CICOGNA, Emmanuele Antonio
Nacque a Venezia il 17 genn. 1789 da Elisabetta Bortolucci e Giovanantonio, discendente da famiglia candiota aggregata ai cittadini originari. Dopo una prima educazione presso sacerdoti veneziani dal novembre del 1799 all'agosto del 1807, studiò nel collegio dei barnabiti di Udine dove integrò le nozioni di grammatica e di filosofia con lo studio dei classici latini e italiani, e in particolare del Boccaccio, di cui raccolse e annotò numerose edizioni in vista di un ampio commento criticolinguistico rimasto incompiuto. Dopo un breve soggiorno ad Aurava dà San Giorgio presso Spilimbergo, nel marzo 1808 tornò, a Venezia dove entrò come alunno di concetto presso la Corte d'appello, primo gradino di una carriera giudiziaria lunga ma non particolarmente brillante soprattutto a causa della mancanza della laurea in legge. Dal 13 ag. 1911 era di nuovo a Udine come scrittore alla Regia Procura ma nel gennaio del 1813, nominato commesso al Tribunale d'appello, si stabilì definitivamente nell'amata Venezia dove trascorse il resto della sua esistenza divisa tra lo scrupoloso adempimento dei doveri - d'ufficio e la dedizione esclusiva agli studi storici.
Integro funzionario e tranquillo uomo di casa, il C. non partecipò al sofferto travaglio degli intellettuali veneziani che negli sinni della Restaurazioné attraverso la riscoperta delle glorie della vecchia Repubblica maturarono la loro adesione agli ideali di libertà e di indipendenza nazionale, ma pago del suo modesto impiego servì fedelmente le superiori autorità straniere, non aderì ai moti liberali e osservò disincantato e appartato le vicende politiche che sfociarono nell'annessione del Veneto all'Italia. Il suo rifiuto di ogni atteggiamento troppo estremo e la sincera disposizione ad accettare senza riserve qualunque mutamento istituzionale che gli garantisse la pacifica continuazione del suo otiwn letterario gli assicurarono un trapasso indolore al nuovo regime del Regno d'Italia, che lo colmò di onorificenze in riconoscimento della sua decennale. attività di erudito e studioso di storia veneziana.Tipico homme de lettres preilluminista, convinto della rigorosa distinzione tra cultura e impegno civile, il C. affidò alle pagine vivaci e animate dei suoi Diarii (inediti, conservati a Venezia nella Biblioteca del Civico Museo Correr, con tutti gli altri manoscritti inediti del C.), lontani dal fragore delle polemiche e da ogni sguardo indiscreto e compromettente, il suo giudizio su fatti e persone di Venezia durante il dominio austriaco e la sua visione della vita civile e politica. "Io non porto alcun partito, ché non v'è cosa più sciocca di quella di dichiararsi apertamente; io sono del sole che luce e servo il sovrano che mi dà da mangiare", annota il 19 apr. 1814 (Pilot., Venezia nel blocco..., p. 206), quando ormai il governo austriaco "tutto giustizia e rettitudine e inteso al bene de' popoli" si insedia definitivamente sulle lagune.
Bene hanno fatto i Veneziani, pensa il C., ad accettare senza drammi gli Austriaci. I carbonari del 1820-21 che si sollevano per costituire governi costituzionali e rendere l'Italia "padrona di se stessa e cacciarne le genti straniere" hanno idee giuste e belle, ma utopiche e lontane da ogni pratica realizzazione, per cui "il partito prudente è quello di starsi cheto come si è" anche perché "i cambiamenti fatali sono sempre a ciascuna classe di governo" e la categoria degli impiegati statali cui egli appartiene ne soffre detrimento nei gradi e nella paga (Pilot, Echi della rivoluzione..., pp. 4, 7-8).
Questa gretta e meschina visione della vita, priva di slanci e di calde tensioni ideali, non gli evitò però alcune difficoltà con la censura austriaca che in un paio di occasioni criticò le sue pubblicazioni per espressioni ritenute troppo parziali verso le aspirazioni italiane. Del resto nell'ultimo decennio della sua vita, che coincise cori gli anni di preparazione dell'unione dei Veneto, il suo atteggiamento verso il governo austriaco subiuna lenta e cauta revisione in significativa coincidenza con il contemporaneo mutamento dell'opinione pubblica veneziana. "Esaltati" sono per lui i giovani che promuovono manifestazioni antiaustriache, ma "esaltato" e "pazzo" ancor più gli pare il gesuita Federico Maria Zinelli, che, "imprudentissimo", predica e inveisce contro la libertà di stampa e l'unità d'Italia, e così, mentre la situazione politica evolve verso l'inevitabile annessione, il C. va gradualmente abbandonando, col tipico atteggiamento del vecchio rassegnato non, chiuso al futuro, il suo austriacantismo severo e ostinato e accetta di buon grado di vivere nella nuova Italia riscattata a dignità di nazione grazie all'opera di Cavour di cui a suo tempo ha pianto la morte "come perdita interessante non solo l'Italia chegli stava per redimere dall'estera schiavitù ma tutta l'Europa e tutto il mondo abitato" (Pilot, Venezia dal 1851..., p. 458).
