DE BENEDETTI, Emilio
Nacque a Cherasco (Cuneo) il 20luglio 1873 da Giacomo e Celeste De Benedetti. Le buone condizioni economiche della famiglia - il padre si occupava della riscossione dei dazi e delle imposte e gestiva una piccola banca a Cherasco - consentirono al D. di percorrere abbastanza agevolmente e fino in fondo la carriera scolastica e universitaria. Ultimati gli studi ginnasiali e liceali a Cuneo, studiò ingegneria industriale al politecnico di Milano ed elettrotecnica a Torino.
Questa ampia ed approfondita preparazione universitaria gli consentì di inserirsi con una certa facilità, e fin dalle prime esperienze ai massimi livelli, in un settore, come quello dell'industria elettrica, in piena espansione e particolarmente assetato di forze intellettuali ben attrezzate sul piano tecnico-teorico, il primo incarico che assunse fu quello di direttore della Società italiana per applicazioni elettriche di Torino, al quale aggiunse quasi subito, sempre nei primissimi anni del secolo, quello di direttore e poi di amministratore delegato della Società delle forze idrauliche del Moncenisio. Nel 1905 lo si trova tra i fondatori dell'Unione esercizi elettrici (una società costituita in quell'anno a Milano con il contributo decisivo della Società italiana per applicazioni elettriche) e della quale divenne immediatamente amministratore delegato.
Il suo nome, prima dello scoppio dei conflitto mondiale, può essere tranquillamente messo accanto a quello di tanti hominos novi dell'industria italiana, ma meglio sarebbe dire dell'industria elettrica ed elettrotecnica italiana: Conti, Zunini, Capuano, Semenza, Civita, Motta.
Suo il merito principale per i lavori eseguiti sul colle del Moncesio per utilizzare l'acqua del lago che si trova su quell'altipiano, ma suo, più in generale, anche quello della realizzazione di una vasta rete di società produttrici e distributrici di energia elettrica nel Piemonte orientale e meridionale. Gli fu quindi senz'altro piuttosto facile restare al proprio posto di amministratore delegato della Forze idrauliche del Moncenisio - che era il centro Produttivo e finanziario di questa articolata struttura produttiva - malgrado il passaggio del pacchetto di maggioranza della società dalle mani del gruppo piemontese che faceva capo alla Società italiana. per applicazioni elettriche a quelle ben più potenti della Schweizerische Gesellschaft für Elektrische Industrie di Basilea, una delle maggiori società finanziarie operanti nel settore elettrico a livello europeo.
Anche su altri piani, tuttavia, il D. riuscì a mettersi in evidenza. Nel 1905-06, con G. Agnelli, L. Bonnefon Craponne, G. Bosi ed altri giovani "leoni rampanti" dell'attivissimo mondo imprenditoriale torinese, fu alla testa dello schieramento che liquidò il vecchio gruppo dirigente della Società promotrice dell'industria nazionale, ponendo così le basi per la costituzione, nel luglio del 1906, della Lega industriale di Torino, l'organismo che avrebbe rappresentato in seguito gli interessi degli industriali piemontesi nelle vertenze sindacali.
Nel 1909 un articolo del D. su La Riforma sociale, dal titolo Banca industriale, apri il dibattito sulla funzionalità del sistema bancario italiano, gravemente scosso in quegli anni dall'euforia borsistica di inizio secolo e poi dalla crisi internazionale del 1907.
