ELICA (dal gr. ἕλιξ "spirale"; ted. Schraubenlinie)
Si consideri un punto P, animato simultaneamente di due moti uniformi, l'uno di rotazione intorno a un asse a, l'altro di traslazione nella direzione di questo asse stesso. La curva descritta dal punto P si dice elica - e più precisamente elica circolare - e coerentemente il moto composto, dianzi considerato, si chiama moto elicoidale (uniforme); v. cinematica, n. 19. L'elica giace sul cilindro circolare di asse a, che ha come raggio la distanza (costante) r di P da a; la retta a e la distanza r si dicono anche per l'elica, come per il cilindro, asse e raggio. L'elica si avvolge su codesto cilindro, descrivendo infinite spire, e incontra tutte le generatrici secondo un medesimo angolo, la cui tangente goniometrica si dice pendenza o inclinazione dell'elica. Perciò se si sviluppa il cilindro su di un piano (come se esso fosse realizzato da un tessuto flessibile e inestendibile e venisse tagliato lungo una generatrice), nella striscia di larghezza 2 πr che così si ottiene, le varie spire dell'elica si distendono lungo altrettanti segmenti rettilinei, fra loro paralleli. Si riconosce in tal modo che le eliche di un cilindro circolare ne costituiscono (insieme con le sezioni normali - di pendenza nulla - e le generatrici - di pendenza infinita -), le geodetiche (v.). Ed è costante (cioè la stessa su tutte le generatrici) la distanza fra due intersezioni consecutive dell'elica con una medesima generatrice; questa distanza si chiama passo dell'elica. Infine va notato che un osservatore, il quale si distenda lungo l'asse vede, davanti a sé, salire l'elica da destra verso sinistra oppure da sinistra verso destra, ed è questa una proprietà intrinseca dell'elica, perché non dipende dal verso, in cui l'osservatore si distende lungo l'asse. Nel primo di codesti due casi l'elica si dice destra o sinistrorsa, nel secondo sinistra o destrorsa.
Rispetto a una terna cartesiana ortogonale Oxyz (v. coordinate), le equazioni parametriche di un'elica, avente per asse l'asse Oz e passante per il punto r,0,0, sono date da
dove il parametro ϕ denota l'anomalia del semipiano zP rispetto al semipiano zx che contiene il semiasse positivo x, H è il passo, e, nella terza equazione, vale il segno + o −, secondo che il verso dell'elica è concorde o discorde rispetto a quello della terna cartesiana di riferimento. La pendenza dell'elica è H/2,πr, e il rapporto H/2π si dice passo ridotto dell'elica.
Più in generale, dato un cilindro quasiasi, si dice elica ogni curva, tracciata sul cilindro, che ne incontri tutte le generatrici sotto un medesimo angolo (diverso da o e da π/2). Come nel caso del cilindro circolare, le eliche di un qualsiasi cilindro sono per esso (insieme alle sezioni normali e alle generatrici) le geodetiche. Tutte le eliche si possono caratterizzare, come quelle curve, per cui, da punto a punto, resta costante il rapporto fra la flessione e la torsione (v. curvatura); e sotto questo riguardo le eliche circolari si possono definire come quelle curve, per le quali sono separatamente costanti la flessione e la torsione.
La proprietà generale or ora enunciata per le eliche le fa rientrare, come casi particolari, nell'importante famiglia delle curve di J. Bertrand, caratterizzate dalla proprietà che per ciascuna di esse intercede fra la flessione e la torsione una relazione lineare a coefficienti costanti.
Fra le eliche non circolari meritano di essere ricordate le eliche cilindro-coniche, cioè le curve di un cono di rotazione, che ne incontrano tutte le generatrici sotto un medesimo angolo e che sono eliche rispetto al cilindro che le proietta dal punto all'infinito dell'asse del cono (cilindro avente come sezione normale una spirale logaritmica, il cui punto asintotico giace su codesto asse); e le eliche sferiche, che in coordinate geografiche ω, ϕ ammettono l'equazione
L'elica in meccanica.
