SEGRÈ, Emilio Gino
– Nacque a Tivoli il 30 gennaio 1905 (registrato all’anagrafe il 1° febbraio), da Giuseppe Abramo e da Amelia Treves, terzogenito di una famiglia ebraica di agiate condizioni economiche grazie all’attività del padre nell’industria della carta.
Nel 1917 la famiglia si trasferì da Tivoli a Roma, dove Segrè completò gli studi superiori presso il liceo Mamiani, iscrivendosi poi, nel 1922, al biennio di ingegneria dell’Università di Roma. Proseguì quindi gli studi di ingegneria con scarso entusiasmo; nel 1927 il compagno di studi Giovanni Enriques gli fece incontrare Franco Rasetti, allora assistente presso l’istituto di fisica di via Panisperna diretto da Orso Mario Corbino, e attraverso Rasetti Segrè entrò in contatto con Enrico Fermi, da poco insediato a Roma sulla prima cattedra italiana di fisica teorica. Segrè trascorse con Fermi e Rasetti parte delle vacanze estive; grazie al loro interessamento poté partecipare al Congresso internazionale dei fisici a Como nel settembre del 1927. L’incontro con Fermi fece maturare in lui la decisione di passare da ingegneria a fisica; diede rapidamente gli esami mancanti e si laureò il 14 luglio 1928 con una tesi su Dispersione ottica e magnetorotazione, primo di quel piccolo ma brillante gruppo di giovani ricercatori che alla fine degli anni Venti si formò sotto la guida di Fermi. Tra l’agosto del 1928 e il febbraio del 1930 prestò servizio militare, con un’interruzione nei primi mesi del 1929, durante i quali riprese a frequentare l’istituto di fisica e fu nominato assistente di Corbino, posizione che mantenne fino al 1935.
Per perfezionare le proprie competenze in campo spettroscopico, nell’estate del 1931 Segrè usufruì di una borsa di studio ministeriale per recarsi ad Amsterdam, a lavorare nel laboratorio di Peter Zeeman. Successivamente, grazie a una borsa della Rockefeller Foundation, passò un periodo di studio presso il laboratorio di Otto Stern ad Amburgo, dove lavorò in collaborazione con Otto Frisch a sviluppare le tecniche sperimentali per la fisica dei fasci molecolari. Ad Amsterdam e Amburgo tornò nuovamente per brevi periodi nel settembre del 1932 e nel gennaio del 1933. Nel 1931 ottenne la libera docenza in fisica sperimentale e nel 1932 prese parte al concorso a cattedra della stessa materia indetto dall’Università di Ferrara, senza però riuscire a entrare nella terna dei vincitori: la commissione fece valere il criterio dell’anzianità di servizio. Fermi, trovatosi in minoranza con la possibilità di far risultare vincitore uno solo dei due giovani in lizza, scelse Bruno Rossi, che andò a dirigere il nuovo istituto di fisica a Padova. La delusione per il mancato successo fu compensata per Segrè dalla successiva collaborazione scientifica con Fermi sulla struttura iperfine delle righe spettrali. Sempre con Fermi, visitò per la prima volta gli Stati Uniti nell’estate del 1933.
Nel gennaio del 1934 Irène Curie e Frédéric Joliot annunciarono la scoperta della radioattività artificiale. Fermi ebbe subito l’idea di cercare di produrre nuovi elementi radioattivi servendosi di sorgenti di neutroni, invece delle particelle alfa utilizzate dai francesi. Dopo i primi risultati positivi, l’intero gruppo di ricercatori romani – di cui facevano parte, oltre a Fermi, Rasetti e Segrè, Edoardo Amaldi e il chimico Oscar D’Agostino, cui si aggiunse, dopo l’estate, il più giovane Bruno Pontecorvo – fu mobilitato nel lavoro di ricerca, cominciando a bombardare in modo sistematico gli elementi del sistema periodico di numero atomico crescente. Insieme a D’Agostino, Segrè divenne particolarmente esperto nelle tecniche di radiochimica: una parte importante del lavoro consisteva infatti nella separazione chimica e nell’identificazione dei nuovi radionuclidi ottenuti. In poco tempo venne irradiata con neutroni una sessantina di elementi e in almeno quaranta di essi vennero scoperti e spesso identificati nuovi elementi radioattivi: l’estrema importanza di questi risultati apparve subito evidente a livello internazionale.
