ELISABETTA Gonzaga, duchessa di Urbino
Nacque a Mantova il 9 febbr. 1471, quartogenita del marchese Federico e di Margherita di Baviera. Prima di lei erano nati Chiara, Francesco e Sigismondo. Maddalena e Giovanni sarebbero nati dopo.
"Sue filiole sono sane et di bona voglia et sono molto obediente", scriveva al marchese nel 1481 Violante de' Preti, verosimilmente la prima istitutrice di E. e di Maddalena che, quasi coetanee, crebbero insieme; "solicite a imparare le littere et etiam al lavorare" (Luzio-Renier, 1893). I figli del marchese dimoravano tutti allora nel palazzo di Porto Mantovano ed è lì che, nel 1483, fece loro visita Lorenzo il Magnifico. Precettori di Maddalena ed E., troppo giovani per essere ammesse alla scuola di Giovanni Mario Filelfo, furono Cristoforo de' Franchi, prima, e Colombino Veronese poi (al cui nome è legata l'edizione mantovana della Divina Commedia). Dal palazzo di Porto proprio il Colombino, nell'agosto del 1482, informava Federico Gonzaga di una grave malattia di Eleonora.
Il 29 ag. 1486 E. venne promessa sposa a Guidubaldo da Montefeltro: Francesco Gonzaga, nuovo duca di Mantova, e Pietro Bellanti da Siena firmarono il contratto di matrimonio: alla sposa venne assegnata una dote di 27.000 ducati. Guidubaldo venne a Mantova in incognito per vedere la sposa, ma E. era allora ammalata e, sembra, non leggermente. Diciotto mesi dopo, venerdì 1º febbr. 1488, partiva da Mantova il corteo nuziale diretto a Urbino.
Per E. fu un distacco dolorosissimo: "Prego Dio me presti bona pacientia che 'l dolore è grande" scriveva già il giorno dopo per suo conto Benedetto Capilupi, il cortigiano che le era a fianco e che, giorno per giorno, informerà il marchese sui progressi del viaggio e sui prinu avvenimenti a Urbino. Lunedì 4 febbraio, sotto una forte nevicata, il corteo arrivò ad Argenta; martedi raggiunse Ravenna, dove E. alloggiò alla corte del podestà, "che strapioveva tutta". Da Ravenna il corteo ripartì mercoledì 6; la sera, a Cesenatico, E. chiese e ottenne di alloggiare "a l'hostaria" (ma dovette pentirsene poi visto che fecero "penitentia in lo dormire", come non mancò di sottolineare il Capilupi). Giovedì 7, Giovanni Sforza li accolse due miglia fuori di Rimini; venerdì 8, il corteo arrivò nel Ducato di Urbino: E. trascorse la notte nel castello di Colbordoli e sabato 9 avvenne l'ingresso in città. Il duca e un gran numero di gentiluomini e castellani le si fecero incontro; attraverso la porta del monte, passando per strade festosamente addobbate, la sposa arrivò a palazzo ducale dove la aspettavano Isabella, Costanza e Agnesina, tre sorelle del duca. Il cattivo tempo fece ritardare i carri al seguito e così il pranzo di nozze, per l'impossibilità di cambiare gli abiti, fu rinviato.
Lunedì 11 febbraio, in S. Francesco, vennero celebrate le nozze solenni. I festeggiamenti durarono molti giorni, in un susseguirsi di rappresentazioni teatrali, danze, esibizioni gastronomiche.
Finito il carnevale, la comitiva che aveva accompagnato da Mantova E. prese congedo: via via si accomiatarono il fratello Giovanni, il castellano Silvestro Calandra cui era molto legata, l'amministratore Gerolamo Stanga, lo scalco Filippo Andreasi. Per E. cominciò una nuova vita: ma l'aria di Urbino non le faceva bene e la cattiva salute contribuì ad aumentare la nostalgia per Mantova. Le sue pressanti insistenze convinsero il marchese a lasciarle il Capilupi, di dilazione in dilazione, fino a dicembre. Verso la fine di marzo, Guidubaldo e Ottaviano degli Ubaldini decisero di portarla a Fossombrone. Al ritorno, Emilia Pio e la sorella del duca, Agnesina, si prodigarono per farle buona compagnia e Guidubaldo stesso "è tutto carezze e feste e le fa regali e manda a prendere broccati a Firenze con perle".
