Emilio Segrè
Fisico di fama internazionale, uno dei primi allievi e collaboratori di Enrico Fermi, operò in Italia fino al 1938, quando, a seguito delle leggi razziali, emigrò negli Stati Uniti. A Palermo, dove nel 1935 si era trasferito per ricoprire la cattedra di fisica sperimentale, aveva cercato di trasformare l’Istituto di fisica in un centro di ricerca moderno. Vincitore, assieme a Owen Chamberlain (1920-2006), del premio Nobel per la fisica nel 1959 per la scoperta dell’antiprotone, diede un forte impulso al prestigio scientifico e culturale dell’Italia.
Emilio Segrè nasce a Tivoli (Roma) il 1° febbraio del 1905, da Giuseppe, industriale cartario, e da Amelia Treves. Dopo aver conseguito a Roma, nel 1923, la licenza liceale, si iscrive al biennio propedeutico per aspiranti ingegneri e poi alla Scuola di ingegneria, che frequenta per altri due anni. Nel 1927-28 passa a fisica e, nel luglio 1928, si laurea con pieni voti. È il primo del gruppo di giovani che si formano sotto la guida di Fermi. Subito dopo la laurea, presta il servizio militare. Negli anni 1929-30 e 1930-31 è assistente incaricato e assistente di ruolo di Orso Mario Corbino all’Università di Roma. Con una borsa di studio ministeriale, trascorre l’estate del 1931 ad Amsterdam, presso l’Istituto di fisica diretto da Pieter Zeeman (1865-1943), dove prosegue le sue ricerche in spettroscopia atomica. Successivamente si trasferisce, con una borsa di studio della Fondazione Rockefeller, ad Amburgo, dove partecipa, sotto la direzione di Otto Stern (1888-1969), a importanti ricerche sui fasci molecolari.
Al suo rientro a Roma torna a occuparsi di spettroscopia atomica. Nel 1931 consegue l’abilitazione alla libera docenza in fisica sperimentale. Dopo la scoperta di Fermi della radioattività indotta da neutroni (25 marzo 1934) partecipa alle ricerche in fisica nucleare subito avviate per produrre nuovi isotopi radioattivi, bombardando con i neutroni l’intera tavola periodica, interessandosi in particolare agli aspetti radiochimici. Trascorre parte dell’estate del 1934 negli Stati Uniti, prima alla Columbia University di New York City e poi presso il Radiation laboratory di Ernest O. Lawrence (1901-1958) a Berkeley (University of California), dove è in funzione il primo ciclotrone e dove sono in corso esperimenti simili a quelli condotti a Roma.
Nel 1935 vince, come primo della terna, il concorso per la cattedra di fisica sperimentale bandito dall’Università di Palermo e viene subito chiamato in questa città (26 marzo 1936). Qui, analizzando alcuni campioni radioattivi, irradiati al ciclotrone di Berkeley e inviatigli da Lawrence, scopre, con il mineralogista Carlo Perrier (1886-1948), un nuovo elemento chimico (Z=43), il tecnezio. Nel 1938, a seguito delle leggi razziali, accetta l’invito di Lawrence di rimanere a Berkeley come ricercatore associato al Radiation laboratory, dove continua a interessarsi alla radiochimica. Nel 1940, con Dale R. Corson e Kenneth R. MacKenzie, scopre l’astato, e nel 1941, con Joseph W. Kennedy, Glenn Th. Seaborg e Arthur C. Wahl, il plutonio-239 e le sue proprietà fissili, brevettando i risultati. Dopo una parentesi di tre anni a Los Alamos, dove partecipa, in una posizione di primo piano, al Progetto Manhattan per gli armamenti nucleari, torna all’inizio del 1946 alla University of California come full professor. Qui resterà fino alla pensione (1972), occupandosi di fisica delle particelle elementari.
Nel 1955, con Chamberlain, Clyde E. Wiegand e Thomas Ypsilantis, scopre l’antiprotone, e per questa scoperta riceve, assieme a Chamberlain, il premio Nobel per la fisica nel 1959. Nel 1974 rientra in Italia, per ricoprire, per un anno, la cattedra di fisica nucleare all’Università di Roma. Muore a Lafayette (California) il 22 aprile 1989.
