SPECH, Eliodoro
– Nacque a Milano il 9 agosto 1810, primogenito di due cantanti lirici, Giuseppe, tenore, e Maddalena Pietralia, mezzosoprano.
Circolano diverse versioni del suo cognome: Giuseppe Garibaldi lo chiamava Specchi e così compare anche in diverse testimonianze; ma si trova anche la variante Speck.
Fu cresciuto a Bologna dalla zia Costanza Pietralia, contralto (morta fra il 1873 e il 1879), assieme alla sorella Luigia Adelina, soprano (1811-1886). Non si dispone di notizie precise sulla formazione di Eliodoro che, come il resto della famiglia, intraprese la carriera di cantante lirico. Ebbe per maestro di canto Luigi Chimerli, accademico filarmonico di Bologna. Spech sostenne parti di tenore, baritono e basso in opere, tra gli altri, di Donizetti, Rossini, Bellini, Verdi, Pacini, Mazzucato, Luigi Ricci e Auber.
Nei primi anni Trenta si esibì in diversi teatri della penisola da Parma a Bergamo, da Venezia a Padova e Fiume, da Modena a Bologna e Roma, per poi spostarsi, negli anni successivi, in Portogallo a Porto e Lisbona, e in Spagna a Cadice, Siviglia, Madrid e Granada.
Non dovette essere un cantante di grande talento; i commenti della critica e del pubblico sulle sue esibizioni erano oscillanti. Tuttavia l’occupazione di tutta la sua famiglia e la sua rete dei contatti nel mondo della lirica sottolineano la centralità dell’opera italiana nella cultura ottocentesca, in una dimensione transnazionale.
Negli anni successivi Spech si esibì a Pietroburgo e al Covent Garden di Londra, al fianco di due stelle di prima grandezza come Giulia Grisi e Mario di Candia, acclamatissimi nella capitale inglese.
A partire dagli anni Quaranta le scritture artistiche si avvicendarono all’impegno militare e militante. Nelle parole di Cesare Abba (1880), Spech «ha sparso il proprio sangue dovunque si è combattuto per la libertà, in Italia e fuori» (p. 86). In occasione delle tournées nella penisola iberica, nel 1843 combatté contro il regime dittatoriale di Baldomero Espartero ottenendo un’onorificenza – la croce di Madrid – da Isabella II di Spagna. Nel 1846 in Uruguay conobbe Garibaldi e si unì alla legione italiana assieme a Giacomo Medici, a Carlo Rodi e allo stesso nizzardo. Avvicinatosi da qualche tempo al pensiero repubblicano, nell’aprile del 1847 incontrò Giuseppe Mazzini a Londra, mentre a Parigi vide Giuseppe Lamberti.
Durante le rivoluzioni del 1848, nell’aprile si arruolò come volontario del I battaglione della legione bolognese e nell’autunno combatté in Veneto, prendendo parte agli scontri di Mestre che ebbero luogo in ottobre. Nei primi mesi del 1849 si esibì a Bologna prima di accorrere alla difesa della Repubblica Romana con il grado di caporale. Rimase ferito il 15 giugno nello scontro dei monti Parioli.
Dopo il fallimento delle esperienze rivoluzionarie, agevolato dalla mobilità professionale, Spech lasciò la penisola alla volta di Cuba e con il cognato, il famoso tenore Lorenzo Salvi, entrò nella compagnia operistica dell’impresario Francisco Martí y Torrens, con la quale, negli anni successivi, senza ruoli di spicco, ma come membro del coro o ingaggiato in parti minori, si spostò fra i Caraibi, il Messico e gli Stati Uniti (in Messico eseguì il nuovo inno nazionale davanti al presidente Antonio López de Santa Anna). In quegli anni conobbe e frequentò altri fuoriusciti come Antonio Meucci, Giuseppe Avezzana e Quirico Filopanti, ma soprattutto cementò il suo legame di amicizia con Garibaldi. All’Avana svolse attività di propaganda e di raccolta fondi per la causa italiana a nome del generale. Nel settembre del 1851 sposò la soprano Sidonia Costini, documentata a New York fra il 1851 e il 1855, e poi in Italia almeno fino al 1865; conservò il doppio cognome anche dopo che i due si furono separati.