Ma E. sembrava stentare a inserirsi e, nell'attesa di una visita del fratello continuamente sollecitata, chiese che le venisse rimandato Silvestro Calandra che godeva della sua piena fiducia e poteva farle da intermediario nelle delicate relazioni di interesse con i nuovi parenti. Il Calandra arrivò a metà aprile.
Intanto, il matrimonio tra E. e Guidubaldo non era stato ancora consumato: Ottaviano degli Ubaldini, studioso di astrologia e di scienze occulte, che aveva fama di mago, aveva stabilito che la data propizia per l'unione sarebbe stata il 2 di maggio. Il Calandra ottenne un anticipo al 19 aprile.
In realtà, Guidubaldo era impotente e la stessa E. nel 1502 (l'anno dell'usurpazione del Montefeltro da parte di Cesare Borgia) lo avrebbe confermato (cfr. M. Sanuto, Diarii, IV, Venezia 1880, col. 568).
Dall'aprile al giugno 1488 E. e Guidubaldo si recarono a Cagli e a Gubbio, la cui aria sembrava giovare alla salute della duchessa. A fine aprile si accomiatò il ballerino Lorenzo Lavagnolo (forse anche lui arrivato a Urbino con il corteo nuziale). A fine giugno anche il Calandra tornò a Mantova.
I duchi erano di nuovo a Urbino per l'estate, ma l'autunno e parte dell'inverno E. li trascorse a Fossombrone; era di nuovo a Urbino nel gennaio per le nozze di Agnesina, per la quale nutriva simpatia.
Nel giugno 1489 il fratello le mandò un certo "Gaspare siciliano cantore", per distrarla: la musica era tra le arti predilette di E., e lei stessa cantava e suonava. Nella sua corte soggiornarono Gian Cristoforo Romano, musicista e scultore, il liutista Gianmaria Giudeo e G. A. Testagrossa. Nel 1503, durante il penoso soggiorno forzato a Venezia, ad allietarla fu inviato da Mantova il musicista Marco Cara.
Il 28 ott. 1489 E. era a Pesaro per il matrimonio della sorella Maddalena con Giovanni Sforza, ma quando ritornò a Urbino il suo stato di salute era di nuovo peggiorato: il fratello le inviò, con Silvestro Calandra, anche il medico Matteo Cremaschi, che la trovò "magra, pallida, extinuata et debile", in uno stato di prostrazione causato dalla "retentione del menstro".
Le cure del Cremaschi furono efficaci: E. migliorò e, appena in forze, partì per Mantova: erano ormai prossime le nozze del fratello Francesco alle quali, il 12 febbr. 1490, assisté insieme al marito. E. rimase però a Mantova anche dopo la partenza di Guidubaldo: tra lei e la cognata Isabella d'Este nacque allora un'amicizia e un affetto destinati a durare negli anni. Insieme, a marzo, si recarono sul lago di Garda e quando a giugno E. tornò a Urbino era completamente ristabilita.
L'8 ag. 1490 morì di parto la sorella Maddalena: per E. fu un dolore terribile e la sua salute ne risentì; in autunno si recò ai bagni di Fossombrone.
Nel 1492 soffrì di disturbi gastrici e a maggio si recò ai bagni di Viterbo (ne approfitterà per una brevissima visita a Roma) portando con sé il Calandra che, ancora una volta, il fratello le aveva inviato. Sulla strada per Viterbo, a Gubbio, ricevette la visita del duca di Ferrara. Nell'agosto si ammalò Guidubaldo ed E. fu costretta a rinviare quel viaggio a Mantova che aveva già programmato. Da Mantova, invece, arrivarono a Urbino "il poeta", forse Giovanni Francesco Picenardi, e Alessandro Pincaro. Nel gennaio 1493 era a Porretta e finalmente a marzo poté partire per Mantova. Isabella le andò incontro a Revere e il 19 marzo era in città.
