EMOGLOBINA (XIII, p. 929; App. II, 1, p. 851; III, 1, p. 542)
Un principio conduttore che aiuta a sintetizzare la grande quantità di materiale accumulato negli ultimi anni sull'e. è quello di descrivere le proprietà funzionali di questa proteina nei termini della sua struttura chimica.
Struttura. - Le e. contengono due paia di catene polipeptidiche differenti: le subunità α, che sono costituite da 141 residui di amminoacidi, e le subunità non-α (cioè le catene β dell'HbA, le catene γ dell'HbF e le catene δ dell'HbA2), che sono composte da 146 residui; la sequenza degli amminoacidi (struttura primaria) delle catene α, β, e δ di e. provenienti da numerose specie animali è ora completamente nota. Un confronto fra le strutture primarie delle differenti subunità mostra che solo sei posizioni, su un totale di circa 140, sono sempre occupate dallo stesso amminoacido. A questi residui invarianti che, con un paio di eccezioni, si trovano nel ripiegamento proteico che contiene il gruppo eme e nella zona di contatto fra le subunità, è stato attribuito un ruolo molto importante nel determinare le proprietà strutturali e funzionali dell'emoglobina. La conoscenza dettagliata della struttura tridimensionale di questa proteina è in gran parte basata su studi cristallografici. Le caratteristiche generali sono simili per le quattro catene polipeptidiche: a) la maggior parte degli amminoacidi, sia delle subunità α che β, è disposta in regioni elicoidali; ciascuna catena contiene otto (subunità β) o sette (subunità α) di queste regioni, ripiegate una sull'altra e unite da brevi zone non-elicoidali, così da assumere una forma approssimativamente sferica; b) la struttura tridimensionale delle subunità è tenuta insieme da legami deboli non-covalenti, come ponti salini, interazioni a idrogeno e molte interazioni non-polari; c) i residui degli amminoacidi polari si trovano per lo più esposti al solvente, mentre i residui non-polari giacciono nell'interno della molecola o nelle regioni di contatto fra le subunità. Le quattro catene sono unite fra loro in modo da formare un tetraedro irregolare con i gruppi eme ai quattro vertici. Il ripiegamento proteico, dove sono parzialmente incassati gli emi, è costituito, oltre che da due istidine apparentemente essenziali, da residui idrofobici che sono a contatto con le catene laterali dell'anello porfirinico. Una delle istidine, detta prossimale, coordina direttamente il ferro eminico ed è presente in tutte le e. capaci di combinarsi reversibilmente con l'ossigeno; questo gas si lega all'atomo di ferro sul lato dell'eme opposto alla istidina prossimale. Il secondo residuo di istidina, detta distale, non è legato all'atomo di ferro, ma giace, rispetto al piano dell'eme, dallo stesso lato dell'ossigeno ed è situato in modo da poter interagire con i leganti. La natura idrofobica del sito dell'eme è della massima importanza per la stabilità del complesso con l'ossigeno. Il ferroeme isolato, infatti, è instabile in soluzione acquosa ed è rapidamente ossidato a ferrieme, che non può combinarsi con l'ossigeno; quando però viene legato all'imidazolo e il complesso che ne deriva è immobilizzato in un film di polistirene, in modo da essere circondato da un ambiente idrofobico, si ha l'ossigenazione reversibile del sistema, analoga a quella dell'e. e cioè senza ossidazione dell'atomo di ferro. La relazione fra ciascuna catena e le altre due di tipo diverso non è identica (v. fig.). Così il numero di punti di contatto fra le subunità α1 e β1 (34 residui di amminoacidi) è maggiore di quello fra le subunità α1 e β2 (19 residui di amminoacidi). Le conformazioni di ciascuna catena polipeptidica mostrano differenze significative nello stato ossigenato e in quello desossigenato della molecola. L'atomo di ferro è coplanare all'anello porfirinico del gruppo eme nell'ossiemoglobina, mentre nella desossiemoglobina esso giace fuori del piano di circa 0,6 Å. È stato ipotizzato che il movimento dell'atomo di ferro, che avviene con l'ossigenazione, dia l'avvio a variazioni conformazionali della parte proteica, trasportando con sé il segmento polipeptidico a cui appartiene l'istidina prossimale. Le estremità carbossiliche di ciascuna catena polipeptidica, che si trovano in vicinanza dei gruppi eme, sono libere di ruotare nell'ossiemoglobina, mentre sono immobilizzate nella configurazione desossigenata; queste differenze strutturali coinvolgono variazioni nelle interazioni elettrostatiche (ponti salini) di gruppi ionizzabili che giocano un ruolo importante nei meccanismi molecolari dell'e. Le quattro subunità delimitano una cavità centrale che attraversa la molecola lungo l'asse binario del tetramero; questa cavità, ripiena di acqua, è tappezzata da numerosi residui di amminoacidi polari. La posizione relativa delle catene polipeptidiche cambia con l'ossigenazione e l'effetto globale di questa variazione conformazionale è quello di lasciare le subunità α nella medesima posizione relativa e di aumentare la separazione delle subunità β. Ciò fa si che, nel passare dallo stato ossigenato a quello desossigenato, gli emi delle catene β si allontanino di 6 Å e che aumenti lo spazio della cavità centrale delimitato da queste subunità.
