EMOGLOBINA (XIII, p. 929; App. II, 1, p. 851)
Cospicuo l'arricchimento delle conoscenze che gli ultimi anni, attraverso un intenso fervore di ricerche in campo chimico, biologico e clinico, hanno portato intorno all'emoglobina, a questa sostanza che non molto tempo fa L. Pauling non ha esitato a definire come una delle sostanze più interessanti del mondo.
Pisiologia. - L'e, o, più esattamente, le e., fanno parte del gruppo delle emoproteine, sostanze costituite da una ferroporfirina (gruppo prostetico) legata ad una proteina ad elevato peso molecolare (globina) ed alle quali è propria una funzione di primo piano nello svolgimento delle attività respiratorie ed in generale dei processi ossidativi degli organismi. Più particolarmente esse sono rappresentate da quelle emoproteine, il cui gruppo prostetico è costituito dal solo protoferroeme e che hanno la proprietà di fissare reversibilmente l'ossigeno molecolare, essendo e rimanendo il ferro bivalente. Rientrano in questa definizione le e. dei vertebrati, quelle di taluni invertebrati (eritrocruorine), le e. muscolari (mioglobine), oltre a qualche altro pigmento del mondo animale ed anche vegetale. Tutte queste sostanze, identiche nella loro costituzione per quanto riguarda il gruppo prostetico o protoferroeme, differiscono tra loro per le caratteristiche della componente proteica globinica sia per quanto riguarda la sua composizione sia per la sua configurazione molecolare, e forse anche per il tipo di legame tra le due componenti prostetica e globinica.
Sono state infatti dimostrate nelle diverse emoglobine differenti composizioni in amminoacidi, diversità negli spettri di assorbimento nell'ultravioletto, diversità nel potere antigene, caratteri tutti che dipendono dalla componente proteica. E cui si ricollegano per le emoglobine provenienti da specie diverse le diverse forme cristallografiche, la grande variabilità della solubilità, le amplissime differenze nella resistenza alla denaturazione alcalina, le differenze nelle curve di dissociazione dell'ossigeno, le diverse migrazioni elettroforetiche, oltre ad altri caratteri ancora. Proprietà tutte che conferiscono caratteristiche ben particolari alle e. di ogni singola specie animale, tanto che si parla appunto di specificità di specie dell'emoglobina.
Un altro fatto ben noto da tempo, e cioè quello dell'esistenza di e. diverse in individui della stessa specie in epoche differenti della vita, più precisamente di una e. fetale (Hb F) diversa dall'e. dell'adulto (Hb A), ha trovato, soprattutto per quanto riguarda l'uomo, più ampia e precisa documentazione: diversità cristallografiche, diversi caratteri di solubilità, diversità immunologiche, spettrografiche, di sedimentazione all'ultracentrifuga, infine diversa affinità per l'ossigeno, la quale è maggiore per l'e. fetale quando l'e. stessa è contenuta nel globulo rosso. E mentre sempre maggior importanza, anche pratica, ha assunto il dato della maggiore resistenza alla denaturazione alcalina dell'e. fetale nei confronti di quella dell'adulto, tanto che nella terminologia corrente l'espressione di e. alcaliresistente è venuta ad identificarsi con quella di e. fetale, il metodo elettroforetico ha permesso di fissare una diversa velocità di migrazione tra le due e. (maggiore velocità anodica dell'ossiemoglobina adulta a pH 7,1) e quello cromatografico, mono e bidimensionale oppure su colonna, ha fornito, attraverso le diverse morfologie o le diverse velocità di migrazione delle due e., ulteriori mezzi di differenziazione.
L'e. alcaliresistente che all'atto della nascita costituirebbe, secondo A. J. Chernoff e K. Singer, il 50-85% di tutta l'e., va gradatamente riducendosi nei primi mesi di vita, soprattutto intorno al 3°-4° mese, per ridursi al 5% al termine del primo anno di vita e scendere infine ai minimi valori, non superiori all'1%, riscontrabili nell'adulto a partire dal 3° anno di vita. Quanto alla differenza tra le due e., adulta e fetale, essa consisterebbe sia in una differente composizione in amminoacidi, per lo meno per quanto riguarda le sequenze terminali delle catene polipeptidiche, sia in una differenza di forma della molecola globinica, e più precisamente in una diversa configurazione superficiale della parte non polare di essa.
