ELMO (dall'ant. ted. Helm "protezione"; fr. heaume, armet; sp. yelmo; ted. Helm; ingl. helm, helmet)
Per elmo s'intende genericamente qualsiasi armatura difensiva del capo. Il vocabolo indica però, particolarmente, un tipo di copricapo in uso nell'antichità, nel Medioevo e un poco anche oltre. Rinviando per le sue forme più tipiche alle voci bacinetto; borgognotta; cappello d'armi e morione, si tratterà qui dell'elmo in generale, con particolare riguardo al casco, che ne è la foggia primitiva. Di alcuni tipi di elmo si tratta anche nell'articolo armi.
Etnologia. - Nella sua forma di casco, l'elmo, anche fuori del dominio delle civiltà superiori, si trova spesso associato alla corazza (v.). L'area della sua diffusione è assai vasta, perché comprende la Polinesia, la regione dei Paleoasiatici (Ciukci) e una larga zona americana che include le genti del nord-ovest, gli Irochesi e le culture messico-andine. Le forme presentate dal casco in queste regioni indicano come probabili le connessioni fra l'estrema Asia nord-orientale e l'America del Nord. Ma non sono da escludere rapporti diretti fra la Polinesia e l'antica civiltà peruviana, che possedeva nell'armamento difensivo una notevole varietà di caschi non molto dissimili, per la forma, dai caschi di fibra intrecciata e coperti di piume delle isole Hawaii. È da considerare invece come un fatto di pura convergenza la somiglianza esistente fra gli elmi hawaiani, e anche talune delle forme peruviane, con gli elmi delle antiche civiltà del Mediterraneo. Si noti infine che gli elmi giapponesi, dalle forme orride e grottesche, hanno un'evidente relazione originaria con le maschere (v.). Per gli elmi, come per altre armi orientali, v. armi.
Antichità. - La protezione del capo contro i pericoli e le insidie esterne fu una delle prime precauzioni che l'uomo prese quasi istintivamente. Presso gli uomini primitivi tale difesa fu fatta con spoglie di animali. Furono preferite le spoglie delle grandi fiere, sia per ostentare la gloria di averle abbattute, sia perché l'ampiezza della pelle ferina permetteva di coprire non solo il capo, ma anche la parte superiore del corpo, annodandosi al petto le zampe anteriori. Ancora oggi alcune tribù d'Indiani dell'America Settentrionale ornano le loro teste della pelle del capo d'un orso o d'un bufalo. Presso le popolazioni germaniche tale uso era generale.
Quando l'arte di lavorare i metalli divenne comune, pur continuandosi ad usare caschi di pelle conciata, si cominciarono a fabbricare elmi in tutto o in parte di lamiera metallica, conservando ancora qualche traccia dell'antico costume, sia con le orecchie di felini poste ai lati della calotta, sia con criniere di leone e code di cavallo, poste ad ornamento sulla sommità. Una forma di passaggio dall'elmo di pelle all'elmo metallico fu una specie di cappuccio di cuoio (κυνέη) che in origine era di pelle d'animale non conciata (v. armi, vol. IV, p. 472). Questa barbuta di cuoio, eccezionalmente di metallo, costituì l'elmo tipico omerico (κόρυς) a foggia di calotta emisferica, senza visiera, bordata in basso da una striscia di cuoio o di lamina metallica (στεϕάνη), con un soggolo formato da una correggia (ὀχεύς, ἱμάς).
In progresso di tempo si aggiunsero un paranuca e un parafronte, e due barbozzali. Inoltre si applicarono un cono e una cresta per difendere il cranio contro i fendenti. L'elmo di metallo spesso aveva il ϕάλος o cimiero; oltre ad essere una difesa, esso aveva lo scopo di tenere fisso il pennacchio (λόϕος). Il ϕάλος aveva talvolta anche valore apotropaico e in questo caso era formato da un paio di corna. I barbozzali o ϕάλαρα erano placchette di metallo fissate, con cerniere, che concludevano il casco e coprivano le tempie, scendendo fin sulle gote: fuori della battaglia si tenevano rialzati. Da questa forma più antica di elmi, col dare alla difesa anteriore la sagoma di una visiera intera, con piccoli e stretti fori per gli occhi, s'è svolta la forma di elmo più elegante e molto più leggiera, detta αὐλῶπις. Fuori della battaglia la maschera si teneva tirata su, in modo che venisse a posarsi sul cocuzzolo.
