COSTA, Emilio
Nacque a Parma il 16 giugno 1866 da Antonio, magistrato, e da Eloisa Musiari, morta nel darlo alla luce (il C. le dedicò una raccolta di versi giovanili: Primule, Parma 1885).
Iniziò gli studi classici a Piacenza e li concluse a Parma. Giovanissimo esordì con opere poetiche: la romanza Bice ed Evandro (Parma 1883); Versi a favore di fanciulli rachitici (ibid. 1884); Dall'anima (ibid. 1886) dedicato alla sposa; nonché il ricordato Primule. Si dedicò anche allo studio del latino umanistico, della letteratura italiana e della storia politica dell'Emilia nel sec. XVI.
Curò la pubblicazione di inediti cinquecenteschi sulle nozze tra Enrico IV e Maria de' Medici, e inediti del prediletto Giacomo Leopardi, di Paolina Leopardi, di Pietro Giordani, Ugo Foscolo, Iacopo Sanvitale, nonché di Veronica Gambara e di un anonimo del '500. Fu autore di studi storici sulla famiglia Farnese, e filologici su Ercole Strozzi, sul Poliziano, sul codice Parmense 1081 (lavoro uscito a puntate sul Giorn. st. d. lett. it. dal 1888 al 1889). Prima della laurea aveva al suo attivo trenta scritti di critica letteraria, filologia e storia ed una Antologia della lirica latina in Italia nei secc. XV e XVI, Città di Castello 1888.
Iscrittosi a giurisprudenza all'università di Parma nel 1885, si indirizzò a studi di diritto romano e sotto la guida di Giuseppe Brini si laureò il 1º luglio 1889 con tesi su La condizione patrimoniale del coniuge superstite nel diritto romano classico, che, insignita del premio Romagnosi, fu subito pubblicata (Bologna 1889). Sposatosi con Ines Uccelli nel 1886 (da cui ebbe due figlie e un figlio Antonio, poi libero docente di procedura civile), vinse il posto governativo di perfezionamento e studiò a Bologna nel 1890-91. Libero docente in istituzioni di diritto romano a Parma (r. d. 17 luglio 1890) negli anni 1891-92, libero docente in storia del diritto romano a Bologna, fu quivi incaricato di questo insegnamento per la prima volta attivato, nonché dell'insegnamento di esegesi delle fonti del diritto romano negli anni 1893-96.
Straordinario a Bologna negli anni 1895-97, ed ivi ordinario dal 16 dic. 1897, diresse il seminario, poi istituto, giuridico, tenne l'incarico di storia del diritto italiano nel 1920-21 e fu preside di giurisprudenza dal 1923-24 alla morte. Vicepresidente della commissione, poi Istituto, per la storia dell'università di Bologna, creato nel 1907, curò l'avvio del Chartularium Studii Bononiensis e diresse gli Studi e memorie per la storia dell'università di Bologna. Fupresidente della Deputazione di storia patria per le province di Romagna. Dal 1922 (anno della morte del figlio) gli si era abbassata la vista: ma continuò a fare lezione e a lavorare con l'aiuto del prof. Carlo Lucchesi bibliotecario dell'Archiginnasio. Per un'affezione cardiaca già vecchia ma improvvisamente riacutizzatasi, morì a Bologna il 25 giugno 1926 mentre si apprestava a pronunciare un discorso, poi pubblicato, su "La scuola bolognese di diritto".
Merito del C. è stato di allargare il campo degli studi romanistici sfruttando, in funzione di ricostruzione sistematica di istituti, le fonti cosiddette "non giuridiche". Questo metodo di indagine è dal C. espressamente teorizzato nella prolusione bolognese del 1898 su "Il diritto nei poeti di Roma", ove è auspicato un lavoro in comune tra storici della letteratura e del diritto. In questa linea si collocano gli studi su Plauto e Terenzio.
Tra le tesi alternative del Dareste, per cui l'ambiente descritto nella commedia latina è greco, e quella del Becker, secondo cui sotto la finzione scenica greca il mondo rappresentatovi è quello della società romana del tempo, il C. sceglie la via di distinguere nettamente i due poeti. Fondamentale per la ricostruzione del diritto romano è a suo avviso Plauto (ed attraverso questa fonte egli ricostruisce sistematicamente gli istituti di diritto privato del VI secolo di Roma nel volume Il diritto privato romano nelle commedie di Plauto, Torino 1890), mentre Terenzio ritrae la vita giuridica greca, per quanto con una certa indeterminatezza di linee: cfr. Il diritto privato nelle commedie di Terenzio, in Arch. giur. "F. Serafini", (1893), pp. 407-527.