Nel gennaio 1494, perfettamente ristabilita e accompagnata da Guidubaldo, E. tornò a Urbino. Rivedrà l'amica a marzo, quando Isabella, per un voto fatto durante il parto, si recò a Loreto. I duchi di Urbino la ospitarono dieci giorni a Gubbio e la condussero poi, a piccole tappe, a Urbino. Quando Isabella ripartì, il 25 aprile, il distacco riuscì ancora una volta doloroso: come se "me si fusse partita l'anima".
Nel 1494, assente Guidubaldo impegnato in azioni di guerra, fu E. a governare lo Stato con l'appoggio dell'Ubaldini. Nel maggio 1495 inviò al fratello Francesco un artista, Adriano Fiorentino (Adriano de Maestri), scultore e medaglista, poeta improvvisatore e suonatore di lira, che lei teneva in grande considerazione. Nel novembre successivo E. e Guidubaldo erano a Mantova per festeggiare Francesco Gonzaga, vincitore dell'esercito francese sul Taro, e vi si trattennero fino a metà febbraio.
Nell'ottobre 1496, mentre Guidubaldo era lontano e toccava ancora a lei la reggenza dello Stato, E. rivide a Fano Isabella, diretta a Napoli. Nel dicembre, era nuovamente a Mantova e fu lì che apprese che Guidubaldo era caduto prigioniero degli Orsini. Si affrettò a inviare un ambasciatore al papa Borgia pregandolo di adoperarsi per la liberazione del duca di Urbino. Sollecitò quindi l'interessamento di altri principi, cominciò a vendere gioie e argenterie e possedimenti per mettere insieme i 40.000 ducati richiesti per il riscatto. Guidubaldo venne rilasciato nell'aprile 1497: E. allora lasciò Mantova e lo raggiunse a Urbino.
Nei mesi successivi trattò con Giovanni Sforza il matrimonio con un'altra Gonzaga (la memoria della sorella Maddalena era minacciata dalle accuse che da Roma venivano dirette al signore di Rimini), ma la trattativa non andò a buon fine.
Nel novembre 1497 E. insisté presso Isabella e Guidubaldo con il marchese Francesco per poter ospitare nella loro corte un verseggiatore, Serafino Ciminelli dall'Aquila, che avevano già ospitato nel 1494 e per cui i duchi avevano una particolare predilezione.
Il Ciminelli soggiornerà a Urbino nell'agosto 1498 e ancora nel dicembre 1499: della simpatia che intercorse tra il poeta ed E. è un segno la dedica che lui le fece della seconda edizione delle sue opere. Anche altri poeti, comunque, gravitanti intorno alla corte urbinate, vollero dimostrare la loro ammirazione per la signora di Urbino dedicandole poesie e raccolte di versi. Così Panfilo Sasso, il Cariteo, Filippo Schiafenati, Marco Rosiglin e Giovanni Muzzarelli, Giovanni Filoteo Achillini e Vincenzo Colli detto il Calmeta. Quest'ultimo era particolarmente apprezzato da E. se è vero che, nel marzo 1507, lo raccomanderà al fratello Francesco, pur sapendo che tra i due non correvano buoni rapporti.
La conoscenza di E. con Bernardo Accolti risale al 1502: in una lettera di quell'anno il poeta parlava delle qualità "miracolose" di E., si professava di lei innamorato e, secondo quando attesta Pietro Bembo (che fu alla corte dei Montefeltro dal 1506 al 1511), il suo amore sarebbe da datare da prima del 1500, quando la vide per la prima volta in una delle frequenti visite a Urbino.
Nel marzo del 1500, nonostante da Mantova il fratello Francesco la sconsigliasse di intraprendere il viaggio, E. si recò a Roma per il giubileo, ospite in casa Savelli e a Marino della cognata Agnesina e del marito di lei Fabrizio Colonna.
