EMATITE (dal gr. αἶμα "sangue", per il color rosso-sangue della sua polvere)
È un minerale di formula chimica Fe2O3 (sesquiossido di ferro), con il 69,9% di ferro e il 30,% di ossigeno. Non di rado titanifera. Cristallizza nel sistema romboedrico, classe della calcite; isomorfa col corindone; con le costanti
L'abito dei cristalli di ematite può essere romboedrico, piramidale, tabulare e lamellare. Una forma molto frequente, specie nei cristalli dell'isola d'Elba, è data (fig. 1) dalla combinazione del romboedro diretto fondamentale r={100} con un romboedro diretto ottuso a facce per lo più curve u={211} e con una bipiramide esagonale di 2° ordine n={31−1}. Nei cristalli tabulari (fig. 2) e in quelli lamellari assume un grande sviluppo la base c={111}; nella figura appare anche il prisma a={10−1}. Oltre che in cristalli isolati, l'ematite si trova in aggruppamenti paralleli od elicoidali a rosa (Eisenrosen "rose di ferro"). Geminazioni non rare, per rotazione di 180° intorno all'asse ternario; meno frequenti secondo le tacce di {100}, nel qual caso si ottiene una struttura polisintetica lamellare che si manifesta mediante una fine striatura sulla faccia basale, e apparente sfaldatura romboedrica. Frattura irregolare; sfaldatura non ben distinta.
Durezza = 5,5-6,5. Peso specifico = 4,9-5,3. - Questi dati si riferiscono all'ematite cristallizzata. Nelle varietà compatte e terrose la durezza è apparentemente assai più bassa, e così pure il peso specifico. Lucentezza metallica e colore grigio-acciaio scuro, fino a nero-ferro, nell'ematite cristallizzata, che mostra di frequente iridescenze, con splendidi colori superficiali. Lucentezza submetallica e colore spesso distintamente rossastro nelle varietà compatte, fibrose concrezionate, ecc. Il colore della polvere è rosso-ciliegia, rosso-sangue fino a rosso scuro; fanno però eccezione alcune varietà, come quelle del Gottardo, che dànno una polvere nera. Opaca per spessori superiori al decimo di millimetro, l'ematite diventa trasparente in lamine più sottili, con colore dal rosso al grigio gialliccio. Birifrazione energica e negativa. Indici di rifrazione per la luce del sodio:
Buon conduttore di elettricità, questo minerale è talvolta debolmente magnetico e, in qualche raro caso, polaremagnetico. Al cannello l'ematite fonde difficilmente (punto di fusione variabile intorno ai 1350° C.). Alla fiamma riducente diventa nera e magnetica. Con soda, sul carbone, dà una polvere grigia, magnetica. In acido cloridrico si scioglie lentamente, specie se cristallizzata. La presenza del titanio in alcune ematiti è rivelata alla perla al sale di fosforo. L'analisi röntgenografica ha dimostrato che l'ematite ha lo stesso tipo di struttura del corindone. Si conoscono dell'ematite molte pseudomorfosi: frequenti sono quelle di ematite rossa su pirite; rare invece sono quelle su fluorite, siderite, calcite, dolomite, baritina, anidrite, granato, olivina, bronzite, biotite, ecc.
L'ematite ha varî nomi che ne indicano le varietà più caratteristiche: ferro oligisto è chiamata ordinariamente la varietà cristallizzata in grossi individui, o minutamente cristallina; oligisto micaceo è la varietà in lamelle, isolate o in aggregati, lucenti come l'acciaio, talora tanto sottili da essere trasparenti; oligisto speculare è quello in cristalli tabulari che in alcuni casi sono riuniti in gran numero a formare le già citate "rose di ferro"; ematite rossa si chiamano in genere le varietà formate per concrezione, mammellonari o stalattitiche, non di rado a struttura distintamente fibroso-raggiata, lucentezza submetallica poco viva, e colore di solito rosso bruno, nonché la varietà rossa comunissima, in masse senza evidente struttura cristallina; ocra rossa, infine, è detta propriamente la varietà terrosa, polverulenta, in cui il color rosso, se il minerale è puro, appare distinto e vivo. Le masse compatte e terrose comprendenti le due ultime varietà sono, in parte almeno, da ritenersi idrossidi corrispondenti alla formula Fe2O3•H2O.
Giacitura e località. - Bei cristallini lamellari, come incrostazione sulle lave e da ritenersi prodotti delle fumarole, si osservano in molti vulcani, come al Vesuvio, allo Stromboli, all'Etna, ecc. Pure tabulari, e non di rado portanti sulla base prismetti di rutilo in concrescimento regolare, sono gli splendidi cristalli delle litoclasi degli scisti cristallini alpini, specie del Sempione e del S. Gottardo, del quale ricorderemo i bei gruppi a rosa. Frequente è l'oligisto nei giacimenti di contatto eruttivo, p. es. nel Banato, nel giacimento piritoso di Brosso presso Ivrea e all'isola d'Elba ove, specialmente nelle miniere di Rio e Vigneria, si hanno masse importanti e ricche di meravigliose cristallizzazioni. Oligisto micaceo è poi comune, in masse accessorie, nei giacimenti di siderite, come nelle Prealpi Lombarde. Ricordiamo finalmente l'ematite in minutissime laminette trasparenti incluse, a costituire un pigmento rosso, in alcuni minerali: feldspati, carnallite, topazio, heulandite, ecc.
Usi. - Quando si trova a costituire giacimenti di una certa importanza (v. limonite) l'ematite è uno dei principali e migliori minerali di ferro. La varietà ocracea è usata come colore, specialmente per pitture a olio, e talora le varietà micacee più fini entrano nella composizione di speciali vernici. Pezzi di ematite compatta, montati sopra un manico, servono come brunitori per gli orefici e le varietà più pure, in polvere finissima, sono usate per il pulimento e la lucidatura di pietre dure, marmi e cristalli.
Sintesi dell'oligisto. - L'oligisto è stato in più modi ottenuto sinteticamente. Già sono numerosi i casi in cui per reazioni secondarie che avvengono in alcuni processi metallurgici si ha la formazione di cristalli di oligisto, con caratteri identici a quelli dell'oligisto che si trova in natura. Da varî scienziati, poi, e fin dalla prima metà del secolo scorso, furono condotte esperienze specifiche dirette a ottenere dell'ematite in cristalli, sia per via secca sia per via umida. Ricorderemo le principali. Anzitutto quelle classiche di Gay-Lussac, riferentisi alla formazione dell'oligisto nei vulcani, per azione del vapor d'acqua a temperatura molto elevata, corrispondente al calor rosso, sopra vapori di cloruro ferrico, dando così luogo alla formazione di sesquiossido di ferro in cristalli tabulari. Zambonini ottenne però risultati analoghi anche agendo a una temperatura più bassa: 70-80°. Saint-Claire Deville ottenne cristalli tabulari di oligisto facendo passare una corrente di HCl puro su sesquiossido di ferro amorfo riscaldato al calor rosso. Grossi cristalli si ottengono col processo Deakon, facendo agire HCl e ossigeno in tubi di ferro. Bruhns ottenne oligisto riscaldando a 250° C e per 10 ore idrossido di ferro con acqua, in presenza di tracce di fluoruro d'ammonio, in tubo chiuso. F. A. Fouqué e M. Lévy, infine, osservarono la separazione di oligisto nella fusione di silicati ferriferi in atmosfera ossidante.