Dissociazione in subunità. - La molecola dell'e. in soluzione è in equilibrio di associazione-dissociazione con le sue subunità. La prima tappa della dissociazione consiste nella formazione di dimeri secondo il seguente equilibrio reversibile:
Le condizioni che facilitano questa dissociazione sono: bassi valori di pH o, più esattamente, la presenza di acidi carbossilici indissociati, alti valori di pH e alte concentrazioni di sali. La reazione di mercuriali con i sei gruppi sulfidrilici dell'emoglobina induce una maggiore dissociazione che coinvolge anche le singole catene polipeptidiche. In queste ultime condizioni è possibile separare, con elettroforesi o cromatografia, la subunità α dalle β, in uno stato nativo, cioè possono essere isolate le subunità in grado di reagire reversibilmente con l'ossigeno. Le subunità isolate hanno proprietà molto differenti da quelle che mostrano quando sono riunite nell'intera molecola; contrariamente all'e., hanno infatti un'elevata affinità per l'ossigeno, presentano una forma iperbolica delle curve di equilibrio con i leganti e non mostrano effetto Bohr.
Origine dei fenomeni cooperativi ed effetti allosterici. - La forma sigmoide della curva di equilibrio dell'e. con i leganti riflette un aumento di affinità man mano che aumenta il grado di saturazione; in altre parole, la combinazione successiva delle quattro molecole di ossigeno con ciascuna molecola di e. è resa sempre più facile. Questo fenomeno d'interazione cooperativa (la cosiddetta interazione tra gli emi) dipende appunto dalle variazioni conformazionali indotte dal legame dell'ossigeno. Forse l'aspetto più importante per la comprensione dei meccanismi molecolari alla base del trasporto dei gas respiratori è la scoperta che l'e. può esistere in almeno due conformazioni ben distinte, corrispondenti allo stato desossigenato (conformazione a bassa affinità per i leganti allo stato T nella terminologia dei modelli allosterici) e allo stato ossigenato (conformazione ad alta affinità per i leganti o forma R). Queste conformazioni, che in soluzione sono in equilibrio termodinamico, si differenziano tra loro, come già detto, nella posizione di residui laterali delle singole catene polipeptidiche e specialmente nella posizione relativa delle subunità. La differenza di struttura tra l'e. ossigenata e quella desossigenata è considerata la base fisica della cooperatività nei vari modelli proposti per descrivere i fenomeni d'interazione che dominano le reazioni di questa proteina. La combinazione dei leganti con la forma desossigenata dell'e. induce variazioni della struttura terziaria delle singole subunità che si legano con l'ossigeno; ciò conduce a una progressiva rottura dei ponti salini fra le estremità carbossiliche, che a un certo punto determina la transizione dalla struttura quaternaria T, a bassa affinità per i leganti, a quella R, ad alta affinità. In realtà l'esistenza di due soli tipi di strutture, T ed R, dell'e. è sufficiente a spiegare molte sue caratteristiche funzionali. Sembra però che l'e. assuma conformazioni intermedie, determinate dalla coesistenza nel tetramero di tipo T di una o più subunità che hanno una struttura di tipo R, cioè quella propria delle subunità isolate.