Il 16 genn. 1502 E. accolse a Gubbio il corteo nuziale di Lucrezia Borgia: nei mesi precedenti la duchessa si era molto preoccupata per la visita della figlia del papa, avvezza alle sontuosità romane, che, per esplicita richiesta di Alessandro VI, accompagnerà fino a Ferrara. Il 1º febbr. 1502 a Malalbergo anche Isabella d'Este si unì al corteo nuziale che il giorno successivo entrava in città. Lucrezia, Isabella ed E. durante i festeggiamenti furono al centro dell'attenzione e della curiosità delle molte centinaia di invitati: ancora mesi dopo, la loro conversazione, le fogge dei cappelli della duchessa di Urbino e quelle degli abiti erano commentati nelle varie corti.
A marzo Isabella ed E. visitarono Venezia. Con loro erano Emilia Pio, la marchesa di Cotróne e Sigismondo Gonzaga: era la prima visita alla città di E. che, alla fine, la riconoscerà più bella di Roma. Alloggiarono a S. Stae, in casa del procuratore Nicolò Trevisan; il doge mandò quattro gentiluomini a ossequiarle e dispose perché fosse loro consentito visitare il tesoro di S. Marco e il palazzo ducale. In incognito, fecero visita anche a Caterina Corner.
A giugno E. e Isabella cercarono sollievo al caldo nel palazzo di Porto Mantovano e fu là che le raggiunse, pochi giorni dopo, Guidubaldo, sorpreso a tradimento dal Valentino e costretto a fuggire da Urbino. Il papa e lo stesso Valentino avanzarono allora l'idea di sciogliere il matrimonio, che si sapeva non consumato, tra E. e Guidubaldo, di far prete il duca e di far risposare la duchessa.
Ma i duchi, ed E. con forza, opposero un netto rifiuto e nel settembre lasciarono Mantova e ripararono a Venezia: il Capilupi riferì a Isabella che E. aveva deciso di seguire la sorte del marito anche "se dovessino morire a uno hospitale".
Il contatto epistolare tra Isabella e l'amica intanto continuava ed E. tentò anche delle mosse diplomatiche per ottenere l'appoggio del fratello.
Sigismondo Genzaga, che visitò E. nel dicembre, la trovò molto abbattuta: la mancanza di notizie del marito e la scarsità di denaro la angustiavano. Il 22 genn. 1503 informò Isabella di avere impegnato quasi tutte le sue gioie e, un mese dopo, scrisse al fratello di essere stata sul punto di entrare al servizio della regina di Francia. Ma alla fine di gennaio Guidubaldo era di nuovo a Venezia e a Venezia E. rimase anche dopo l'agosto 1503, dopo cioè che il marito aveva riconquistato il Ducato. In ottobre si presentò davanti al Senato con Emilia Pio e altre nobildonne per ringraziare la Serenissima; il 15 novembre prese commiato e, accompagnata dai savi agli Ordini fino alla porta del palazzo ducale, si congedò. Guidubaldo aveva inviato Alessandro Ruggeri d'Arezzo a prenderla: il viaggio avvenne per mare fino a Ravenna e da lì a cavallo fino a Urbino dove E. entrò ai primi di dicembre.
Guidubaldo, nominato comandante generale dell'esercito pontificio, era spesso lontano da Urbino ed E. reggeva lo Stato. I rapporti tra Isabella ed E., tra Mantova e Urbino, tornarono intanto a farsi assidui: gli scambi di oggetti curiosi e preziosi, di componimenti letterari e di artisti fra le due corti erano incessanti. Baldassarre Castiglione, che aveva per la duchessa di Urbino una devozione tale che alcuni contemporanei sostennero che l'amasse, passò dal servizio dei Gonzaga a quello dei Montefeltro nel maggio-giugno del 1504. E. partecipò tra l'altro a uno dei tentativi per trovargli moglie e nell'ottobre del 1516 assisterà alle sue nozze.
Nel febbraio 1505 venne stipulato il contratto matrimoniale tra il figlio adottivo di Guidubaldo, Francesco Maria Della Rovere, ed Eleonora Gonzaga: E. faceva affidamento proprio su queste nozze per mandare a buon fine una faccenda per cui si prodigava da tempo: la concessione della porpora cardinalizia al fratello Sigismondo. Nel contratto di matrimonio, alla duchessa di Urbino venne rimessa la decisione sulla data di riscossione di una parte della dote assegnata alla sposa.
