ELMO
Nei diversi stadî culturali l'e. è associato generalmente alla corazza. L'e. di guerra vero e proprio, metallico o no, risale all'Età del Bronzo. I copricapo anteriori hanno più scopo ornamentale che protettivo. È il caso del casco coperto di conchiglie rinvenuto sul cranio di un giovane guerriero negli strati neolitici delle Arene Candide. Per le spoglie ferme, di cui è ricordo anche nella tradizione mitologica greca, si può pensare, all'origine, anche ad uno scopo magico o terrificante (v. egida). Ma anche durante e dopo l'Età del Bronzo l'uso dell'e. non è generale presso tutti i popoli. Nelle figurazioni egizie si trovano e. solo presso i mercenari asiatici e occidentali; gli Egizî non usavano portare elmi. Nei monumenti mesopotamici compare dapprima un e. di cuoio a campana, con apici e ripari sopra le orecchie, che però, negli e. dei capi, rimangono scoperte (stele di Eannatum rinvenuta a Tellō); posteriore è un e. a punta con appendici a forma di corna e lungo paranuca (rilievi di Naràm-Sin). Successivamente compare l'e. a punta, metallico, che avrà larghissima diffusione specialmente negli eserciti assiri. Nei rilievi assiri i soldati portano e. a campana o a calotta con apice, talora con barbuta di stoffa che copre quasi tutto il volto e il collo. Dal tempo di Tiglatpileser III compaiono in Assiria anche e. con cimiero. Interessante per gli sviluppi che ha avuto è il tipo di e. hittita figurato sui rilievi della Porta dei Re a Boǧazköy (sec. XV a. C.): è a campana, con lungo paranuca e paraguance, con una piccola cresta sull'asse anteroposteriore del capo. Il tutto è evidentemente di cuoio. In un rilievo di Zincirli l'e., di forma conica, ha due apici sulla fronte e sulla nuca e termina in alto a sfera. Un rilievo di Karkamiş, (sec. VII) mostra e. a campana con cimiero a cresta e coda sulla nuca. Nell'Urartu, accanto agli e. piatti con piccolo cimiero, raffigurati sui rilievi assiri, si trovano e. a punta di tipo assiro; tra questi ultimi è particolarmente notevole l'esemplare, trovato nel 1950 a Karmir Blur, appartenente al re Argishti; esso, simile ad un altro del re Sarduri trovato nel 1947, presenta anteriormente una decorazione a rilievo articolata su due registri affiancati da quattro serpenti a testa di leone; i motivi sono quelli comuni al repertorio decorativo assiro, trattati però con una sensibilità totalmente diversa. L'e. campaniforme è comune nell'Età del Bronzo tanto nell'Europa centrale e occidentale che nel bacino dell'Egeo. E. minoici e micenei sono raffigurati a partire dal Medio-Minoico III su cretule, placche di avorio, armi, vasi, altari in terracotta sia a Creta che sul continente e nelle isole, e si possono riscontrare già tutti gli elementi che ricorreranno nelle descrizioni omeriche (per la terminologia ricorrente in Omero v. H. L. Lorimer, Homer and the Monuments, Londra 1950, p. 211 ss.). Essenzialmente constano di una calotta campaniforme, in metallo o cuoio rinforzato da metallo (κράνος omerico κόρυς; meno frequentemente poi in Grecia vengono usati i termini πήληξ, περικεϕαλαία e κῶνος - che però in un'iscrizione di Delo [v. Bull. Corr. Hell., 1882, p. 130] è usato ad indicare il cimiero), spesso ornato da denti di cinghiale disposti in ranghi sovrapposti (v. Il., x, 261-265, nella descrizione dell'e. di Merione); al di sotto una striscia di cuoio o lamina metallica, la στεϕάνη (v. Il., vii, 12 ss.) attestata però raramente (soltanto sulla bipenne della Collezione Jamalakis e su un avorio di Spata); lo completano un soggolo (omerico ὀχεύς ἱμάς) e un cimiero che dalla fronte si curva sul dietro, forse di piume (Xenaki-Sakellariou), meno probabilmente di corno (Tzountas, Reichel, Evans) o di piccoli ossi lavorati (Kukahn). Spesso come cimiero appaiono le corna. L'introduzione delle corna è dovuta insieme alla tradizione della spoglia bestiale e al carattere apotropaico di esse. Corna recano sugli e. i guerrieri del vaso di Micene, oltre al pennacchio eretto su di un sostegno (v. più oltre per altri esempî). Concordemente accettata è la derivazione dell'e. miceneo dal minoico; rimane aperto invece il problema dell'origine dell'e. minoico. Contrariamente a una derivazione achea (Karo) o dall'Oriente (Kukahn), già lo Evans, e recentemente la Xenaki-Sakellariou propendono per un'origine cretese.
