REPETTI, Emanuele
REPETTI, Emanuele. – Nacque, terzo di dieci figli, a Carrara il 3 ottobre 1776 da Giovan Battista, originario di Chiavari, e da Anna Maggini.
Nella stessa città da bambino frequentò le scuole pubbliche dirette dai padri carmelitani, e nel 1792 intraprese i corsi di retorica presso le Scuole Pie dei domenicani, dalle quali il padre, in difficoltà economiche, lo ritirò dopo breve tempo perché accedesse all’Accademia di belle arti e quindi fosse avviato a un’attività più sicura nel campo della lavorazione del marmo. Per soddisfare comunque la passione per le lettere, Repetti ricorse agli insegnamenti di don Pietro Menconi, suo primo maestro di grammatica.
Quando Maria Beatrice d’Este, dal 1790 sul trono ducale di Massa, fece cercare un giovane che, compiuti gli studi del latino, potesse entrare come allievo in una farmacia di Pisa con l’obbligo di frequentare il corso di chimica all’Università, venne segnalato il sedicenne Repetti, il quale riprese così gli studi di retorica, che completò nel 1793 sotto la guida di Gaetano Stagi. Nel frattempo Maria Beatrice approvò la scelta di una trasferta a Roma e concesse un assegno triennale per il mantenimento del ragazzo.
Alla fine del 1793, Repetti raggiunse la città dove sarebbe rimasto sette anni, potendo sempre contare sull’appoggio dello scultore carrarese Francesco Antonio Franzoni. Fu questi che scelse per lui la farmacia del professor Vincenzo Garrigos che si era già impegnato a offrire al giovane anche vitto e alloggio per tre anni. «Dopo le prime lievi trasgressioni ai propri doveri di novizio», Repetti «ritornò tosto […] ai nuovi studi che lo attendevano» e che avrebbero costituito «la sua più ardente passione» (Franzoni, 1915, p. 15); così, all’interesse per le lettere, si affiancò quello per le scienze naturali.
A distanza di quattro anni, passò alla farmacia di Giovan Battista Marcucci, dove rimase per i tre successivi. Durante il periodo di «guerre e turbamenti che travagliarono Italia dal 1794 al 1801», anche se «al cominciare degli eventi si associò ai novatori e ne partecipò le perigliose ed incerte fortune» (Tabarrini, 1884, p. 582), in seguito «se ne ritrasse deluso», e comunque, se pur quel «fremito di ribellione» che «agitava da un capo all’altro la nostra penisola, […] si ripercosse nell’anima sua, non fu mai distolto dai suoi studi, ai quali dedicò sempre […] facendone il fine della vita» (Franzoni, 1915, pp. 16 s.).
Furono proprio i fatti di quegli anni ad aver «indignato» Repetti, «cattolico fervente, nemico delle rivoluzioni violente, anima franca e leale, tanto da rendergli odiosa la dimora in Roma». Una volta sposatosi con Minetta Ghirlanda, vedova Campi, nobildonna carrarese, «discendente da antica famiglia gloriosa di artisti», ritornò nel 1801 con lei a Carrara: «ma le condizioni già misere della città, aggravate da incalcolabili danni sofferti per l’invasione dei Francesi» (ibid., p. 17), lo costrinsero a trasferirsi a Firenze dove succedette a Giovacchino Casini nella direzione del laboratorio officinale presso la farmacia e fonderia di S. Teresa in S. Paolino. Di questa, Repetti, che nel 1810 aveva perso la moglie Minetta, divenne proprietario nel 1813. Nello stesso anno si sposò con la fiorentina Giulia Bossi con la quale ebbe dieci figli.
A Firenze trovò un fervido clima culturale, proficuo per i suoi interessi. Cominciò a intraprendere viaggi esplorativi durante i quali annotava impressioni e rilievi che avrebbe approfondito in seguito. Si recò ripetutamente anche alle cave di marmo e nel 1820 pubblicò a Fiesole i Cenni sopra l’Alpe Apuana ed i marmi di Carrara. L’opera, «accolta molto favorevolmente dagli scienziati italiani e stranieri» (Franzoni, 1915, p. 28), doveva costituire una guida per quelle zone, ma le sue indagini si estesero oltre il campo geologico. Repetti, infatti, non volle trascurare «le tracce dell’attività umana lasciate in quei monti» (ibid., p. 21) e di quei luoghi trattò quindi anche l’archeologia e la storia civile.
Numerosi erano poi gli argomenti, non solo di scienze naturali, ma anche di agraria, medicina, commercio ed economia di cui egli continuava a occuparsi presso l’Accademia dei Georgofili e nell’Antologia, in compagnia del cui fondatore, Giovan Pietro Vieusseux, nel 1830 compì alcuni dei suoi numerosi viaggi in Toscana, che aveva ripreso in modo sistematico dal 1829, dopo aver rinunciato all’incarico presso l’Accademia dei Georgofili di cui fu segretario degli atti dal 1827.
Nella realizzazione del celebre Dizionario geografico fisico storico della Toscana, Repetti poté dunque avvalersi del molto materiale raccolto cui si aggiunsero le conoscenze acquisite negli scambi con l’amico fraterno Carlo Troya su questioni del Medioevo toscano. Il lavoro (il cui manifesto fu pubblicato sull’Antologia nel maggio del 1831), uscito inizialmente in fascicoli, ebbe una straordinaria diffusione; fu poi stampato a Firenze in cinque volumi fra il 1833 e il 1843 e ottenne molti riconoscimenti ufficiali.
