DE DEO, Emanuele
Nato a Minervino Murge (Bari) l'11 giugno 1772 da Vincenzo. dottore in legge e letterato lucerino, di cospicua famiglia originaria della Spagna, e da Vincenza Leoncavallo di Barletta, secondogenito di cinque fratelli, compì i primi studi sotto la guida del precettore Pappadia, che si era spogliato dall'abito di monaco. Trasferitasi, forse nel 1777, la famiglia a Gioia del Colle, ove il padre nel 1788 assunse la carica di governatore, il D. contrasse amicizia con i fratelli B. e M. Del Re, il sacerdote S. Bonavoglia, P. Soria, F. Losapio.
Trasferitosi a Napoli per completare gli studi, frequentò dapprima il collegio degli scolopi, insieme con i compaesani P. e M. Corsi, D. Uva, M. Trojse, F. Tedeschi, G. Elifani, e poi la scuola privata, di studi prevalentemente matematici e chimici, tenuta da C. Lauberg e da A. Giordani in vico dei Giganti, e quella dell'abate Conforti. In queste scuole, che erano anche palestre di propaganda liberale, il D. alimentò il suo amore per la libertà e l'odio alla tirannidé leggendo le gazzette francesi, discorrendo di rivoluzione e di costituzione con i più fidati amici, tra cui V. Galiani e V. Vitaliano. Il 16 dic. 1792 la squadra del contrammiraglio francese Latouche-Tréville si presentava a Napoli, per ottenere soddisfazione dal governo napoletano per l'insulto subito dal ministro francese Sémonville a Istanbul per colpa dell'ambasciatore napoletano. La presenza della squadra e l'umiliazione subita dal sovrano rinforzavano le fila giacobine: furono fatti conviti in onore degli ufficiali francesi, ricambiati dal Latouche a bordo della "Languedoc"; l'ammiraglio visitò la scuola del Lauberg, fu in casa dei fratelli Del Re e del D., il quale, nel clima di entusiasmo, fu definitivamente conquistato dalle idee rivoluzionarie e giuro, insieme con molti altri" giovani, di essere fedele ai Francesi e nemico della monarchia borbonica.
Nell'aprile del 1793 a Gioia partecipò, insieme con il fratello Giuseppe e la sorella Angela, ad un banchetto politico in casa di G. Buttiglione, dove si lessero satire contro il re Ferdinando IV e la regina Maria Carolina e si discusse dei diritto dei popoli a detronizzare il sovrano; fra i più esaltati, il D. si esibì in un gesto che la regina ricorderà poi nelle sue lettere al marchese del Gallo come colpa capitale: afferrato un coltello, dichiarò di non aver paura ad attentare al sovrano, e ne sfregiò provocatoriamente un ritratto. Ritornato poi a Napoli, prese a frequentare le segrete. adunanze in casa Ciaia, in casa dell'Erba, nella libreria di G. Sorrentino, ove si tessevano le trame di una cospirazione che avrebbe dovuto "rendere Napoli una nuova Parigi", come disse l'abate V. Troisi. In una di queste riunioni, assistendo alla. ricezione solenne di A. Vitaliano e di A. Vitale alla Società patriottica, ne conobbe per bocca del maestro Lauberg gli -scopi e fu affiliato al club di V. Manna.
Per iniziativa del Lauberg, nell'agosto del 1793 si stampò il testo della Dichiarazione dei diritti e della Costituzione francese, e nel settembre si organizzò la diffusione delle trúgliaia di copie tirate; M. Del Re riuscì ad introdurre una copia fin nella reggia e la fece posare sul tavolo di Maria Carolina, il D. ne inviò un fascio al fratello Giuseppe in Gioia. Nel clima di sospetti e delazioni incoraggiato dalla corte per reprimere la diffusione delle idee rivoluzionarie (il 12 luglio la convenzione con l'Inghilterra aveva segnato l'ingresso del Regno nella coalizione antifrancese), l'ingenua e scoMessa azione di propaganda antimonarchica fu troncata sul nascere. Il sacerdote N. Patarino, sottratta una copia della Costituzione, la consegnò al ministro Acton denunciando gli amici "per scrupolo di coscienza". L'Acton incaricò il commissario di polizia F. Caccia di intraprendere le perquisizioni, a cominciare dalla casa dei due fratelli Del Re, indiziati quali traduttori della Dichiarazione e della Costituzione, che erano però riusciti a bruciarne tutte le copie. Contemporaneamente l'uditore di Trani, I. Massimi, si recò a Gioia: rintracciate le stampe incriminate in casa di Giuseppe De Deo, questi fu arre ' stato insieme a S. Bonavoglia e a M. Ciaia, e avviato alle carceri di Barletta. Il D. si recò allora a Gioia, sperando di stabilire nuove intese; rientrato poco dopo a Napoli, nel gennaio del 1794, fu anch'egli arrestato insieme con i fratelli Del Re. Man mano che le delazioni si susseguivano, furono arrestati altri sessanta congiurati e rinchiusi nel carcere di Castelcapuano sotto l'accusa di cospirazione contro la monarchia e la religione di Stato.