Per una semplificazione dell'e. minoico, v. Monumenti considerati. L'e. omerico, di cuoio e metallo, aveva paraguance e sottogola, nonché un alto cimiero, di cui non è nota precisamente la forma. Ad influsso orientale si attribuisce una forma di e. particolare dell' Europa centrale e dell'Italia nel tardo Periodo del Bronzo e nella prima Età del Ferro; a calotta con alto cimiero triangolare, talora a lati inflessi. Questo tipo di e. nelle regioni anzidette è posteriore agli e. a calotta emisferica e a campana. Il cimiero (lòphos) risponde allo scopo pratico di riparare i fendenti rinforzando la calotta e di accrescere imponenza al guerriero; insieme è anche l'unico ornamento dell'e., ornamento quindi di carattere strettamente funzionale. Il confronto degli e. considerati con il rilievo di Boǧazköy induce ad attribuire al cimiero un'origine microasiatica.
Nel periodo geometrico in Grecia si hanno e. a calotta semplice, a cono (di derivazione orientale), e un tipo che - nonostante l'opinione contraria del Kukahn e del Kunze - sembra continuare l'e. miceneo. Oltre che da raffigurazioni su oggetti (sul cratere di Aristonothos, ad es., su scudi di terracotta di Tirinto ora al museo di Nauplia, statuette bronzee da Olimpia, un graffito rupestre a Thera, un'urna policroma di Cnosso), si conosce un e. proveniente da una tomba tardo-geometrica di Argo a calotta conica, visiera e paragnatidi fisse.
Nel periodo orientalizzante vediamo diffondersi in Grecia l'e. corinzio, che copre, oltre la nuca, tutto il volto, avendo il nasale e due paraguance a margini ravvicinati che formano tutt'uno con la calotta. Quest'e., che ha in pratica soltanto due aperture per gli occhi, deriva probabilmente dalle barbute orientali, ma deve mettersi anche in connessione con la maschera, come presso popoli primitivi. Quelli dell'VIII sec. mostrano ancora affinità coi minoici e geometrici: in questa serie si deve porre il ben noto e. votivo miniaturistico di Praisos. Segue nel VII sec. un tipo affine, più evoluto rinvenuto specie a Creta (e. di Axos, di Cnosso) su. lamina bronzea, di Paleokastro su una sima di terracotta di Rethimno, decorato a rilievo con la figura di un apobate a guida del carro, e a Delfi di cui noti sono i rapporti già nel primo arcaismo. Dal sec. VI in poi continua sempre più perfezionandosi questo tipo di e., detto "corinzio" già in antico (Herod., iv, 18o; Cic., in Verrem II, iv, 97), che presto si diffonde con fortuna anche nell'Italia meridionale, dove viene in un primo tempo riprodotto da artefici locali. L'origine comunque rimane greca, del territorio peloponnesiaco. L'e. corinzio che si calava sul volto soltanto in battaglia, ha una sagoma originaria piuttosto massiccia; in seguito esso viene perfezionato arretrando il paranuca in modo da dar risalto alla calotta cranica, generalmente oblunga. Sopratutto noto è l'e. tardo arcaico, rinvenuto a Olimpia, nei pressi dello stadio e conservato attualmente al British Museum con la dedica incisa da parte dello stratega Milziade; di poco più antico è quello pure da Olimpia con iscrizione che lo indica come il primo anàthema da parte degli Ateniesi a questo santuario; un terzo, più tardo, rinvenuto recentemente presso l'Alfeo, denota una derivazione da tipi della Magna Grecia. E il tipo di e. raffigurato nei ritratti ufficiali degli strateghi del V secolo.