L'esigenza del confronto fra mondo greco e mondo romano, sorta dalla lettura di quelle fonti, portò il C. a porsi il problema dell'apporto della filosofia greca al diritto romano. La prolusione parmense del 14 dic. 1891 su La filosofia greca nella giurisprudenza romana (Parma 1892), se pure oggi possa apparire insufficiente dopo un secolo di ulteriori indagini, rappresenta tuttavia una tappa importante negli studi in tal campo e soprattutto nell'orientamento scientifico del giovane Costa.
Influsso della filosofia greca significa soprattutto attenzione ai diritti della persona. In questo orizzonte si collocano studi come La lex Plaetoria, in Bull. dell'Istituto di diritto romano, II (1889), pp. 72-77; Le nozze servili in diritto romano, in Archivio giuridico "L. Serafini", XLIII (1889), pp. 210-220; Le azioni exercitoria e institoria nel diritto romano, Parma 1891:sono azioni che aprono a un nuovo concetto di personalità giuridica; L'exceptio doli, Bologna 1897, in cui focalizza la capacità del sottoposto a potestas e la personalità del filiusfamilias fuori dell'unità familiare, rilevando anche come l'improbitas dell'attore presupposta in tale exceptio siallarghi gradatamente con maggior riguardo alla volontà piuttosto che alla forma.
La prolusione bolognese del 12 genn. 1893 su "L'hereditas e la familia da Adriano ai Severi" si pone come sviluppo dei precedenti studi e ci fa esplicita la sua attenzione al "terzo momento" evolutivo del diritto romano. Tre sono infatti per il C. i momenti essenziali nella storia della giurisprudenza romana: quello di Sabino, cioè del diritto civile elaboratosi su elementi "esclusivamente nazionali, incorrotti da esteriori influenze"; quello di Giuliano, cioè dello sviluppo dovuto alla "agile e varia elaborazione pretoria"; quello di Papiniano, in cui, in presenza di influenze provinciali, "si afferma anche nel diritto la necessità di configurazioni nuove e informate a nuova libertà di rapporti". Di questi momenti il più significativo, anche per l'eco che ne ebbe fino a Giustiniano, è quest'ultimo. Donde la necessità di studiare Papiniano e il titolo significativo dell'ampia opera che ne scaturì: Papiniano. Storia interna del diritto romano, a sottolineare l'equivalenza tra quel giurista e il diritto romano nel suo massimo splendore.
Nel primo volume, La vita e le opere di Papiniano, Bologna 1894, il C.ricostruisce la vita del giurista, ricuce gli sparsi frammenti delle sue opere riportati nel Digesto, nelle compilazioni pregiustinianee o giuntici direttamente; ricostruisce quindi le opere del giurista, considerando che nell'età pregiustinianea i responsa prevalgono sulle quaestiones per la loro indole pratica, rispondente ai bisogni dell'epoca. Nel secondo volume, Lo status personae, Bologna 1894, segnala la tendenza dell'età severiana a riconoscere l'individuo di per sé indipendentemente dal possesso congiunto dei tre status:nello schiavo si tende a riconoscere gli attributi della persona umana; lo status familiae perde importanza dopo Adriano con il dissolvimento dell'unità familiare, attuantesi per tre vie: indebolimento della patria potestas, prevalenza del vincolo di sangue su quello potestativo, assunzione da parte dello Stato di funzioni tradizionalmente assunte dalla famiglia, quali la tutela. Nel terzo volume, Favor testamentorum e voluntas testantium, Bologna 1896, segnala l'eccezione alla regola nemo pro parte testatus... e la ricerca della voluntas nelle disposizioni testamentarie. Nel IV volume, Voluntas contrahentium, Bologna 1899, svolge il pensiero del giurista tutto teso a dare importanza alla voluntas piuttosto che ai verba nei negozi.
