Emilia Romagna
Regione amministrativa dell’Italia settentrionale comprendente le due regioni storiche dell’Emilia e della Romagna. Capoluogo di regione è Bologna.
Il nome Aemilia, a indicare l’VIII regione della divisione augustea dell’Italia, compare alla fine del 1° sec. d.C. I principali centri furono: Ariminum (Rimini), Caesena, Forum Popilii (Forlimpopoli), Forum Livii (Forlì), Faventia (Faenza), Forum Cornelii (Imola), Bononia (Bologna), Mutina (Modena), Regium Lepidum (Reggio), Parma, Ravenna. L’estensione originale della Aemilia romana fu modificata in seguito all’invasione longobarda; dopo esser state a lungo contese tra longobardi e bizantini, Bologna e la Romagna furono donate da Pipino alla Chiesa, cui furono confermate da Ottone IV (1201). Durante il regno italico le città dell’Emilia passarono gradatamente dai conti ai vescovi, salvo che nella parte orientale dove si era imposta la famiglia degli Attoni; venne così a determinarsi un ordinamento diverso, con le città di Modena, Reggio e Ferrara collegate con Mantova. Durante l’11° sec. i vescovi emiliani presero posizione contro la pataria e furono a fianco dell’imperatore nella lotta delle investiture. Il prevalere della riforma gregoriana segnò il tramonto della classe feudale legata ai vescovi imperiali e il costituirsi di nuove politiche cittadine. Per tutta l’età comunale l’Emilia, centro della lunga disputa papale e imperiale per l’eredità di Matilde di Canossa, fu teatro di lotte tra i comuni. Mentre Modena, Parma e Reggio si schierarono con i ghibellini, Piacenza era guelfa: ma tali posizioni erano esposte a subitanei mutamenti per il prevalere di una fazione o lo spostarsi di una alleanza. Poiché in nessuna città si era formata una signoria solida e vitale, la regione finì con l’essere divisa tra due signorie forestiere: gli Estensi a Modena e Reggio, e i Visconti a Parma e Piacenza, città che rimasero legate al ducato di Milano fino al 1521, per poi passare alla Chiesa ed essere assegnate da Paolo III al figlio Pier Luigi Farnese come ducato (1545). L’Emilia, divisa tra Estensi e Farnese, contava ancora le signorie minori dei Pico a Mirandola e Concordia, dei Correggio a Correggio, passate poi agli Estensi, e quella dei Gonzaga a Guastalla, unita nel 1748 a Parma e Piacenza. L’estinzione nel 18° sec. delle famiglie dei Farnese e degli Estensi portò sul trono di Parma e Piacenza il ramo cadetto dei Borboni di Spagna, mentre a Modena succedeva la dinastia d’Austria-Este. Durante l’epoca di predominio francese i Borboni, per riguardo alla Spagna, furono rispettati fino al 1802, poi il ducato fu unito alla Francia; Modena e Reggio vissero invece la vicenda dalla Repubblica cispadana al regno d’Italia. Caduto Napoleone, Parma e Piacenza conobbero il mite governo di Maria Luisa d’Austria (1814-47), poi dei Borboni, mentre Modena e Reggio subivano la politica reazionaria di Francesco IV d’Austria-Este (1814-46) e poi del figlio Francesco V (1846-59). Nel 1859 l’Emilia, fuggiti i duchi, si riuniva sotto la dittatura di L. Farini e il 18 marzo 1860 era annessa al regno d’Italia. I confini amministrativi della regione furono ampliati comprendendo anche Bologna, Ferrara e la Romagna.
