DONNARUMMA, Elvira
Nacque a Napoli il 18 marzo 1883 (il 31 marzo 1886 secondo l'Enc. dello spett.) da Alfonso, sarto di professione e mediocre attore dilettante.
Fin dall'infanzia frequentò col padre, che indossava la maschera di Pulcinella, modesti teatrini, spesso non più che infimi ritrovi nella zona del porto di Napoli. In questo ambiente la D. maturò gradualmente il suo interesse per il mondo dello spettacolo. Il primo debutto avvenne casualmente nel 1891 al teatro Petrella, ove si offrì di sostituire la protagonista de Le due orfanelle, un drammone popolare che le consentì di rivelare insospettate doti di attrice. Successivamente la D. scoprì la sua attitudine per il canto e a soli nove anni interpretò la sua prima canzone, Ecerase, una nenia di S. e V. Valente. Dotata di una voce limpida ed espressiva, anche se non molto potente, interpretò ben presto il repertorio popolare e le canzoni di Piedigrotta destando, non ancora decenne, l'attenzione del pubblico che affollava i teatrini di Mergellina.
Passata allo Scottoionno, un teatrino nella galleria Principe di Napoli, ottenne i primi successi e poté così superare i confini dei teatri di quart'ordine. Si esibì dapprima nella più famosa birreria di don Giovanni all'Incoronata, accanto a Ersilia Sampieri e al macchiettista Davide Tatangelo, poi passò in piccoli teatri di varietà e successivamente in locali di maggior prestigio. Autentico enfant prodige, seppe ben presto creare un suo stile con cui, al di là delle possibilità vocali sorrette da una straordinaria duttilità, fu in grado di sottolineare le mille sfumature del ricco e multiforme repertorio musicale napoletano avvalendosi di una maschera di grande attrice che le consentiva di passare con estrema disinvoltura dalla canzone drammatica alle espressioni vivaci della tradizione popolare.
Praticamente autodidatta, tranne poche lezioni di canto impartitele da D. Napoletano, divenne rapidamente artista matura; la sua formazione del tutto istintiva si sviluppò nell'ambito del café-chantant e suo modello ideale fu Emilia Persico. Nel 1894 apparve con un suo programma al Circo delle varietà, ove fu presentata come "piccola canzonettista"; scritturata poi dai fratelli Resi, impresari del café chantant Eden, si esibì in numeri "a solo" e in duetto con il Tatangelo.
Piccola di statura e non bella, dotata d'una straordinaria carica di simpatia e di un entusiasmo trascinante, ottenne nei primi anni dei secolo un grande successo che la fece conoscere anche al di fuori di Napoli. Nel 1908 il suo nome apparve in cartellone all'Olimpia di Roma, in cui si avvicendavano i maggiori esponenti del teatro leggero internazionale. Da questo momento iniziò l'ascesa della D. come massima interprete della canzone napoletana. Per oltre venti anni fu contesa dagli impresari e dopo essere apparsa alla sala Umberto di Roma, fu al teatro Balbo e al Carignano di Torino, al Morisetti di Milano e in altri teatri italiani. Restò comunque legata soprattutto a Napoli, dove riscosse i maggiori e più entusiastici consensi.
Alla fine del primo decennio del secolo la D. venne colpita da una grave malattia epatica. Continuò la sua attività. nonostante il parere contrario dei medici, e nel 1921 apparve anche nel film Santa Lucia luntana, prodotto dalla Eliocinegrafica.
Sposatasi nel 1930 con il cantante napoletano Mario Mari, nel dicembre 1932 abbandonò le scene. Morì a Napoli il 22 maggio 1933.
La D. è considerata la più rappresentativa interprete della canzone napoletana: protagonista, insieme con G. Pasquariello e N. Maldacea, di un periodo tra i più felici della.tradizione canora partenopea, seppe rendere come nessun'altra lo spirito della canzone popolare, cantando l'amore, la poesia, il dolore, la morte con una forza espressiva che non aveva eguali. Donna del popolo e come tale vicina spiritualmente alla sensibilità della sua gente, conquistò il pubblico per l'immediatezza della caratterizzazione psicologica; per rendere con maggiore efficacia il significato delle sue interpretazioni indossava l'antico costume popolare, affidando non soltanto alla voce ma anche al gestire e alla mimica il variare delle situazioni psicologiche suggerite dai testi e dalle sfumature dell'espressione musicale. Al suo nome furono legate le canzoni più belle del repertorio napoletano del primo Novecento e che, da lei interpretate per la prima volta, divennero poi successi internazionali.