Benché nelle proposte non fosse altrettanto lucido e preciso come nell'analisi e nella critica della condotta degli istituti di credito, il suo intervento suscitò una viva ed approfondita discussione i cui echi si prolungarono negli anni seguenti, fino allo scoppio delle ostilità in Europa. Nel dicembre del 194 il D., che si era astenuto da ogni intervento successivo a quello del 1909, avanzò, dalle pagine della Nuova Antologia, la proposta di creare un "istituto di credito avente propria personalità giuridica e garanzia statale", con sede presso la Banca d'Italia, per venire incontro alle nuove difficoltà finanziarie create alle aziende industriali dalla guerra. Il suggerimento poteva forse apparire confuso e impreciso sotto il profilo strettamente tecnico-bancario. Dimostrava comunque la grande sensibilità del D. per un problema che, seppur presente in quel momento in forme più acute e pericolose, stava interessando da tempo l'intero sistema economico italiano ed era ormai giunto a maturazione. Prova ne fu l'istituzione, voluta dalla Banca d'Italia, poche settimane dopo l'uscita dell'articolo del D., del Consorzio sovvenzioni su valori industriali, nel cui ordinamento venivano ripresi alcuni degli elementi contenuti nel "progetto" dell'industriale torinese.
La posizione di prestigio di cui godeva negli ambienti industriali piemontesi fu quasi certamente all'origine della scelta del D. quale membro del Comitato regionale di mobilitazione industriale per il Piemonte. Nel frattempo, nel corso della prima guerra mondiale, si molplicarono i suoi interessi di imprenditore. Da un lato partecipò in maniera temporanea (come del resto molti altri industriali) alla gestione di alcune società impegnate nel munizionamento; dall'altro si inserì a pieno titolo, in virtù delle consulenze prestate nell'adattamento degli stabilimenti all'alimentazione elettrica, nel settore dell'industria cartaria, divenendo amministratore delegato della Società delle cartiere meridionali, una società con sede a Torino e impianti a Isola del Liri, Fibrero e Intra.
Degli anni convulsi dell'immediato dopoguerra furono forse gli impegni che misero maggiormente in luce il D. e che lo indicarono come uno degli industriali italiani più politicizzati e coscienti delle profonde novità che il conflitto aveva provocato nel tessuto economico e sociale del paese.
Il 20 nov. 1919, in una Torino scossa dalle prime grandi lotte operaie, venne eletto alla presidenza della Lega industriale in sostituzione di Dante Ferraris, prescelto quale ministro dell'Industria dal presidente dei Consiglio Nitti. Qualche giorno prima, il 16 novembre, si erano svolte le elezioni politiche, che avevano rappresentato una grande vittoria del partito socialista nella provincia di Torino. Le consultazioni avevano tuttavia costituito anche un importante successo con l'elezione di Gino Olivetti, segretario della Lega industriale, per il partito liberale economico, il nuovo movimento politico creato dal D., Agnelli e G. Bosso per portare in Parlamento i diretti rappresentanti dei mondo industriale, presentandoli come "gli unici in grado di realizzare l'opera di riassestamento civile ed economico della collettività nazionale" grazie alla loro "indiscussa elevatezza morale ... competenza e capacità tecnica" (in V. Castronovo, Giovanni Agnelli..., p. 147).
Dalla presidenza della Lega il D. visse da protagonista tutti gli avvenimenti politici e sindacali del 1920, mostrandosi in ogni occasione fra i più tenaci oppositori di fronte ad ogni cedimento, sia nei confronti della controparte sindacale sia nei riguardi del governo, convinto com'era, agli inizi di settembre di quell'anno, che "la rivoluzione [fosse] incominciata". Fu perciò per coerenza con tutte le posizioni espresse in precedenza che il 20 sett. 1920 rassegnò le dimissioni da presidente della Lega, ma anche in segno di protesta per le posizioni che stavano assumendo alcune associazioni industriali di categoria e la Confindustria, manifestando la loro disponibilità ad un accordo con i sindacati, non ultimo per le pressioni (o per il mancato intervento, a seconda dei punti di vista) del presidente del Consiglio Giolitti.
La popolarità raggiunta a Torino, e gli appoggi finanziari della Lega industriale, attraverso la Società promotrice dell'industria nazionale, valsero al D., poco più di un mese dopo, l'elezione a consigliere comunale nelle consultazioni amministrative del 7 nov. 1920, nelle quali la vittoria arrise, proprio sul file di lana, e con non troppo velate accuse di brogli, alle liste liberalì-popolari. I legami profondi del D. con la città e con i suoi ambienti economici furono inoltre confermati dalla sua nomina, qualche tempo dopo, a consigliere della Cassa di risparmio di Torino.
