Elisabetta I
Regina d’Inghilterra (Greenwich 1533-Richmond 1603). Figlia di Enrico VIII e di Anna Bolena, fu dichiarata illegittima dopo l’esecuzione della madre, accusata di adulterio (1536). Educata insieme al fratellastro (Edoardo VI), ricevette una vasta istruzione umanistica. Ebbe momenti critici durante il regno della sorellastra Maria Tudor, e la rivolta di sir Thomas Wyatt, che si riprometteva di farla regina, le costò la detenzione nella torre di Londra, dalla quale fu liberata per mancanza di prove a suo carico (1554). Salita al trono nel 1558, E. dovette subito affrontare una situazione interna ed estera di grande difficoltà. Il problema più urgente era la sistemazione della questione religiosa, alla quale E. attese coadiuvata da abili consiglieri, in particolare dal primo segretario William Cecil (poi lord Burghley). Contraria a ogni fanatismo, E. cercò, con una prudente politica di pacificazione, di riportare la tranquillità nel regno dopo le scelte contrapposte di Edoardo VI e Maria Tudor, consapevole che anche il rientro in patria dei fuorusciti protestanti, che perseguivano una radicale attuazione dei loro principi religiosi, minacciava nuove ondate di estremismo. Fin dai primi anni di regno adottò una linea politica di compromesso che non corrispondeva per la questione religiosa né ai desideri dei calvinisti né a quelli dei cattolici, e per la politica estera non coincideva né con le aspettative dei francofili né con quelle dei partigiani della Spagna: essa si rivelò tuttavia efficace, grazie anche all’abilità e alla devozione dei suoi funzionari, facendo leva sull’orgoglioso senso di isolamento derivato dalla situazione di insularità e sulla coesione del popolo, tanto che il compromesso divenne una tradizione della politica inglese. Fu ristabilita, dunque, la supremazia regia sulla Chiesa e l’indipendenza della Chiesa anglicana da Roma, ma in una forma più moderata e che non desse adito a nuove persecuzioni: l’Act of uniformity (1559) ripristinò il Book of common prayer e proibì ogni altra forma di culto e l’Act of supremacy (1563) abolì nuovamente ogni giurisdizione pontificia in Inghilterra, ma E. evitò con grande accortezza di assumere la qualifica di «capo della Chiesa». In quegli anni il dissenso religioso fu abbastanza tollerato, anche perché E. sperava che una politica di compromesso potesse tener fuori l’Inghilterra, debole militarmente e fortemente impoverita, dai nuovi conflitti religiosi che stavano per scatenarsi sul continente. Il problema religioso era infatti strettamente intrecciato al problema dinastico e dell’equilibrio europeo. Sin dall’inizio del suo regno E. aveva dovuto difendere i suoi diritti al trono, contestati da più parti nel mondo cattolico per la sua nascita illegittima, contro la candidatura di Maria Stuart, cattolica, regina di Scozia, discendente di Margherita Tudor e sposa dal 1558 del delfino di Francia Francesco. La tradizionale alleanza franco-scozzese minacciava così il trono di E. e per un momento, durante il breve regno di Francesco II, questa possibilità sembrò potersi realizzare se non fosse stato per l’opposizione di Filippo II di Spagna, fortemente contrario al potenziamento della monarchia dei Valois, e per l’insurrezione scoppiata in Scozia (1559), anche a seguito della predicazione di Knox, contro la politica filofrancese della regina madre Maria di Guisa, reggente dal 1554. L’aiuto richiesto a E. dai ribelli portò alla firma del Trattato di Edimburgo (1560), in base al quale la Scozia veniva liberata dalle truppe francesi e Francesco II e Maria Stuart erano costretti a rinunciare al trono inglese. Maria Stuart poté tornare in Scozia nel 1561, poco dopo la morte di Francesco II, ma una nuova ondata di ribellione la costrinse ad abdicare in favore del figlio Giacomo e a fuggire in Inghilterra (1567), dove divenne il punto di riferimento dei nemici di E. e il centro di numerosi complotti contro la regina. Le rivolte scoppiate nel 1569 e nel 1570, dirette dal conte di Northumberland e