Nell’estate del 1934 Segrè si recò insieme ad Amaldi a Cambridge, presso il Cavendish Laboratory, presentando i risultati della ricerca a Ernest Rutherford. Dopo l’estate, alla ripresa del lavoro, contribuì al principale risultato ottenuto dal gruppo dei fisici romani, la scoperta dell’efficacia dei neutroni lenti nel provocare la radioattività artificiale. La scoperta dell’effetto del rallentamento dei neutroni nelle sostanze idrogenate indusse Fermi e i suoi a un rapido riorientamento del programma di ricerca, concentrandosi piuttosto sulla comprensione dell’effetto dei neutroni lenti che nello studio dei radionuclidi prodotti. Corbino, a sua volta, capì subito che le applicazioni pratiche della scoperta avrebbero potuto essere molto importanti e convinse Fermi e i suoi collaboratori a brevettare la loro scoperta. La richiesta di brevetto, che riguardava specificamente il processo di produzione di sostanze radioattive artificiali mediante bombardamento con neutroni e l’aumento dell’efficienza di questo processo dovuto al rallentamento dei neutroni, recava la data del 26 ottobre 1934; il brevetto fu successivamente esteso ad altri Paesi.
Nell’estate del 1935 Segrè ritornò negli Stati Uniti per partecipare, insieme a Fermi, alla scuola estiva di Ann Arbor in Michigan; passò poi alla Columbia University di New York, dove lo raggiunse nell’ottobre la notizia dell’esito del concorso chiesto dall’Università di Palermo per coprire la cattedra di fisica sperimentale rimasta vacante a seguito della morte di Michele La Rosa. Primo della terna dei vincitori, Segrè fu chiamato a dirigere l’istituto di fisica a Palermo, dove si trasferì all’inizio del 1936. Il 2 febbraio dello stesso anno sposò Elfriede Spiro, un’ebrea tedesca emigrata in Italia a causa delle leggi antisemite, che aveva conosciuto a Roma nel 1934. Dal matrimonio nacquero tre figli: Claudio, nato il 2 marzo 1937 a Palermo, seguito da Amelia e Fausta, nate il 9 novembre 1942 e il 7 novembre 1945, entrambe a Los Alamos.
A Segrè l’istituto palermitano dovette apparire come un tipico esempio di quella arretratezza dell’ambiente della fisica italiana cui era urgente porre rimedio seguendo una cura non dissimile da quella di cui era stato diretto testimone a via Panisperna. Segrè diede inizio alla cura cominciando con l’attirare a Palermo giovani promettenti. Il primo fu un laureato palermitano, Mariano Santangelo, cui si aggiunsero poco più tardi due ricercatori provenienti dalla Scuola normale di Pisa, Nestore Cacciapuoti e Manlio Mandò. Nel 1937 Segrè riuscì a far bandire un concorso di fisica teorica, in seguito al quale fu chiamato a Palermo Giancarlo Wick. Sul modello di Roma, anche l’istituto di Palermo si avviava a perdere le caratteristiche del vecchio istituto in cui operava e regnava un solo professore, per acquisire i tratti più moderni del centro di ricerca policattedra, con un gruppo di docenti e di giovani assistenti integrati nel sistema internazionale della ricerca; e l’attività di ricerca diede presto brillanti risultati.
Nell’estate del 1936 Segrè si recò nuovamente negli Stati Uniti, spingendosi fino in California, dove stabilì i primi contatti con il Radiation Laboratory di Berkeley, che stava cominciando a far funzionare in modo soddisfacente la prima macchina acceleratrice di ioni pesanti, il ciclotrone, inventata e messa a punto nel corso dei primi anni Trenta dal direttore del laboratorio, Ernest Lawrence. Con l’intento di sfruttare le prospettive di ricerca per la produzione di isotopi radioattivi rese possibili dall’utilizzo del ciclotrone, Segrè riportò con sé a Palermo pezzi di scarto di materiali metallici irradiati dalla macchina. Cominciò ad analizzare gli isotopi radioattivi presenti nei campioni, in collaborazione con Carlo Perrier (professore di mineralogia ed esperto chimico analitico) e il professore di fisiologia Camillo Artom. Queste ricerche portarono Segrè e Perrier, grazie all’analisi di altri campioni di molibdeno ricevuti da Lawrence all’inizio del 1937, all’individuazione dell’elemento chimico 43, mettendo così la parola fine a una lunga e controversa vicenda scientifica e colmando uno dei pochi vuoti rimasti nel sistema periodico degli elementi. Più tardi, nel 1947, Segrè e Perrier decisero di chiamare il nuovo elemento tecnezio, a indicare che si trattava del primo elemento prodotto artificialmente dall’uomo.