Tra le canzoni a lei dedicate ed eseguite in prima assoluta si ricordano: L'addio di L. Bovio e N. Valente (teatro Bellini, 1910); Core 'è mamma di E. Murolo e G. Capolongo (teatro - Le Terrazze di S. Lucia, 1911); Maggio sì tu di E. A. Mario (1913); Tammurriata all'antica di E. Murolo ed E. A. Mario (teatro Goldoni-Bellavista, 1914); 'A tazza 'e cafè di G. Capaldo e V. Fassone (teatro Bellini, 1918); Cu 'opiripino e 'o nnainanà! di S. Baratta e G. Capolongo (ibid., 1923); 'Otelefono di G. Pisano ed E. A. Mario (1932). Fu inoltre interprete inimitabile di numerose altre canzoni che la sua arte personalissima rese celebri grazie ad una musicalità che nobilitava ogni sua interpretazione e che fece assurgere la canzone partenopea a vera espressione d'arte. Si ricordano in particolare: Chiarastella di A. Califano e A. De Cristofaro (1893); Maria Marì di V. Russo ed E. Di Capua (1899); Uocchie c'arraggiunate di A. Falconi-Fieni e R. Falvo (1904); Pusilleco addiruso di E. Murolo e S. Gambardella (1904); Come facette mammeta di G. Capaldo e S. Gambardella (1906); Luna curtese di A. Genise e V. Valente (1907); Tarantelluccia di E. Murolo e R. Falvo (1907); Surdate di L. Bovio ed E. Nardella (1910); Serenatella di L. Bovio e V. Medina (1911); Chitarrata antica di R. Ferraro e N. Valente (1914); Quanno mammeta t'ha fatto e Miette 'na mana cca!, entrambe di A. Califano e S. Gambardella (1914); Tutta mia di A. Califano e V. Valente (1914); Piscature 'e Pusilleco di E. Murolo e E. Tagliaferro (1925).
Bibl.: Necr., in Il Giornale d'Italia, 23 marzo 1933; Corriere della sera, 23 marzo e 17 giugno 1933; Il Messaggero, 23 marzo 1933; Gazzetta di Venezia, 26 maggio 1933; L. Bovio, D.: cantatrice di Napoli, in La Tribuna illustrata, 11 giugno 1933; E. Murolo, E. D. e il suo primo debutto, in Comoedia, Milano, 15 giugno 1933; F. Petriccione, E. D., in Secolo illustrato, 8giugno 1933; L. Bovio, Sorridente malinconia di E., in L'Illustrazione italiana, 11 giugno 1933; F. Cangiullo, Due rivali: D. e Pasquariello, in Il Tempo, 30nov. 1953; L. Ramo, Storia del varietà, Milano 1956, ad Indicem; F. Petriccione, Piccola storia della canzone napoletana, Milano 1959, pp. 73 s., 108, 127, 151, 172; M. Vajro, Fascino delle canzoni napoletane, Napoli 1962, pp. 202, 206; V. Paliotti, La canzone napoletana ieri e oggi, Milano 1962, pp. 109, 168; E. De Mura, Enc. della canzone napoletana, Napoli 1969, I, pp. XVI, XVII, 13 s., 158, 160s., 206, 233, 235, 237, 247, 265 ss., 280, 352, 454; II, pp. 38, 56, 77, 89, 159 s., 203, 215, 224, 239, 260; M. Dell'Arco, Café-chantant di Roma, Milano 1970, p. 9; Follie del varietà. Vicende memorie personaggi 1890-1970, a cura di S. De Matteis.M. Lombardi-M. Somaré, Milano 1980, pp. 42 s., 57, 118, 256; S. Di Massa, Storia della canzone napoletana dal '400 al '900, Napoli 1982, pp. 340 s.; R. De Angelis, Café-chantant. Personaggi e interpreti, a cura di S. De Matteis, Firenze 1984, p.56; G. Borgna, Storia della canzone italiana, Bari 1985, pp. 32, 57 s.; Enc. dello spettacolo, IV, coll. 866s.