili nell'aspetto clinico e nelle lesioni anatomiche alle precedenti, hanno una particolare fisionomia che è data dal comparire in conseguenza di una vaccinazione. Osservate con frequenza diversa secondo i varî paesi e addirittura secondo le varie zone di un singolo paese, si verificano in genere solo in occasione di una prima vaccinazione e quasi mai prima di un anno di età o dopo i 30 anni, comparendo verso la fine della seconda settimana dalla vaccinazione, indipendentemente, se si tratta di una vaccinazione antivaiolosa, dal tipo di reazione cutanea e in generale dal tipo di vaccino usato e dalle modalità del suo impiego. La loro esistenza impone una serie di problemi di profilassi, il principale dei quali sarebbe legato al rispetto dell'obbligatorietà delle vaccinazioni non estemporanee ma pianificate, prima del sesto mese di vita, anziché nell'età prescolare che risulta la più colpita (in certi paesi nello 0,5‰ circa).
Le e. parainjettive sono quelle che si osservano nel corso di affezioni infiammatorie banali, quali l'influenza, la pertosse, le malattie respiratorie, la parotite. Il meccanismo disergico o tossico sarebbe invocato anche per forme in cui apparentemente l'azione della noxa della malattia primitiva sembra agire direttamente sul sistema nervoso (e. nella malattia reumatica, e. da rickettsie), anche se con molti dissensi. Il quadro clinico di queste forme varia principalmente in funzione di particolari tipi di reazione della malattia primitiva.
L'encefalomielite disseminata acuta è detta anche, per la gravità e l'acuzie delle manifestazioni dipendenti dalla distruzione delle guaine mieliniche, leucoencefalomielite acuta mielinoclasica e, per l'assetto delle lesioni simile a quello delle encefaliti perivenose, mielinoclasi perivascolare acuta. Quest'ultimo termine sta ad indicare l'esitazione di molti nel raggrupparla con le e., anche se indubbiamente la sua somiglianza con le e. perivenose sia considerevole e si possa presentare dal punto di vista del quadro clinico (in cui sono presenti segni di compromissione del tronco dell'encefalo, sintomi cerebellari preminenti, sindrome di mielite trasversa, ecc.) come variante di alcune encefaliti metastatiche o parainfettive. La sua vicinanza alle forme acute di sclerosi a placche, malattia con la quale non è differenziabile dal punto di vista anatomico quando le lesioni della sostanza bianca si organizzano scleroticamente, si aggiunge a tale incertezza nosografica.
L'e. (leucoencefalite) emorragica di Hurst, da distinguersi nettamente sia dalle forme di encefalopatia discrasica con manifestazioni pseudoemorragiche del tipo della polioencefalite emorragica superiore di Wernicke, come dalle encefalopatie emorragiche vere (porpora cerebrale), è un processo infiammatorio da causa ignota, ma verosimilmente, come per le e. perivenose, di tipo iperergico, che determina un quadro infiammatorio dell'encefalo con intensa essudazione polimorfonucleare associata a reazione microgliale, edema cerebrale intenso con numerose piccole emorragie diffuse, gravi lesioni delle pareti vasali con necrosi perivascolare. Questa e la demielinizzazione perivascolare che le si associa, costituisce la principale caratteristica di questa forma morbosa che alcuni interpretano come espressione atipica di una e. demielinizzante acuta. La malattia preferisce gli adulti giovani e si manifesta con un quadro clinico particolarmente fulmineo. Talora nello spazio di poche ore, dopo vaghi prodromi a tipo di malattia delle prime vie respiratorie, compaiono, insieme al corteo di segni meningoencefalitici, paralisi flaccide, grave compromissione della coscienza fino al coma, con esito fatale da uno-due giorni fino a quattro-cinque dall'inizio del processo morboso.
Il trattamento delle e. primitive è sintomatico e solo per alcune di loro esiste la possibilità di una vaccinazione preventiva. Dal punto di vista pratico sono impiegati come "fuoco di sbarramento" gli antibiotici a largo spettro (benché la loro attività antivirale non sia comprovata), il cortisone, i farmaci di sostegno metabolico e cardiocircolatorio. La cura delle e. secondarie metastatiche è quella della malattia primitiva, sia per le forme acute che per le subacute, essendo per le prime, attribuibili a virus e batterî, analoga a quella delle e. primitive. Per le forme perivenose non esiste alcun trattamento.