EMONA
Città nella provincia romana della Pannonia Superiore, appartenente più tardi (circa dal 170 d. C.) all'Italia. Oggi, Ljubljana (ital. Lubiana) nella repubblica popolare iugoslava di Slovenia.
Il nome della città è illirico. Essa viene variamente citata nelle antiche fonti (Plin., Nat. hist., iii, 147, Aemona; Ptolem., Geogr., ii, 14,5 ῎Ημωνα; Itin. Ant., Hemona; Herodian., viii, 1,4 ῾Ημᾶ; Zosim., v, 29, ῎Ημωνα).
La città romana risale ad una colonia pre-romana. Varî ritrovamenti dimostrano come già verso la fine della prima Età della Pietra sia esistita sul bordo settentrionale della palude di Lubiana (Ljubljansko Barje), allo sbocco della Ljubljanica dall'antico lago (ἕλος Λούγεον), una colonia lacustre su palafitte. Nell'epoca di Hallstatt il monte del castello (ritrovamento di monete romane del periodo repubblicano) e forse anche la collina di Siska (Roznik) erano probabilmente muniti di fortificazioni, il cui luogo comunque non è stato trovato ancora, sebbene appaia accertato da varî reperti di scavo nel territorio di Lubiana (piazza del Congresso, regione dell'Accademia Slovena delle Scienze e altrove). Nell'ultimo secolo a. C. i Taurisci penetrarono nel territorio di Emona. Strabone indica Nauportus, a S di E., come colonia dei Taurisci. Non è precisata l'epoca della occupazione della città da parte dei Romani. È discutibile che i Romani, già nel 35 a. C. avessero trasferita qui una guarnigione militare permanente. Si esclude l'opinione, spesso accettata (così pure Mommsen, C. I. L., iii, p. 489), secondo cui già Ottaviano avrebbe accordato alla città il diritto di colonia, poiché E., fin dal primo periodo di Tiberio, fu campo permanente della XV legione Apollinare (B. Sana, Laureae Aquincenses, i, p. 245 ss.). La fondazione del campo di E., avvenuta a difesa della importante strada che conduceva da Aquileia al Danubio, deve risalire al II sec. a. C., cioè piuttosto in connessione con la lotta contro le incursioni noriche in Istria per opera di P. Silio nel 16 a. C., anziché in un'epoca posteriore, durante i pochi anni di luogotenenza di Menenio Agrippa in Illiria. Il territorio circondato dalle mura tardo-antiche della città corrisponde precisamente, per forma e grandezza, alla superficie impiegata per un campo di una legione. Le mura tardo-antiche poggiano indubbiamente sulle antiche mura del campo. All'epoca della grande rivoluzione pannonico-dalmata (6-9 d. C.) furono qui internati gli ostaggi illirici (C. I. L., iii, 3224). Dopo l'avvenuto trasferimento a Carnuntum della legione, la città ottenne, sotto l'imperatore Tiberio, il diritto di colonia (Colonia Iulia Emona), e fu assegnata alla tribù Claudia. Già verso la fine della dominazione di Augusto fu iniziata la costruzione di mura originariamente destinate al campo legionario (C. I. L., iii, 10768 e Ant. Inschr. a. Jugoslavien, i, 170 a, b), ma queste non si identificano con le mura tardo-antiche ora portate alla luce e restaurate. Dal 170 d. C. in poi E. appartenne all'Italia portando così il suo confine presso Atrans (Troiana), più tardi confine carinzio-stirio. Secondo Tolomeo (ii, 14, s) E. deve aver avuto già prima una particolare posizione nell'interno della Pannonia. Non si hanno molte notizie sulla storia della città nel I e nel Il sec. d. C. Situata sulla grande strada militare conducente al territorio danubiano e al balcanico, E. subì molti danni nei secoli seguenti. Nel 238 d. C., per l'approssimarsi di Massimino Tracio la città fu abbandonata dai suoi abitanti, e le mura dell'epoca di Augusto e di Tiberio, probabilmente andate in rovina, non poterono essere utilizzate a scopo difensivo. Nel 314 d. C. per ordine di Licinio le statue dell'imperatore Costantino I furono abbattute. Nel 388 d. C. la città fu occupata da Massimo, ma riconquistata da Teodosio I; per l'ingresso di questo imperatore si mostrano ancora in grande pompa i sacerdoti pagani. Nell'epoca tardo-antica - la precisa datazione non è ancora definita - la città viene nuovamente fortificata come indica il carattere delle mura ora visibili. E. viene nominata per l'ultima volta nel 408 d. C., quando Manco installò il suo campo nelle adiacenze della città, che deve però essersi conservata ancora a lungo. Per l'invasione degli Sloveni, nella seconda metà del VI sec., l'ultimo vescovo di E. fuggì in Istria, dove nel 579 sorse un Patricius episcopus sanctae ecclesiae Emonensis.