Oltre che al Papiniano, la fama del C. è legata all'altra monumentale opera: Cicerone giureconsulto, impresa vasta ed organica, che costituisce il necessario punto di partenza negli studi su Cicerone giurista. L'opera venne concepita all'indomani della pubblicazione del Papiniano: lo attestano gli studi del 1896-97 sulle orazioni ciceroniane di diritto privato. Come avverte il C., l'idea è di "un lavoro che intenda raccogliere dalle scritture di Cicerone i luoghi attinenti al diritto, e si proponga di studiarli così organicamente e sistematicamente nel loro complesso e in rapporto con quel che è noto altrimenti sopra lo svolgimento dei singoli istituti nel momento a cui Cicerone appartiene". Cicerone giureconsulto uscì in dodici puntate nelle Mem. d. Acc. d. scienze dell'Ist. di Bologna dal 1907 al 1919, in seguito divulgato in estratti dalle stesse Memorie, in quattro parti così distinte: Il diritto privato (1911), Il diritto pubblico (1916), Il processo civile (1917), Il diritto e il processo penale (1919). Incontrò subito larghi consensi tra giuristi e filologi. Il Mitteis nel 1909 aveva salutato l'opera come un evento scientifico di capitale importanza: essa realizzava l'auspicato ponte tra giuristi e filologi, superando la "fatale consuetudine" che, come disse R. Sabbadini, vuol separati gli studi filologici da quelli giuridici. Tali consensi indussero il C. ad una nuova edizione, che fu postuma: Bologna 1927, in due volumi, a cura di C. Lucchesi e G. Brini, nonché del suo discepolo Aldo Albertoni.
Dopo un dotto proemio sugli studi giuridici intorno a Cicerone a partire dal sec. XVI, nel libro primo sono esposti i concetti ciceroniani intorno al diritto (iustitia, ius, aequitas), alle sue partizioni e alle sue fonti, rilevando nelle sue dottrine sullo Stato una tendenza pratica e nazionale. Il libro secondo tratta del diritto privato. Si rileva che in Cicerone il filiusfamilias acquista capacità di obbligarsi; che il servus è considerato partecipe al diritto naturale; che v'è un'estensione del concetto di persona a significare la personalità giuridica di enti collettivi. Circa i diritti reali, è ancora inesistente l'actio publiciana ed imperfetto vi è lo svolgimento del diritto di usufrutto, mentre v'è l'applicazione dell'hypotheca greca nella provincia d'Asia. Quanto alle obbligazioni, v'è l'uso quotidiano di singrafi, il riconoscimento dei negozi di buona fede e della negotiorum gestio, la matura consensualità della compravendita, compresa l'emptio spei, l'obbligatorietà giuridica dei votum ma non della pollicitatio. Circa le successioni, v'è la probabile esistenza della bonorum possessio ab intestato e il predominio della delazione testamentaria sulla intestata, mentre i luoghi concernenti i legata si riferiscono solo al legatum per damnationem. Il libro terzo tratta del diritto pubblico. Civitas e respublica sono concetti equivalenti per Cicerone. Si ravvisa l'influenza di Dicearco nell'immagine di un permixtum genus di costituzione, mentre nel de legibus le influenze più evidenti sono di Panezio. Presso Cicerone non v'è ancora traccia di senatoconsulti legislativi, mentre l'edilità curule è ormai confusa con quella plebea. Il secondo volume comprende i libri quarto (procedura civile) e quinto (diritto e processo penale). Quanto al diritto processuale civile, accanto alla vigenza del processo per formulas v'è la sopravvivenza delle legis actiones, mentre ormai iudicium dare è equivalente ad actionem dare. Quanto al diritto penale, vari crimini vengono ad avere connotazione diversa che per il passato: così la perduellio è estesa all'usurpazione di poteri magistratuali da parte di privati.
Contemporanea a questa grande opera è una serie di scritti monografici con cui il C. lumeggia l'una o l'altra branca del diritto. Dal 1902 l'interesse per le fonti letterarie si allarga alle fonti documentarie. Abbiamo infatti una decina di saggi su monete ed iscrizioni (dal 1909 al 1926): iscrizioni funerarie, elogia, leges epigrafiche; e tredici saggi su papiri giuridici (dal 1902 al 1914): segnatamente su mutui, ipoteche, trasferimenti immobiliari, deposito, locazione, contratti di lavoro, filiazione, tutela.