L'elica usata come propulsore navale o aereo è costituita da due o più pale disposte a eguali intervalli angolari intorno a un mozzo solidale con un albero rotante. Le pale sono generalmente ritorte (svergolate) e la loro grossezza va crescendo dalla punta alla radice, dove esse s'innestano al mozzo. In generale l'elica si muove di moto elicoidale o rototraslatorio (rotazione intorno al proprio asse e avanzamento parallelamente al medesimo). In tal modo essa avanza nel mezzo come una vite nella sua chiocciola.
Se indichiamo con V0 la velocità di traslazione assiale (più in generale, la velocità relativa al mezzo), con n il numero dei giri al secondo, l'avanzo per giro è V0/n; esso si chiama semplicemente avanzo, e non è altro che il passo delle traiettorie elicoidali che i varî punti dell'elica descrivono nel loro moto. Quando V0 = 0 l'elica si dice a punto fisso o stante. Quando la velocità angolare Ω = 0 l'elica si dice bloccata. Se V0 e Ω sono diversi da 0, possono darsi normalmente due casi: a) l'elica è mantenuta in rotazione da una coppia motrice Q e, come effetto delle azioni che si esercitano sulle sue pale, produce una spinta assiale T, avente il senso di V0 (elica propulsatrice); b) l'elica è mantenuta in traslazione da una forza T. e fornisce una coppia motrice Q (elica motrice o mulinello). Nel primo caso generalmente l'elica avanza nel mezzo immobile, nel secondo generalmente l'elica è immobile di moto traslatorio ed è investita da una corrente. Appartengono alla prima categoria le eliche di propulsione, alla seconda i mulini a vento e in genere gli aeromotori a elica, nonché alcuni tipi di turbine idrauliche (turbine a elica). Sebbene i due tipi di elica possano eccezionalmente scambiarsi le rispettive funzioni, essi sono di regola costruttivamente differenti.
Un'elica può essere stante in via eccezionale e transitoria, come negli aeroplani prima di prendere lo slancio per la partenza; ma può essere invece destinata a funzionare principalmente in tale condizione, fornendo una spinta che naturalmente non può servire alla propulsione, ma può fornire una sostentazione. Si hanno così le eliche sostentatrici o portanti che trovano la loro applicazione principale negli elicotteri (v.).
La faccia della pala che agendo sull'aria o sull'acqua genera la spinta T e quindi la propulsione della macchina, si chiama faccia attiva o semplicemente faccia; l'altra si chiama dorso. Le linee di sezione della faccia attiva con superficie cilindriche coassiali al mozzo, cioè aventi per asse proprio l'asse di rotazione dell'elica, si chiamano spire; esse possono essere, come talora avviene, delle eliche cilindriche. Se ciò si verifica per tutte le spire, ossia per l'intera faccia della pala, e se inoltre tutte le eliche hanno lo stesso passo, l'elica propulsatrice vien detta a passo assolutamente uniforme; la superficie attiva delle sue pale è allora, e allora soltanto, una superficie elicoidale, o un elicoide. Questo caso è molto comune per le eliche marine, perché tali eliche non presentano alcuna inferioriorità rispetto a quelle di forme più complicate: esistono anche speciali macchine per lavorarne esattamente le facce elicoidali. Altre eliche, e in special modo le eliche aeree, hanno le pale limitate da superficie che non sono più quelle che la geometria chiama elicoidali, quantunque, nel campo tecnico, vengano egualmente così chiamate. In tal caso l'elica propulsatrice vien detta a passo vario e si chiama allora passo della pala in un dato punto il prodotto della circonferenza della sezione retta del cilindro coassiale che passa per quel punto, per la tangente trigonometrica dell'angolo che la tangente alla spira nello stesso punto fa con un piano normale all'asse. Tra le eliche a passo vario si distinguono principalmente quella a passo circonferenzialmente uniforme e l'altra a passo radialmente uniforme.