In età preromana la Romagna, regione particolarmente aperta a rapporti e scambi con le aree limitrofe, fu popolata da genti di stirpe umbra, etrusca e celtica. Il contatto con Roma avvenne nei primi decenni del sec. 3° a. C. e la fondazione della colonia latina di Rimini (268 a.C.) segnò l’inizio della fase di romanizzazione. In età romana il territorio non costituì unità politica e amministrativa: nell’ordinamento augusteo fu incluso nella regione VIII (Aemilia) e in quello dioclezianeo fu parte del distretto Aemilia et Liguria. Dopo essere stato occupato da Odoacre e dai goti, divenne il centro del dominio bizantino in Italia, e in particolare dopo l’invasione longobarda, tanto da assumere il nome di Romania, che poi rimase a indicare soprattutto la regione dell’Esarcato. Nonostante le donazioni franche delle terre già bizantine al papato a partire dal sec. 8°, di fatto l’autorità dei re d’Italia e degli imperatori vi si esercitò in pieno coi conti franchi, finché il movimento comunale non creò una situazione nuova. Le confuse e contrastanti pretese imperiali e papali si chiarirono finalmente nel 1278, quando Rodolfo d’Asburgo riconobbe il buon diritto della Santa Sede, che da allora pretese di intervenire nella vita delle varie città rette ormai a signorie. Famosi sono gli interventi dei legati papali Bertrando del Poggetto (1327-34), presto caduto, Egidio Albornoz (1353-67), abile organizzatore, Roberto di Ginevra (1375), deciso nel soffocare nel sangue le rivolte di Cesena e Faenza. Ma, durante lo scisma d’Occidente, le varie signorie ripresero il loro prepotere, turbato spesso da tragedie dinastiche, senza che la regione potesse trovare un suo assetto politico in un forte Stato regionale, essendo continuamente insidiata dalle mire dei più potenti Stati vicini, Milano, Firenze e Venezia. Intervenne, a complicare la situazione, anche il nepotismo papale: Sisto IV insediava il nipote Girolamo Riario a Imola e Forlì (1473-80) e Alessandro VI offriva la possibilità al figlio Cesare Borgia di crearsi nella regione uno Stato a danno delle piccole signorie. Finalmente l’energia di Giulio II riuscì a sottomettere alla Chiesa la Romagna; ma le sue città non ebbero pace, perché, non disponendo il papato di forza militare ed essendo distratto da più gravi preoccupazioni politiche e religiose, vi prevalsero le fazioni dei nobili, che spesso con l’antico nome di guelfi e ghibellini sfogavano i rancori familiari. E poco valsero le spontanee associazioni di gente popolare, armate e favorite dal governo pontificio, che ne fece quasi una magistratura, detta i Pacifici, a frenare quelle faziosità. Cessate le lotte interne, il governo della Santa Sede subì nel 1796 l’invasione francese e l’insurrezione popolare, che determinarono la perdita della Romagna. Unita alla Cispadana e poi alla Cisalpina, dopo l’occupazione austriaca (1799-1800), la Romagna fece parte della Repubblica italiana e del regno italico. Caduto Napoleone, il restaurato governo pontificio costituì le tre legazioni di Romagna, divenute in seguito quattro (Bologna, Ferrara, Forlì e Ravenna). Ma la Romagna, centro di sette e di congiure contro il malgoverno papale, insorse nel 1831, costituendo con le altre regioni pontificie lo Stato delle province unite italiane, abbattuto dagli austriaci l’anno dopo. Partiti gli austriaci nel 1838, ricominciarono le agitazioni, sfociate nei moti del 1843 e 1845; dopo aver salutato con entusiasmo la politica riformatrice di Pio IX, la Romagna aderì alla Repubblica romana, ma nel maggio 1849 fu di nuovo occupata dagli austriaci, che vi rimasero fino al giugno 1859. La sconfitta dell’Austria segnò la fine del governo pontificio: la Romagna, retta dapprima da governi provvisori, ebbe poi a capo, come commissari regi, M. d’Azeglio, quindi L. Cipriani, infine L.C. Farini, dittatore dell’Emilia; il plebiscito del marzo 1860 ne decise l’annessione al regno d’Italia.