Punto particolarmente interessante e delicato è quello che riguarda l'esistenza nell'uomo di più e., la possibilità cioè di scindere, in particolari condizioni di esperimento, l'e. in più componenti, e ciò sia per l'e. adulta sia per quella fetale. Con la precipitazione frazionata, con l'elettroforesi in fase libera e su amido ed anche con la cromatografia su resine carbossiliche sono infatti state messe in evidenza diverse frazioni emoglobiniche nell'uomo adulto (Hb A1, A2, A3, ecc.), e così analogamente per l'emoglobina fetale (Hb F1, F2, F3, ecc.).
Non sono tuttavia mancate critiche e riserve nei riguardi dell'interpretazione di tali risultati, se cioè tutte queste frazioni debbano venir considerate realmente presenti come tali nel sangue o non piuttosto frutto della complessità delle ricerche relative. Il problema non può essere ancora considerato del tutto risolto. Così come non ancora sicura è la asserita esistenza di una e. precedente nel tempo la comparsa dell'e. fetale, la cosiddetta e. primordiale (Hb P) di Allison.
Patologia. - È anzitutto da ricordare come l'e. fetale (Hb F) o almeno una e. alcaliresistente che per le sue caratteristiche non riesce differenziabile da quella fetale, compaia in quantità ben superiori alla norma sino a costituire la maggior parte o addirittura pressoché l'intero patrimonio emoglobinico nei soggetti affetti da una emopatia purtroppo ben nota in Italia, il morbo di Cooley o talassemia maggiore, malattia ereditaria particolarmente diffusa fra le popolazioni delle regioni bagnate dal Mediterraneo, seppure presente anche in altre vaste regioni, soprattutto dell'Asia, la quale costituisce la manifestazione più clamorosa e grave e di regola mortale di un gruppo di affezioni oggi riunite sotto il termine comprensivo di talassemie. Talora assente, ma non di rado presente, ed in qualche caso anche in quantità notevole, l'e. fetale è rintracciabile pure nei casi di anemia mediterranea o talassemia minore.
Si ritiene che le talassemie siano dovute alla trasmissione ereditaria di una particolare stigmata, che rimane latente (talassemia minima) o si manifesta solo in misura modesta (talassemia minore) nei portatori eterozigoti di essa, mentre si fa evidente in modo clamoroso (morbo di Cooley) nei soggetti, che ereditano tale carattere da entrambi i genitori. Tale stigmata viene attribuita ad un gene per effetto del quale, quando presente allo stato omozigote, si ha un impedimento alla normale sintesi dell'e. dell'adulto ed un persistere nell'organismo anche dopo la vita fetale dei meccanismi di sintesi emoglobinici proprî appunto della vita fetale, con tutte le conseguenze che una emoglobinogenesi anormale e deficiente può comportare. Occorre, per vero, aggiungere che non tutti concordano nel ritenere l'e. caratteristica della talassemia e soprattutto del morbo di Cooley come veramente identica con quella fetale, e ciò fondandosi su alcune piccole differenze non da tutti ammesse o almeno non da tutti ritenute significative. Il che sposterebbe il problema dell'emoglobinogenesi dell'e. del morbo di Cooley da quella di un persistere di meccanismi a carattere fetale verso il campo di una emoglobinogenesi di tipo nettamente patologico, cioè verso il campo delle e. di cui è detto più sotto. Occorre ancora aggiungere che in alcune talassemie (talessemia minima o portatori della stigmata talassemica senza manifestazioni cliniche) è stata messa in evidenza una quantità superiore a quella dell'individuo normale di una delle frazioni dell'emoglobina dell'adulto, e precisamente dell'Hb A2.