Nell'ottobre 1505 E. si ammalò. Il 20 ag. 1506 chiese in prestito a Isabella addobbi per la prossima visita di papa Giulio II, che fu a Urbino il 25 settembre e vi alloggiò anche al ritorno dalla conquista di Bologna.
Nella primavera del 1508 Guidubaldo si ammalò. I medici decisero di portarlo a Fossombrone, ma, appena in cammino, le sue condizioni si aggravarono. E. avrebbe voluto riportarlo indietro, ma il duca insistette per proseguire. Il papa, informato dalla duchessa, inviò il suo medico Arcangelo da Siena e Federico Fregoso, ma arrivarono tardi: l'11 aprile Guidubaldo morì.
Pietro Bembo descrive E. provatissima e prostrata e il Capilupi, a Urbino con Giovanni Gonzaga per i funerali che si svolsero il 2 maggio, riferì del contegno esemplare nel dolore di E. e della sua consolazione nel vedere il nuovo duca starle accanto "cum reverentia da figliolo et da servitore".
Nel testamento Guidubaldo aveva lasciato alla moglie 14.000 ducati oltre alla sua dote e il Castiglione stimò un patrimonio complessivo di 32.000 ducati. Nel novembre 1509 E. ed Emilia Pio si recarono a Mantova a prendere Eleonora Gonzaga, sposa del nuovo duca. Il 7 dicembre il corteo avrebbe dovuto muovere da Mantova ma un accesso di gotta di E. fece rinviare la partenza.
Nel gennaio 1510 era nuovamente in viaggio con gli sposi alla volta di Roma: il papa, che desiderava riconfermare solennemente il matrimonio, li accolse sontuosamente ed E. approfittò dell'occasione per chiedergli di adoperarsi per la liberazione di Francesco Gonzaga, prigioniero dei Veneziani. A Roma E. si ammalò e ad agosto, a Urbino, era in preda a una "doppia terzana continua". A settembre migliorò, in tempo per accogliere il giovane Federico Gonzaga diretto da Roma a Bologna (sarà di nuovo a Urbino negli ultimi giorni di carnevale del 1511).
Ai turbinosi avvenimenti politici degli anni successivi, soprattutto al grave deterioramento nei rapporti tra Francesco Maria Della Rovere e Giulio II, E. assisté con partecipazione e grandi timori. Timori fondati: nell'aprile 1516 Leone X accusò il duca d'Urbino di fellonia e gli intimò di presentarsi a Roma per discolparsi. Il Della Rovere vi inviò invece E. che riteneva godesse di maggior prestigio e credito presso il pontefice, ma la sua missione non dette l'esito sperato: neppure la promessa di Leone X che la sua dote, garantita sulle terre, sarebbe stata salvaguardata, venne rispettata. A nulla le valse ricordare i benefici che i Medici avevano ottenuto dai Montefeltro e neppure ricordare le gravi difficoltà economiche in cui si sarebbero venuti a trovare.
Il 7 giugno E. ed Eleonora raggiunsero Mantova e subito dovettero cominciare a vendere le loro argenterie (tra cui erano "due bacilli con due bronzi … disegnati per Raphael"). E. rimase a Mantova per tutto il 1517. Nel giugno 1518, insieme con Isabella ed Eleonora, si recò a Venezia per assistere alla processione del Corpus Domini: Francesco Maria Della Rovere le raggiunse in incognito e le riaccompagnò fino a Mantova.
Nel marzo 1519 morì il marchese Francesco Gonzaga: nel suo testamento lasciava disposizioni per un lascito di 6.000 ducati annui al duca e alle duchesse di Urbino per provvedere al loro mantenimento durante l'esilio.
Nel maggio 1520 E. era di nuovo a Venezia con Eleonora per la festa dell'Ascensione. Nell'autunno dello stesso anno Isabella d'Este decise di stabilirsi in corte vecchia e così i duchi di Urbino furono costretti a trasferirsi nel palazzo dei prozii Ludovico, Federico e Pirro Gonzaga.