E. è un importante nodo stradale. La grande strada militare che da Aquileia conduceva sull'Ocra a Nauportus fino ad E., si biforcava in questa città: un ramo, passando per Unterkrain, e poi per Neviodunum si volgeva verso Siscia (Sziszek), e l'altro, sulla sella di Atrans (Troiana), raggiungeva Celeia, Poetovium ed il Danubio. Un terzo ramo, non indicato negli itinerari ma documentato da ritrovamenti nel suolo, andava verso Oberkrain e sul passo del Loibì fino a Noricum (Virunum).
Negli anni 1909-13 e 1916 hanno avuto luogo ad E. scavi sistematici. Ad essi risalgono le ricerche fatte nella necropoli romana, nella allora Wienerstrasse (Tyrseva cesta), che dettero brillanti risultati, a cominciare dal primo periodo di Tiberio, quando E. divenne una colonia civile. Quella parte della città che venne costruita sull'area dell'antico campo, dopo la ritirata della XV legione, mostra una pianta regolare a scacchiera (il Foro supposto da W. Schmid rimane dubbio). Le singole insulae rettangolari comprendono uno o più fabbricati, in parte muniti di cortili a peristilio e negozî di vendita sul lato della strada. Esistevano case a peristilio e case di tipo, forse locale, soggetto a molte variazioni. Varie ricostruzioni dopo distruzioni causate da incendi possono connettersi con gli avvenimenti dell'anno 238 d. c.; una gran parte degli ambienti è munita di ipocausti. Il sistema di canalizzazione è ben conservato. I canali dei fabbricati sboccano in canali più grandi che passano sotto la pavimentazione delle strade E-O. È provata, per un'epoca più antica, una serie di pozzi domestici, mentre più tardi fu installata una conduttura di acqua proveniente dalle colline di Siska. Per quanto riguarda l'arredamento delle case, sono stati rinvenuti numerosi frammenti di mosaico (unicamente con motivi geometrici), e avanzi di semplici pitture parietali. Secondo le ricerche di W. Schmid, le mura tardoantiche (la facciata S è stata messa in luce e ricostruita), misurano m 522,30 × 435,5. Esse erano difese da 22 torri quadrangolari e 4 torri rotonde agli angoli; all'esterno un doppio fossato, con camminamenti tipicamente tardo-antichi fra le mura ed il fossato. Parecchie fra le 14 porte della città originaria furono murate e soltanto 6 ne rimangono aperte.
Al contrario della vicina Noricum, E. offre pochissimi oggetti di creazione artistica locale. La stessa plastica sepolcrale ci indica solo monumenti modesti. È importante la statua in bronzo alta m 1,45 rappresentante un giovanetto rivestito di una toga, con tracce della originaria doratura (rinvenuta nel 1836). L'avambraccio destro è spezzato. Indubbiamente troppo tardiva la datazione prospettata da R. Lozar, per il III-IV sec. d. C. La statua ha qualche cosa di traianeo. Degna di menzione una testa ritratto in marmo (III sec d. C.).
Le are scoperte entro la città portano dediche a Aecorna, Cerere, Ercole, Giove Ottimo Massimo (4 are), ai Lari (2 are), a Mercurio, alle Ore, alla Vittoria, a Nettuno, alla Grande Madre (M. D. M.: Matri-Deum-Magnae).
Ad una distanza di 10 km a S di E., sulla sponda meridionale dell'antico lago, si trovava una colonia romana più grande, appartenente al territorio della città di E. donde derivano in gran numero monumenti sepolcrali con nomi epicorici e decorazione plastica tipicamente celtica. Anche della stessa città faceva parte il territorio intorno a Polhov Gradec (Billichgraz), dove nel 1914 fu rinvenuta una importante raccolta di splendido vasellame da tavola romano. Si tratta di recipienti di vetro, argilla e bronzo, e fra essi notevoli vasa murrina, una oinochòe con piede in bronzo, due askòi riccamente decorati, presumibilmente di provenienza tarantina.
Bibl.: C. I. L., III; A. Müller, Emona, Lubiana 1879 (antiquato, ma ancora utilizzabile in parte per le fonti); C. Patasch, in Pauly-Wissowa, V, 1905, cc. 2504 ss., s. v.; W. Schmid, Emona, in Jahrbuch f. Altertumskunde, VII, 1913, p. 61 ss. e XV. Ber. Rom. Germ. Komm., p. 202 ss.; O. Cuntz, Röm. Inschriften aus Emona, in Jahrb. f. Altertumskunde, VII, 1913, p. 193 ss.; R. Lozar, in Vodnik pozbirkan Narodnega muzeja v Ljubljani (Guida del Museo Naz. di Lubiana), Lubiana 1931, p. 54 ss. e Glasnik Muzejskega drustva za Slovenijo, XIX, 1938, p. 85 ss.; B. Saria, in Hoffiller-Saria, Antike Inschr. aus Jugoslavien, I, p. 67 ss., Laureae Aquincenses, I, 245 ss.; J. Korosec - F. Stare, in Archeol. Parocila, Lubiana 1950, pp. 7-37; A. Degrassi, Il confine nord-orientale dell'Italia Romana, Berna 1954, p. 109 ss.
(B. Saria - G. Novak)