LANCIA, Emilio
Nacque a Milano il 20 luglio 1890 da Andrea e Costanza Adami. Dopo avere frequentato il liceo classico A. Manzoni, nell'ottobre del 1910 si iscrisse ad architettura presso il Regio Istituto tecnico superiore, sempre a Milano, dove strinse da subito una solida amicizia con G. De Finetti, G. Fiocchi, G. Muzio, G. Ponti. Nel dicembre del 1915 si trasferì, con Ponti, a Torino per frequentare l'Accademia militare. Prese parte alla prima guerra mondiale come ufficiale di stanza in Veneto, dove ritrovò i suoi compagni Muzio e Fiocchi. Terminata la guerra fece ritorno a Milano, per laurearsi il 10 ag. 1919. Per un breve periodo lavorò nello studio di L. Beltrami e tra il 1920 e il 1921 costruì la sua prima opera, una pensione di sei piani in via M. Pagano a Milano, poi trasformata in casa d'abitazione.
Nel 1920 partecipò alla I Esposizione nazionale di arte sacra a Venezia con il progetto per la chiesa antoniana della Pace di Padova; mentre nel 1921 espose alla prima mostra d'architettura, promossa dalla Famiglia artistica a Milano, due suoi disegni a china e acquerello per una cappelletta montana e una chiesa nel Veneto, insieme con il progetto per un monumento ai caduti redatto con Muzio e Ponti.
Nei disegni per la chiesa di Padova il motto del progetto era "Sant'Orsola"; e questo particolare collega quella giovanile esperienza individuale allo studio di via S. Orsola a Milano, luogo scelto in quegli anni dal L., De Finetti, Fiocchi, Muzio e Ponti per lavorare insieme più come gruppo di attivi intellettuali che come impresa di professionisti. Alla cultura dell'eclettismo opponevano il ritorno al ritmo e all'equilibrio dell'architettura classica, recuperata in una profonda, e spesso ironica, semplificazione della struttura decorativa che si faceva lessico sovrapposto ai volumi, definiti nella risposta alle esigenze funzionali.
Tra il 1920 e il 1922 il L. lavorò con De Finetti alla redazione della parte "Costruzione dell'albergo" nel Manuale dell'industria alberghiera, edito a Milano nel 1923 dal Touring club italiano.
Il primo periodo dell'attività professionale del L. è conosciuto soprattutto per lo stretto sodalizio con Ponti. Tra il 1924 e il 1928, tra le altre opere, i due costruirono a Milano la casa d'abitazione di via Randaccio, il palazzo Borletti in via S. Vittore e la casa in via Domenichino, sede anche del loro studio.
La casa d'abitazione in via Randaccio, progettata come residenza della famiglia Ponti, è un importante esempio milanese dell'elaborazione tipologica che collega la villa urbana alla palazzina. L'edificio è costituito da tre livelli, con un piano interrato e un piano sottotetto, e nella planimetria ripete la forma trapezoidale del lotto. La divisione del piano in due appartamenti segue l'asse trasversale, con la scala a doppia rampa sul lato di via Randaccio, e nega all'interno l'asse longitudinale di simmetria che ordina la composizione del volume. La facciata principale, sul lato più stretto dell'area, si ritrae concava ad accogliere l'ingresso ed è costruita con soluzioni ornamentali (edicola, cornice, timpano e obelischi) che assumono l'aspetto di un'ironica interpretazione dei temi decorativi dell'architettura classica. Sul lato opposto, la convessità è disegnata in pianta attraverso una linea spezzata in tre segmenti, mentre nell'alzato l'unità del prospetto è scomposta nella singolarità delle tre pareti con differenti sistemi di bucature e di soluzioni decorative.
L'interesse progettuale del L., almeno nel primo periodo della sua attività, spaziò dall'urbanistica all'arredamento; e, se nel 1927 fu nel gruppo del Club degli architetti urbanisti, che riportò il secondo premio al concorso per il piano regolatore di Milano con il progetto Forma urbis Mediolani, contemporaneamente fondò, insieme con T. Buzzi, P. Chiesa, M. Marelli, Ponti e P. Venini, la società di arredamento Labirinto, esponendo alcuni prototipi di mobili alla III Triennale nella villa Reale di Monza. Nel 1930 il L. e Ponti parteciparono alla IV Triennale di Monza, costruendo un prototipo di casa delle vacanze come un semplice volume con sovrapposto un astratto e puntuale sistema di decorazioni plastiche.
Le opere realizzate tra il 1930 e il 1933 presentavano delle soluzioni mature sia nell'elaborazione compositiva relativa al tipo edilizio sia nella volontà di semplificazione dell'apparato decorativo.
In poco più di un anno, tra il 1930 e il 1931, si iniziò a costruire e si aprì al pubblico la nuova sede della Banca Unione, a Milano; mentre tra il 1931 e il 1933 furono realizzati i tre edifici in via De Togni a Milano (Domus Fausta, Domus Carola, Domus Julia), nei quali l'attento studio della distribuzione interna si unisce alla scelta del colore negli intonaci esterni. Nel 1932 fu ultimato il complesso residenziale, con la torre Rasini, ai bastioni di porta Venezia a Milano, particolarmente innovativo per le soluzioni tecniche adottate e relative alla vivibilità interna delle abitazioni.
Il L. fu un uomo fondamentalmente riservato, lontano dai protagonismi e dagli entusiasmi istintivi. In architettura preferì la serietà e la solidità della costruzione, considerata come appropriata risposta tecnica a esigenze funzionali, alla sperimentazione dello stile o alla ricerca del nuovo nella frattura con la storia. Visse e lavorò quasi esclusivamente a Milano e sentì la volontà di semplificazione del Novecento come elaborazione interna alla classicità. Il sodalizio con Ponti nacque nella condivisione di questa idea e, probabilmente, si interruppe proprio quando questa, che il L. considerava una certezza indiscutibile, cominciò a trasformarsi in uno stimolante dubbio per Ponti.