Nell’aprile del 1855 fu naturalizzato cittadino statunitense e di lì a poco tornò in Europa. Dopo un breve soggiorno a Nizza da Garibaldi, si trasferì a Millesimo (Savona), ospitato a casa del medico Carlo Motta. Il rientro nella penisola segnò una cesura nella sua biografia: abbandonò definitivamente la carriera di cantante, mentre divenne prevalente il suo impegno patriottico. Probabilmente già affiliatosi alla massoneria durante il soggiorno americano, si iscrisse alla loggia Severa di Bologna. Frequentò spesso Cesare Abba e il padre degli scolopi Atanasio Canata, e visitò più volte Garibaldi a Caprera. Nel dicembre del 1858 il generale gli chiese di organizzare un corpo di bersaglieri volontari della guardia nazionale a Millesimo, ma l’arruolamento non ebbe successo.
Nel 1859 era tra i Cacciatori delle Alpi, nominato nel marzo sottotenente della 2ª compagnia del I battaglione del 1° reggimento comandato da Enrico Cosenz. Durante la battaglia di Treponti, il 15 giugno, fu ferito a un braccio. Per meriti di guerra ottenne la medaglia d’argento al valor militare e fu promosso luogotenente. Il grado fu confermato nel corpo dei bersaglieri sardi, dove Spech fu trasferito nel gennaio del 1860 venendo destinato al deposito di Correggio, dove si occupò della custodia di carabine, revolver e baionette.
Il 17 giugno 1860 diede le dimissioni dall’esercito sardo e pochi giorni dopo partì da Genova unendosi alla spedizione del generale Cosenz con il grado di capitano. Sbarcato a Palermo, fu promosso maggiore comandante. Dopo essere rimasto ferito durante la conquista di Milazzo, ad agosto combatté nella battaglia di Solano. A fine mese fu promosso tenente colonnello da Garibaldi e di lì a poco assunse il comando del I e del II battaglione della brigata Assanti. Durante le ultime fasi della battaglia del Volturno, il 2 ottobre combatté a Caserta e fu ferito.
Alla conclusione della spedizione dei Mille si ritirò a Millesimo con il grado di tenente colonnello ed entrò nell’esercito regolare. Periodicamente visitò Garibaldi a Caprera, tanto da essere annoverato tra gli ospiti fissi che lavoravano come segretari del generale. Spech aveva elaborato – come altri della sua generazione – una forma di venerazione per il nizzardo e secondo Abba (1880) «il dittatore gli vuol bene come a un fratello: perché hanno vissuto insieme pel mondo» (p. 86).
Nel giugno del 1861 ottenne l’onorificenza di cavaliere dell’Ordine militare di Savoia. Fu quindi confermato luogotenente colonnello del corpo volontari italiani e grazie a una raccomandazione di Garibaldi riuscì a trascorrere quei mesi tra licenze e funzioni di ordine pubblico. Nell’aprile del 1862 passò all’esercito regolare italiano per poi presentare le dimissioni nel giugno, ottenendo di lì a poco la pensione. Fu presidente della Società operaia di mutuo soccorso di Millesimo. In occasione della terza guerra di indipendenza, su proposta di Garibaldi alla commissione Biscaretti, fu nominato tenente colonnello dell’8° reggimento del corpo volontari italiani radunati a Molfetta.
Morì suicida a Molfetta il 23 giugno 1866.