Una variante dell'e. corinzio è quello cosiddetto ionico, senza nasale e con un frontale triangolare ove trovano posto elementi decorativi (μετοπον). Ne troviamo un esempio in un arỳballos figurato del museo di Berlino. Un'altra variante è l'e. illirico, con paragnatidi fisse, che lascia il viso scoperto. È attestato nella seconda metà del VI e nel V secolo. Il centro da cui proviene il maggior numero di e. di questa serie è Trebeniste. Alcuni sono decorati a rilievo (v. l'esempio di Olimpia).
Anche l'e. calcidico (cosiddetto perché appare su vasi calcidesi) è solo una variante del corinzio ed è infatti anche chiamato attico-corinzio. Presenta paragnatidi fisse. Si diffonde specialmente nell'Italia meridionale, presto accolto da Sanniti, Messapi, Apuli, che poi lo trasmettono ai Romani. Di questo tipo è l'e. trovato presso Ascalon; di provenienza probabilmente àpula è l'e. del Museo Poldi Pezzoli di Milano con iscrizione, quello al British Museum di Londra e quello a New York dove si nota un affinamento delle paragnatidi, dovuto a influsso ionico. In Attica invece, appare per la prima volta su alcuni guerrieri del frontone del tempio di Aphaia ad Egina, e si evolve presentando paragnatidi mobili. Ma fin oltre la metà del VI sec. pare che l'e. corinzio fosse il preferito per le sue possibilità protettive e la sua semplicità. Esso può essere semplice o munito di cimiero a cresta, il cimiero è applicato direttamente sulla calotta, oppure retto da un sostegno che può anche essere configurato. Le due varianti hanno un'origine evidentemente comune.
Particolare importante ebbe, specialmente presso i Greci, la decorazione dell'elmo. Nell'e. corinzio la decorazione, a rilievo o incisa, occupa la fronte, le paraguance, talora l'occipite (sarcofago di Clazomene). In un esemplare arcaico del Louvre sulle paraguance sono rappresentati dei felini, e sulla fronte è una specie di rosa. Nella ceramica corinzia e in quella attica a figure nere l'e. corinzio è rappresentato per lo più senza decorazione, e così nella plastica arcaica (Tesoro dei Sifnî). Le decorazioni compaiono un poco più tardi. Nel cosiddetto Leonida, nel museo di Sparta, le paraguance recano teste di montone a basso rilievo; ritroviamo più tardi un motivo simile in un e. del Museo del Louvre in cui una sfinge serve da sostegno del cimiero. Fin dall'arcaismo talora è indicato sulla fronte, a rilievo o incisione, la doppia arcata sopraccigliare. È questo l'unico elemento antropomorfo applicato all'elmo. Su di una tazza di Douris alla fronte è sovrapposta una corona di boccoli, riproducenti quelli dell'acconciatura efebica intorno al 500 a. C. Nelle rappresentazioni figurate arcaiche l'e. corinzio nasconde generalmente il volto di chi lo porta, il che agevola talvolta la veduta di prospetto. Nella plastica il grande cimiero è sfruttato dagli artisti per la sua superficie che acquista particolare valore nella visione di profilo (bronzetto di Dodona) o consolida e quasi conchiude l'impostazione generale della figura (λόϕος δεινός [Tirteo, Fr. xi, 25-6] del cosiddetto Leonida). Alla fine dell'arcaismo nell'angolo sinistro del frontone E del tempio di Egina il grande lòphos raccorda mirabilmente la superficie circolare dello scudo con il corpo obliquo del guerriero caduto. Ma in questo caso l'e. non è corinzio, ma attico (v. sotto). Dagli ultimi tempi del sec. VI a. C., specialmente dopo l'abbandono, nella ceramica, della tecnica a figure nere anche in scene di battaglia l'e. si rappresenta sempre sollevato sulla fronte: in tal modo la massa del capo viene prolungata all'indietro e serve spesso a controbilanciare le masse in figure in movimento concitato (cfr. anche il bronzetto con il guerriero cadente di Modena). È il motivo che viene più tardi ripreso dalla plastica nell'Atena di Mirone, dove la grande massa dell'e. è in voluto contrasto con la fragilità del corpo, nell'Atena di Velletri e ancora nel Pericle di Kresilas. Decorati appaiono anche e. illirici, tra cui alcuni di Delfi e Trebenište.