Secondo il Colletta, unica fonte, al D. sarebbe stata offerta la salvezza in cambio della delazione. L'episodio dovette avvenire prima che la giunta di Stato emanasse la sentenza capitale, come sostiene con buone argomentazioni il Simioni, e non il giorno prima dell'esecuzione, come invece vorrebbe il Colletta, il quale ci descrive con toni appassionati l'incontro tra il D. e il vecchio padre portavoce della proposta.
I verbali delle operazioni inquisitorie, dirette da L. de Medici, presidente della Gran Corte della vicaria, dal caporuota Giaquinto e dal marchese Porcinarì, insieme con le testimonianze e le delazioni, riempirono ben 124 Volumi, in seguito scomparsì. La giunta di Stato, riunitasi il 17 agosto, 16 settembre e 3 ottobre, benché il procuratore fiscale B. Palmieri richiedesse la condanna a morte per trenta degli arrestati, emise sentenza capitale solo per il D., V. Galiani e V. Vitaliano, che erano stati difesi dagli avvocati d'ufficio, il marchese De Rosa, F. Pirelli e P. Iannuzzi, consiglieri della Regia Camera della Sommaria, con una arringa dettata, come alcuni sostengono, da M. Pagano.
Assistito negli ultimi giorni dai padri della Compagnia dei bianchi della giustizia, mantenne un comportamento dignitoso e riservato, come è annotato nel Registro della compagnia Sancta Maria succurre miseris (n. 105, a. 1794); una sua lettera scritta ai familiari prima, di morire conferma la consapevolezza del Suo sacrificio e insieme la delicatezza dei suoi sentimenti nei confronti della madre, delle sorelle e degli amici (Croce, pp. 205 ss.).
La sera del 18 ott. 1794 il D. fu condotto, insieme al Galiani e al Vitaliano, in piazza Castello, chiusa da tutti i lati da truppe di fanteria e cavalleria schierate per fronteggiare eventuali tumulti e disordini; la folla tumultuante era tenuta sotto la minaccia dei cannoni disposti sui bastioni di Castel Sant'Elnio e sulle torri dell'Incoronata e di S. Spirito. Il D. fu l'ultimo dei tre condannati a salire sulla forca.
Fonti e Bibl.: V. Cuoco, Saggio storico sulla rivoluzione napoletana del 1799, a cura di N. Cortese, Firenze 1926, pp. 39 s., 48; P. Colletta, Storia del Reame di Napoli, a cura di N. Cortese, Napoli 1957, I, pp. 316 s., 412; II, p. 63; G. M. Arrighi, Saggio stor. per servire di studio alle rivoluz. polit. e civ. del Regno di Napoli, III,Napoli 1813, pp. 72, 84, 88 s.; M. D'Ayala, Vita degli Italiani beremeriti... uccisi dal carnefice, Roma 1883, pp. 208-15; L. Conforti, Napoli dal 1789 al 1796, Napoli 1887, pp. 194-210; G. Corsi Falconi, Discorso commem. di E. D., Trani 1888 pp. 1-69; M. D'Ayala, I liberi muratori di Napolinel sec. XVIII, in Arch. stor. per le prov. napol., XXIII (1898), pp. 810 s.; B. Croce, I giacobini napoletani prima del 1799, in La rivoluz. napoletanc del '99, Bari 1912, pp. 204-07, 213, 226; A. Simioni, La congiura giacobina del 1794 a Napoli, in Arch. stor. per le Prov. napol., XXXIX (1914), pp. 304, 311, 313, 324 s., 328, 340 ss., 348 ss., 352-58, 505 s., 525, 794 s.; F. Nicolini, La famiglia dell'ab. Galiani, in Arch. stor. ital., LXXVI (1918), p. 147; A. Lucarelli, La Puglia nel Risorgimento, Bari 1934, passim; G. Carano Donvito, I De Deo in Gioia del Colle, in Iapigia, X (1939), 1, pp. 59-76; Id., La Puglia nel Risorgimento. Il contributo di Gioia del Colle, ibid., XII (1941), 1, pp. 25-33; M. Viterbo, E. D., in Gazzetta del Mezzogiorno, 9, 13 e 16 giugno 1961.