da lord Dacre, furono soffocate nel sangue. Seguì una cospirazione conosciuta come «complotto di Ridolfi» dal nome del banchiere italiano che la organizzò; il duca di Norfolk, che si riprometteva dopo l’assassinio di E. il matrimonio con Maria Stuart e la successione al trono, fu condannato e giustiziato (1572). Certo la scomunica contro E. (1570) aveva iniziato un più difficile periodo, imponendo ai sudditi la scelta tra la fedeltà politica e quella spirituale. La nomina di sir Francis Walsingham a primo segretario instaurò un sistema poliziesco di spionaggio, con inevitabili crudeltà e diffidenze all’interno, acuito dal continuo sospetto di complicità all’estero. La paura che la corona inglese fosse minacciata spinse i parlamenti a rivolgere a E. frequenti petizioni affinché si sposasse al fine di assicurare la successione. Nessuna delle numerose trattative andò però in porto: né quella con Filippo II, che voleva ristabilire in Inghilterra l’egemonia politico-commerciale spagnola, né quella più tarda con il giovanissimo duca d’Alençon, fratello del re di Francia, né tantomeno quella, probabilmente solo ventilata da E. stessa, di sposare il suo favorito Robert Dudley, futuro conte di Leicester. In queste occasioni E. sfruttò abilmente l’eterno antagonismo tra Francia e Spagna, e, fermamente intenzionata a garantire all’Inghilterra un avvenire di grande potenza marittima e commerciale, fece leva soprattutto sul sentimento di autonomia dalle ingerenze straniere presente nei suoi sudditi; per attuare questa politica E. si appoggiò, in particolar modo, a quei gruppi sociali economicamente più dinamici, avidi di nuove ricchezze, che la trasformazione del mondo agricolo feudale aveva portato alla ribalta. Alla mobilità sociale e alla prosperità della gentry, causate anche dalla notevole espansione demografica e dal fenomeno delle recinzioni (➔ ), si associava però l’estrema povertà delle masse rurali. In politica estera, l’intensificazione degli atti di pirateria e contrabbando dei marinai e corsari inglesi e soprattutto le numerose spedizioni di soccorso, promosse da E., ai Paesi Bassi in rivolta contro Filippo II e agli ugonotti francesi, provocarono l’aperto conflitto con la Spagna, latente da anni. Maria Stuart attendeva la sconfitta di E. per soppiantarla: la scoperta del complotto di Throckmorton (1584), il quale prevedeva una invasione dell’Inghilterra sostenuta dalla Spagna e condotta dai Guisa, e di quello di Babington (1586), portarono alla sua incriminazione per alto tradimento e alla condanna a morte. E. si decise tuttavia a firmare l’atto di esecuzione solo dopo una lunga esitazione (1587), poiché avrebbe preferito una soppressione meno clamorosa. Nel frattempo le persecuzioni dei sacerdoti cattolici, accusati di connivenze con gli spagnoli, si estesero anche ai protestanti non conformisti. Dopo il successo del viaggio intorno al mondo di F. Drake (1577-80), la flotta inglese si impose sulla Invencible Armada (1588) sanzionando, con questa vittoria, la fine del predominio spagnolo sui mari e provocando in Inghilterra una grande ondata di patriottismo. Negli ultimi anni del regno la politica maggiormente accentratrice di E. incontrò numerose critiche e le sue leggi sui monopoli furono fortemente osteggiate dal Parlamento. Nel 1601 fu condannato a morte, a causa di un complotto contro la regina, Robert Devereux, conte di Essex, nuovo favorito di E., che pochi anni prima aveva fallito nel tentativo di reprimere la rivolta scoppiata in Irlanda. Alla morte, E. designò come successore Giacomo (VI) Stuart, figlio di Maria, ma educato alla religione protestante. Durante il regno di E. le arti conobbero una fioritura di eccezionale rigoglio, in particolar modo il teatro che divenne la massima espressione artistica del periodo.
Nasce a Greenwich
Sale al trono
Viene fondata la Virginia, colonia dell’America Settentrionale
Maria Stuart, regina di Scozia, viene mandata al patibolo
La flotta inglese sconfigge l’Invencible Armada spagnola
Muore a Richmond