MACARIO, Emanuele
MACARIO, Emanuele. – Non si conoscono le date di nascita e di morte di questo pittore e sacerdote documentato nella Liguria di Ponente dal 1518 al 1552.
Originario del paese di Pigna (nell’entroterra della Riviera ligure di Ponente), il M. fu prevalentemente attivo in quella zona e in particolare nei borghi dell’entroterra di Sanremo (Valle Argentina). Il M. è documentato per la prima volta il 3 maggio 1518, quando gli venne commissionato un polittico, destinato a ornare l’altare dedicato a S. Mauro nella chiesa di S. Lorenzo di Molini di Triora, raffigurante nel registro centrale S. Mauro tra s. Giovanni Evangelista e s. Paolo e in quello superiore la Madonna col Bambino affiancata da S. Agata e S. Apollonia.
L’opera fu terminata dall’artista nel 1519. Sulla base delle notizie riportate dalle fonti locali tardottocentesche, risulta venduta nel 1862 per 50 lire (Reghezza, p. 121), presentata nel 1868 presso l’Accademia ligustica di belle arti (Alizeri, p. 322) nell’ambito dell’Esposizione artistica archeologica e industriale e successivamente destinata a far parte delle collezioni della Galleria di Palazzo Bianco (Grosso).
Nel 1522 il M. fu protagonista di una controversia che lo vide contrapporsi al priore della Confraternita di Andagna riguardo al pagamento di una tavola, andata perduta, raffigurante lo Spirito Santo e destinata alla sede della congregazione.
Nell’ambito di questa disputa, Bernardo Gastaldi, titolare della parrocchia di Triora, in qualità di arbitro condannò il sodalizio al pagamento di 75 lire nonché delle spese affrontate dall’artista «depingendo dictam figuram sanct. spirit. cum suis ornamentis» (Reghezza, pp. 195 s.). Risale al 14 dic. 1524 il contratto stipulato a Triora dal notaio Antonio Oddo relativo all’esecuzione di un dipinto disperso, di cui si ignora anche il soggetto, affidato al M. dalla Confraternita di S. Maria di Rezzo (Bartoletti, 1999, p. 398).
Il 19 ag. 1530 il M. accettò di realizzare per Cristoforo Curlo un’ancona raffigurante il Crocifisso e s. Luigi di Francia, opera destinata alla cappella posseduta dal mecenate nella collegiata di Taggia e per la quale, secondo le indicazioni fornite dal committente, doveva essere preso a modello il polittico con il Battesimo di Cristo di Ludovico Brea conservato nel convento di S. Domenico (ibid.). Nello stesso giorno Domenico Oddo, Girolamo Reghezza ed Edoardo Curlo assegnarono al M., attraverso i loro fidecommissari, l’esecuzione di un’ulteriore ancona per la chiesa della medesima comunità domenicana.
La tavola, pagata nel 1532, doveva presentare al centro il Crocifisso contornato dai ss. Gerolamo, Caterina d’Alessandria, Pietro Martire e Domenico. Nell’atto di commissione veniva ulteriormente specificato che il pittore avrebbe utilizzato quale riferimento la pala con S. Maria Maddalena posta su uno degli altari della chiesa conventuale. Come sottolineato dalla critica (Boggero), l’opera richiesta al M. può essere identificata con attendibilità nella tavola attualmente collocata nella quarta cappella a sinistra nella chiesa del convento di Taggia, ma in precedenza disposta sull’altare dedicato a S. Pietro Martire di cui la famiglia Oddo aveva ottenuto dal 1522 il giuspatronato (Bartoletti, 1999). Il dipinto, erroneamente riferito in passato al maestro fiorentino Bernardino del Rosso, fu accostato al nome del M. già da padre Nicolò Calvi, che nei suoi Annales (1622-23) ne fornì una dettagliata descrizione (Calvini). Tale paternità è stata accettata in anni recenti da una parte della critica, a cui si deve però anche la non condivisibile proposta di una datazione più avanzata dell’opera a ridosso della metà del XVI secolo, in un momento in cui il M. apparirebbe maggiormente influenzato dagli esiti di Agostino da Casanova (Boggero, pp. 56 s.; Castelnovi).
La successiva testimonianza documentaria riguardante l’attività del M. risale al 19 apr. 1545, quando accettò di eseguire la Madonna col Bambino destinata al santuario della Madonna dell’Acquasanta presso Montalto Ligure, opera terminata l’anno successivo e oggi esposta nella parrocchiale di S. Giovanni Battista di quello stesso centro ponentino. Al medesimo periodo dovrebbe risalire pure l’esecuzione del trittico raffigurante S. Sebastiano della chiesa di S. Antonio Abate a Costarainera, pervenuto solo in forma frammentaria.