Effetto del solvente sull'equilibrio con l'ossigeno. - Sebbene sia noto da tempo che la composizione del solvente (cioè la concentrazione e il tipo di soluti, oltre la proteina) influenzi le proprietà funzionali dell'e., solo recentemente si è giunti all'identificazione dei gruppi atomici sulla parte proteica coinvolti nell'interazione con le molecole del solvente. Inoltre è stato chiarito che alcuni soluti rivestono un importante significato fisiologico a livello molecolare; in particolare l'effetto del 2,3-disfofoglicerato (DPG) sull'affinità per i leganti ha assunto un preciso significato fisiologico, accoppiando il trasporto dell'ossigeno ai processi metabolici intraeritrocitari. Il DPG si lega all'e. in un rapporto di uno per tetramero. L'affinità per la forma desossigenata, a bassa forza ionica, è molto alta (circa 104-106M-1), mentre quella per la forma ossigenata è da 1 a 2 ordini di grandezza più piccola; in condizioni fisiologiche, l'interazione con l'ossiemoglobina è tuttavia trascurabile. La diminuzione dell'affinità per l'ossigeno, determinata dalla presenza di fosfati organici nel solvente, implica che la desossiemoglobina ha una maggiore affinità della forma ossigenata per queste molecole. La formazione del complesso del DPG con la desossiemoglobina infatti è accompagnata da una variazione di energia libera (circa −6,5 kcal/mole), che determina appunto la stabilizzazione della conformazione desossigenata responsabile della resistenza all'ossigenazione che l'e. mostra in presenza di questo cofattore. Studi di diffrazione dei raggi X hanno permesso l'identificazione del sito dove il DPG si lega alla desossiemoglobina: esso si trova nella cavità centrale della proteina e coinvolge numerosi gruppi caricati positivamente che formano ponti salini con le cariche negative del DPG. La conformazione del sito di legame è distorta con l'ossigenazione e la perdita della complementarietà della distribuzione delle cariche elettriche spiega la ridotta affinità dei fosfati organici per l'ossiemoglobina: il medesimo effetto del DPG può essere riprodotto anche con molti anioni inorganici, come i cloruri e i fosfati; solo il DPG è però capace di esercitare la sua influenza a concentrazioni (5 mM) compatibili con l'equilibrio osmotico dell'eritrocita. I protoni costituiscono un altro importante componente del solvente che modifica l'affinità dell'e. per l'ossigeno (effetto Bohr). L'effetto Bohr alcalino è una conseguenza del fatto che la conformazione desossigenata si combina con i protoni più facilmente di quella ossigenata; poiché nei tessuti, come risultato dei processi metabolici, si ha una maggiore concentrazione di protoni, l'affinità dell'e. per l'ossigeno diminuisce ed è così facilitata la liberazione di questo gas. I gruppi atomici responsabili dell'effetto Bohr sono pochi e fra essi sono stati identificati la valina, che si trova in posizione amminica-terminale nelle subunità α, e l'istidina, situata all'estremità carbossilica delle subunità β. La forza acida di questi gruppi è normale nell'ossiemoglobina, dove sono liberi di muoversi a contatto con il solvente, mentre nella deossiemoglobina la loro forza acida diminuisce, poiché la forma protonata è stabilizzata da ponti salini. È ben noto che l'anidride carbonica, disciolta nel solvente, influenza l'affinità dell'e. per l'ossigeno e questo effetto è dovuto parzialmente alla variazione del pH ambientale, secondo la seguente reazione:
È stato ora chiarito che una frazione significativa di anidride carbonica (circa il 15% del totale) si combina direttamente all'e. formando carbammati con i gruppi α-amminici delle valine terminali, sia delle subunità α che delle β, secondo lo schema:
Poiché la formazione di carbammati è più pronunciata con la desossiemoglobina che con il derivato ossigenato, l'anidride carbonica legata in questa maniera fa diminuire l'affinità dell'e. per l'ossigeno con il medesimo meccanismo del DPG e dei protoni, favorendo cioè la conformazione desossigenata. Il trasporto dell'ossigeno da parte dell'e. è così sotto il controllo di almeno questi tre cofattori: DPG, protoni e anidride carbonica. Poiché i loro effetti trovano una comune base strutturale nelle variazioni conformazionali della proteina, non è sorprendente il fatto che s'influenzino l'un l'altro.
Emoglobine anormali. - Anormali sono definite le e. caratterizzate da un'alterazione della parte proteica della molecola. Sono state scoperte circa 200 varianti dell'e. umana e si conosce anche il tipo e la posizione dell'amminoacido coinvolto; di esse oltre 30 mostrano proprietà funzionali anormali. In generale l'equilibrio con l'ossigeno non è sensibile alla sostituzione di residui di amminoacidi sulla superficie della molecola, mentre è notevolmente influenzato dalle sostituzioni nel ripiegamento proteico dove si trova l'eme e nelle superfici di contatto fra le subunità.
Bibl.: L. Rossi Bernardi, F. J. W. Roughton, in Journal of physiology, 189 (1967), p. 1; J. Wyman, in Journal of the American chemical society, 89 (1967), p. 2202; M. F. Perutz, M. Lehmann, in Nature, 219 (1968), p. 902; M. F. Perutz, ibid. (1970), p. 726; E. Antonini, M. Brunori, Hemoglobin and myoglobin in their reactions with ligands, Amsterdam 1971; Autori vari, Emoglobina: struttura, funzione e ruolo fisiopatologico, Milano 1974; R. E. Benesch, R. Benesch, in Advances in protein chemistry, 28 (1974), p. 211; J. M. Baldwin, in Progress in biophysics and molecular biology, 29 (1975), p. 225.