Dopo i funerali nella città pugliese accompagnati dagli onori del reggimento, il corpo fu tumulato a Bologna nella tomba di famiglia, nel cimitero monumentale della Certosa. Nel biglietto di addio avrebbe scritto: «non si accusi nessuno della mia morte. L’onorevole posto affidatomi è superiore alle mie forze [...]. Auguro sempre vittoria agli Italiani» (de Santis, 2011, p. 236). Può darsi che si fosse sentito umiliato dall’entusiasmo che le sue truppe dimostrarono per Menotti Garibaldi, al quale chiesero di sostituirlo al comando del reggimento.
Fonti e Bibl.: Teatri, arti e letteratura, 1834, t. 22, pp. 95, 228, 1835, t. 23, pp. 48, 83, 88 s., 101 s., 104, 122, 124, 171, 1836, t. 26, pp. 7, 162 s., 1937, t. 27, p. 134, 1839, t. 31, p. 150, 1841, t. 36, p. 69, 1842, t. 37, pp. 104, 151, 1844, t. 41, p. 64, 1846, t. 46, pp. 46, 72, 1847, t. 47, p. 40, 1847-48, t. 48, p. 87, 1849, t. 51, p. 16; G. Ferrario, Vita ed avventure del generale Giuseppe Garibaldi, Milano 1860, p. 133; G. Da Forio, Vita di Giuseppe Garibaldi, Napoli 1862, I, pp. 493, 621, II, p. 788; C. A. Vecchi, Garibaldi e Caprera, Napoli 1862, pp. 15, 20 s., 49 s., 55, 60 s., 67 s.; G.C. Abba, Noterelle di uno dei Mille edite dopo vent’anni, Bologna 1880, poi edito con il titolo Da Quarto a Volturno. Noterelle di uno dei Mille, Palermo 2010, pp. 86, 90; Id., Due cari morti. Eliodoro Specchi e Atanasio Canata , in Rassegna settimanale, 1882, poi in Id., Ricordi e meditazioni, Biella 1911, pp. 163-174; F.D. Guerrazzi, Il secolo che muore, II, Roma 1885, p. 181; G. Garibaldi, Memorie autobiografiche, Firenze 1888, p. 309; A. Elia, Ricordi di un garibaldino dal 1847-48 al 1900, I, Roma 1904, p. 279; R. Tosi, Da Venezia a Mentana (1848-1867). Impressioni e ricordi di un ufficiale garibaldino, a cura di V. Tosi, Forlì 1910, pp. 102-104; G. Mazzini, Scritti editi e inediti, XXXII, Imola 1921, p. 110; F. Cantoni, Caccia e patriottismo in 28 lettere di Garibaldi inedite, in Comune di Bologna, XVII (1930), 7, pp. 23-36; Dizionario del Risorgimento nazionale, diretto da M. Rosi, IV, Milano 1937, p. 326; F. Samarelli, I Garibaldini a Molfetta nel 1866, in Voci di Molfetta, 11 febbraio 1951, pp. 4 s.; R.V. Miraglia, E. S. soldato, in Alta Val Bormida, 7 settembre 1962; G. Garibaldi, Epistolario, I-XX, Roma 1973-2006, ad indices; F. Calò, Ricordi della mia vita, Molfetta 1984, pp. 375-377; G.C. Abba, Edizione nazionale delle opere, VIII, Epistolario, a cura di L. Cattanei - E. Costa, I-II, Brescia 1999, ad indices; A. Marra, Pilade Bronzetti un bersagliere per l’unità d’Italia da Mantova a Morrone, Milano 1999, ad ind.; L. Riall, Garibaldi. L’invenzione di un eroe, Roma-Bari 2007, p. 373; B. Chiarlone, Lettere da Garibaldi a Giuseppe Abba. S. E. a Millesimo. 100 anni dopo la morte di G.C. Abba, Roma 2010; Id., S. E. a Millesimo. Eroico cantante garibaldino amico di Abba e Garibaldi, Millesimo 2010; M.I. de Santis, Un amico di Garibaldi: E. S., cantante, patriota e soldato, Molfetta 2011; M.I. de Santis - B. Chiarlone de Benedetti, La tragica fine del garibaldino E. S., s.l. 2015.