Mentre gli elmi dei guerrieri comuni erano semplici e senza ornamenti, quelli dei duci erano naturalmente più ricchi. La sovraccarica ornamentazione (di cui ci dà testimonianza il noto episodio in cui il fanciulletto Astianatte è spaventato dal casco lucente del padre Ettore) rendeva spesso l'elmo pesante e non comodo a portarsi. Per evitare escoriazioni, si usava portare sotto di esso un berretto di lana, che in alcuni monumenti si vede scendere fin sulle orecchie e sugli occhi. I monumenti dell'età micenea ci mostrano a guisa di caschi delle calotte a forma di pilos, con bottone nella parte superiore, che sembrano formate da corregge intrecciate. I caschi dei vasi del Dipylon non hanno mai ϕάλοι, ma per tutto il resto assomigliano ai caschi micenei. Sono iormati da una calotta che copre la fronte e discende sul collo, ed hanno un pennacchio adattato senza sostegno. In altri elmi degli stessi vasi il cimiero diviene un'enorme cresta, costituita, almeno in parte, da un pezzo di cuoio artisticamente ornato; la στεϕάνη prende l'aspetto di un diadema.
L'elmo attico ha la caratteristica di lasciare scoperto l'orecchio; i frontoni di Egina ci forniscono eccellenti modelli di elmi attici del principio del sec. V.
Nell'esercito ateniese, le truppe leggiere sembra non avessero casco, mentre gli opliti, che si armavano a proprie spese, avevano una grande varietà di elmi. Il fregio del mausoleo di Trisa in Licia, della seconda metà del sec. V, è in ciò istruttivo; i soldati ivi rappresentati hanno alcuni il semplice pilos, altri elmi attici e corinzî, promiscuamente. I cavalieri del fregio del Partenone portano in generale l'elmo attico, con o senza cimiero, a forma di un caschetto di cuoio, con le paragnatidi che si riuniscono al di sopra della testa. L'elmo corinzio offre una forma che si avvicina a quella del volto umano; la parte posteriore, larga e informe, discende in linea retta dal sommo del capo verso le spalle. La parte anteriore ha un nasale e forti paragnatidi; sull'arco degli occhi sono indicate in graffito le sopracciglia. Altra specie di elmi greci sono: il casco lacedemone, con un pennacchio enorme (λόϕος δεινός, Tirteo, fr., XI, 25,26), e l'elmo beota, ricordato da Senofonte (De re equestr., XII, 3), che però non ne indica la forma. Il casco dei cavalieri tessali, a forma di cappello, è noto per il didramma di Alessandro di Fere.
Per gli elmi dell'età ellenistica, abbiamo i trofei della balaustrata di Pergamo, che ce li mostrano di varia forma e ricchezza. I più comuni sono semplici berretti di metallo, senza paragnatidi, o con paragnatidi fissate all'interno, senza cerniere; alcuni sono adorni di penne o di code equine. Altri elmi hanno il tipo del berretto frigio, derivato dai caschi orientali, specie assiri.
Le popolazioni italiche sembra abbiano conosciuto presto l'uso del casco; se ne sono trovati nelle tombe protoetrusche che risalgono a un'alta antichità. Sono calotte di bronzo, senza paranuca e senza visiera, ora sprovviste di cimiero, ora guarnite da un semplice cimiero a punta. Molto antico è anche il casco di cuoio, simile ad una calotta emisferica, detta cudo (Sil. Ital., VII, 495; XV, 59), della stessa forma del copricapo usato dai cacciatori (galea venatoria). Un'altra specie di elmo italico è di forma conica, a lamine ribattute, con decorazione graffita dello stile delle situle euganee (Oppeano). Nella situla della Certosa di Bologna, cinque fantaccini hanno il casco triangolare guarnito di placchette metalliche. I caschi sanniti ed osci sono in prevalenza di forma conica; altri di quelle regioni sono a calotta con ampia cresta e grandi piume (v. bronzetti di Pietrabbondante e vasi campani). Un casco di forma conica, a barbozzali mobili, fu scoperto nell'Apulia.
