EMARGINAZIONE
Nelle scienze sociali il termine e. indica la situazione di chi viene ''messo ai margini'' o è in qualche modo estromesso dal sistema socio-culturale in generale, ovvero da una sua parte o sotto-sistema. Di e. (nel significato specifico di ''e. sociale'') si comincia a parlare in Italia verso la fine degli anni Sessanta, che segnarono un punto di svolta non solo nel processo di sviluppo, ma anche nella definizione dei rapporti politici e sociali.
L'idea di e. emerge per contrasto, ma parallelamente, a quella di ''partecipazione''. Raggiunto un livello di benessere mai prima conosciuto attraverso nuove forme di democrazia politica, tutto il mondo occidentale avverte la necessità di realizzare anche modelli più avanzati di democrazia politica: la partecipazione diretta dei cittadini ai più vari processi decisionali viene così individuata come la nuova utopia per la quale impegnarsi e anche combattere. La democrazia rappresentativa e il sistema di deleghe sul quale essa si basa vengono giudicati insufficienti e inadeguati, così com'è rifiutato il modello di società concepito come un sistema organizzato attorno a un nucleo centrale nel quale si concentra il potere effettivo.
L'e. diventa così la condizione di coloro che, in misura diversa, non partecipano dei benefici e dei vantaggi della parte centrale della società. Sul finire degli anni Sessanta sono anzitutto gli studenti che avvertono per primi la loro condizione di estraneità ai processi decisionali e si autoproclamano emarginati; è poi la volta degli operai i quali, con più concrete motivazioni, chiedono non solo migliori condizioni di lavoro e, in genere, di vita, ma anche più peso nelle decisioni all'interno delle aziende. Il movimento, e con esso la parola allora coniata, si espande poi ad ambiti sempre più vasti fino a investire categorie estremamente ampie, come le donne che in quegli anni vivono un vivace periodo di affermazione dei loro diritti.
Il concetto di e. viene così allargandosi e passa dalla sfera politica (carenza o assenza di potere) a quella sociale. Ogni sistema sociale deve necessariamente rispondere all'esigenza d'identificare dei comportamenti ''normali'' e di attivare di conseguenza dei meccanismi che ne garantiscano l'adozione da parte di tutti i membri della società.
Prima ancora di qualsiasi forma di coercizione la società persuade i propri membri ad adottare i comportamenti ''normali'' attraverso quel complesso processo di trasmissione della cultura e dell'identità collettiva che viene indicato col termine socializzazione. Per effetto della socializzazione le persone aderiscono spontaneamente alle regole di comportamento stabilite (che vengono appunto dette "norme'') e ai valori che ne stanno alla base; parallelamente, tutto ciò che si discosta dalla norma viene giudicato negativamente e rifiutato. È chiaro che la diversità dalla norma può avere un'intensità e gravità diversa, così com'è chiaro che norme e valori hanno differente importanza. Quanto più un comportamento minaccia una norma importante, tanto maggiore è la reazione del sistema sociale. Mettere ai margini della società chi ha un comportamento contrario alle regole stabilite è uno dei più elementari (e utilizzati) sistemi di autodifesa usati da ogni società. L'e. diventa, quindi, la condizione di coloro che, per qualche aspetto del loro comportamento, si discostano dalla normalità accettata (i cosiddetti ''diversi''). In una società strutturata come un sistema dotato di forte dominanza centrale tutto ciò che si discosta da questa centralità subisce un giudizio valutativo che tende a far coincidere il diverso con il negativo e che provoca quindi l'emarginazione.
L'e., infatti, colpisce molte categorie di "diversi'', sia la loro diversità di tipo fisico (il minorato fisico o psichico, razziale (il negro, l'ebreo, l'emigrante, sessuale (l'omosessuale, ma in certi casi anche la donna in genere, generazionale (l'anziano, ma talvolta anche il bambino, culturale (l'illetterato, lo straniero, professionale (il lavoratore addetto a mansioni umili o disprezzate). Le cause della diversità possono essere moltissime e più o meno intensa può essere l'e. che ne deriva. È da segnalare, inoltre, che l'e. politica s'intreccia variamente con l'e. sociale, dando luogo a una complessa differenziazione che per molti versi si sovrappone a quella della disuguaglianza sociale. E infatti, nell'uso che correntemente si fa del termine, e. tende a coincidere con le fasce inferiori della più generale gerarchia sociale.
Da notare che il termine e., diffusosi solo recentemente, ha assunto fin dall'inizio una connotazione negativa: esso, infatti, è stato coniato in un periodo in cui fu particolarmente forte l'interesse da un lato per i gruppi sociali più deboli e dall'altro per i valori di democrazia e uguaglianza dei quali l'e. rappresenta la negazione.
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