Momentaneamente libero da incarichi nelle organizzazioni industriali, il D. venne inserito tra i membri della delegazione italiana alla conferenza internazionale finanziaria di Bruxelles che si tenne sul finire del 1920. Sempre a livello, per così dire, economico-diplomatico, lo ritroviamo all'inizio del 1922, in compagnia di Agnelli, Olivetti, Fornaca, di altri industriali, sindacalisti riformisti e parlamentari socialisti nel Comitato per le iniziative italo-russe, un organismo costituito per affrettare il ritorno alle normali relazioni commerciali tra i due paesi. Non solo. Dall'agosto del 1922 divenne addirittura console onorario di Finlandia a Torino, in considerazione anche dei rapporti estremamente amichevoli instaurati con parecchi produttori di cellulosa e di macchinari per l'industria cartaria finlandesi.
La sua apprezzata operosità nelle organizzazioni imprenditoriali torinesi lo portò ben presto a diventare dirigente industriale a livello nazionale. Nel gennaio del 1921 il D. venne eletto nella giunta esecutiva di una Confindustria ancora divisa sul giudizio da dare sull'accordo del settembre del 1920 e sugli atteggiamenti da tenere nei riguardi del sindacato e del governo. Nel nuovo organigramma della Confederazione egli figurò inoltre come vicepresidente, oltre che come presidente della sezione economica, negli anni 1921 e 1922. Successivamente, e fino al 1932, fu solo membro del Consiglio direttivo, mentre dal 1922 al 1925 fu anche consigliere dell'Associazione fra le società italiane per azioni.
I suoi crescenti interessi nell'industria cartaria lo portarono, nel 1922, alla carica di vicepresidente dell'Associatone dei fabbricanti di carta. Fu quindi in qualità di rappresentante di questo settore che presentò una relazione sui problemi dell'industria cartaria in Italia nella sessione del giugno del 1924 del Consiglio superiore dell'Economia nazionale, cui era stato nominato membro in quello stesso anno.
E sempre su questi temi intervenne anche nella sessione dei maggio del 1925 (nel frattempo era diventato presidente dell'Associazione dei fabbricanti di carta), criticando con forza l'operato dell'amministrazione delle Finanze per la scarsa considerazione in cui aveva tenuto i provvedimenti che erano stati indicati come indispensabili per il rilancio del settore nell'ordine del giorno approvato a conclusione della discussione l'anno prima (maggiore protezione doganale, divieto alle esportazioni di stracci, ecc.). Una posizione, questa, che forse gli precluse la conferma a membro dei Consiglio superiore dell'Economia nazionale, e che comunque stava ad indicare che il D. apparteneva a quel ristretto gruppo di industriali che, vuoi per considerazioni personali, vuoi perché insoddisfatti per come veniva trattato il proprio settore industriale dalle misure economiche emanate dal governo, mantenevano ancora un atteggiamento di misurato distacco dal fascismo. Era, in fondo, la traduzione concreta delle opinioni che circolavano in una parte almeno del mondo imprenditoriale torinese, molto geloso della propria autonomia, anche organizzativa, a fronte della crescente fascistizzazione di tutte le organizzazioni economico-sindacali. L'opposizione, ma la parola è forse troppo forte, a queste direttive venne tuttavia sbaragliata facilmente non appena il regime decise di operare l'affondo. Nel 1927 venne sciolta la Società promotrice dell'industria nazionale (di cui il D. era rimasto presidente), perché ritenuta un centro di potere massonico, e stessa sorte toccò alla sezione torinese del Rotary Club, che aveva avuto tra i propri fondatori, nel gennaio del 1925, Agnelli e il De Benedetti.