Fin dalla metà del sec. VI a. C. sulla ceramica a figure nere e sulle monete, accanto all'e. corinzio compare quello detto attico, con calotta e piccolo paranuca che termina dietro le orecchie; senza nasale e con paraguance a cerniera e quindi sollevabili. Il cimiero dell'e. attico è in genere identico a quello del corinzio nelle sue due varianti. Nella plastica lo troviamo già nella stele ateniese dell'oplitodròmos. L'e. attico, generalmente fornito di frontale, derivato da quello dell'e. ionico, diventa dallo stile severo in poi, attributo frequente di Atena. Un e. attico a scaglie è rappresentato nella tazza di Sosias, altrove troviamo una decorazione a scacchiera (vaso di Makron, cratere degli Argonauti) che nella pratica doveva essere realizzata in agemina. Nella tazza del Pittore di Pentesilea a Monaco l'e. di Achille ha grandi palmette sull'occipite raccordate con altre minori sulla fronte, e figure di sfingi nella paraguance. In un altro vaso sulla fronte sono centauri contrapposti secondo uno schema araldico. In genere l'e. attico appare più decorato che non il corinzio. Per entrambi si osserva la pluralità dei cimieri. La più grandiosa rappresentazione dell'e. attico era costituita da quello della Atena Parthènos fidiaca, a triplice lòphos con sostegni figurati (sfinge, cavalli) e decorazioni nel frontale e nelle paraguance. Accanto ai due tipi ricordati appaiono altri; l'arciere del frontone E di Egina reca un piccolo e. a forma di protome leonina; spesso è documentato l'e. a forma di pìlos (stele di Pella, stele di Mnason e di Rhynchon). Le fonti parlano di e. decorati in metallo prezioso e anche il grandioso e. della Atena Parthènos fidiaca documenta l'uso di e. da parata di straordinaria ricchezza. I cimieri variopinti ne accrescevano l'effetto.
Gli e. dell'ellenismo sono uno sviluppo dell'e. attico e, sotto un certo aspetto, una semplificazione, per le ridotte dimensioni del lòphos e la soppressione, talora, delle paraguance. Ma in questo periodo si diffonde il lusso della decorazione, talora di una raffinatezza fastosa, come nell'e. di Tolemeo Il Filadelfo nel cammeo di Leningrado. Un tipo speciale è il cappello d'arme, o piccolo cimiero, che si vede su di una moneta di Eucratide di Battriana, derivato dall'analogo copricapo difensivo macedonico. L'e. del noto busto del cosiddetto Pirro, da Ercolano, è a calotta con visiera sporgente e paraguance allacciate sotto il mento da una cinghia. Un vero campionario di elmi si ha nella balaustra di Atena Pohàs a Pergamo (v. trofeo); ma talora si tratta di e. non appartenenti a paesi greci o grecizzati, ma a popolazioni specialmente asiatiche. Si distingue l'e. a maschera, riproducente una protome umana al completo e che ricopre tutto il volto, come nell'esemplare di Emesa, di fabbricazione probabilmente siriaca.
