EMOGLOBINA (dal gr. αἷμα "sangue" e lat. globus)
L'emoglobina, la sostanza colorante dei globuli rossi del sangue, è una proteina coniugata che appartiene al gruppo dei cromoproteidi. La parte proteica della sua molecola è costituita da una proteina nativa (la globina, appartenente al gruppo degl'istoni), la parte prostetica (chiamata comunemente ematina) è un composto colorato che risulta dall'unione di quattro anelli pirrolici sostituiti, aggruppati intorno a un atomo di ferro.
L'emoglobina si combina facilmente con l'ossigeno trasformandosi in ossiemoglobina, la quale può perdere altrettanto facilmente l'ossigeno, trasformandosi in emoglobina ridotta. Per azione di certi agenti ossidanti (ferricianuro di potassio) o in altri modi, tanto l'emoglobina ridotta quanto la ossiemoglobina si trasformano poi in una terza sostanza, la metaemoglobina, nella quale l'ossigeno è più strettamente legato e di più difficile eliminazione. Si hanno così tre sostanze: la metaemoglobina, costituita da globina + ematina, la emoglobina ridotta, formata da globina + emocromogeno (prodotto di riduzione dell'ematina), e la ossiemoglobina, che risulta dall'unione della globina con un perossido dell'emocromogeno. Ognuna di queste sostanze presenta uno spettro di assorbimento caratteristico. La ossiemoglobina si può ottenere cristallizzata, in forma e composizione chimica diverse, secondo l'animale dal quale proviene. Pura, contiene circa 0,33% di ferro; se si ammette che abbia un solo atomo di ferro, si può calcolare il suo peso molecolare in circa 16.700. È otticamente attiva (destrogira).
L'emoglobina ridotta è capace di combinarsi non solo con l'ossigeno, ma anche con altre sostanze, quali l'ossido di carbonio (per formare carbossiemoglobina), l'acido cianidrico, l'idrogeno solforato, ecc. Trattando l'emoglobina con acidi o con alcali diluiti anche a freddo o con certi fermenti, si scinde nei suoi due componenti: la globina e l'ematina. La globina, che costituisce circa il 95% dell'intera molecola dell'emoglobina, è una proteina nativa icca di istidina, come lo sono in generale gl'istoni. L'ematina è una sostanza rossa solubile negli acidi e negli alcali. Fra i suoi sali è caratteristico il cloridrato di ematina, noto col nome di emina, il quale crisiallizza spesso in cristalli caratteristici aggruppati a stella (cristalli di Teichmann) che hanno interesse in medicina legale per il riconoscimento delle macchie di sangue.
L'ematina e anche l'emocromogeno e il suo perossido, se trattati con acidi forti o in altro modo, perdono il ferro che contengono e si trasformano in una porfirina, nella quale, salvo la mancanza del ferro, è ancora intatto lo scheletro della molecola dell'ematina.
Sono note diverse porfirine, costituite tutte da uno scheletro formato da quattro anelli pirrolici sostituiti: hanno funzione basica per gli atomi di azoto dei nuclei pirrolici e hanno anche funzione acida per la presenza nella molecola di un numero maggiore o minore di gruppi carbossilici che fanno parte delle catene laterali legate agli anelli pirrolici. La deuteroporfirina (che si forma per putrefazione del sangue) contiene, per es., due gruppi carbossilici; la coproporfirina (che si ritrova negli escrementi) ne contiene quattro; la uroporfirina (presente nell'orina in certi casi di malattia) ne contiene otto, ecc. La protoporfirina, quella che legata al ferro costituisce la ematina, corrisponde, secondo H. Fischer, a questa formula:
L'atomo di ferro, nell'ematina, sta unito alla protoporfirina in modo da sostituire i due atomi di H dei due gruppi > NH e in modo da saturare due valenze parziali degli atomi di azoto degli altri due anelli pirrolici. Lo studio delle porfirine, iniziato da R. Willstätter, è stato proseguito in questi ultimi anni da Fr. W. Küster, da O. Piloty e specie da Hans Fischer che è riuscito a preparare sinteticamente numerose porfirine. Anche la sintesi della protoporfirina e dell'emina è dal 1928 un fatto compiuto.
È importante notare che per disintegrazione della molecola della clorofilla, la sostanza colorante verde delle piante, dopo eliminazione del magnesio in essa contenuto, si possono ottenere delle porfirine (filloporfirina, rodoporfirina, ecc.) analoghe a quelle ottenute dall'emoglobina e differenti soltanto per il numero e la posizione dei gruppi carbossilici contenuti nella loro molecola. Numerosi pigmenti della bile, delle feci e dell'orina (bilirubina, biliverdina, stercobilina, urobilina, ecc.) hanno strette relazioni di costituzione con le porfirine e si formano nell'organismo degli animali per trasformazione dell'emoglobina del sangue.