Il dipinto, drasticamente smembrato in occasione di un furto risalente ai primi anni Venti del XX secolo, presentava al centro la figura di s. Sebastiano e ai lati quelle di s. Antonio Abate, andata dispersa, e di s. Lucia, gravemente compromessa. Nel registro superiore erano inoltre inserite le immagini del Cristo in pietà, disposta al centro fra quelle della Vergine e di S. Giovanni Evangelista. L’opera rivela un linguaggio ancora profondamente legato ai canoni compositivi propri della cultura figurativa del Ponente ligure dei primi anni del Cinquecento (in primis, le numerose opere uscite dalla bottega di Ludovico Brea destinate al convento domenicano di Taggia), individuabili all’interno di tutta la produzione artistica del M. e abbinati a deboli ma significativi tentativi di aggiornamento linguistico secondo un fare rintracciabile nella maggior parte delle testimonianze figurative dall’artista (Ciliento).
Nel 1550 il M. consegnò il polittico con S. Maria Maddalena e santi della parrocchiale di Molini di Triora (Bartoletti, 1999). L’opera è stata precedentemente datata dalla critica al 1540 sulla base di una non precisa lettura di tale riferimento cronologico inserito, unitamente alla firma del pittore, su di un cartiglio applicato al trono su cui è assisa la Maddalena (Castelnovi, con bibliografia precedente). Due anni dopo (1552) il M. dipinse gli scomparti laterali e la predella del polittico di S. Salvatore a Baiardo, il cui scomparto centrale raffigurante la Trasfigurazione è ascrivibile a una diversa maestranza (ibid.); priva di un preciso riferimento cronologico è invece l’esecuzione della piccola porta di un ciborio marmoreo cinquecentesco presente nella chiesa di Camporosso.
Di tale commissione, dovendo l’opera considerarsi perduta in quanto non riconoscibile, come proposto in passato, nella figura del Salvatore «rappresentato in giovanile età e direbbesi Gesù bambino anziché Gesù risorto» (Bres, p. 41), visibile su un altare marmoreo risalente al XVII secolo della stessa parrocchiale, è stata ritrovata solo una breve traccia in uno dei volumi dell’archivio della chiesa di Camporosso (ibid.).
Non attendibile appare infine l’attribuzione al M. dell’affresco con la Resurrezione visibile nella cappella di S. Bernardo presso Dolceacqua (Bernardini, 1985, p. 115).
Non si hanno notizie del M. successive al 1552.
Fonti e Bibl.: G.B. Spotorno, Storia letteraria della Liguria, III, Genova 1825, p. 199; V. Marchese, Memorie dei più insigni pittori, scultori e architetti domenicani, Firenze 1869, pp. 469-473; F. Alizeri, Notizie dei professori del disegno in Liguria dalle origini al secolo XVI, III, Genova 1874, pp. 321-323; L. Reghezza, Appunti e notizie ricavate da documenti inediti, Sanremo 1908, pp. 120-123, 195-200; G. Bres, L’arte nella estrema Liguria occidentale. Notizie inedite, Nizza 1914, pp. 40 s.; O. Grosso, Catalogo della Galleria di Palazzo Rosso, della Pinacoteca di Palazzo Bianco e delle collezioni di Palazzo comunale, Genova 1931, pp. 103 s.; N. Calvini, La Cronaca del Calvi. Il convento dei p.p. domenicani e la città di Taggia dal 1460 al 1623, Taggia 1982, pp. 110 s.; B. Ciliento, in Galleria nazionale di Palazzo Spinola. Interventi di restauro. Quaderno 6, Genova 1983, pp. 25-29; E. Bernardini, La provincia di Imperia, Novara 1985, p. 115; F. Boggero, in Restauri in provincia di Imperia, Genova 1986, pp. 54-59; G.V. Castelnovi, Il Quattro e il primo Cinquecento, in La pittura a Genova e in Liguria, Genova 1987, p. 160; M. Bartoletti, in La pittura in Italia. Il Cinquecento, II, Milano 1988, p. 756; Id., in La pittura in Liguria. Il Cinquecento, a cura di E. Parma, Genova 1999, pp. 101, 398; Diz. encicl. Bolaffi dei pittori e degli incisori italiani…, VII, pp. 79 s.