Presso gli Etruschi sono presenti, nelle età più antiche, l'e. a calotta semplice di origine etrusca o italica e quello a cimiero triangolare ornato di dischetti a sbalzo in serie geometriche e pure l'e. conico in lamina incisa. Nella situla bolognese della Certosa si vedono tanto e. a calotta di cuoio con apici e placche metalliche, quanto e. campaniformi con cimiero a cresta, i primi certo in rapporto con e. del centro-Europa (tipo di Laibach). Il guerriero di Brolio porta un e. a calotta sferica con paranuca che copre anche le orecchie e cimiero. Dal principio del VI sec. a. C. però in Etruria anche per gli e. diventano comuni le forme greche. Un e. di tipo corinzio, da Vulci, ha la fronte limitata superiormente da un kymàtion, che corrisponde alla radice dei capelli e fra questo e le arcate sopraccigliari un rilievo con la lotta di Eracle e Apollo per la cerva. Un e. corinzio con lòphos sorretto da una testa di ariete è quello da Metaponto al City Art Museum di St. Louis, e uno simile è figurato sul carro di Monteleone.
Dal principio del V sec. a. C. predomina invece l'e. attico con frontale delimitato in modo da seguire l'arcata duplice delle sopracciglia (Minerva di Modena, di Perugia, di Fermo). Normalmente compare il grande lòphos aderente alla calotta. Sempre nell'arcaismo è attestato l'e. a pìlos (stele di S. Agata del Mugello) e quello conico crestato (stele felsinea con guerriero e mostro). La figura centrale del frontone dei guerrieri di Cerveteri porta il lòphos frontale (transversum) attestato in qualche caso anche in monumenti greci. Della fine del V sec. a. C. è l'e. di Todi, di tipo attico ma con nasale, che ha la stessa delimitazione della fronte di quello di Vulci, le sopracciglia ageminate, scene di battaglia a basso rilievo sulle paraguance. A questo tipo, che si potrebbe dire a falso frontale, si possono ricollegare gli e. di varî guerrieri in bronzetti del tardo sec. V e del principio del IV a. C. (Gruppo di Marzabotto, Guerriero della Falterona). Non sempre il grande cimiero assume, come nelle sculture greche, un necessario valore compositivo ma così è, ad esempio, nell'Aiace di Populonia. Eccezionalmente su di un bronzetto di Parigi si ha il lòphos dell'e. attico retto da un sostegno a forma di testa di cigno. Varî elmi a pìlos, e attici con e senza frontale, compaiono sul sarcofago tarquiniese delle Amazzoni.
Fra i più tardi e. etruschi sono da ricordare quello a berretto frigio di Perugia e quello del Museo Gregoriano del tipo detto "a berretto da fantino". Nel tardo IV sec. e nel III sec. a. C. è prodotto in Etruria un tipo di e. a calotta carenata e orlo a listello piatto, largamente esportato anche nei paesi ove erano stanziamenti celtici. Una delle più interessanti opere a sbalzo dell'età ellenistica è la coppia di paraguance nel Museo di Villa Giulia con scene figurate.
Presso le altre popolazioni italiche del Centro e del Mezzogiorno si hanno l'e. conico con paraguance, oppure tipi di e. più o meno influenzati dalle forme greche. Queste sono naturalmente tipiche della Magna Grecia e della Sicilia. Nella Sardegna nuragica esiste l'e. a calotta con coppia di corna e con un alto rialzo ricurvo sulla fronte.