Come racconta Segrè nella sua autobiografia scientifica (A mind always in motion, 1993), nel 1927, mentre è iscritto al quarto anno della Scuola di ingegneria di Roma, ha modo di conoscere personalmente Fermi e, a seguito di questo incontro, decide di passare al corso di laurea in fisica. Con l’aiuto di Corbino, direttore dell’Istituto di fisica, interessato a creare intorno a Fermi (chiamato a Roma sulla cattedra di fisica teorica all’inizio del 1927) un gruppo di giovani ricercatori, riesce a iscriversi in piena regola con gli esami, senza dover perdere un anno. Si laurea, come già detto, nel luglio 1928 con pieni voti. La tesi, sebbene dal titolo molto altisonante, Dispersione anomala e magnetorotazione, appare «un lavoro sperimentale modesto sulla dispersione anomala nel vapore di mercurio e in quello del litio» (E. Segrè, A mind always in motion, cit., p. 53), ma comunque sopra la media dei lavori a quel tempo svolti all’Istituto di fisica di Roma. Conseguita la laurea, dal 1° agosto 1928 fino al 15 febbraio 1930 (con un’interruzione nei primi sei mesi del 1929, in cui riesce a frequentare nuovamente il Laboratorio di fisica a Roma) presta il servizio militare. Dopo il congedo definitivo, dà avvio alla sua vera e propria carriera presso l’Istituto di fisica di Roma come assistente incaricato di Corbino, e in stretto contatto con Fermi. Aveva già pubblicato due lavori a firma congiunta con Edoardo Amaldi, un altro giovane della scuola di Fermi.
Segrè prosegue le sue ricerche su temi di spettroscopia di punta, collegati alla fisica atomica e sotto la guida di Fermi. È del 1930, per es., il calcolo dello spettro del vanadio quattro volte ionizzato, svolto utilizzando il modello statistico dell’atomo introdotto da Fermi nel 1928 (il cosiddetto modello di Thomas-Fermi). Le prime ricerche importanti di Segrè, che lo rendono noto a livello internazionale, riguardano le righe proibite degli atomi (cioè quelle righe corrispondenti a salti quantici dell’elettrone ottico tra due livelli energetici fino allora non previsti). Anche queste ricerche, come la tesi, vengono svolte da Segrè a Roma con la strumentazione messagli a disposizione da Antonino Lo Surdo (professore di fisica superiore a Roma dal 1919).
Studiando l’effetto Zeeman (ossia la suddivisione, a causa di un campo magnetico, delle righe spettrali in più componenti) di alcune righe proibite dei metalli alcalini, Segrè mostra che queste righe sono dovute alla radiazione di quadrupolo elettrico, che fino a quel momento era stata trascurata nei vari calcoli fatti. Questo risultato viene subito pubblicato sulla rivista «Nature» e lo farà conoscere nel mondo scientifico internazionale. Poiché a Roma non esisteva una strumentazione in grado di permettergli ulteriori approfondimenti, Segrè, all’inizio dell’estate del 1931, si reca nei Paesi Bassi, a Leida, presso il Laboratorio di Zeeman, dove gli viene messo a disposizione un reticolo di diffrazione, in grado di soddisfare le sue esigenze.
Seguendo, come del resto aveva già fatto con il viaggio nei Paesi Bassi, una tradizione che si stava consolidando a Roma in quegli anni, e cioè quella di imparare, attraverso soggiorni presso qualificati centri di ricerca stranieri, nuove tecniche sperimentali da utilizzare poi in Italia, alla fine del 1931, con una borsa di studio della Fondazione Rockefeller, Segrè si reca ad Amburgo, presso il Laboratorio di Stern, centro molto importante per le ricerche sui fasci molecolari, con l’obiettivo di acquisire competenze in questo settore. Qui collabora con Otto Robert Frish (1904-1979), assistente di Stern. Sotto la supervisione di quest’ultimo, Segrè e Frish realizzano un dispositivo sperimentale che permette di osservare il ribaltamento dello spin in fasci molecolari polarizzati che attraversano una regione con campo magnetico rapidamente variabile. Utilizzano una configurazione del campo suggerita in un articolo di Ettore Majorana. Queste sue ricerche non avranno un seguito a Roma.
