CASTELNUOVO, Emma
Matematica, nata a Roma il 12 dicembre 1913 e ivi morta il 13 aprile 2014. Figlia di Guido Castelnuovo e nipote di Federigo Enriques, suo zio materno, si laureò nel 1936 presso l’Università di Roma. Qui ebbe l’incarico di bibliotecaria del dipartimento di Matematica fino al 1938, quando, a causa della promulgazione delle leggi razziali, dovette abbandonare il posto; per lo stesso motivo non ottenne la cattedra di scuola secondaria che le era stata assegnata per concorso lo stesso anno. Dal 1939 al 1943 insegnò presso le scuole israelitiche di Roma. Sfuggita alla persecuzione nazista insieme alla famiglia, grazie all’aiuto di colleghi e studenti del padre, nel 1945 ottenne la cattedra presso la scuola media Torquato Tasso, dove insegnò fino al 1979. Membro della Commission internationale pour l’étude et l’amélioration de l’enseignement des mathématiques (CIEAEM) dal 1951, ne fu presidente dal 1979 al 1980. Per i suoi meriti è stata insignita dell’Ordine al merito della Repubblica Italiana, con il grado di Grande ufficiale (2009).
C. introdusse un nuovo metodo d’insegnamento rispetto a quello utilizzato nella maggior parte delle scuole italiane. Nel suo primo scritto riguardante la necessità di un nuovo stile di didattica della matematica, Un metodo attivo nell’insegnamento della geometria intuitiva («Tecnica dell’insegnare», 1946, 1, 6, pp. 167-70), propone di «sostituire a un metodo descrittivo un metodo costruttivo»: la tesi di C. è che la geometria nasce come scienza sperimentale da un problema pratico, la misura dei terreni, ovvero il calcolo di aree, per poi arrivare a definire elementi primitivi, quali gli angoli, che sono però difficilmente comprensibili per un ragazzo se presentati come prima nozione da apprendere, come avviene nell’insegnamento classico. Per una migliore comprensione della materia è necessario che lo studente rifaccia in qualche senso il percorso storico, pratico e attivo, passando dal calcolo delle aree di figure elementari al calcolo di aree di figure sempre più complesse, con l’ausilio di modelli tangibili, per es. modelli in cartoncino con cui effettuare la scomposizione e ricomposizione di figure piane e che possono essere utilizzati anche per ricavare teoremi quali quello di Pitagora; per giungere poi, attraverso il confronto di aree, al concetto di uguaglianza e alla necessità dell’introduzione della nozione di angolo. Questo metodo venne più completamente esposto nel libro Geometria intuitiva (1948). Secondo l’impostazione di C. l’alunno è protagonista e «crea» la matematica con l’ausilio di materiale didattico in grado di rappresentare in pratica le proprietà matematiche da apprendere. Tali idee, ispirate ad Alexis Clairault, Maria Montessori, Jean-Ovide Decroly, Jean Piaget, vennero poi applicate anche nell’insegnamento dell’aritmetica (I numeri, 1952). Il complesso del pensiero di C. è contenuto nel libro Didattica della matematica (1970). La filosofia del metodo venne spiegata, a partire dal 1971, anche attraverso l’organizzazione di esposizioni di lavori matematici dei suoi alunni, illustrate nelle pubblicazioni Documenti di un’esposizione matematica (1972), e Matematica nella realtà (1976, con M. Barra). Molti dei suoi testi sono stati tradotti in lingua straniera.