Suo obiettivo era di realizzare «un’opera in cui si trovassero registrate le notizie topografiche statistiche e storiche di tutti i luoghi della Toscana, confrontando i tempi moderni con i più remoti e accennando le cause più plausibili che concorsero alla loro sorte» (Dizionario geografico fisico..., I, 1833, p. VII). Nel testo «nessuna sede umana» era «trascurata» (Franzoni, 1915, p. 91); di ogni città erano ricordate tradizioni, attività commerciali e industriali, storia e vicende politiche, insieme a particolareggiate descrizioni fisiche del territorio e numerosi dati demografici.
«Guida costante» (Dizionario geografico fisico..., I, cit., p. XII) alla sua stesura furono la Carta geometrica della Toscana (Firenze 1832) di Giovanni Inghirami e quella pubblicata da Attilio Zuccagni Orlandini nel suo Atlante geografico, fisico e storico del Granducato di Toscana (Firenze 1832). Il metodo di Repetti di porsi di fronte alle tematiche legate all’ambiente in cui vive e agisce l’uomo era di tipo critico e comparato, un’autentica scienza del territorio. Alcuni principi del modo di trattare l’oggetto geografico e il dato territoriale gli derivavano da Ferdinando Morozzi, il quale si dedicò alla costruzione di un Atlante toscano, che avrebbe collegato a un dizionario regionale storico e geografico, poi però solo in parte realizzato. Come lui, anche Repetti accoglieva stimoli dell’ambito culturale in cui operava, ma li assumeva con spirito moderno: la sua percezione del territorio e del rapporto tra uomo e ambiente superava la visione naturalista per diventare quella di uno scienziato sociale. Da Giovanni Targioni Tozzetti, che nelle sue Relazioni d’alcuni viaggi fatti in diverse parti della Toscana affermava che avrebbe voluto «visitare palmo a palmo […] tutta quanta la Toscana» (I, 1768, p. XXII), secondo un criterio di indagine basato sull’osservazione diretta e sull’esame critico di documenti e memorie del passato e del presente, Repetti ricavò il metodo da seguire nella stesura della propria opera maggiore. Il suo enciclopedismo geografico non fu dunque il risultato di un’acritica adesione a una tendenza del tempo, ma un cosciente approccio di tipo interpretativo allo studio della regione.
L’assiduo lavoro di compilazione del Dizionario rappresentò per l’autore, oltre che un grande impegno finanziario, un pesante carico per la sua già precaria salute. Questo si aggiunse al dolore per l’allontanamento del grande amico Gabriele Pepe e ai gravi lutti familiari. Il 20 maggio 1849 ebbe luogo il suo ultimo intervento presso l’Accademia dei Georgofili, di cui era divenuto socio emerito.
Morì a Firenze il 12 ottobre 1852.
Fonti e Bibl.: G. Targioni Tozzetti, Relazioni d’alcuni viaggi fatti in diverse parti della Toscana per osservare le produzioni naturali e gli antichi monumenti di essa, I-VI, Firenze 1751-1754 (ed. ampliata, I-XII, Firenze 1768-1779); G.P. Vieusseux, Manifesto del Dizionario geografico fisico storico della Toscana, in Antologia. Giornale di scienze, lettere e arti, 1831, vol. 125, pp. 91 s.; M. Tabarrini, Elogio di E. R., in Vite e ricordi di Italiani illustri del sec. XIX, Firenze 1884, pp. 1-23; E. Franzoni, E. R. nella vita, negli studi, fra i dotti amici, Barga 1915 (con bibliografia degli scritti minori); F. Rodolico, La Toscana descritta dai naturalisti del Settecento. Pagine di storia del pensiero scientifico, Firenze 1945, pp. 163-165, 332 s.; R. Francovich, Materiali per una storia della cartografia toscana: la vita e l’opera di Ferdinando Morozzi, in Ricerche storiche, VI (1976), 2, pp. 445-512; T. Arrigoni, Uno scienziato nella Toscana del Settecento: Giovanni Targioni Tozzetti, Firenze 1987, ad ind.; L. Rombai, P. Giovanni Inghirami. Astronomo, geodeta e cartografo. L’illustrazione geografica della Toscana, Firenze 1989, ad ind.; M. Bossi, La decifrazione della natura. Viaggiatori naturalisti sull’Appennino toscano, 1740-1840, in Paesaggi dell’Appennino toscano, a cura di C. Greppi, Venezia 1990, pp. 57-76; Paesaggi delle colline toscane, a cura di C. Greppi, Venezia 1991, ad ind.; Imago et descriptio Tusciae. La Toscana nella geocartografia dal XV al XIX secolo, a cura di L. Rombai, Venezia 1993, ad ind.; L. Rombai, I matematici territorialisti toscani del Settecento, in Viaggi e scienza. Le istruzioni scientifiche per i viaggiatori nei secoli XVII-XIX, a cura di M. Bossi - C. Greppi, Firenze 2005, pp. 67-70; V. La Carrubba, Il Dizionario geografico storico della Toscana di E. R., in Trame nello spazio. Quaderni di geografia storica e quantitativa, III (2007), pp. 25-38; A. Guarducci, Cartografie e riforme. Ferdinando Morozzi e i documenti dell’Archivio di Stato di Siena, Firenze 2008, ad ind.; G. Macchi Janica - V. La Carrubba, La piattaforma GIS del Dizionario geografico fisico storico della Toscana di E. R.: dalla mappa al GIS - dal GIS alla mappa, in Dalla mappa al GIS, Atti del secondo seminario di studi storico-cartografici..., Roma 2008, a cura di A. D’Ascenzo, Genova 2009, pp. 253-272.