Al suo rientro, Segrè riprende a interessarsi ad argomenti di spettroscopia atomica. Tra i vari risultati raggiunti, va ricordata la dimostrazione sperimentale, nel caso del sodio, dell’effetto Zeeman quadratico, cioè dello spostamento, previsto teoricamente, dei termini spettrali, proporzionale al quadrato del campo magnetico. Inoltre, riesce a individuare, seguendo anche idee di Majorana, un altro meccanismo, oltre la radiazione di quadrupolo, responsabile della presenza delle righe proibite, e cioè l’azione di campi elettrici casuali, prodotti dagli ioni presenti nel tubo di scarica.
Nell’aprile del 1932 l’Università di Ferrara bandisce il concorso per una cattedra di fisica sperimentale. Segrè partecipa alla competizione, presentando quattordici pubblicazioni, di cui quattro in collaborazione (due con Amaldi, le altre due rispettivamente con Cornelius Bakker e con Frish). La commissione, pur considerando «notevole» la sua opera scientifica e pur ritenendolo maturo ai fini del concorso, non lo fa rientrare nella terna dei vincitori. Quasi come un premio di consolazione, di lì a poco Segrè viene coinvolto da Fermi in una ricerca sulla struttura iperfine delle righe spettrali, sulla quale Fermi aveva già lavorato in precedenza, e in cui era arrivato a risultati molto significativi. Insieme pubblicano un articolo importantissimo, quello conclusivo, in cui viene mostrato che la struttura iperfine può essere completamente spiegata facendo riferimento esclusivamente al momento magnetico del nucleo, senza dover introdurre alcuna forza nucleare. Questo è il primo lavoro di Segrè su temi riguardanti il nucleo, anche se su un argomento a metà strada tra la spettroscopia e la fisica nucleare. Comunque, per Segrè il salto in questo nuovo settore non tarderà ad arrivare.
Com’è noto, Fermi, il 25 marzo del 1934, con una lettera alla «Ricerca scientifica» comunica la scoperta della radioattività indotta da neutroni, in particolare nel caso dell’alluminio e del fluoro. Dopo la scoperta, il grande fisico dà subito avvio a un’indagine estesa all’intera tavola periodica alla ricerca di nuovi elementi attivabili con i neutroni. Segrè viene chiamato da Fermi a collaborare alla ricerca, assieme ad Amaldi e a Oscar D’Agostino, un giovane chimico di Roma, già coinvolto da Corbino, Fermi e Franco Rasetti in un progetto del CNR (Consiglio Nazionale delle Ricerche) su questioni di fisica nucleare. Nella seconda lettera inviata alla «Ricerca scientifica», intorno al 10 aprile, dove vengono comunicati i nuovi risultati ottenuti, così Fermi cita i suoi primi tre collaboratori: «Le separazioni chimiche sono state eseguite dal dott. O. D’Agostino; per la parte fisica hanno collaborato i dott. E. Amaldi ed E. Segrè».
Il 10 maggio 1934 una terza lettera era inviata alla «Ricerca scientifica», non più solo a firma di Fermi, ma a firma di: «E. Amaldi, O. D’Agostino, E. Fermi, F. Rasetti, E. Segrè». Questa lettera sancisce ufficialmente la formazione a Roma, attorno alla figura di Fermi, di un vero e proprio gruppo di lavoro costituito per l’appunto dai firmatari della lettera (a cui in seguito si aggiungerà anche Bruno Pontecorvo, giovane laureato a Roma). Obiettivo di questo gruppo di lavoro, operativo fino a circa la metà del 1935, quando si scioglierà, era sostanzialmente quello di bombardare con i neutroni l’intera tavola periodica, individuare gli elementi che venivano attivati, identificare i nuovi isotopi radioattivi che venivano creati e, infine, stabilire le reazioni nucleari che avevano portato alla creazione di questi nuovi isotopi. Riguardo all’organizzazione del lavoro, Segrè così ricorda:
All’inizio Fermi, Amaldi ed io abbiamo cercato di portare avanti il lavoro più velocemente possibile. Abbiamo organizzato le attività in questo modo: Fermi avrebbe dovuto fare una buona parte degli esperimenti e i calcoli, Amaldi avrebbe dovuto occuparsi di quello che noi ora chiameremmo Elettronica, e io avrei dovuto garantire le sostanze che dovevano essere irraggiate, le sorgenti e altra attrezzatura necessaria. La divisione del lavoro non era strettamente rigida e ciascuno di noi partecipava in tutte le fasi del lavoro (in E. Fermi, Collected papers, 1° vol., 1962, p. 640).