Il C. divise la sua operosa giornata tra le incombenze del lavoro giudiziario ed una paziente e metodica attività di ricerca erudita e bibliografica che soprattutto dopo il 1849, quando gli morì di colera la moglie Carlotta Colpo, divenne vera e propria missione e quasi unica ragione di vita. Alla "bramosia di possedere cose rare e ricercate" (sono sue parole del 1841) sacrificò buona parte dello stipendio con cui acquistò manoscritti rari, classici latini, greci e italiani, opuscoli e libri d'ogni i genere con una assiduità e tenacia misurabili, alla fine della sua vita, dai risultati veramente imponenti e quasi incredibili per un privato di modeste condizioni finanziarie. Quando ormai vecchio e vicino alla morte cedette al comune di Venezia la sua biblioteca in cambio di un vitalizio per lé sorelle, l'inventario annoverava ben 40.000 volumi e 5.000 manoscritti da lui salvati dal deperimento e dalla distruzione, accumulati e schedati a costituire un patrimonio di inestimabile valore per le future generazioni di studiosi.
Le opere raccolte dal C. si trovano tuttora nella Biblioteca del Civico Museo Correr di Venezia.
Mancarono al C. cultura ampia e raffinata, intuizione dei problemi essenziali, capacità di organizzazione e di sintesi dei documenti ammassati e allineati con una sovrabbondanza che confonde e dissolve ogni lucida ed organica visione d'insieme; ma dei limiti del suo lavoro di erudito è conscio lui stesso che'in fondo, da buon "Varrone veneziano" come lo definisce Filippo Scolari (cfr. Paoletti, Intorno agli scritti...), non ambisce a scrivere' la storia di Venezia ma ad apprestare i materiali su cui altri in futuro avrebbero potuto utilmente lavorare.
Dopo il crollo della Repubblica e le spoliazioni napoleoniche Venezia presentava un volto desolante: monumenti in rovina, dipinti trafugati o manomessi, libri e manoscritti rovinati, dispersi, venduti sulle bancarelle, intere biblioteche alienate a stranieri, l'Archivio di Stato pressoché inaccessibile e privo di adeguato ordinamento. Il C. per anni e anni acquistò, catalogò, classificò libri, manoscritti opuscoli, illustrò medaglie, epigrafi, tombe, quadri, relitti di antiquaria sistemando a poco a poco un immenso materiale avviato altrimenti a rovina. Il frutto di questa indefessa attività erudita si riversò in moltissimi articoli e opuscoli che toccavano, tutti gli aspetti della storia veneziana: biografie di nobili, poeti, uomini d'arine e di - scienza, illustrazioni di sculture e monumenti, commenti eruditi ed epigrafici, poesie e cronache, tavole cronologiche, genealogie, notizie storiche su città, edizioni di epistolari, itinerari, diari, testamenti, trattati di devozione. Meritano un cenno a parte almeno l'edizione delle operette economiche dell'Ortes (Trattatelli inediti di Gianmaria Ortes, Portogruaro 1853), il vivace saggio sulle regate veneziane (Lettera di Emmanuele Antonio Cicogna a Cleandro Conte di Prata intorno ad alcune regate veneziano pubbliche e private, Venezia 1856), i profili di alcuni dogi (Storia dei dogi di Venezia scritta dai chiarissimi Emanuele Cicogna, Giovanni Voludo, Francesco Caffi, Giovanni Casoni, Giannantonio Moschini, Venezia 1860) e le dotte annotazioni alla cronaca di Martino da Conal, ai dispacci di Francesco Foscari e alla storia di Daniele Barbaro pubblicate sull'Archivio storico italiano.
L'immenso lavoro di scavo erudito trovò una compiuta sistemazione nel celebre Saggio di bibliografia veneziana, compilato nel 1847, inizialmente come parte dell'antologia di monografie Venezia e le sue lagune, stampato per il IX congresso degli scienziati italiani, ma poi edito separatamente (Venezia 1847). Diviso in sei sezioni comprendenti la, storia ecclesiastica, politica e civile, genealogica e biografica, letteraria, belle arti e antichità, scientifica, e ricco di ben 5.942 titoli bibliografici, il Soggio costituisce un ampio e accurato repertorio, tutt'ora indispensabile per qualsiasi studioso di storia veneziana. Di pari utilità per gli storici e non meno resistenti all'usura del tempo i sei volumi Delle Inscrizioni Veneziane (Venezia 1824-1853), in cui il C. trasfuse in un paziente lavoro di intarsio erudito il frutto di anni di peregrinazioni tra le chiese lagunari all'amorosa ricerca dei. nomi e dei fatti illustri di quella Venezia cui egli si vantava di appartenere "per nascita e per tenero affetto". L'uso intelligente e sistematico delle epigrafi veneziane posteriori all'anno 1000 servirà mirabilmente, secondo le sue intenzioni, a precisare, chiarire e completare le notizie trasmesse dalle fonti scritte su usi e costumi, fatti e personaggi della Repubblica.