Ma il capitolo veramente innovatore e che ha aperto il campo a tutta una serie di nuove scoperte nel campo della patologia è quello delle e. patologiche, cioè di e. che si differenziano da quelle dell'individuo normale sia adulto sia nelle sue fasi di vita fetale. Spetta a L. Pauling, attraverso una sua felice intuizione, e ai suoi collaboratori, d'avere aperto nel 1949 la via a tale nuovo campo. Essi infatti hanno messo in evidenza che nel sangue di soggetti affetti da una particolare malattia (sickle-cells disease o drepanocitosi o anemia a cellule falciformi o falcemia) era presente una e. con proprietà diverse da quelle sino allora conosciute: più lenta migrazione elettroforetica e minore solubilità nei confronti dell'emoglobina normale dell'adulto. A tale e. è stato dato il nome di e. S (Hb S). In base ai risultati di recenti delicate ricerche in proposito risulterebbe, in accordo a quanto era stato prospettato in primo tempo e di poi non ritenuto esatto, che l'Hb S si differenzierebbe nella composizione in amminoacidi dall'e. normale A, e più precisamente per la sostituzione di una molecola di glicina con una di valina nelle catene polipeptidiche.
Dopo la scoperta dell'Hb S le ricerche sempre più ampie ed approfondite hanno rapidamente portato nel giro di pochi anni a riconoscere ed a caratterizzare tutta una serie di e. abnormi, le quali, fra gli altri dati, presentano come carattere particolarmente significativo e di relativamente facile riscontro una diversa velocità di migrazione elettroforetica. A tali e. si è concordemente accettato di dare per distinzione una lettera progressiva a partire dalla C, tralasciando le lettere già usate per le e. conosciute: si è avuto così la serie delle Hb C, Hb D, Hb E, Hb G, ecc. Attualmente sono conosciute non meno di dieci e. patologiche. Per quanto riguarda l'Hb C parrebbe che anche per essa sussista una differenza compositiva in amminoacidi nei confronti con l'Hb A: sostituzione di una molecola di glicina con una di lisina nelle catene peptidiche.
È interessante rilevare come ad ognuna delle e. patologiche individuate facciano di regola riscontro due situazioni cliniche: una di portatore della stigmata, per lo più senza manifestazioni patologiche o con manifestazioni molto modeste, dovute alla presenza del corrispondente gene allo stato eterozigotico; ed una di portatore del gene allo stato omozigotico, di regola con espressione clinica di malattia e con manifestazioni riconducibili alle conseguenze dirette o indirette dell'atipia dell'emoglobinogenesi. Sì che a tale atipia e quindi all'e. patologica, che ne è la conseguenza, viene attribuito un significato centrale e determinante nella patogenesi delle corrispondenti malattie e si è anche parlato, con termine suggestivo, anche se un po' equivoco, di malattie "molecolari", alludendo all'intima loro natura di malattie legate ad una atipia di sintesi della molecola emoglobinica, atipia trasmissibile per via ereditaria.
Occorre ancora ricordare come siano state riscontrate anche situazioni patologiche, nelle quali sono presenti nello stesso individuo due diverse e. patologiche, e ciò per un confluire ereditario nell'individuo di due geni corrispondenti a due diverse e.: ad esempio Hb S + Hb C, come nel caso della falcemia-emoglobinopatia C. In altri casi, per il confluire in un individuo del gene proprio di una e. patologica e del gene talassemico, si riscontra nell'individuo stesso la presenza accanto alla corrispondente e. patologica di una quota di e. coi caratteri dell'e. fetale: ad esempio, così come è stato pure riscontrato da noi in Italia, nella malattia microdrepanocitica di G. Silvestroni e A. Bianco o talassofalcemia, dovuta alla coesistenza nello stesso individuo del gene talassemico e di quello falcemico con quote più o meno notevoli dì Hb F accanto a quella dell'Hb S.
È nato così, attraverso le conoscenze dell'ultimo decennio sulle e., tutto un nuovo importante capitolo della patologia, il quale ha per fondamento la sintesi di tali e. abnormi o patologiche per effetto di geni trasmissibili ereditariamente: il capitolo delle emoglobinopatie ereditarie.
Bibl.: R. Lemberg e J. W. Legge, Hematin compounds and bile pigments, Londra 1949; L. Pauling e coll., in Science (Washington), XC (1949), p. 543; K. Betke, Der menschliche rote Blutfarbstoff bei Fetus und reifem Organismus, Berlino 1954; F. Penati e coll., Le emoglobine normali e patologiche, Pavia 1956; D. Cavallini, Le emoglobine - Biochimica, fisiologia e patologia, Roma 1958; N. Hilschmann e G. Bronnitzer, Über die Konstitution der Proteinkomponente des menschlichen Hämoglobins, in Blut, V (1959), p. 329.