Questa distribuzione dei compiti, compresa la parte riguardante l’analisi chimica, che era assegnata a D’Agostino, verrà sostanzialmente mantenuta così fino alla fine, come si può vedere dalla differenziazione tra i lavori firmati dai vari collaboratori di Fermi. Segrè, in particolare, si specializzerà nella parte chimica, non solo per quanto riguarda la scelta dei campioni, ma soprattutto per quanto riguarda le tecniche di radiochimica necessarie per separare i vari isotopi radioattivi. Non a caso, è a firma congiunta D’Agostino-Segrè il lavoro conclusivo sul torio e sull’uranio, pubblicato sulla «Gazzetta chimica italiana» il 16 maggio 1935, in cui vengono raccolte tutte le ricerche condotte fino a quel momento su questi due elementi.
Il lavoro svolto da Fermi e dal suo gruppo fu immenso e i risultati raggiunti furono strepitosi. Nel giro di poco più di un anno, non solo riuscirono ad attivare gran parte degli elementi della tavola periodica, tra cui l’uranio, e a produrre un’enorme quantità di nuovi isotopi radioattivi (erroneamente credettero anche di aver prodotto elementi fuori della tavola periodica, i cosiddetti elementi transuranici), ma furono anche in grado di identificare tre tipi di reazioni nucleari coinvolte nella radioattività indotta da neutroni: cattura del neutrone con successiva emissione o di una particella α (n, α), oppure di un protone (n, p) o di un raggio γ (n, γ). Inoltre scoprirono l’effetto della paraffina e di altre sostanze idrogenate nel facilitare l’attivazione di certi elementi chimici (il cosiddetto effetto del rallentamento dei neutroni, subito brevettato). Tra il maggio 1934 e il maggio 1935, sul problema della radioattività indotta da neutroni vennero pubblicate a Roma da Fermi e il suo gruppo ben dodici lettere alla «Ricerca scientifica», due articoli su «Il Nuovo Cimento», tre articoli su «La Gazzetta chimica italiana», tre pubblicazioni su «Nature», due articoli sui «Proceedings of the Royal society» di Londra) a coronamento di un’avventura irripetibile e unica nel suo genere.
Alla fine del 1935 Segrè prende servizio a Palermo, anche come direttore dell’Istituto di fisica, e cerca di modernizzare l’insegnamento istituendo un nuovo corso di studi denominato fisica superiore, in cui vengono trattati gli argomenti più avanzati. Fa quindi acquistare nuova strumentazione, in particolare una camera di ionizzazione, un elettrometro del tipo Perucca e altre attrezzature necessarie per trattare le sostanze radioattive. Cerca anche di formare un valido gruppo di ricerca, chiamando come assistenti di ruolo due promettenti fisici provenienti dalla Scuola Normale di Pisa, Nestore Bernardo Cacciapuoti e Manlio Mandò. Per rafforzare ulteriormente la fisica a Palermo, con l’appoggio del rettore, il giurista Gioacchino Scaduto, riesce a far bandire, all’inizio del 1937, una cattedra di fisica teorica, che verrà poi ricoperta alla fine dell’anno da Gian Carlo Wick, primo della terna dei vincitori (si tratta del famoso ‘Concorso di Palermo’ a cui aveva partecipato anche Majorana). Nell’estate del 1936, si reca presso il Radiation laboratory di Lawrence a Berkeley (University of California), dove è in azione il primo ciclotrone della storia. Questo acceleratore di particelle pesanti, che era in grado di fornire protoni da 80 KeV, era stato messo a punto da Lawrence nel 1931 ed era stato recentemente perfezionato.