Nel 1933, anno in cui si interruppe l'attività in comune con Ponti, il L. partecipò alla V Triennale di Milano realizzando, nel parco Sempione, due prototipi di casa di campagna per vacanze, il primo progettato individualmente, il secondo con Fiocchi, Marelli e G. Serafini.
La stima della borghesia imprenditoriale milanese, che il L. aveva costruito intorno a sé negli anni precedenti, gli valse importanti incarichi anche dopo la separazione professionale da Ponti. Tra il 1933 e il 1936 realizzò i quattro edifici del complesso di abitazioni, uffici e negozi in corso Matteotti e via Monte Napoleone a Milano, la più raffinata tra le sue opere.
Il portico a doppia altezza, elemento di unione tra il volume della torre e il corpo su corso Matteotti, è disegnato attraverso metafisiche sottrazioni di materia nella parete rivestita in lastre di occhialino. Le soluzioni decorative sono ridotte a partiti leggermente aggettanti o in bassofondo, l'immagine del complesso è resa unitaria dall'iterazione di uno stesso modulo verticale e dalla continuità delle cornici. Gli elementi di distribuzione verticale, nell'edificio d'angolo, sono arretrati verso via Monte Napoleone e formano nella pianta un triangolo diviso in due parti eguali. Un'altana nell'attico riduce la consistenza volumetrica della torre, proponendo una variante della soluzione già adottata nella casa Rasini.
Nel prospetto su via Monte Napoleone del quarto edificio il rivestimento in ceppo grigio unisce il piano terreno con il primo. Nella parte superiore, finita a intonaco, essenziali colonne binate a doppia altezza, in marmo di Zandobbio, misurano il campo centrale che, senza enfasi e in modo volontariamente contraddittorio, penetra nel basamento con la cornice sovrapposta al rivestimento nel primo livello.
Un secondo importante incarico fu quello relativo alla costruzione, tra il 1937 e il 1939, dell'edificio per abitazioni e uffici in via della Posta a Milano; mentre tra il 1935 e il 1939 il L. progettò e seguì la realizzazione, con Raffaele Merendi, del complesso milanese denominato "palazzo del Toro" in piazza S. Babila.
L'articolato programma prevedeva la nuova sede di due grandi compagnie di assicurazione, uffici di dimensioni differenti, un teatro nei due livelli interrati, una galleria commerciale, abitazioni nei piani superiori. L'imponente opera è una prova della capacità, raggiunta dal L., nel controllo di soluzioni costruttive considerate allora particolarmente audaci, come i grandi portali in cemento armato che permettono le notevoli luci libere in corrispondenza delle gallerie e del teatro. Il complesso è composto da due edifici, uno disposto sul perimetro dell'area lungo la strada, l'altro nel centro del grande cortile. Al piano terreno l'intera superficie è occupata dai negozi, dai tre bracci della galleria, dagli ingressi ai piani superiori e al teatro interrato. Il portico a doppia altezza è sul limite verso la piazza e definisce la dimensione del modulo verticale ripetuto in alzato. Una finestratura continua a tripla altezza apre la parte centrale del prospetto ed è separata dal portico con un piano, che ha funzione statica di architrave, disegnato da aperture quadrate. Lo stesso disegno si ripete nel settimo livello, prima dell'arretramento volumetrico dei tre ultimi piani, inquadrando il campo centrale in una partitura regolare di bucature. L'ultima porzione del prospetto, in corrispondenza dell'ingresso alla galleria, introduce una sospensione oltre la quale la parete si semplifica, per evitare eccessive disarmonie con gli elementi architettonici dell'edificio preesistente cui si collega il complesso.
La guerra sospese bruscamente l'attività professionale del Lancia. Nel 1949 ottenne l'incarico per il progetto e la realizzazione dell'albergo dei Cavalieri, in piazza Missori, e dell'hôtel de la Ville, in via Hoepli, a Milano, opere in continuità con la sua personale ricerca di sintesi formale tra modernità e tradizione. In particolare l'albergo dei Cavalieri è un imponente edificio, che segue la curva in pianta dell'area, e che nel prospetto unisce al disegno decorativo del rivestimento l'elegante proporzione delle aperture.
Dalla fine degli anni Cinquanta si ritirò quasi completamente nella sua casa di campagna a Besozzo, presso Varese. Il 14 dic. 1961 chiese di essere cancellato dall'Ordine interprovinciale degli architetti della Lombardia, terminando, di fatto, una lunga attività professionale che lo aveva visto tra i più significativi protagonisti del Novecento milanese.
Il L. morì a Besozzo il 12 ag. 1973.
Fonti e Bibl.: A. Alpago Novello, Due case a Milano: corso del Littorio, via Monte Napoleone, in Rassegna di architettura, VIII (1936), pp. 103-114; Una casa a Milano in corso del Littorio, ibid., IX (1937), pp. 146-150; Il palazzo del Toro a Milano, ibid., XI (1939), pp. 321-364; M. Grandi - A. Pracchi, Milano. Guida all'architettura moderna, Bologna 1980, ad indicem; M.C. Cigolini, E. L. architetto: disegni e progetti, Genova 1987; A. Burg, Novecento milanese, Milano 1991, pp. 157-160, 162 s., 165-167, 170 s., 173, 175 s., 198 s. e passim; M.G. Folli, Tra Novecento e razionalismo: architetture milanesi 1920/1940, Milano 1991, pp. 58, 192-195, 235-239.