Nel giugno del 1938 Segrè tornò a Berkeley, per sfruttare ulteriormente le potenzialità di ricerca offerte dal laboratorio di Lawrence e per studiare la prospettiva di un trasferimento negli Stati Uniti, reso desiderabile a causa del deterioramento delle condizioni politiche in Europa. La promulgazione in Italia delle leggi razziali a partire dal settembre dello stesso anno, con la conseguente sospensione dal servizio che gli venne comunicata a novembre, rese quella che era un’intenzione una scelta obbligata. La famiglia lo raggiunse a Berkeley alla fine dell’anno: cominciò per Segrè un periodo non facile di vera lotta per la sopravvivenza, nel clima estremamente competitivo del laboratorio, alternando alle collaborazioni di ricerca saltuari incarichi di insegnamento presso l’Università. Nel 1939 continuò, in collaborazione con Glenn Seaborg, gli studi sugli isotopi a vita breve del tecnezio; nel 1940, insieme a Dale Corson e Kenneth Mackenzie, bombardando campioni di bismuto con particelle alfa accelerate dal nuovo ciclotrone da 60 pollici, produsse e identificò l’elemento instabile di numero atomico 85, l’astato. L’anno successivo condusse con Seaborg, Joseph Kennedy e Arthur Wahl, fondamentali ricerche sull’isotopo 239 del plutonio, dimostrandone le proprietà fissili e aprendo la via alla sua utilizzazione come combustibile o esplosivo nucleare.
Nel novembre del 1942 Robert Oppenheimer invitò Segrè a partecipare al lavoro volto alla realizzazione di ordigni nucleari, nell’ambito del progetto Manhattan che aveva preso pieno avvio dopo l’entrata in guerra degli Stati Uniti. Segrè lavorò dal marzo del 1943 fino al gennaio del 1946 a Los Alamos come direttore del gruppo di ricerca che si occupava del problema della fissione spontanea dell’uranio e del plutonio. Il 14 luglio 1945 assistette al Trinity test, la prima esplosione nucleare, nel deserto di Alamogordo. Nel 1944, durante la permanenza a Los Alamos, Segrè prese la cittadinanza americana. Dopo la fine della guerra potè venire a conoscenza della sorte dei suoi familiari rimasti in Italia: la madre era stata presa dai nazifascisti durante il rastrellamento degli ebrei romani dell’ottobre del 1943 e ed era scomparsa durante il trasferimento ad Auschwitz, o subito dopo l’arrivo al campo; il padre, scampato fortunosamente alla cattura, era morto l’anno successivo.
Nel 1946 Segrè tornò a Berkeley, e per qualche anno si destreggiò tra il lavoro di ricerca al Radiation Laboratory e gli incarichi di insegnamento, ricevendo offerte di posti di professore da altre università che usò per negoziare con Berkeley una posizione stabile e soddisfacente. Con il suo gruppo di ricerca si occupò attivamente dello studio delle interazioni nucleone-nucleone utilizzando il nuovo sincrociclotrone. Nel 1947 e nel 1951 tornò in Italia; nella seconda occasione tenne a Milano e Roma un ciclo di conferenze sponsorizzate dalla fondazione Donegani. Dopo aver passato l’anno accademico 1951-52 all’Università di Urbana, in Illinois, rientrò definitivamente a Berkeley, dove l’Università gli aveva finalmente offerto un posto fisso di professore a condizioni economiche soddisfacenti, mantenendo il rapporto di collaborazione con Lawrence e il Radiation Laboratory, ormai affermatosi come uno dei più prestigiosi centri di ricerca degli Stati Uniti. L’autorità di Lawrence convinse l’Atomic energy commission a privilegiare Berkeley come sede del più potente acceleratore del Paese; nel 1953 fu completata la costruzione del Bevatron, l’unica macchina in grado di produrre un fascio di particelle con un’energia superiore a quella necessaria per la produzione di una coppia protone-antiprotone, la cosiddetta energia di soglia. Fin dal momento dell’entrata in funzione del Bevatron Segrè e i suoi collaboratori lo utilizzarono per esperienze sulla polarizzazione dei protoni.
Il progetto di un esperimento per la rivelazione dell’antiprotone prese forma verso la fine del 1954, quando Oreste Piccioni prospettò al gruppo di Berkeley la possibilità di individuare la particella in maniera indiretta, ricorrendo a un sofisticato sistema di lenti magnetiche e di contatori che avrebbero permesso di determinare impulso e velocità delle particelle negative prodotte nelle interazioni del fascio di protoni con il bersaglio, e di risalire quindi al valore della loro massa, identificando così senza ambiguità la presenza di eventuali oggetti di massa protonica e carica negativa.