Nell'Europa centrale di cultura La Tène l'e. costituisce uno sviluppo delle forme dell'Età del Bronzo. È tipico anche qui l'e. a berretto da fantino, talora decorato; si ha anche l'e. a pìlos con cimiero e corna. La presenza delle corna sugli e. (v. sopra) delle genti celtiche è stata giustamente messa in rapporto con le loro divinità cornute. L'e. cornuto ha riscontro anche nel N dell'Europa. La decorazione a dischi e a fasce è frequente e si arricchisce poi per influssi esterni. La materia è sempre il bronzo, più raramente il ferro. In età più recente, come si è detto, si trovano presso genti celtiche e. carenati di fabbrica etrusca.
Sulla forma degli e. romani delle età più antiche permane la stessa incertezza che per le altre parti dell'armatura (v. corazza) e, come per esse, la documentazione archeologica diretta e indiretta è tarda; la duplice denominazione: cassis e galea indica in origine due tipi di e., di metallo e di cuoio. In seguito anche per quest'arma si fa sentire l'influsso greco, specialmente del periodo ellenistico. In sostanza l'e. romano, quale appare sui monumenti figurati, è un e. ionico, ma le varianti sono numerosissime. Si cercò tuttavia di renderlo semplice e pratico; perciò il cimiero fu sempre di proporzioni ridotte, e gli e. dei legionari erano meno vistosi di quelli degli ufficiali. Un residuo di costumanze antichissime permane negli e. coperti di pelle ferina proprî dei signiferi. Gli e. decorati, che appaiono spesso nei rilievi, sono analoghi agli e. ellenistici dei paesi grecizzati. Nelle province renane e danubiane con una certa frequenza è documentato l'e. a maschera. Un esemplare assai noto, proveniente dalla Germania, è decorato sulla fronte da un'aquila ad ali spiegate. E. da parata compaiono specialmente presso i pretoriani e recano un cimiero metallico piumato. Non si può dire che dal punto di vista artistico l'età romana abbia creato alcunché di originale in questo campo; una caratteristica è, se mai, il sovraccarico della decorazione specie negli e. tardoantichi (v. e. del tempo di Costantino, al museo di Budapest). Nella statuaria romana di carattere iconografico l'e. non compare quasi mai.
Una categoria a sè è data dagli elmi gladiatori, pesanti e massicci che non hanno nessun addentellato con quelli militari, e derivano da un tipo di e. ellenistico (cfr. ritratto di Pirro) con visiera, la quale, però, assume grandi proporzioni. Il volto è tutto coperto, perché oltre le paraguance vi sono grate a protezione degli occhi. Il cimiero è, per lo più, enorme, arricchito da piume e penne di vario colore. Il carattere spettacolare è accentuato dalla ricca decorazione che talora si limita a motivi ornamentali, talaltra comprende vere e proprie scene figurate a fortissimo rilievo. La decorazione rimane in questo caso come avulsa dal resto, cui nessuna necessità funzionale la unisce. Un bellissimo esemplare, del tempo di Tiberio con scena di Ilioupèrsis raffigurata tutt'intorno, è al museo di Napoli.