Qualunque sia la forma della superficie attiva delle pale, le sue spire prendono anche il nome di direttrici; la curva d'intersezione della stessa superficie col piano passante per l'asse e normale al disco di posa della pala sul mozzo o passante, nelle eliche di un sol pezzo, per il punto della pala più distante dall'asse, vien chiamata generatrice. Questa nomenclatura ha origine dal fatto che un elicoide può esser generato da una linea (generatrice), i cui punti descrivano delle eliche (direttrici); la si è poi estesa a tutte le superficie che si adoperano per le pale d'elica, quantunque alcune di esse non possano generarsi nel modo indicato.
Un'elica propulsatrice vien detta destrorsa o sinistrorsa, secondo che le sue spire sono destrorse o sinistrorse. Un osservatore, situato in modo da guardare la faccia attiva delle pale, allorché l'elica gira nel senso della marcia avanti, la vedrà rotare secondo gl'indici di un orologio o nel senso antiorario, secondo che essa è destrorsa o sinistrorsa.
Si chiama diametro dell'elica quello del circolo circoscritto alla sua proiezione su di un piano normale all'asse; l'area di questo cerchio vien detta area del disco dell'elica e da essa s'intende talvolta detratta la parte occupata dalla proiezione del mozzo. È preferibile chiamare area netta del disco quella della corona circolare che in tal modo si viene a deierminare.
In un'elica a passo assolutamente uniforme, il passo comune a tutte le spire è il passo dell'elica. In un'elica a passo vario, si considera invece il passo medio, che è la media aritmetica dei valori del passo misurati in un numero sufficientemente grande di punti uniformemente distribuiti sulla superficie della pala; questa definizione, che dal punto di vista matematico sarebbe utile sostituire con altra meno imprecisa, è nondimeno sufficiente per la pratica. Per le eliche aeree, che sono caratterizzate dall'avere pale molto strette, è in uso una terminologia alquanto differente. Si definisce infatti come passo di una sezione il passo dell'elica bitangente alla faccia della sezione considerata e l'elica si dice a passo uniforme o a passo vario secondoché il passo sopra definito è uguale per tutte le sezioni o diverso dall'una all'altra. Quando la faccia della sezione è convessa, occorre definirne il passo con altra opportuna convenzione.
Si chiama frazione di passo di una pala o frazione parziale di passo dell'elica il rapporto fra l'area della proiezione della pala su di un piano normale all'asse e l'area netta del disco dell'elica. Frazione totale di passo è il rapporto tra l'area proiettata complessiva di tutte le pale e l'area del disco.
Elica navale. - Il propulsore navale di tipo più comune è costituito da una o più eliche e, per la navigazione marittima, è quasi esclusivamente adoperato; esso è sistemato nella parte poppiera della nave, con disposizioni diverse, che dipendono principalmente dal numero delle eliche. Le eliche navali (fr. hélice; sp. hélice; ted. Schraube; ingl. screw-propeller) hanno comunemente tre o quattro pale, disposte a uguali intervalli angolari intorno al mozzo, col quale vengono di fusione, a meno che non vi siano ragioni per preferire il tipo con pale riportate o amovibili, il quale si rende necessario per l'accurata lavorazione dei propulsori di grande diametro, e permette di adoperare un materiale per le pale e un materiale diverso per il mozzo e di variare entro certi limiti l'orientazione delle pale rispetto all'asse di rotazione. Le pale sono di bronzo fosforoso o bronzo manganese, che hanno elevata resistenza, nelle eliche dei piroscafi celeri e delle navi da guerra, ma possono essere anche di acciaio fuso o di ghisa nei piroscafi da carico o da servizio misto. II mozzo può essere di bronzo, di acciaio fuso o di ghisa.
I valori del rapporto del passo al diametro (rapporto importantissimo per l'influenza che ha nel comportamento meccanico dell'elica) oscillano, per le eliche navali, fra i limiti estremi 0,6 e 1,5; più comunemente, fra 0,9 e 1,2 ÷ 1,3. I valori più bassi, cui corrispondono anche i più bassi rendimenti, si riscontrano nelle eliche con elevato numero di giri e anche nelle eliche lente dei piroscafi di forme piene, nei quali si sceglie un rapporto non molto diverso dall'unità, per evitare una forte depressione sulla parte poppiera della carena, equivalente a un aumento della resistenza al moto della nave.
