ASTORGA, Emanuele Gioacchino Cesare Rincon barone d'
Nato ad Augusta il 20 marzo 1680, fu senza dubbio uno dei più insigni fra i nobili che esercitarono la musica per "diletto", verso l'inizio del XVIII secolo.
Avventurosa la vita dell'A., che appartenne a una famiglia di origine spagnola, la cui presenza in Sicilia è testimoniata dai documenti fin dal 1624: in, tale anno, infatti, il bisnonno dell'A., Diego, comprò ad Augusta la carica di "Regio Secreto". E il titolo di "barone d'Ogliastro, Millaina e Mortilletto", che segue al nome dell'A. nel frontespizio di una sua raccolta di Cantate (l'unica opera data alle stampe durante la sua vita) e che sostituisce gli usuali titoli musicali che gli autori apponevano nei frontespizi delle loro opere, apparteneva alla famiglia sin da quando Diego aveva comprato con tale titolo nobiliare, nel 1633, le terre di Ogliastro e di Millaina e, nel 1638, quelle di Mortilletto. Il padre dell'A., Francesco, si trasferì nel gennaio 1693 con la famiglia da Augusta a Palermo, ma, poco dopo, tentò di assassinare la moglie, per motivi ignoti. Per il barone d'Astorga, una immediata conseguenza di questa tragedia familiare fu il bando dalla città e la perdita dei diritti civili e politici; il titolo nobiliare passò, nel 1694, al figlio primogenito, Francesco, di due anni più anziano dell'Astorga.
Le prime notizie sull'attività musicale dell'A. (i cui maestri nell'arte dei suoni si ignorano) si hanno nel 1698, quando, appena diciottenne, egli compare come autore di un'opera, La moglie nemica, forse su libretto del Silvani, rappresentata nella casa privata dei Lucchese. Gli interpreti furono soltanto nobili e i due fratelli Astorga vi sostennero parti femminili. Nel 1702 il padre dell'A. era nuovamente a Palermo, reintegrato nel titolo, e nel 1706 divenne anche senatore della città. Dissensi con il genitore spinsero l'A. a lasciare la casa paterna nei primi mesi del 1708, iniziando quelle peregrinazioni attraverso l'Italia, dapprima, e per l'Europa poi, in parte note, in parte - specie quelle concementi gli ultimi anni della vita -. ancora incerte o del tutto ignote.
Il Fétis aveva riportato sull'A. e sulla sua famiglia dati che si sono rivelati erronei. Il Volkmann, sin dal 1911, sfatò buona parte delle notizie leggendarie fino allora tramandate sull'A., e le ricerche che seguirono alla fondamentale biografia del Volkmann hanno ulteriormente chiarito molti momenti della vita, certo irrequieta, di questo compositore.
Abbandonata la Sicilia, l'A. visse a Roma, nell'ambiente del duca di Uceda, ambasciatore spagnolo presso il papa, e quivi conobbe il rimatore napoletano Sebastiano Biancardi, meglio noto come librettista e sotto lo pseudonimo di Domenico Lalli. Le Rime del Biancardi, pubblicate a Venezia nel 1732, sono precedute da un Compendio della vita del poeta con interessanti notizie sui rapporti di amicizia e di lavoro intercorsi tra il Biancardi - che fornì il testo ad alcune cantate musicate dall'A. - e il barone d'Astorga. Si apprende così che i due iniziarono insieme un lungo viaggio attraverso l'Italia; a Genova, però, vennero derubati da un servo di tutti i loro averi e si trovarono in gravi ristrettezze finanziarie. Fu in tale frangente che l'A. si decise a comporre, in brevissimo tempo, per l'impresario del teatro S. Agostino, la musica per un'opera. Si tratta certamente - anche se il Biancardi tralascia di citame il titolo - della Dafne, favola pastorale rappresentata per la prima volta con discreto successo nel teatro suddetto, il 21 apr. 1709, della quale si conservano il libretto e la musica dei primo atto. Si hanno testìmonianze di successive rappresentazioni: a Barcellona, nell'estate del 1709, dove venne messa in scena nella Lonja de mar e rappresentata alla presenza dell'arciduca Carlo (poi Carlo VI come imperatore), a Parma nel 1715, a Breslau, nel 1726.
