MARSILI, Emilio
MARSILI, Emilio. – Nacque a Venezia il 1° febbr. 1841 da Antonio e Maria Cominotti. Dopo una solida formazione presso la classe di scultura di L. Ferrari all’Accademia di Venezia, nel 1877 si stabilì per qualche tempo a Parigi dove esordì quello stesso anno al Salon con un ritratto femminile e Un gamin de Venise (catal., p. 183), la cui stereotipata venezianità ebbe successo presso il pubblico francese. All’esperienza parigina, durante la quale il M. ebbe l’occasione di conoscere H. Chapu e P. Dubois, seguì un soggiorno belga (1879) durante il quale entrò in contatto con J. Van der Stappen e P. De Vigne, artisti la cui influenza emerge nella modellazione delle Stagioni per villa Errera a Bruxelles. Nel 1882 espose quattro opere alla Promotrice di Torino (catal., p. 27) – La prima prova, Vocazione, Scamiciato (quest’ultimo conservato oggi a Torino, Galleria d’arte moderna) e Che freddo! – che nel catalogo della Biennale veneziana del 1901 sarebbero state definite una «rappresentazione vivace ed elegante della vita infantile» (p. 119).
Anche nelle successive edizioni della Promotrice il M. restò fedele a un filone veneto-pittoresco evidentemente apprezzato dal mercato e da parte della critica. Nel 1891 espose, infatti, Te piaso?, un colorito busto in marmo (catal., p. 17), seguito nel 1902 dai bronzi Bambina e lo Strillone, presentati alla I Quadriennale di Torino (catal., p. 87); mentre nel 1908 espose il bronzetto Guardando il gregge (catal., p. 65). Nel 1911, oltre a presentare Monello all’Esposizione internazionale di Roma (catal., p. 56), il M. fu di nuovo alla Promotrice di Torino con i due piccoli bronzi Sulla riva del Canale e Bocciato, quest’ultimo riproposto anche in seguito, alla Biennale del 1909 (catal., p. 111) e del 1926 (catal., p. 80); si sarebbe congedato dalla città piemontese solo nel 1913 con La carità, un bassorilievo già in parte di gusto liberty che con tutta probabilità era fin da allora destinato alla facciata della chiesa della Pietà di Venezia, dove si trova attualmente.
Rientrò a Venezia sin dal 1878, collaborando con C. Boito al riallestimento di palazzo Cavalli Franchetti per cui il M. realizzò le allegorie della Musica, dell’Architettura e della Scultura destinate allo scalone d’entrata. Contemporaneamente portò a termine un busto di Vittorio Emanuele II (1879) per il municipio di Pordenone, che sei anni più tardi gliene avrebbe commissionato uno di Giuseppe Garibaldi (1885), attualmente conservato nel palazzo comunale.
Il primo vero riconoscimento italiano arrivò con Vocazione (ubicazione ignota), che nel 1881 si aggiudicò il premio Principe Umberto a Brera seguito nel 1882 dalla medaglia d’oro alla Künstlerhaus di Vienna. Nel 1887 Triste maternità, presentato all’Esposizione nazionale di Venezia (VII Esposizione nazionale, Venezia 1887, quadri e sculture, Milano 1887, p. 239) e subito acquistato dalla Galleria nazionale d’arte moderna di Roma, accreditò il M. come «un artista aristocratico» dotato di un «senso istintivo della misura che gli consente d’esser vivace senza sguaitaggini e severo senza durezze» (L’Esposizione artistica nazionale illustrata, 29 ag. 1887, p. 171). Emancipatosi dal romanticismo degli esordi, il M. seguì nella produzione di questo periodo un filone verista: è infatti un frate del suo tempo il Paolo Sarpi dell’omonimo monumento innalzato nel 1892 in campo S. Fosca a Venezia, non lontano dallo studio dell’artista (al n. 1837 di Cannaregio).
In occasione dell’inaugurazione, un’immagine del monumento campeggiò sulla copertina del Gazzettino (21 sett. 1892); l’opera fu segnalata anche in riviste di respiro nazionale come Natura ed arte (n. 21, 1° ott. 1892, p. 880).
Il successo del Sarpi aprì al M. le porte delle istituzioni culturali veneziane: partecipò infatti a tutte le edizioni (salvo la sesta) della Biennale, dal 1895 al 1926, ricoprendo anche incarichi organizzativi.
Fece parte del comitato ordinatore della prima Biennale, della commissione generale consultiva e sottocommissione nel 1897 e nel 1901, e del comitato di collocamento nel 1899.
Esordì alla Biennale con un busto (Teresa) e due bozzetti del Dolore (un dettaglio e l’intero progetto) per la tomba Ceresa oggi al cimitero di S. Michele. Il monumento fu inaugurato in realtà, dopo lunga attesa, solo nel 1900; e in un’ampia descrizione Il Gazzettino notava come la figura del Dolore fosse «tratta colla solita accuratezza e purezza classica» (2 nov. 1899, p. 4).
Il M. fu autore di numerosi altri monumenti funerari anche se del prestigio del Ceresa va segnalato solamente quello della famiglia Donà delle Rose (1905). In quest’ultimo il volto della Fede rivela la stessa modella di Primi turbamenti (1899) e di Pensiero dominante (1901), due busti femminili acquistati alla Biennale del 1901, l’uno dalla regina Margherita di Savoia e l’altro dai conti Papadopoli, per farne dono alla Galleria internazionale d’arte moderna di Ca’ Pesaro. Oltre ai due pezzi sopracitati, attualmente il museo veneziano conserva anche Orizzonte oscuro (1907) e Giro di rondini (1909), due bronzi che ritraggono in maniera quasi speculare la consueta modella.
Nelle scelte espositive alla Biennale il M. privilegiò immagini di vita popolare, da Macchietta veneziana del 1901 a Sulla riva del Canale del 1914, a Monello caparbio e Ispirazione del 1924 (catal., p. 22); ma si propose anche come ritrattista: il Senatore Antonio Fornoni del 1899 e il Senatore Lorenzo Tiepolo del 1914 (catal., p. 66) gli aprirono la via per altri incarichi, quali l’esecuzione del busto in marmo di Nicolò Barozzi (1906 circa: Venezia, soprintendenza) e la partecipazione al «pantheon cafoscarino» con i medaglioni in bronzo di Tito Martini (1912) e di Prospero Ascoli (1913).
Nella carriera del M. non mancarono riconoscimenti internazionali, tra cui la medaglia in bronzo all’Esposizione universale di Parigi del 1889 e la partecipazione alla mostra a San Francisco del 1915, dove presentò il marmo Poesia (International Panama-Pacific Exhibition, San Francisco 1915, p. 40), oggi perduto.
Il M. morì il 2 febbr. 1926 a Venezia e fu seppellito in un campo comune del cimitero di S. Michele.
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