Riguardo al campo dei diritti della persona, in La vendita e l'esposizione della prole nella legislazione di Costantino (in Mem. dell'Accademia d. scienze dell'Istituto di Bologna, IV [1909-10], pp. 117-123) il C. sostiene la tesi per cui Costantino, nel rendere valida la vendita dei neonati da parte del pater ha voluto intervenire a favore dei minori stessi, sottraendoli a sicura morte e fornendo loro un sostentamento.
Si segnalano inoltre gli scritti concernenti la locazione (dal 1914 al 1920) e il regime delle acque, trattato sia dal punto di vista del diritto pubblico sia da quello del diritto privato: scritti che culminano nel volume Le acque in diritto romano, Bologna 1919.
Al processo civile sono dedicate varie opere riguardanti Cicerone: La pretura di Verre, in Mem. d. Acc. d. scienze dell'Ist. di Bologna, s.1, II (1906-07), pp. 1-19, ove si rileva che l'editto emanato da quel pretore ripristinava le norme restrittive della lex Voconia, ormai desuete ed invise alla società del tempo. Si ricorda soprattutto la sintesi Profilo storico del processo civile romano, Roma 1918. La divisione in due libri (L'ordo iudiciorum privatorum e L'extraordinaria cognitio)non è solo ratione materiae ma anche in gran parte cronologica e naturalmente di struttura: le differenti caratteristiche corrispondono anche a differenti finalità: essenzialmente privatistiche nel primo, pubblicistiche nel secondo.
Vari sono i saggi sul diritto criminale: dopo il giovanile studio Sulle azioni popolari romane, in Riv. it. per le scienze giur., XI (1891), pp. 358-374, i lavori criminalistici si concentrano nelperiodo 1917-21: sul crimen vis (1917-18), sulle persecuzioni dei cristiani (1920-21), sul conato criminoso (1920-21), sul diritto penale nel Gnomon dell'Idios Logos (1920-21): fino alla grande ed apprezzata sintesi dell'intera evoluzione del diritto penale: Crimini e pene da Romolo a Giustiniano, Bologna 1921.
Molti studi sono dedicati al diritto pubblico. In La lex Hortensia de plebiscitis, in Mem. d. Acc. d. scienze d. Ist. di Bologna, VI (1911-12), pp. 77-85 sostiene che tale lex si limitò ad assimilare alle statuizioni del popolo raccolto per centuriae quelle del popolo raccolto sulla base delle tribus, assemblee che, votandosi in esse per capi, erano poste sotto il dominio della plebs:non erano invece già quelle della sola plebs, ormai inesistenti. Altri saggi riguardano il contrasto tra Cesare e il Senato (del 1914), le provvisioni in caso di terremoti (del 1908-09), e l'art. Cittadinanza (diritto romano), in Digesto it., VII (1915), pp. 209-214.
Al diritto pubblico il C. dedicò anche opere di sintesi, come i Corsi degli anni 1892-99, rifusi nel manuale a carattere divulgativo Storia del diritto pubblico romano, Firenze 1906 (2a ed. 1920), con una interessante introduzione sullo studio dello ius publicum dall'antichità al sec. XIX. L'altra sintesi pubblicistica, Storia delle fonti del diritto romano, Torino 1909 (riedizione ampliata della prima parte di un corso del 1901) rivela una modernità di atteggiamento scientifico nel respingere l'interpretazione del Pais sulle XII tavole, nel dare vasto rilievo alla giurisprudenza, nel valutare con equilibrio la ricerca interpolazionistica condannandone le esagerazioni; nel dare ampio spazio a scrittori "non giuridici" sia pagani sia cristiani.
Più importante è la sua Storia del diritto privato. Nel 1901 aveva pubblicato il primo volume di un Corso di storia deldiritto romano, distinto in due parti: l'una, più breve, sulle fonti, l'altra sulla famiglia e sul diritto privato (nel 1903 era apparso il secondo volume). Gli elogi di B. Brugi, C. Ferrini, D. Mayer, L. Wenger, N. Tamassia, G. Savagnone e R. De Ruggiero incoraggiarono il C. a rivedere l'opera. Dopo averne staccato la parte delle fonti, pubblicò la sola parte storico-istituzionale riguardante il diritto privato, con il titolo: Storia del diritto privatoromano dalle origini alle compilazioni giustiziane, Torino 1911. Questa edizione ricevette gli elogi di Duquesne, E. Albertario, L . Wenger: e il C. fu indotto ad una 2a edizione, ibid. 1925, cui aggiunse tra l'altro un intero libro (il V) sulle persone giuridiche.
