ELIMPERTO
Discendente da famiglia comitale fedele ai Canossa ed appartenente con tutta probabilità all'entourage del papa Gregorio VII, E., secondo di questo nome, venne creato nell'ultimo ventennio del sec. XI vescovo di Arezzo dalla Sede apostolica per sostituire il vescovo Costantino, scomunicato e deposto per aver abbandonato l'obbedienza romana ed essere passato alla parte imperiale. Si era infatti nel travagliato periodo storico in cui la lotta per la riforma morale del clero si era trasformata in lotta per le investiture, e la battaglia per la libertas Ecclesiae si era tradotta in sforzo politico per sottrarre la Chiesa al controllo imperiale. Costantino di Arezzo fu uno dei due vescovi che intronizzarono in S. Pietro, il 24 marzo 1084, l'antipapa Clemente III, eletto dal sinodo di Bressanone per volontà dell'imperatore Enrico IV.
Scarse e incerte le notizie relative ad E. sino a noi pervenute. Il Burali lo segnala come vescovo di Arezzo tra il 1087 e il 1104. Il Mittarelli e il Cappelletti ritengono di doverne invece anticipare l'elezione al 1081, anno in cui il suo predecessore Costantino risulta già escluso dalla comunione con Roma e privato - almeno in linea di diritto - delle sue prerogative episcopali. In una lettera inviata nel 1084 da Gebeardo di Salisburgo ad Ermanno di Metz si dice infatti che i due vescovi, che avevano consacrato l'antipapa Clemente III, "ambo pro suis criminibus iam annis tribus officio et communione caruerunt". Data la posizione assunta dal vescovo Costantino nel conflitto tra Papato e Impero, l'elezione di E. rientrò senza dubbio nell'azione portata avanti da Gregorio VII per riassumere il controllo disciplinare delle Chiese di Toscana, allora quasi tutte schierate dalla parte di Enrico IV. Non risulta, tuttavia, che E. sia riuscito ad assolvere negli anni successivi al grave compito affidatogli. Non solo non riuscì a sostituire nel governo della diocesi di Arezzo Costantino, ma fu costretto da quest'ultimo, che esercitava sulla città e sul distretto le funzioni comitali, a fuggire e a riparare altrove, probabilmente a Roma.
La diocesi aretina continuava ad essere amministrata da Costantino, di cui si ricordano i numerosi lasciti a favore della cappella canonicale e del monastero di Camaldoli, sino alla sua morte, avvenuta tra il 1096 e il 1099. Tuttavia gli avvenimenti politici che seguirono il 1085, anno in cui con la morte di Gregorio VII si concluse l'epoca della riforma legata al rigorismo aspro e bellicoso di un monachesimo tipicamente feudale, aprirono una nuova fase politica in cui emergono spinte concilianti. Il nuovo pontefice Urbano II cercò l'appoggio dei vescovi, punti di riferimento del potere politico cittadino, e si collegò saldamente alle Chiese locali, soprattutto nelle zone strategicamente importanti limitrofe a Roma. Non è possibile definire sino a che punto il nuovo pontefice attrasse le simpatie di E., che a quanto ci consta restò completamente estraneo ad ogni presa di posizione politica. Le fonti non lo citano tra i personaggi appartenenti all'entourage papale, né menzionano un suo avvicinamento alla linea imperiale. L'unico documento che lo riguarda giunto sino a noi ricorda una sua cospicua donazione in favore dell'eremo di Camaldoli effettuata tra il 1092 e il 1093. Il Mittarelli pone in relazione questo intervento con un'analoga donazione di Costantino che nell'aprile del 1092 concesse alcuni terreni a quel monastero. È da ritenere che il gesto di E. sia stato un tentativo, peraltro non riuscito, di arginare il potere saldamente detenuto da Costantino e riaffermare il controllo su di una abbazia che andava assumendo una crescente importanza come centro di diffusione culturale ed ecclesiastica in tutta la penisola.
È probabile che E. abbia potuto assumere il governo della diocesi aretina solo alla morte di Costantino, avvenuta dopo il 16 maggio 1095, data dell'ultimo documento in cui compaia ancora vivo; nel seguente anno 1096, secondo il Burali, dovrebbero collocarsi la data della morte di Costantino e quella dell'avvento di E. che avrebbe governato dunque la diocesi di Arezzo nella pienezza dei suoi mandati tra il 1096 e il 1104, anno in cui gli successe il vescovo Gregorio. Tuttavia il Pasqui pubblica un documento del 1099 con cui un vescovo di Arezzo di nome Sigifredo dona alcuni terreni al monastero delle Ss. Flora e Lucilla. Sulla base di questo documento il Cappelletti ritiene di poter fissare la morte di E. al 1099, mostrando di ritenere Sigifredo come il suo legittimo successore. Di diverso avviso è il Mittarelli, che avanza l'ipotesi secondo la quale E. non si sarebbe mai potuto insediare in Arezzo come legittimo vescovo, in quanto alla morte di Costantino gli si sarebbe contrapposto immediatamente un altro vescovo filoimperiale da identificarsi appunto con Sigifredo. Non insensibile ai temi della riforma, incapace tuttavia di coadiuvare Gregorio VII contrapponendosi con energia a Costantino, la reale portata dell'impegno politico di E. resta per noi di impossibile definizione per la scarsità delle notizie fornite dalle fonti che lo riguardano.
Fonti e Bibl.: Series episcoporum Aretinorum, a cura di H. Hofmeister, in Mon. Germ. Hist., Scriptores, XXX, 2, Lipsiae 1934, p. 1440; Docum. per la storia della città di Arezzo nel Medio Evo…, a cura di U. Pasqui, I, Firenze 1899, n. 291, p. 398; G. Burali, Vite dei vescovi aretini, Arezzo 1638, p. 45; G. B. Mittarelli, Annales camaldulenses Ordinis Sancti Benedicti…, III, Venetiis 1755, ad Indicem; G. Cappelletti, Le Chiese d'Italia, XVIII, Venezia 1804, pp. 105 s.