emicrania
Affezione caratterizzata da crisi dolorose per lo più localizzate a una metà del capo, accompagnate spesso da disturbi vasomotori e da vomito. È il tipo di cefalea più frequente. Rientra nelle cefalee primarie, che vanno distinte dalle secondarie (o sintomatiche) e dalle nevralgie.
Spesso ereditaria, l’e. può essere considerata un fenomeno neurobiologico complesso legato ad alterazioni transitorie delle cellule cerebrali in assenza di alterazioni strutturali. Da un punto di vista neurofisiologico si tende a dare importanza al ruolo dei neurotrasmettitori. Esistono fattori scatenanti come ormoni, alcol, ecc.
I sintomi dell’e., vari ma caratteristici come durata e localizzazione, possono essere preceduti da una cosiddetta aura, che comprende disturbi premonitori del visus o della sensibilità. Per una diagnosi precisa è necessaria una corretta analisi dei sintomi e uno status clinico neurologico normale. L’inquadramento clinico prescinde solitamente da esami diagnostici strumentali neurologici, i quali non mostrano alterazioni in senso patologico. Esami di imaging possono essere utili per una corretta diagnosi differenziale con i sintomi secondari a masse occupanti spazio (per es., tumori), qualora la storia clinica e l’esame obiettivo ne suggeriscano l’opportunità. La terapia può comprendere analgesici, vasocostrittori, antiemetici, ecc. ma va comunque iniziata dopo una accurata prevenzione, consistente nel cercare di escludere quei fattori (stress, ecc.) che si conoscono come facilitanti. La farmacoterapia comprende oggi anche i betabloccanti, gli antagonisti del calcio, gli antidepressivi. La prognosi è buona.
Forma rara di e., caratterizzata da crisi di cefalea accompagnate da paresi di uno o più nervi cranici oculomotori, in assenza di lesioni intracraniche (per es., malformazioni vascolari o tumori) che possano giustificarla. Tratto distintivo di questa forma è la percezione di uno sdoppiamento delle immagini (➔ oftalmoplegia).