EMELIANI, Emiliano
Nacque a Faenza (od. prov. Ravenna) il 21 febbr. 1682 da Francesco e da Anna Rossi, entrambi di antica famiglia. Si hanno scarse notizie della sua breve esistenza e pochissime della sua adolescenza.
Interessatosi ai problemi della lingua poetica, ed al Petrarca innanzitutto, a diciott'anni fu aggregato come socio alla faentina Accademia dei Filoponi, nei cui manoscritti è la più parte dei componimenti poetici che l' E. non ebbe tempo di dare alle stampe (Biblioteca comunale di Faenza, ms. 77, VII, s.d.; altri si trovano presso la Biblioteca arcivescovile di Bologna, ms. A 474, f. 260, sec. XVIII). Grazie all'interessamento del cardinale M. Durazzo, vescovo di Faenza, nel 1710 fu onorato della dignità di arciprete della collegiata di S. Stefano di Cotignola, ed insieme del vicariato foraneo della stessa diocesi, svolgendovi il ruolo di inquisitore.
Da allora in poi l'E. divise il suo tempo fra gli studi letterari e l'arcipretura. Iscritto anche alla faentina Accademia degli Incitati con il nome dell'Incaminato, fu associato all'Arcadia il 10 febbr. 1707 con il nome di Archidamo Acheliano e successivamente fu tra i dodici soci fondatori della colonia lamonia dell'Arcadia, costituita presso l'Accademia dei Filoponi il 1º giugno 1714. Soltanto postumi furono pubblicati alcuni componimenti. La più ricca scelta, ventotto sonetti e due canzoni, è nel VII tomo delle Rime degli Arcadi, curato da G. M. Crescimbeni sotto la sua custodia (Roma 1717). Quattordici di quei sonetti ritornano nella terza edizione, accresciuta, della Scelta di sonetti di A. Gobbi (1727). Ancora Crescimbeni, nei suoi Comentarii (III, p. 264), aggiunge un sonetto in calce alle notizie biografico-letterarie sull'Emiliani. T. Ceva antologizza rispettivamente un sonetto (Scelta di sonetti, Torino 1735) e due canzoni (Scelta di canzoni, Venezia 1756). M. G. Morei, custode generale d'Arcadia, riporta un sonetto nel volume di Rime degli Arcadi in onore della Gran Madre di Dio (Roma 1760).
Buona parte dei componimenti è d'occasione, e fra essi, per l'efficacia dell'immagine dell'Eridano che si erge ad ammirare il novello "Nume algoso", merita menzione quello scritto per l'arrivo a Ferrara del cardinal legato G. Piazza. Altre poesie svolgono temi piuttosto generici e ricorrenti nella produzione letteraria del tempo, dal dolente ripudio della speranza fallace al patetico languire dell'innamorato, all'amara constatazione dell'angoscia esistenziale. Non mancano i temi prettamente arcadici, come taluni duetti di Tirsi e Fillide.
L prevalente la tematica religiosa: lodi alla Vergine; professioni di pentimento per i trascorsi errori, e disperazione della salvezza eterna; rievocazioni della notte di Natale (si rammenti che l'Arcadia era sotto la protezione di Gesù Bambino) e del venerdi santo.
Il dramma politico italiano, altro topos della poesia del tempo, compare anche nei versi dell'E., che, attribuitene semplicisticamente le cause al "molle ozio" della nazione, si cimenta nel virtuosistico echeggiamento dell'invettiva dantesca.
Si evidenzia, talvolta, nelle poesie un'originale sensibilità per il "pittoresco" e il "sublime" della natura, ritratta attraverso immagini impetuose. Ma permangono residui di barocchismo, come nel sonetto "Morte, ahi che festi?", in cui torna il logoro concetto della morte vinta ed uccisa. Né mancano compiacimenti rococò, come nel sonetto "Ecco il campo, ecco l'armi, ecco le schiere", in cui il gioco degli scacchi è descritto come una vera battaglia.
Nessuna concessione è fatta alla vaga, e vacua, musicalità arcadica; il linguaggio è per lo più classicamente composto; sobrio l'uso delle personificazioni; frequente, invece, il ricorso al paragone e alla metafora, spesso dilatati a dismisura.
L'E. morì prematuramente il 27 nov. 1711 e fu seppellito nella collegiata di S. Stefano a Cotignola. La descrizione minuziosa del trapasso è in una lettera, conservata nell'archivio della medesima collegiata, scritta dal confessore dell'E., il gesuita Giovanni Colombani, a Luca Silvani.
Il 24 maggio 1715 l'E. fu commemorato nella chiesa del Suffragio di Faenza dall'Accademia dei Filoponi, che dedicò alla sua memoria il volume Prosa, e rime di alcuni Accademici Filoponi in morte dell'arciprete E. E., stampato a Faenza nel 1715. Uno di quei componimenti, il sonetto "Candido giglio, che di giorno in giorno", di Francesco Antonio Liverani (Edelio Acheliano), compare anche a p. 207 del citato tomo VII delle Rime degli Arcadi.
Fonti e Bibl.: Novelle letterarie d'Italia, in Giornale de' letterati d'Italia, XXIV (1716), pp. 393 s.; G. M. Crescimbeni, Comentarii intorno all'Istoria della volgar poesia, Venezia 1730, III, pp. 263 s.; VI, pp. 365, 430, 441; R. M. Magnani, Vite de' santi, beati, venerabili e servi di Dio della città di Faenza, Faenza 1741, pp. 399 s.; G. B. Mittarelli, De literatura Faventinorum, s. n. t. [sec. XVIII], col. 80; E. De Tipaldo, Biografia degli Italiani illustrt…, III, Venezia 1836, p. 280; A. M. Giorgetti Vichi, Gli Arcadi dal 1690 al 1800. Onomasticon, Roma 1977, pp. 25, 316.