Per gli elmi etruschi, v. armi, IV, p. 476.
L'elmo romano fu nei tempi più antichi un semplice casco di cuoio (galea) o di metallo (cassis), a forma di calotta, senza visiera. Ma fin dai tempi di Camillo, quando l'elmo metallico aveva sostituito del tutto quello di cuoio, cessò la distinzione fra le due denominazioni, e la voce galea fu il termine generico per ogni specie di elmo. Nell'esercito di Servio Tullio i cittadini delle tre prime classi erano armati alla greca e portavano un casco di cuoio.
Camillo introdusse il casco di ferro. Al tempo di Polibio (VI, 23), gli hastati, i principes e i triarii portavano un casco di bronzo con pennacchio, formato da tre ali rosse o nere, lunghe un piede. I velites avevano un piccolo casco (galaiculum) nel quale si poneva sovente una protome di lupo (Front., Strat., IV, 7, 9; Polib., VI, 22). Si diceva galeari il dare l'attacco del combattimento (Irzio, Bell. Afric., 12): l'elmo infatti si metteva soltanto al momento di iniziare le operazioni. L'elmo dei legionarî era dei più semplici: una calotta di metallo con paranuca, frontale e due barbozzali a cerniera (bucculae). Alla sommità v'era un cerchietto o un bottone parimenti di metallo. Gli ufficiali e i centurioni avevano, essi soli, un pennacchio formato da triplice piuma o da crini di cavallo. I vessilliferi avevano poi un casco particolare avvolto da una pelle felina, in modo che il viso del guerriero appariva attraverso le mascelle semiaperte della bestia e del casco non si vedevano che i barbozzali. Così li vediamo rappresentati nei rilievi della colonna Traiana e degli archi trionfali. In questi vediamo anche le forme alquanto variate degli elmi dei soldati e degli ufficiali dell'esercito imperiale: questi ultimi avevano l'elmo fregiato da un cimiero a triplice piuma o da code equine (crista, iuba) che li rendeva facilmente riconoscibili.
Gli elmi dei gladiatori erano più massicci e ornati di quelli dell'esercito. Con le larghe bordure per proteggere la fronte, la nuca e le orecchie, con la visiera a fitta graticciata, con le enormi creste e gli strani piumaggi, hanno qualche cosa di teatrale e presentano analogia con gli elmi medievali. Tipi di elmi gladiatorî si hanno in alcuni esemplari rinvenuti a Pompei e ad Ercolano, e in rappresentazioni figurate. Poiché tutti erano naturalmente forniti di grande visiera, si diceva galea faciem abscondere (Gioven., VIII, 203) l'abbracciare il mestiere di gladiatore.
Rimane da accennare alla varietà delle decorazioni degli elmi nell'arte, specie nella scultura e nella glittica. Si è già visto che l'impiego delle figure di animali negli elmi, come sostegno del pennacchio, comincia molto presto. Il cimiero dell'elmo di Atena nel frontone occidentale di Egina è retto da un serpente. Sfingi, gufi, e serpenti ornano gli elmi nelle monete di Alessandro, di Lisimaco, di Gerone II e delle città di Taranto e di Velia. Talvolta il posto del cimiero è preso da un animale (grifoni, draghi, delfini). Spesso la parte anteriore della calotta presenta l'aspetto di una testa di animale o di un animale intiero; il casco di Ercole nel fregio del frontone orientale di Egina è formato da una testa leonina. Gli elmi delle statue di Atena e di Ares hanno talvolta la forma di sfingi, di grifi, del Pegaso, e anche di un'aquila che regge nel becco un serpente. Più raramente sugli elmi sono rappresentati soggetti complessi, come ad es. una quadriga in corsa nell'elmo del cosiddetto Masinissa del museo di Firenze, e una composizione di più personaggi nell'elmo di Menelao del gruppo detto di Pasquino. L'elmo della statua di Atena Parthenos di Fidia era riccamente decorato: le tre piume sono sorrette, quella di mezzo da una Sfinge, le due laterali, più basse, da un pegaso alato; le paragnatidi rialzate sono ornate da grifi in rilievo e sopra la visiera corre una serie di cavalli lanciati al galoppo. Infine la figura di Roma sui denari repubblicani è coperta da un casco sormontato da una cresta provvista di ali sui lati.