Monumenti considerati. - Bipenne della Coll. Jamalakis: A. Xenaki-Sakellariou, in Bull. Gorr. Hell., lxxvii, 1953, p. 46 ss.; W. Deonna, in Bull. Corr. Hell., lxxviii, 1954, p. 253 ss. Avorio di Spata; Bull. Corr. Hell., ii, 1878, tav. xviii, 2. Per le rappresentazioni di e. minoici e micenei si rimanda a E. Kukahn, Der griechische Helm, Marburg 1936, pp. 1 e 3, a cui si aggiunga l'e. di Dendra del Tardo-Eliadico. i-ii in H.L. Lorimer, Homer and the Monuments, Londra 1950, tav. xiv. Urna, policroma da Cnosso con e.: D. Levi, Arkades, fig. 645. E. tardogeometrico da Argo: P. Courbin, in Bull., Corr. Hell., lxxviii, 1954, p. 178, fig. 38; lxxxi, 1957, p. 322 ss. E. votivo di Praisos: Bosanquet, in Pap. Br. Sch. Athens, viii, 1901-2, tav., x. E. di Axos; P. Levi, in Ann. Atene, xiii-xiv, 1930-1, tav. x-xii. E. di Delfi: J. Marcadé, in Bull. Corr. Hell., lxxiii, 1949, p. 421 ss., tav. xxi, fig. 3., E. di Rhetimno: N. Platon, in Arch. Eph., 1953-54(1958), p. 129 ss. E. da Olimpia, dono di Milziade: E. Kunze, in Gnomon, xxvi, 1954, p. 142. E. da Olimpia con iscrizione: E. Kunze, in Festschr. f. C. Weickert, Berlino 1955, p. 7 ss. E. di Trebenischte: B. D. Filow, Die archaische Nekropole v. Trebenischte, Berlino-Lipsia 1927, nn. 114-120, fig. 96-99, tav. xv; E. Kukahn, op. cit., p. 53. E. da Olimpia, decorato a rilievi: Bull. Corr. Hell., LXXIII, 1949, p. 438 ss. E. calcidico: E. Kukahn, op. cit., p. 42. E. del Museo Poldi Pezzoli: L. Vlad Borrelli, in Arch. Class., ix, 1957, p. 234 ss. E. del Brit. Mus.: id., ibid., p. 238, tav. xii. E. di New York: G. M. A. Richter, Greek, Etrus.-Rom. Bronzes, n. 1535. E. da Ascalona: G. Radar, in Israel Expl. Journ., viii, 1958, p. 185 ss., tav. 32 (e). E. attici con paragnatidi mobili: L. Coutil, Gasques antiques, fig. 53. E. decorati: P. Amandry, in Bull. Corr. Hell., lxxiii, 1949, p. 438 ss. E. con centauri contrapposti: E. Pfuhl, Mal. u. Zeichn., fig. 250. E. di Emesa: H. Seyrig, in Ann. Arch. de Syrie, ii, 1952, p. 101 ss. E. etrusco a calotta: N. Bonacasa, in St. Etruschi, xxv, 1957, p. 557, nota 28. E. da Metaponto: Th. Hoofes, in Studies Robinson, ii, S. Louis 1953, p. 833 ss. E. in bronzetti del tardo V sec.: G. Q. Giglioli, Arte Etrusca, tav. ccxxi. E. costantiniano di Budapest: A. Alföldi, in Acta Archaeol., v, 1934, tav. iii-iv.
Bibl.: H. Bonner, Die Waffen der Völker des alten Orients, Lipsia 1926, pp. 201-209; S. Reinach, in Dict. Ant., s. v. Galea; H. Déchelette, Manuel d'archéologie préhistorique celtique et Gallo-romaine, Parigi 1908 e ss., passim; W. Reichel, Homerische Waffen, Vienna 1901; Arch. Anz., 1905, c. 15; B. Schröder, in Jahrbuch, XXVII, 1912, p. 326 ss.; Sprockoff, Ranke, Thomsén, Meissner, in Ebert, Reallexikon der Vorgeschichte, V, s. v. Helm; L. Coutil, Casques antiques, Le Mans 1915; Enc. Ital., s. v. Armi e Elmi; E. Kukahn, Der griechische Helm, Marburg 1936; A. Tallocchini, in Studi Etruschi, XVI, 1942, p. 30 ss. Altri e. a maschera, di tipo "ellenistico" e di tipo "siriaco" rinvenuti in Germania: H. Klumbach, J. Keim, Der röm. Schatzfund von Straubinig, Monaco 1951; Fr. Behn, Gesichthelme, in Festschrift für Friedrich Zucker, Berlino 1954. E. (e schinieri), etruschi al Detroit Institute of Arts: Bulletin of the Detroit Inst., XXXVII, 3, 1957-58, p. 74; A. De Agostino, Gli elmi di Rapolano, in Arch. Class., X, 1958, p. 84 ss.
(L. Guerrini - G. A. Mansuelli)