Fisiologia. - L'emoglobina è molto diffusa nel regno animale, trovandosi nel sangue di tutti i Vertebrati e anche, saltuariamente, di alcuni Invertebrati. In realtì non si tratta d'una sostanza unica essendovi differenze notevoli tra le emoglobine delle diverse specie animali, e anche nella stessa specie fra le diverse classi. Queste differenze sono da riferirsi al costituente proteico dell'emoglobina, l'ematina essendo sempre la stessa in tutti gli animali. Secondo alcuni, anche nello stesso individuo esisterebbero diverse emoglobine, e l'emoglobina dei neonati sarebbe diversa da quella degli adulti.
Nel sangue dei Vertebrati l'emoglobina si trova raccolta in speciali corpuscoli (corpuscoli rossi, eritrociti, emazie). I corpuscoli rossi del sangue umano ne contengono circa il 32% in peso, e poiché essi formano circa la metà del volume del sangue, questo contiene circa il 16% di emoglobina. La più importante proprietà dell'emoglobina, dalla quale dipende la respirazione delle cellule è quella di formare con l'ossigeno l'ossiemoglobina. La quantità d'ossigeno occorrente per trasformare in ossiemoglobina 1 gr. di emoglobina, vale a dire la massima quantità d'ossigeno che questa è capace di fissare, è di cc.1, 34 (a 0° e 76 cm. di Hg.), corrispondente a 1 molecola d'ossigeno per 1 atomo di ferro. Ma la quantità d'ossigeno che effettivamente viene fissata da una soluzione di emoglobina, quale può essere considerata il sangue, dipende innanzi tutto dalla pressione dell'ossigeno e poi dalla natura degli elettroliti che insieme con l'emoglobina si trovano in soluzione. La figura 1, che rappresenta la formazione dell'ossiemoglobina in funzione della pressione dell'ossigeno (curva di dissociazione dell'ossiemoglobina), dimostra che a una tensione d'ossigeno di 100 mm. di Hg., quale esiste nell'aria contenuta negli alveoli polmonari, oltre il 90% dell'emoglobina si trasforma in ossiemoglobina; mentre a una tensíone di 0-10 mm., quale esiste nei tessuti, solo il 5% circa dell'emoglobina è ossigenata. Ne segue che l'ossiemoglobina che si forma nei capillari del polmone, si dissocia nei capillari dagli altri organi e tessuti, fornendo così alle cellule l'ossigeno indispensabile al loro metabolismo. La forma a iperbole della curva di dissociazione dimostra, inoltre, che variazioni anche notevoli della tensione dell'ossigeno nell'atmosfera, e quindi nell'aria alveolare, quali si verificano, per esempio, alle altitudini di 2000-3000 metri, non riducono sensibilmente la capacità dell'emoglobina di fissare l'ossigeno.
Gli elettrofiti poi esercitano un'azione caratteristica sulla curva di dissociazione dell'ossiemoglobina: favoriscono l'associazione a una tensione d'ossigeno piuttosto alta, quale esiste nei polmoni; favoriscono la dissociazione a una tensione piuttosto bassa, quale esiste nei tessuti. Specialmente importante è l'azione degl'idrogenioni e degl'idrossilioni: quelli favoriscono la dissociazione, questi l'associazione. In corrispondenza dei tessuti, pertanto, la dissociazione dell'ossiemoglobina è favorita dal passaggio dell'acido carbonico dai tessuti nel sangue; nei polmoni, la formazione dell'ossiemoglobina è favorita dalla diffusione dell'acido carbonico dal sangue nell'aria alveolare. L'emoglobina non solo trasporta l'ossigeno dai polmoni ai tessuti, ma ha anche una parte importante nel trasporto, dai tessuti ai polmoni, dell'acido carbonico e nel passaggio di questo dal sangue nell'aria alveolare.
Per comprendere questa funzione, bisogna ricordare che l'ossiemoglobina è un acido un po' più forte dell'emoglobina (le rispettive costanti di dissociazione sono 2.10-7 e 6.10-9, e che l'una e l'altra, essendo la reazione del sangue lievemente alcalina (pH = 7,4), vi si trovano disciolte allo stato di sali di potassio e di sodio.
In corrispondenza dei tessuti, l'ossiemoglobina, cedendo a questi una parte del suo ossigeno, si trasforma in un acido più debole quale è l'emoglobina, onde una parte degli alcali a essa fissati diviene libera, e serve a trasformare in bicarbonato la massima parte dell'acido carbonico che contemporaneamente passa dai tessuti nel sangue. Grazie a tale meccanismo, il sangue venoso, pur trasportando una quantità notevole d'acido carbonico dai tessuti ai polmoni, ha una reazione appena un poco più acida di quella del sangue arterioso (trasporto isoidrico dell'acido carbonico).