L’incontro con Lawrence, a Berkeley, si mostrerà molto importante per Segrè e segnerà il suo futuro. Da Lawrence riceve in omaggio alcuni pezzi di scarto metallici radioattivi del ciclotrone, che porterà con sé in valigia e che studierà al suo rientro a Palermo con la nuova strumentazione che si era procurato in precedenza. Altri campioni irradiati al ciclotrone gli verranno spediti successivamente da Lawrence. In questo modo Segrè riesce a far nascere a Palermo un’attività sui radioisotopi, senza avere a disposizione la sorgente con cui crearli, ma semplicemente sfruttando a distanza il ciclotrone. Ovviamente i campioni radioattivi che venivano spediti a Palermo dovevano avere una vita media abbastanza lunga, tanto da sopportare un viaggio intercontinentale. Particolarmente interessante si mostrerà una fascia altamente radioattiva di molibdeno (Z=42) che aveva fatto parte del vecchio deflettore del ciclotrone e che era stata sottoposta al bombardamento dei deuteroni. Sulla base delle sue conoscenze sulle reazioni nucleari prodotte dai deuteroni, Segrè capisce subito che questo campione di molibdeno avrebbe dovuto contenere isotopi radioattivi dell’elemento Z=43, cioè di quell’elemento mancante che Ida e Walter Noddack asserivano di aver scoperto nel 1925 e che avevano chiamato masurium. Con l’idea di trovarsi di fronte al vero elemento Z=43, creato artificialmente dal molibdeno attraverso una reazione nucleare con i deuteroni, Segrè isola la componente attiva e con la collaborazione di Carlo Perrier, professore di mineralogia dell’Università di Palermo, ne studia le proprietà chimiche, dimostrando che si tratta realmente dell’elemento Z=43. Alcuni anni più tardi (1947) quando i reattori nucleari avranno prodotto quantità industriali di questo nuovo elemento e le sue principali proprietà saranno state confermate, Segrè e Perrier gli daranno il nome di technetium, per ricordare il fatto che è il primo elemento prodotto artificialmente dall’uomo.
Nell’estate del 1938 Segrè compie una seconda visita al laboratorio di Lawrence, durante la quale viene informato della sua destituzione dalla cattedra all’Università di Palermo a causa delle leggi razziali. Lawrence gli offre di restare a Berkeley come ricercatore associato al Radiation laboratory, e lui accetta immediatamente. Nel 1939 al Radiation laboratory diventa operativo un nuovo ciclotrone da 60 pollici, il più potente acceleratore di particelle costruito fino a quel momento. Grazie a questa macchina, bombardando con un fascio di particelle α accelerate un campione di bismuto, nel 1940 Segrè, assieme a Corson e MacKenzie, scopre l’elemento mancante Z=85 che viene chiamato astatine (astato), dalla parola greca ástatos che significa ‘instabile’. Sempre seguendo i suoi interessi per la radiochimica, nel 1941 con Kennedy, Seaborg e Wahl, bombardando l’uranio con neutroni, isola l’isotopo del plutonio-239 e ne evidenzia le proprietà fissili. Questa scoperta sarà fondamentale per i successivi usi bellici del nucleo.
Con l’avvio del Progetto Manhattan, la cui direzione è affidata a J. Robert Oppenheimer, professore di fisica teorica a Berkeley, Segrè, invitato dallo stesso Oppenheimer, partecipa all’impresa in posizione di primo piano. In particolare, dal 1943 fino al 1946, è a capo di un gruppo di ricerca che si occupa, dal punto di vista sperimentale, della fissione spontanea dell’uranio e del plutonio. Al suo ritorno a Berkeley, dopo la guerra, i suoi interessi, oltre che rivolgersi a temi di fisica nucleare, quali l’isomerismo e la fissione spontanea, si spostano sulla fisica delle particelle elementari. In particolare, studia lo scattering tra protone-neutrone e protone-protone, utilizzando fasci di protoni sia polarizzati sia non polarizzati. Nel 1954, nel pieno della corsa tra i vari laboratori per avere a disposizione macchine sempre più potenti, al Radiation laboratory viene costruito il Bevatrone, un acceleratore di protoni così chiamato per la sua capacità di imprimere energie fino a un bilione di eV. Con questa macchina, bombardando con un fascio di protoni da 6 GeV un bersaglio di rame, Segrè, in collaborazione con Chamberlain, Wiegand e Ypsilantis, scopre l’antiprotone (scoperta che varrà a lui e a Chamberlain il premio Nobel per la fisica). A questa scoperta, come ricordato nella Nobel lecture, diedero un contributo anche alcuni ricercatori italiani: Oreste Piccioni «per aver aiutato materialmente nel progetto iniziale dell’esperimento, specialmente nel suggerire l’uso di lenti magnetiche quadruple» e il «gruppo di Roma guidato da Amaldi» per aver svolto un importante lavoro strettamente legato allo stesso argomento. La scoperta dell’antiprotone è di fatto l’ultimo contributo importante dato da Segrè alla fisica.
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