All'inizio degli anni '30 il D. figurava, con una posizione di spicco, in una dozzina di società, dividendo salomonicamente a metà i propri impegni tra il settore elettrico e quello cartario. Era uno degli uomini di punta del gruppo S.I.P. (Società Idroelettrica Piemonte), per conto del quale presiedeva la Società Piemonte Centrale di elettricità e, contemporaneamente, era presidente delle Cartiere meridionali, della Cartiera Valvassori Valle di Lanzo, consigliere della Cartiera Aniene e di alcune imprese elettriche che rifornivano di elettricità gli impianti di queste società. L'amicizia che lo legava ad Agnelli lo spinse inoltre a partecipare alla gestione della società che costruì la prima autostrada italiana, la Torino-Milano, inaugurata da Mussolini nell'ottobre del 1932.
Il passaggio all'I.R.I. (Istituto per la ricostruzione industriale), nel 1933, delle partecipazioni industriali della Banca commerciale e del Credito italiano ridusse notevolmente il numero delle cariche di amministratore di società ricoperte dal D., anche perché andò a vuoto il tentativo, messo a punto nel 1935 da un gruppo di azionisti torinesi (Agnelli, Frassati, Tedeschi e lo stesso D.), di trattare con il ministro Thaon di Revel il ritorno ai privati della S.I.P. Quasi a controbilanciare questo insuccesso, e a conferma del peso e della stima di cui godeva negli ambienti industriali, venne, nel 1936-37, la duplice elezione nel Consiglio direttivo della Federazione nazionale fascista esercenti imprese elettriche e nel direttorio del Sindacato interprovinciale torinese.
Il progressivo mutamento degli orientamenti dei regime fascista nei confronti del problema ebraico, fino all'emanazione, nel novembre del 1938, delle leggi razziali, comportò per il D., come per molti altri membri della comunità israelitica italiana, una grave scelta sul piano personale, quella di abbandonare l'Italia. Nel gennaio del 1939 egli si rifugiò con la moglie in Francia, dove rimase fino a poco prima dell'occupazione tedesca nel giugno del 1940. Di lì si diresse in Spagna, da dove raggiunse via mare Montevideo. In Uruguay venne accolto da alcuni parenti che lo avevano preceduto di qualche mese. Nel paese sudamericano non svolse alcuna attività, sia per l'età avanzata, sia per il dolore che gli causò la morte della moglie, avvenuta nel giugno del 1942.
Al ritorno in Italia, nel settembre del 1946, il D. era ormai un uomo vecchio, provato nel fisico ènello spirito, desideroso di rimanere piuttosto appartato. Fu per questi motivi che rifiutò le proposte avanzategli da alcune società di riprendere possesso delle cariche che deteneva prima del 1938. Rimase tuttavia alla testa di due imprese, la Cartiera di Germagnano e la Società idroelettrica Stura, fornitrice di energia elettrica della cartiera. Nel contempo, per una sorta di debito di riconoscenza nei confronti del paese che lo aveva accolto esule, assunse l'incarico di console onorario dell'Uruguay a Torino, un'attività che svolse con assiduità fino quasi al momento della morte.
Il D. morì a Torino il 3 giugno 1956.