Mentre venivano condotti i preparativi per l’esperienza giunse a Segrè una proposta di collaborazione dall’Italia. Amaldi proponeva al vecchio amico di via Panisperna di esporre le proprie emulsioni, anziché alla capricciosa e incontrollabile radiazione cosmica, al fascio intenso e controllato del Bevatron, per cercare tracce visuali dirette dell’annichilazione degli antiprotoni che la macchina avrebbe dovuto produrre in abbondante numero. Accettata la proposta, Segrè e il suo gruppo (di cui facevano parte Owen Chamberlain, Clyde Wiegand e Tom Ypsilantis) si trovarono a gestire la conduzione di due esperimenti, di cui uno in collaborazione con Roma, volti entrambi all’identificazione dell’antiprotone, con strategie complementari. Nell’agosto le emulsioni furono irradiate e inviate a Roma per il lungo e tedioso lavoro di sviluppo e analisi al microscopio, mentre venivano perfezionati i componenti elettronici dell’esperimento con i contatori, che cominciò a dare in settembre i primi risultati positivi. Alla fine di settembre, era stato registrato un numero di antiprotoni sufficiente a rompere gli indugi e a inviare alla Physical review la nota con l’annuncio della scoperta. In novembre, i fisici romani rintracciarono nelle emulsioni una ‘stella’ che forniva la prova diretta dell’annichilazione; altre furono trovate nei mesi seguenti, suggellando definitivamente l’esito della caccia all’antiprotone.
Per la scoperta dell’antiprotone, Segrè ricevette insieme a Chamberlain il premio Nobel per la fisica nel 1959. Per Segrè l’assegnazione del Nobel ebbe certamente una funzione di compensazione per il mancato riconoscimento del lavoro precedentemente svolto a Berkeley nel campo di ricerca che egli considerava suo per eccellenza, quello della radiochimica: quando il premio Nobel per la chimica del 1951 era stato assegnato al solo Seaborg, Segrè si era sentito defraudato di un credito che riteneva di avere ampiamente meritato.
Nel 1952 Segrè fu eletto membro della National academy of sciences, e nel 1958 socio straniero dell’Accademia dei Lincei. Dopo la morte di Fermi nel dicembre del 1954, si occupò, insieme a un ristretto gruppo di amici e collaboratori, della pubblicazione dei suoi lavori scientifici (E. Fermi, Collected papers (note e memorie), I-II, Roma-Chicago 1962-1965). Grazie anche alla copiosa documentazione raccolta per questo lavoro, produsse quella che per lungo tempo è rimasta l’unica biografia scientifica di Fermi (Enrico Fermi, physicist, Chicago-London 1970; trad. it. Bologna 1971). Dal 1958 al 1977 diresse la Annual review of nuclear science, e in quegli stessi anni completò un importante trattato di fisica nucleare e delle particelle elementari (Nuclei and particles. An introduction to nuclear and subnuclear physics, New York-Amsterdam 1964; trad. it. Bologna 1966).
Nel 1970 morì la moglie Elfriede; due anni dopo sposò in seconde nozze Rosa Mines, che aveva conosciuto a Montevideo nel 1966. Sempre nel 1972 si ritirò dal suo posto di professore a Berkeley e cominciò a ritornare con maggiore assiduità in Italia, dove gli venne offerta negli anni 1974 e 1975 una cattedra di fisica nucleare ad personam all’Università di Roma. L’interesse che aveva sempre coltivato per la storia della fisica si materializzò negli anni successivi al pensionamento nella produzione di due volumi che ebbero un largo successo, dedicati all’esposizione dei principali sviluppi della disciplina e dei suoi maggiori protagonisti (Dai raggi X ai quarks. Personaggi e scoperte della fisica contemporanea, Milano 1976; Personaggi e scoperte della fisica classica. Dalla caduta dei gravi alle onde elettromagnetiche, Milano 1983).
Segrè stava completando la stesura della propria autobiografia, poi pubblicata postuma (A mind always in motion, 1993) quando un malore improvviso pose fine alla sua esistenza il 22 aprile 1989, durante una passeggiata con la moglie Rosa nei pressi della loro residenza a Lafayette in California.
Fonti e Bibl.: Le carte di Segrè sono depositate presso l’Università di Berkeley: Segrè (Emilio) papers, The Bancroft Library, University of California, Berkeley (http://www.oac.cdlib.org/search? query=emilio+segr%C3%A8+papers&x= 0&y =0&style=oac4&ff=0&institution=UC+Berkeley%3A%3AUniversity+Archives; 2 marzo 2018).
E. Segrè, A mind always in motion. The autobiography of E. S., Berkeley 1993 (trad. it. Autobiografia di un fisico, Bologna 1995); G. Battimelli - D. Falciai, Dai raggi cosmici agli acceleratori: il caso dell’antiprotone, in Atti del XIV e XV Congresso nazionale di storia della fisica, Udine... 1993, Lecce... 1994, a cura di A. Rossi, Lecce 1995, pp. 375-386; J. David Jackson, E.G. S., in Biographical memoirs of the national Academy of sciences, 2002, vol. 81, pp. 1-25 (contiene in appendice una bibliografia dei principali lavori scientifici di Segrè); G. Battimelli, E.G. S., in Beautiful minds. I Nobel italiani, Firenze 2004, pp. 30-33; N. Robotti, E. S., in Il contributo italiano alla storia del pensiero. Scienze, Roma 2013, pp. 702-705.