LOEWY, Emanuel
Archeologo e storico dell'arte classica, nato a Vienna il 1° settembre 1857 e ivi morto l'11 febbraio 1938. Insegnò a Vienna e per un lungo periodo intermedio a Roma dove, dal 1899 al 1915, occupò la prima cattedra di archeologia classica istituita in ruolo nelle università italiane, portando in questi due grandi centri di cultura umanistica un notevolissimo influsso personale.
La sua attività si esplicò in un campo di ricerche di carattere pratico, immediato, quale la collaborazione alla monumentale raccolta di A. Conze, Die attischen Stelen, e innanzi tutto nella raccolta, ancor oggi indispensabile e non sostituita, delle Inschriften griechischer Bildhauer (Iscrizioni di scultori greci).
Tuttavia, già dai primi lavori si manifesta con sempre maggior precisione quel peculiare indirizzo di ricerche metodologiche che in maniera più o meno diretta e programmatica egli ebbe a perseguire per tutta la sua vita: il problema della costituzione e dello sviluppo di quelli che possono dirsi i temi fondamentali e in generale del mondo formale dell'arte greca. Nel trattare di questi il L. rimane di necessità nei limiti di una impostazione positivistica, ancorato alle due idee fondamentali della "somiglianza alla natura" e del graduale faticoso progresso della produzione artistica verso un momento di perfezione formale quasi assoluta, l'inimitabile classicità.
Nel mondo culturale germanico peraltro questo atteggiamento, che si poteva far risalire ancora al Winckelmann, era oramai largamente superato: e in particolare ad opera del Fiedler e del von Hildebrandt l'idea di considerare l'attività artistica come un'attività imitativa era già stata ufficialmente condannata. Di conseguenza anche nel suo Naturwiedergabe (La natura nell'arte greca, traduz. ital., Padova 1946) il L. imposta il problema non tanto sulla imitazione, quanto sul rapporto tra figurazione e cosa raffigurata, ripetendo anche più tardi che l'arte greca non parte direttamente dalle forme visibili delle cose, ma vi interpone una immagine mnemonica, una sorta di idea platonica dell'oggetto, privo di quanto in esso vi sia di contingente. Fedele a questa sua visione il L. tenta di fissare con notevolissima acutezza le regole di sviluppo dell'arte primitiva, le leggi che determinano la costituzione dei tipi e la loro diffusione nel mondo ellenico.
In queste ricerche, e così sino alla sua Storia della scultura greca, E. L. portò un'eccezionale lucidità di pensiero e una logica stringata e inesorabile nelle sue deduzioni. Così che se tutte le opere, e in specie quest'ultima, rimangono modelli per l'esposizione chiara e l'essenziale stringatezza, ne risulta un panorama troppo violentemente illuminato con luci troppo intense e ombre violentemente accentate. In effetti l'impostazione positivistica lo porta inevitabilmente a semplificare i fatti e le loro deduzioni: mentre d'altra parte la lucidità stessa del suo pensiero lo induce a ridurre tutto entro schemi precisi e cristallini, di una squadrata, perspicua angolosità che male si adatta alle dimensioni fluide e imprecise dei fatti umani.
L'ultima tra le sue opere maggiori, il volumetto Polygnot attesta invece di una ricerca più vasta e meno meccanica nell'esplorazione di un vasto e vario territorio della ceramica attica sulle tracce del grande maestro.
Opere principali. - Inschriften griechischer Bildhauer, Lipsia 1885; Die Naturwiedergabe in der älteren griechischen Kunst, Roma 1900; Arndt-Amelung, Einzelaufnahmen, nn. 1212-1265, 1274, Monaco 1893-1912; Zur Herkunft des Triumphsbogen, in Festschrift O. Hirschfeld, Berlino 1903; Typenwanderung, in Österr. Jahreshefte, xii, 1909, p. 243, xiv, 1911, p. 1 ss.; La scultura greca, Torino 1911; Die griechische Plastik, Lipsia 1924; Polygnot, Vienna 1929; Zu den Niobidendenkmälern, in Jahrbuch, xlvi, 1932, p. 47.
Bibl.: G. Q. Giglioli, in Rend. Pont. Acc. d'Archeologia, XIV, 1938, p. 19; C. Picard, in Revue Arch., XIV, 1939, p. 60; R. Bianchi Bandinelli, Storicità dell'arte classica, Firenze 19502, p. 12 ss.
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