Medioevo ed età moderna. - Non è facile seguire con precisione le successive modifiche dell'elmo nell'età media, almeno per tutto ciò che non concerne i tipi fondamentali. Il casco romano, nelle sue forme più semplici di arma difensiva per i legionarî, si protrae dopo la caduta dell'Impero e costituisce il più diffuso copricapo delle milizie comuni. Non si può chiamare infatti una sua vera modifica l'elmo cosiddetto "longobardo", a forma conica arrotondata, senza visiera e senza nasale, ma talvolta con paraguance, di cui troviamo esempî fino al sec. IX. Di ferro o di rame, più o meno ornati, talora rivestiti di lamina aurea, questi elmi longobardi erano portati soltanto dai capi, e di essi ci rimangono quindi pochissimi esemplari. Col sec. IX si ha invece (Gay) la prima sensibile modificazione dell'elmo romano, resaci palese dai manoscritti dell'epoca. Alla calotta tradizionale si sostituisce, non però generalmente, un casco a piastroni più o meno arrotondati, con base svasata (la quale presenta in prospettiva l'aspetto di un triangolo a lati curvi), e sormontato da un cimiero. Il viso resta scoperto, il capo è protetto da una calotta di cuoio. Tale forma si modifica nel secolo successivo, e troviamo talvolta caschi a punta, che scendono fin sugli occhi, sempre però lasciando scoperto il volto. Ma questi elmi, e in massima quelli dell'epoca carolingica, non presentano trasformazioni sostanziali e diffuse nei confronti dell'elmo romano. D'altronde su questo periodo le notizie precise sono molto scarse.
Assai più noto ci è invece il tipo di elmo che viene chiamato abitualmente normanno, largamente esemplificato nel famoso ricamo di Bayeux (fine sec. XI) e in varî monumenti della stessa epoca. La principale caratteristica di questo elmo, conico, è data dal prolungamento anteriore che difende il naso e da una lamina più larga, talora una specie di ventaglio metallico, che protegge la nuca. Tale foggia di elmo si trova fin verso la fine del sec. XII, insieme con altre che già cominciano a differenziarsi da esso. Particolarmente interessante, in questo periodo, è l'incipiente dualismo tra il bacinetto (v.), copricapo ausiliario, che si riallaccia al casco primitivo da cui deriveranno gli elmi da guerra dei secoli seguenti, e il vero e proprio elmo da combattimento, pesante e massiccio, i cui successivi sviluppi daranno origine ai complicati copricapi da torneo e da parata.
Nel sec. XII l'elmo presenta scarse e non salienti modifiche: il nasale e il coprinuca sono talvolta mobili, il coppo diventa appuntato e ricurvo anteriormente. Accanto a questi copricapi dei cavalieri rimane (e si protrarrà per tutto il Medioevo) il semplice caschetto conico o quello a calotta dei fanti. Gli sforzi del secolo successivo sono volti, in massima, a eliminare l'inconveniente, presentato dall'elmo normanno, dell'insufficiente difesa del volto; e la migliore protezione si volle raggiungere in diversi modi: l'elmo si fece più chiuso, emisferico, fu provvisto di una lamina traforata (che prelude alla visiera), prese l'aspetto di una pentola rovesciata che rivestiva del tutto il capo: gli elmi di Riccardo Cuor di Leone, di Arturo di Bretagna, e in genere quelli detti "delle Crociate", oscillano fra questo tipo e una più decisa orientazione verso l'elmo cilindrico o quasi primitivo, forato per la respirazione, con una o due aperture orizzontali per la vista, che è propriamente caratteristico del Duecento. Ornamenti svariati, specie per il cimiero, e l'uso del camaglio a protezione del collo e delle spalle, completano la fisionomia di questi elmi, e, in parte, di quelli del secolo precedente. Presso i varî popoli troviamo poi alcuni tipi differenziati, particolarmente per quanto riguarda le orecchiere, il coprinuca, il nasale. L'elmo era tenuto in capo solamente al momento di caricare: fuori di questa azione era portato o rovesciato sul dorso, o fermato sull'armatura; oppure veniva appeso alla sella o consegnato al servente d'armi. Il capo rimaneva allora spesso coperto da un piccolo bacinetto.