Il C. pubblica non solo epigrafi famose e adorne di ricami artistici, scritte in bello stile e che illustrano famosi Patrizi, ma anche quelle minori, disadorne e dettate in cattivi caratteri, apparentemente di scarsa importanza, ma invece "di utilità agli scienziati, e a quelli che delle cose nostre amano di avere contezza maggiore" (I, p. 26). Con l'ausilio dei suoi inesauribili sussidi eruditi e delle notizie tratte dall'Archivio di Stato, cui accedette per la prima volta sin dal 12 febbr. 1825, egli allinea con ridondanza spesso anche eccessiva informazioni di ogni genere sul personaggio nominato nell'epigrafe, la sua famiglia, la sua città, nella serena fiducia di scrivere un'opera utile a tutti gli studiosi "e non solo per li viventi, ma altresì per li futuri... Impercio ché quanto più da' tempi della veneziana repubblica ci dilungheremo... tanto più, il desiderio crescerà di averne contezza, massime nei forestieri" (p. 30). Di ogni chksa il C. fornisce alcuni cenni storici e poi trascrive tutte le epigrafi completando il testo con un fittissimo apparato eruditoartistico-letterario tanto che per certi aspetti l'opera può considerarsi un verq e proprio dizionario blografico dei Veneziani, corredato di ampie dissertazioni, grafici, indici, alberi genealogici, particolarmente preziosi per la storia delle famiglie nobill. Afl'intemo dell'opera alcuni inserti eruditi si ampliano con tale ricchezza e varietà.di notizie da costituire ampie monogralie (cfr. ad esempio la dissertazione sulla chiesa di S. Giorgio Maggiore nel volume IV, pp. 241-401) o veri e propri medaglioni di patrizi, artisti e letterati come nel caso di Alessandro Vittoria, Gaspare Contarini, Giambattista Ramusio, Marc'Antonio Barbaro (II, pp. 125 ss., 227-241, 313-330, 363-367), Aldo e Paolo Manuzio (III, pp. 41-60), Iacopo e Francesco Sansovino, Paolo Veronese, Pietro Giustinian, Leonardo Donà, Andrea Morosini (IV, pp. 23-31, 32-91, 147-154, 183-195, 412-441, 465-482), Ludovico Dolce, Giovanni Sagredo, Celio Magno, Girolamo Miani, Giacomo Franco (V, pp. 93-207, 161-177, 240-254, 362-387, 431-444), Andrea Navagero (VI, pp. 173-348).
Il C. morì a Venezia il 22 febbr. 1868.
Fonti e Bibl.: I. Neummann-Rizzi, Di alcuni scritti pubbl. da E. C. veneziano dall'anno 1808al 1850, Venezia 1850; Autobiagrafia, in Biogr. autogr. ed ined. di ill. ital. di questo secolo pubbl. da D. Diamilla Müller, Torino 1853; A. Sagredo, Delle inscr. venez. raccolte e ill. da E. A. C. di Venezia, in Arch. stor. ital., n. s., XIV(1861), pp. 77-105; G. Paoletti, Intorno agli scritti del cav. E. A. C., Venezia 1864; G. Namias, C. E. A., in Atti d. Ist. veneto di scienze. lettere e arti, s. 3, XIII (1867-68), pp. 351-59; A. Sagredo, C. E. A., ibid., pp. 797-815; Id., E. A. C., in Arch. stor. ital., s. 3, VII (1868), pp. 208-21; [J. Bernardi], In morte di E. A. C., avvenuta in Venezia ai 22 febbr. 1868, in La Gioventù. Riv. naz. ital., n. s., VI (1868), fasc. di marzo; R. Fulin, E. A. C., in Arch. veneto, III(1872), pp. 211-40; Id., Saggio del catal. dei codici di E. A. C., ibid., IV(1872), pp. 59-132, 337-98; Id., E. A. C. Festa letter. nel R. liceo Marco Polo, Venezia 1873; Biografia di E. A. C. scritta dal barone Alfredo di Reumont..., in. Arch. veneto, III(1872), pp. 300-310; altre commemorazioni in Gazz. di Venezia, 22, 24, 25 febbr. 1868 (a cura di N. Barozzi e V. Michielli), 11 marzo 1868 (traduzione a cura del Valentinelli dalla Allgemeine Zeitung di Augusta, n. 64). 10 apr. 1868 (a cura di Armando Baschet); A. Pilot, Venezia nel blocco del 1813-1814 da noterelle ined. del C., in Nuovo Archivio veneto, n. s., XIV (1914), pp. 191-227; Id., Venezia dal 1851 al 1866 nei Diarii inediti del C., ibid., n.s., XVI (1916), 1, pp. 397-480; Id., Echi della rivoluz. napol. del '20-'21in alcune note inedite del C., Venezia 1922; G. Brognoligo, Appunti per la storia della cultura in Italia nella seconda metà del sec. XIX, VI, La cultura veneta. Gli studi stor. venez. e la R. Deputaz. di storia patria, in La Critica, XX(1922), 3, pp. 207 s. Un elenco completo degli scritti del C. in: R. Fulin, Indice delle pubblic. di E. A. C., in Arch. veneto, V(1873), 1, pp. 156-73.