Nel 1521 Francesco Maria Della Rovere lasciò Mantova: l'alleanza tra il marchese Federico II Gonzaga e il papa aveva reso il suo soggiorno ormai impossibile e anche ospitare Eleonora ed E. (che frequentava monasteri e chiese pregando per il ritorno a Urbino) diventava difficile. Finalmente, nel dicembre 1521, il Della Rovere rientrò nel suo Ducato e le duchesse lo raggiunsero.
Nell'ottobre 1525 E. si ammalò e le venne risparmiata la notizia della morte del fratello Sigismondo. Isabella inviò all'amica lo scalco Lucantonio, ma il 31 genn. 1526, mentre Francesco Maria ed Eleonora si trovavano nel Veronese, E. morì a Urbino.
I contemporanei la dissero unanimemente bella: il ritratto di lei conservato agli Uffizi (P 1298) mostra una donna dai tratti regolari, dalla fronte altissima su cui risaltava quella "esse" motivo di discussione nel Cortegiano e con un'impronta di gravità e mitezza insieme. Il ritratto fu attribuito a Raffaello, che l'avrebbe dipinto intorno al 1504. Un ritratto di E. si trova anche nel frontespizio di un manoscritto alla Biblioteca nazionale di Parigi che contiene un poema dedicatole da un poeta detto il Pupillo e la esalta come colei che introdusse nel Ducato di Urbino i Monti di pietà (L. Frati, in Riv. d. Biblioteche…, II [1889], p. 4). L'effige in profilo di E. si sarebbe trovata pure in una medaglia attribuita a Gian Cristoforo Romano, artista tenuto in grande considerazione alla corte di Urbino. Il Beffa Negrini (cfr. Cian, p. 47) parla di due sonetti del Castiglione del 1517 che, con un ritratto di E. di mano di Raffaello, avrebbe posto dietro a uno specchio: ma di essi, se mai esistettero, si è persa ogni traccia.
Fonti e Bibl.: P. Bembo, De Guido Ubaldo Feretrio deque Elisabeta Gonzagia Urbini ducibus, Roma 1548, pp. 114 ss.; G. B. Leoni, Della vita di Francesco Maria di Montefeltro della Rovere IIII duca d'Urbino, Venezia 1605, I, pp. 9, 24, 53; II, pp. 173, 190, 268, 291; III, p. 358; B. Castiglione, Il Cortegiano, Torino 1960, pp. 28 ss., 106, 313, 327; Id., Tutte le opere, Milano 1978, I, ad Ind.; P. Baldi, Della vita e de' fatti di Guidubaldo I da Montefeltro duca d'Urbino, Milano 1821, I, pp. 101-104, 203, 218, 226, 264; II, pp. 217 s.; C. Volta, Compendio cronologico critico della storia di Mantova, Mantova 1831, II, pp. 195, 215, 224; A. Venturi, Gian Cristoforo Romano, in Arch. stor. dell'arte, I (1888), pp. 154 ss.; C. Martinati, Notiziestorico-biogr. intorno al conte Baldassarre Castiglione, Firenze 1890, pp. 11-27; A. Luzio-R. Renier, I Filelfo e l'umanesimo alla corte dei Gonzaga, in Giorn. stor. d. letter. ital., XVI (1890), pp. 209-213; Id.-Id., Mantova e Urbino, Torino-Roma 1893, ad Ind.; A. Mercati, Lettere di E. G. e di Leonora Gonzaga a Francesco Maria della Rovere, in Atti e memorie dell'Acc. virgiliana… di Mantova, XXVII (1941), estr.; V. Cian, Nel mondo di Baldassarre Castiglione, in Arch. stor. lomb., n. s., VII (1942), 1-4, pp. 3-97; M. L. Mariotti Masi, E. G. duchessa di Urbino nello splendore e negli intrighi del Rinascimento, Milano 1983; M. A. Pinto, E. G. mantiene i suoi segreti, in Civiltà mantovana, n. s., VIII (1985), pp. 71-76; P. Litta, Le famiglie celebri ital., s.v. Gonzaga, tav. IV; s.v. Montefeltro, tav. III.