Il Trecento vede una cospicua fioritura di elmi di tipo notevolmente variato, sia nei reciproci confronti sia rispetto a quelli del secolo XIII. L'aggiunta di alette, poi di mezze sfere di acciaio assicurate alle spalle, infine dello spallaccio a lame articolate, rivelano un sempre maggior perfezionamento dell'efficienza difensiva degli elmi; ma contemporaneamente si avverte di più l'inconveniente del non poter portare di continuo, per la sua pesantezza, l'elmo chiuso, e si pensa quindi a rinforzare vuoi il camaglio, vuoi il bacinetto. La sommità del primo, fatta di piastre d'acciaio, prese il nome di cervelliera; poi, allungatasi a maggiore protezione del volto e della nuca e divenuta a sua volta un elmo più modesto e meno ingombrante, si trasformò in barbuta. Al bacinetto, d'altra parte, venne aggiunta una visiera mobile, fissata al coppo mediante cerniere. Altri tipi di elmi trecenteschi, come la bigoncia (prima metà del secolo) che appoggiava sulle spalle e proteggeva quindi il collo, ripetono invece, pur con qualche modificazione, le rivestiture massicce del periodo precedente. In questo secolo troviamo già alcuni esempî di cappello d'armi (v.), foggia che sarà poi largamente adottata.
Dalla bigoncia deriva un notissimo tipo d'elmo del sec. XV l'elmo detto a becco di passero dalla forma particolare della sua porzione anteriore. Le illustrazioni indicano, assai meglio che non una descrizione minuziosa, le sue caratteristiche e quelle dell'elmetto, pure adottato nel Quattrocento, assai più leggiero dei pesanti elmi che tuttavia sussistono insieme con esso. In questo secolo le arti dell'armaiolo e del cesellatore raggiungono un grado altissimo, e il gran numero di elmi a noi pervenuti ne fa testimonianza.
Insieme con l'elmetto predomina per un lungo periodo, anche posteriormente al Quattrocento, la celata, della quale si annoverano moltissimi tipi (aperta, chiusa, con visiera, con goletta "alla veneziana", da incastro, ecc.). Ampî particolari, data la sua grande importanza per la storia delle armature, sono stati dati all'articolo armi (vol. IV, p. 497). Qui ricorderemo soltanto che il nome di celata venne dato a fogge diversissime di elmi, e che perciò non è ancora possibile dare a tal riguardo, una precisa classificazione.
Le forme tipiche dei sec. XVI e XVII sono, infine, quelle della borgognotta (v.) e del morione (v.): anche di questi due tipi d'elmo si hanno molti, diversi e interessantissimi esempî (v. figg.). È da notare inoltre che sostituito già nel secolo XVII, e poi per quasi tutto il secolo XVIII, dai cappelli di feltro più o meno rinforzati, l'elmo ricompare verso la fine del Settecento e nel sec. XIX in varie fogge, come complemento dell'armatura di cavalleria, dei corazzieri, ecc., e diventa, nella guerra mondiale 1914-18, parte integrante dell'uniforme moderna da battaglia, in una forma che non è troppo dissimile da quella del casco originario.
Bibl.: V. la bibliografia di armi; in particolare degli elmi antichi trattano B. Schroeder in Jahrbuch arch. Inst., 1905, Anzeiger, p. 15; L. Morpugo, in Boll. Com., 1926, p. 183, e in Memorie Lincei, s. 4ª, II.
V. tavv. CXXXI e CXXXII.