Greco, Emidio
Regista e sceneggiatore cinematografico, nato a Leporano (Taranto) il 20 ottobre 1938. Un retroterra culturale raffinato e una volontà di riflessione critica e civile lo hanno spinto a indagare le ragioni profonde del rapporto tra cinema e letteratura, tra immagini e verità, tra racconto delle idee e finzione della messinscena. Elaborando per i suoi film le costruzioni sovente metaletterarie di scrittori come A. Bioy Casares, K. Blixen, L. Sciascia, il cinema di G. si è inoltrato, con rigore e controllo, al limite di una fredda astrazione, sul terreno impervio della trasposizione per lo schermo di strutture e dimensioni narrative difficilmente separabili dalle atmosfere della pagina scritta. Ogni titolo della sua scarna filmografia (sei film in ventotto anni) si è così inscritto in quella linea del cinema italiano caratterizzata da richiami letterari, eleganza formale, impegno intellettuale, che comprende, per es., cineasti come Mario Soldati o Valerio Zurlini.
Nei primi anni Sessanta trascorse un periodo di formazione culturale a Torino dove entrò in contatto con esponenti della corrente dell'arte povera e poi concettuale, come A. Boetti, cui nel 1978 avrebbe dedicato un documentario, Niente da vedere niente da nascondere. Trasferitosi a Roma, nel 1967 conseguì il diploma in regia al Centro sperimentale di cinematografia e iniziò una collaborazione con la RAI proseguita a più riprese, realizzando negli anni Sessanta e Settanta diversi documentari e programmi culturali, molti dei quali di argomento cinematografico.
Emblematico fu il suo film d'esordio L'invenzione di Morel (1974), dal romanzo di A. Bioy Casares, che evidenzia già la tendenza di G. a dar vita ad architetture cinematografiche insieme lucide e irreali, atte a evocare situazioni esistenziali e universi ideologici. Così, se già nel romanzo l'invenzione della macchina che proietta nella realtà le immagini del passato, materializzando le persone che aveva privato della vita, era un'elaborazione letteraria del principio 'filosofico' del cinema, nel film, sceneggiato con Andrea Barbato, la scommessa ardua fu quella di filmare una metafora facendone sortire una rarefatta suspense narrativa. Con il successivo Ehrengard (1982), scritto con Enrico Filippini sulla base di un racconto 'a scatole cinesi' di K. Blixen, G. si è posto il difficile compito, risolto con eleganza, di rendere filmabili i complessi arabeschi di una storia di seduzione sospesa in un'immaginaria Mitteleuropa. Nel film per la televisione Un caso d'incoscienza (1984) ‒ caratterizzato dall'opacità e dall'inquietudine di uno stile laconico e algido e da un cast internazionale di attori di qualità (da Erland Josephson a Rüdiger Vogler a Brigitte Fossey) ‒ un'impeccabile atmosfera da mistery anni Trenta avvolge l'intrigo cosmopolita sulla sparizione di un magnate. In seguito, la tensione etico-civile propria del mondo di uno scrittore come L. Sciascia ha arricchito il cinema di G. di toni da giallo metafisico e congegni narrativi ben calibrati. L'ambiguità del reale, le imposture dell'identità, la mistificazione della Storia, le aporie della comunicazione, dimensioni pirandelliane e paradossi alla Borges, che avevano anche in precedenza caratterizzato il suo cinema, si sono amalgamate nei due film tratti da Sciascia, Una storia semplice (1991), per la cui sceneggiatura, scritta con Barbato, G. ha vinto nel 1992 il Nastro d'argento, e Il consiglio d'Egitto (2002). Attraverso la rappresentazione dell'attualità, nel primo caso, o del Settecento borbonico, nel secondo caso, il regista, con il notevole apporto di attori come Gian Maria Volonté per il primo film e Silvio Orlando per il successivo, è riuscito a restituire in modo sobrio e puntuale l'ambigua suggestione di una Sicilia che si rivela emblema delle contraddizioni morali e civili della storia e della cronaca italiane. Un film come Milonga (1999) si presenta come un intellettualistico tentativo di metafora sui pericoli etici della simulazione mediatica e sul gioco delle verità esistenziali, filtrato ironicamente attraverso il genere poliziesco e in cui il ruolo insolito di un commissario omosessuale è affidato a Giancarlo Giannini.
Al suo lavoro di regista è dedicato il documentario Ambiguità e disincanto. Il cinema di Emidio Greco (2002) diretto da Federico Greco.
A. Scicchitano, Emidio Greco, lo splendore del nulla, Torino 1995; Pensa alla tua libertà. Il cinema di Emidio Greco, a cura di F. Cordelli, A. Cortellessa, Alessandria 2002.