Dopo varie peripezie, il Biancardi sotto il falso nome di D. Lalli, l'A. con quello di Francesco Del Chiaro (nomi assunti per poter più facilmente rìntraccìare il servo ladro) - e qualificandosi il primo come "maestro di belle lettere" e "suonatore di arciliuto", l'altro come "maestro di cappella" - giunsero a Venezia. Per timore di essere riconosciutì ripresero presto il viaggio per Mantova; quivi ebbero modo, nell'ambiente dei nobili, di esplicare le rispettive attività dichiarate. Tornarono infine a Venezia, accolti in casa dei conti Foscarini e fu allora che l'A., rintracciato dagli agenti di Carlo, allora in Spagna, che desiderava averlo come musico alla sua corte - come testimonia il Biancardi - riprese il proprio nome e si pose al suo servizio, giungendo probabilmente a Barcellona nel 1711. Nel 1712 egli era sicuramente a Vienna, giacché il 9 maggio di quell'anno assistette, in nome del padrino, l'ambasciatore olandese Bruyninx, al battesimo di una figlia di Antonio Caldara, allora maestro di cappella alla corte imperiale. Quanta dimestichezza l'A. avesse con la corte imperiale d'Asburgo lo dimostra una pensione annua di 2000 fiorini che gli era stata accordata da Giuseppe I e che gli fu successivamente confermata da Carlo VI; ciò non valse tuttavia a liberarlo dai numerosi debiti contratti. Pare accertata la permanenza dell'A. a Vienna fino al 1714, mentre nel 1715 lo si trova nuovamente a Palermo. Erano morti frattanto, durante la sua lunga assenza, il fratello ed il padre, per cui l'A. assunse il titolo di barone, che ormai gli spettava di diritto. Nell'ottobre 1717 sposò Emanuela Guzzardi, giovinetta quindicenne, e da lei ebbe tre figlie: Giovanna, Felicia e Maria. Divenne senatore di Palermo per il 1717-1718 e fu governatore dell'Ospedale degli incurabili negli anni 1718-1720. Ma il desiderio di viaggiare lo riprese ben presto, sicché nei primi mesi del 1721, nel fare i preparativi della partenza, l'A. prevedeva già una lunga assenza dalla propria patria: lo testimonia un documento secondo il quale l'A. cede alla moglie - allora in attesa della terza figlia - l'usufrutto dei suoi feudi, in cambio di un vitalizio. Da allora l'A. non comparve più in Sicilia, né diede più notizie alla sua famiglia, tanto che, nel 1743, la moglie, sopraffatta dai debiti, si vide costretta a vendere il titolo e tutti i suoi beni. Nel 1723 l'A. era a Lisbona: il 21 giugno di quell'anno furono cantate nella cattedrale di questa città "antifone" in onore di s. Vincenzo, fra cui due dell'Astorga. Nel 1726 pubblicò le Cantate da camera a voce sola..., in Lisbona occidentale, nella Stamperia musicale, 1726, una raccolta di 12 cantate, con il testo bilingue, in castigliano ed in italiano. Nel 1731, sempre a Lisbona, l'A. firmava un ms.: è l'ultimo dato sicuro finora rintracciato che lo riguardi. Pare, tuttavia, che egli non sia morto prima del 1755 o del 1757, finendo i suoi giorni secondo alcuni a Madrid, secondo altri, ma l'ipotesi è poco verosimile, a Lisbona. Non si esclude tuttavia la possibilità che l'A. abbia trascorso gli ultimi anni della sua vita, non nella penisola iberica, ove finora le ricerche in tal senso si sono dimostrate infruttuose, ma in qualche altro paese europeo.
L'A. deve soprattutto alle "cantate da camera " (se ne conoscono circa 160) la sua notorietà; esse rivelano, oltre che profondità d'ispirazione, una perfetta conoscenza - non da dilettante ma da professionista - dei mezzi compositivi. L'A. subì molto l'influenza di A. Scarlatti, ma seppe anche seguire gli impulsi della sua fantasia, creando pagine musicali altamente suggestive. Se la melodia, dal semplice tono popolaresco, sgorga spontanea, tuttavia è condotta aristocratìcamente, con una sicura padronanza dei mezzi espressivi e con la coscienza che la musica deve essere l'interprete fedele dei sentimenti che le parole suggeriscono. Intima unione fra poesia e musica, così spesso realizzata dall'A. e verso la quale aveva indirizzato i suoi sforzi, come egli stesso dichiara nella Prefazione alle dodici "cantate"pubblicate. Giustamente celebre è anche una composizione sacra, lo Stabat Mater, per soli, orchestra ed organo, composta probabilmente durante il soggiorno romano dell'A. ed a cui forse si ispirò il Pergolesi nella sua notissima elaborazione musicale dello Stabat Mater.
Bibl.: G. Radiciotti, G. B. Pergolesi, Roma 1910, p. 188; G. Volkmnn, E. D'A., 2 voll., Leipzig 1911-1919; L. Genuardi, E. R. D'A. musicista siciliano del secolo XVIII, in Arch. stor. siciliano, n. s., XXXVII (1912), pp. 488-492; E. Schmitz, Geschichte der Kantate und des geistlichen Konzerts, Leipzig 1914, pp. 137-140; J. R. Carreras y Bulbena, Significación artistica de Manuel Rincón D'Astorga autor de la meior dpera representata en la antigua Lonja de Mar de Barcelona, Barcelona 1920; F. Walker, A. and a Neapolitan librettìst, in The Monthly Musical Record, LXXXI(1951), pp. 90-96; O. Tiby, E. d'A. Aggiunte e correzioni da apportare alle ricerche del Prof. Hans Volkmann, in Kongress-Bericht Internationale Musikwissenschaft Utrecht 1952, Amsterdam 1953, pp. 398-403; Catalogo della musica esistente presso Fortunato Santini..., Roma 1820, p. 9; F. J. Fétis, Biographie universelle des musiciens, I, Paris 1873, p. 159; G. Gaspari, Catalogo della Biblioteca del Liceo musicale di Bologna, II, Bologna 1892. pp. 169, 519; III, ibid. 1893, pp. 195, 200, 241; R. Eitner, Quellen Lexikon der Musiker, I, pp.226-228; Die Musik in Geschichte und Gegenwart, I, coll. 757-760; G. Grove's Dict. of Music and Musicians, I, London 1954, pp. 246 s.; Enciclopedia dello spettacolo, I, coll. 1036 s.; Dizionario Ricordi della musica e dei musicisti, Milano 1959, p. 370.