Il problema della struttura, che il C. si pone, è quello della difficoltà di mantenere un giusto equilibrio tra concezione dogmatica e concezione storica dei singoli istituti e rapporti. Lo risolve nel senso di distinguere la trattazione in sezioni relative ai singoli istituti e ponendo la trattazione storica all'interno di quelle partizioni dommatiche. Quanto al metodo, nella seconda edizione il C. ammorbidisce il giudizio sulla ricerca interpolazionistica, accogliendone in parte i risultati, ma limitatamente allo studio delle alterazioni postclassiche, studio che costituisce un capitolo nuovo nell'indagine interpolazionistica ed anzi in qualche modo un superamento di essa, nella valutazione della evoluzione articolata e complessa del diritto nei secoli IV e V.
Il primo libro tratta della familia e della persona. La famiglia è intesa bonfantianamente come organismo politico che come tale persiste dopo la creazione della civitas e nella quale l'individuo rimane completamente assorbito. La disgregazione della famiglia, dovuta soprattutto a fattori economici (ma anche, secondariamente, al contributo di dottrine filosofiche), porta alla progressiva emancipazione del singolo, fino a far coincidere il concetto di caput o persona con la condizione stessa di uomo libero. Anche nei diritti reali (libro secondo) si proietta quel carattere politico della famiglia: familia vale a designare anche il complesso di cose appartenenti al gruppo (res mancipi) mentre pecunia indica il complesso delle res nec mancipi. Circa l'obligatio (libro terzo) il C. accetta il contrapposto concettuale debitum-responsabilità, scindendo storicamente i due momenti, la fusione dei quali avviene con l'impegno, assunto con giuramento (sponsio) da persone appartenenti a classe elevata, di rispondere dei debiti contratti da persone di classe inferiore dipendenti da esse. Invece l'hereditas (libro quarto) non ha per il C. nulla a che fare con la concezione politica della familia (contrariamente a quanto opinava il Bonfante) anche se egli ammette che accanto ad elementi patrimoniali l'hereditas ne contenesse alcuni religiosi e politici.
Accanto a questo ampio trattato il C. redasse un manuale a carattere divulgativo, Storia del diritto privato romano, Firenze 1903, che ebbe molto successo (2a ediz. 1908; 3 ed. 1921).
È da segnalare infine che le opere sulla storia dell'università di Bologna (una ventina di scritti) rivelano la competenza del C. sulla storia del diritto italiano nonché sulla paleografia.
Tra le numerose commemorazioni da lui tenute sono di particolare interesse i Ricordi biografici del 1902 sul padre Antonio, consigliere di Corte d'appello; i ricordi degli amici A. Rondani ed A. Ronchini, umanisti parmensi, la rievocazione del suo venerato maestro di studi classici al ginnasio di Piacenza, I. Della Giovanna, nel 1916: e la commemorazione di U. Aldrovandi, tenuta nel 1907, nel terzo anniversario della morte di quest'ultimo.
Bibl.: G. Brini, Parole pronunciate sul feretro di E. C. e nei funebri onori, il 26 giugno 1926, in Ann. d. R. Univ. di Bologna, 1926-27, pp. 5 ss.;N. Malvezzi, Discorso a commemor. di E. C., in Atti e mem. d. R. Deput. di st. patria per le provv. di Romagna, s. 4, XVII(1926) pp. 67-92; G. Brini, L'opera giuridica di E. C., in Mem. d. R. Acc. d. scienze d. Ist. di Bologna, XII (1927), Suppl;A. Albertoni, in Aegyptus, VII (1926), pp. 285-294; F. Stella-Maranca, E. C., in Bull. d. Ist. di dir. rom., XXXV (1927), pp. 213-220; E. Albertario, E. C., in Arch. giur. "F. Serafini", XCVII (1927), pp. 105-114. Cfr. anche le varie recensioni ai libri del Costa. Una lista completa delle opere del C. è data in app. alla seconda edizione di Cicerone giureconsulto, Bologna 1927, pp. 225-233: ed ivi pure è data una breve biografia, a cura di A. Albertoni.