Fonti e Bibl.: Notizie biografiche sono state fornite dal nipote Renato Calabi di Torino. Per alcuni cenni di carattere generale sul D. si veda Chiè ? Diz. degli italiani d'oggi, Roma 1936, pp. 288 s. Molto ricco di notizie, specie per il periodo durante il quale il D. fu alla testa della Lega industriale di Torino è M. Abrate, La lotta sindacale nella industrializzazione in Italia 1906-1926, Milano 1967, ad nomen. Altre informazioni si rintracciano in R. Ghezzi, Comunisti industriali fascisti a Torino 1920-1923, Torino 1921 pp. 2, 5, 25, 30, 48 ss.; R. De Felice, Mussolini il fascista, I, La conquista del potere 1921-2922, Torino 1966, p. 573; II, L'organizzaz. dello Stato fascista 1925-1929, ibid. 1968, p. 93; E. Rossi, Padroni del vapore e fascismo, Bari 1966, p. 54; V. Castronovo, Economia e società in Piemonte..., Milano 1969, p. 179; Id., G. Agnelli. La Fiat dal 1899 al 1945, Torino 1977, ad nomen; Id., Il Piemonte, in Storia delle regioni, Torino 1977, pp. 163, 325, 332, 361, 367, 387, 510; E. Cianci, Nascita dello Stato imprenditore in Italia, Milano 1977, p. 306; R. Sarti, Fascismo e grandi industria 1919-1940, Milano 1977, p. 20; V. Castronovo, L'industria ital. dall'Ottocento a oggi, Milano 1980, p. 177. Per quanto riguarda gli impegni e le cariche ricoperte dal D. in qualità di amministratore di società vedi Arch. di Stato di Torino, Sezioni riunite, Atti di società, 1902, 2°, fasc. 116; 1902, 5°, fasc. 102; 1907, 5° fasc. 101; 1909, 20, fasc. 24; 1909, 3° fasc. 214; 1909, 4° fasc. 128; 1910, 49, fasc. 115; 1912, 5° fasc. 135; 1915, 5° fasc. 81 e 82. Per la partecipazione dei D. alla costituzione dell'Unione esercizi elettrici si veda il primo volume del libro dei soci della società conservato presso l'Archivio storico della Società Nuova Italsider, Genova, Archivi Aggregati, n. 130. Per ulteriori informazioni confronta inoltre Credito italiano, Notizie e statistiche sulle principali società ital. per azioni 1916, Roma s.d., ad nomen; Associazione fra le società per azioni, Roma, Società ital. per azioni. Notizie statistiche, 1922,Roma s.d., pp. 667 s., 793 s.; 1937,ibid. s. d., pp. 933, 974, 976, 1232, 1556, 1559; Biografia finanziaria ital. Guida degli amministratori e dei sindaci delle società anonime, Roma 1929, p. 218; G. Casellato-E. Lodolini-A. Welczowsky, Biografia finanziaria ital. Guida degli amministratori e dei sindaci delle società ital. per azioni, Roma 1931, p. 268; E. Lodolini-A. Welczowsky, Biografia finanziaria ital. Guida degli amministratori e. dei sindaci delle società anonime, Roma 1934, p. 246; Il chi è nella finanza ital. 2955, Milano-Varese 1956, p. 237. Per gli incarichi ricoperti dal D. nelle organizzazioni imprenditoriali a livello nazionale vedi le seguenti annate dell'Annuario della Confed. generale dell'industria ital. (pubblicato a Roma nello stesso anno cui si riferiscono le notizie): Annuario 1922, pp. 33, 36; Annuario 1925, pp. 40 ss.; Annuario 1930, pp. 1157, 1171; Annuario 1931-32, pp. 1010, 1024; Annuario 1937, pp. 1066-7 e Il Dizionario industriale ital. 1923, Roma 1923, pp. 130 s., 139. Per l'elezione del D. a consigliere comunale di Torino vedi Annuario delMunicipio di Torino 1920-21, Torino 1922, p. 404. I due articoli del D. cui si fa riferimento nel testo sono, rispettivamente, Banca industriale, in LaRiforma sociale, XVI (1909) e Per una cassa italiana di prestitie riporti, in Nuova Antol., il dic. 1914, pp. 450 ss. Per un loro inquadramento all'interno dei dibattito sviluppatosi in Italia prima della grande guerra sul ruolo e la funzionalità del sistema bancario vedi A. Confalonieri, Banca e industria in Italia dalla crisi del1907 all'agosto del 1914,II, Crisi e sviluppo nell'industria ital., Milano 1982, pp. 156, 493-97, 513 s. Per gli interventi del D. al Consiglio superiore dell'Economia nazionale vedi E. De Benedetti, Problemi attuali dell'industria della carta in Italia, in Ministero dell'Economia nazionale, Atti del Consiglio superiore dell'Economia nazionale, 1a sessione - giuqno 1924, Roma 1925, pp. 3, 44-51; 2, sessione - maggio 1925, ibid. 1926, pp. 3, 11, 75, 119. Alcuni necrologi furono pubblicati il 21 giugno 1956 da La Stampa, La Gazzetta del popolo e dal Corriere della sera.