L'acido carbonico giunge ai polmoni, disciolto nel plasma del sangue, sotto forma di bicarbonato. Questo è un sale stabile, che non ha, cioè, alcuna tendenza a liberare acido carbonico. Ma nel sangue dei capillari polmonari, l'emoglobina, in presenza dell'ossigeno dell'aria alveolare, si trasforma di nuovo in ossiemoglobina, cioè in un acido più forte, il quale, in ragione della sua forza e della sua concentrazione, scaccia dal bicarbonato l'acido carbonico, che pertanto diffonde dal sangue nell'aria direttamente. L'emoglobina, dunque, oltre a trasportare l'ossigeno dai polmoni alle cellule, fornisce l'alcali necessario al trasporto isoidrico dell'acido carbonico dalle cellule al polmone, e nel polmone, infine, liberando l'acido carbonico dagli alcali, ne permette la diffusione dal sangue nell'aria alveolare.
Oltre che con l'ossigeno, l'emoglobina si combina anche con altri gas. La combinazione che essa forma con l'ossido di carbonio (CO), la cosiddetta carbossiemoglobina, è la causa dell'avvelenamento da gas illuminante e dai gas provenienti dalla combustione imperfetta del carbone e della legna. Questi gas contengono una percentuale più o meno elevata d'ossido di carbonio, il quale non è velenoso, ma, combinandosi con l'emoglobina, la blocca, impedendole di compiere la sua funzione fondamentale per la vita di trasportatrice d'ossigeno. Il blocco si verifica anche con quantità piccole d'ossido di carbonio nell'aria, perché l'emoglobina ha per questo gas un'affinità molto maggiore che per l'ossigeno.
Ricambio emoglobinico. - Risulta dal continuo distruggersi e riformarsi dell'emoglobina (e dei globuli rossi) del sangue. In condizioni normali la quantità d'emoglobina che giornalmente è di strutta è automaticamente riformata senza posa, così che in ogni momento della giornata la quantità dell'emoglobina (e dei globuli rossi) è costantemente la stessa. In condizioni patologiche può avvenire che la quantità d'emoglobina del sangue si distrugga in quantità maggiore del normale, che sia inferiore alla normale, per una riformazione d'emoglobina inferiore alla quantità distrutta o per una minore produzione e distruzione dell'emoglobina. Si comprende perciò di quale importanza pratica sia il determinare la misura di questo ricambio. La semplice determinazione della quantità d'emoglobina del sangue (percentuale, come ordinariamente si fa) non basta; occorre misurare la quantità di bilinogeno, che giornalmente s'elimina per le urine e ancor più per le feci, essendo il bilinogeno il prodotto noto terminale della trasformazione della bilirubina (pigmento biliare), che s'è formata dall'emoglobina distrutta. Questa determinazione dice la quantità minima d'emoglobina che si deve essere distrutta. La determinazione contemporanea dell'emoglobina del sangue serve a dire se in egual misura, o no, si riforma emoglobina. La quantità d'emoglobina del sangue d'un uomo di 70 kg. di peso è di 775 g., secondo le più precise determinazioni. La quantità di bilinogeno eliminato in ventiquattro ore per le urine e per le feci normalmente sta fra 90 e 150 mg. Nelle ventiquattro ore perciò si distruggono e si riformano almeno g. 2,25-3,75 di emoglobina (o,3-0,5% dell'emoglobina totale); ossia da 15.000 a 25.000 globuli rossi per mmc. (È probabile che queste cifre, per varie considerazioni debbano essere moltiplicate per 3). In condizioni patologiche il ricambio emoglobinico può ridursi a metà del normale o anche di più; oppure esagerarsi fino a dieci e più volte il normale (eliminandosi 1000-1500 mg. di bilinogeno pari a g. 1-1,5 di bilirubina o a 25-35 g. di emoglobina). Lo studio delle anemie e di alcune itterizie s'è grandemente giovato dell'introduzione di questi metodi di esame. Lo studio del ricambio emoglobinico fu iniziato nella clinica di Parma da Alberto Riva e da L. Zoja, circa 30 anni fa e di poi sempre coltivato.
Bibl.: A. P. Mathews, Physiological chemistry, Londra 1921; J. J. R. Mac Leod, Physiology and biochemistry in modern medicine, Londra 1922; E. Greppi, Ricambio emoglobinico, Bologna 1926; J. Barcfroft, The respiratory function of the blood, parte 2ª, Haemoglobin, Cambridge 1928.