Si chiama lembo d'entrata lo spigolo della pala che taglia l'acqua, allorché l'elica gira nel senso normale, cioè in modo da produrre la marcia avanti della nave; è il lembo che si trova a proravia dell'altro, che si chiama lembo d'uscita.
La frazione totale di passo (v. sopra) può oscillare, nelle eliche a tre o quattro pale, tra 0,25 e 0,70; ma i valori molto elevati si raggiungono solo quando è assolutamente necessario per ridurre la spinta per unità di superficie proiettata.
Nel disegno di un'elica si rappresentano ordinariamente il mozzo e una delle pale, la quale viene definita mediante il contorno, la generatrice, un certo numero di spire direttrici e un egual numero di sezioni trasversali (figg. 1 e 2).
Le ricerche teoriche e quelle sperimentali sulle eliche propulsatrici sono numerosissime: all'attività dei cultori di scienze navali si è unita in questi ultimi decennî, quella dei cultori di scienze aeronautiche; ma, almeno per le eliche delle navi, non è ancora possibile sostituire con fiducia i procedimenti di calcolo diretto a quelli fondati sull'applicazione della teoria della similitudine meccanica ai risultati che si ottengono nelle esperienze su modelli, presso le vasche sperimentali. Queste esperienze si effettuano tanto sulle eliche isolate, quanto sulle eliche accoppiate alle carene. Lo studio sperimentale dell'elica isolata ha importanza scientifica perché porta un contributo alla conoscenza del funzionamento dell'elica in sé, delineandone i particolari con precisione crescente col progredire della tecnica sperimentale, in modo da costituire quei capisaldi che sono la migliore guida per le ricerche teoriche; ha importanza pratica, perché i risultati relativi alle eliche isolate costituiscono il fondamento sperimentale dei procedimenti che comunemente si seguono nel progetto dei propulsori delle navi, sia in forma definitiva, sia semplicemente per un calcolo preliminare per quelle costruzioni la cui importanza è tale da giustificare l'istituzione di una lunga e delicata serie di esperienze con modelli di eliche accoppiati al modello di carena della nave; è infine necessario anche in quest'ultimo caso, perché tali esperienze non possono eseguirsi in modo completo se non si conoscono i risultati delle eliche isolate delle quali si deve studiare il funzionamento in propulsione.
Studio sperimentale del funzionamento dell'elica isolata. - Nelle esperienze sulle eliche isolate, al disotto del carro dinamometrico della vasca, è sistemabile, a quell'altezza che si ritiene conveniente, un asse orizzontale, sul quale è calettato il modello di elica da sperimentare. Questo può così farsi avanzare, entro certi limiti, a quella velocità costante che si desidera, mentre nello stesso tempo può essere tenuto in rotazione a velocità regolabile, mediante gli apparecchi sistemati sul carro. Le esperienze si effettuano mediante delle serie di corse e, per ciascuna serie, si tiene costante la velocità di avanzo u, mentre si fa variare il numero di giri n da una corsa all'altra della serie. Il rapporto a = u/n si chiama avanzo per giro; la differenza p - a tra il passo e l'avanzo per giro vien detta regresso apparente lineare, mentre si chiama regresso apparente percentuale il rapporto
Ogni corsa di ciascuna serie viene quindi effettuata a regresso costante. In ciascuna corsa, mediante gli apparecchi registratori sistemati sul carro dinamometrico, si misurano la spinta s prodotta dall'elica e il momento m necessario per tenerla in rotazione; talvolta, come si usa fare presso la Vasca della Spezia, invece del momento, si considera la forza di rotazione
ossia la forza che bisognerebbe applicare tangenzialmente a una puleggia fittizia avente la circonferenza lunga quanto l'avanzo per giro; in tal modo il rendimento dell'elica isolata
si calcola facendo semplicemente il rapporto s/t.
Considerando una data serie di corse, tutte relative a una data velocità di avanzo u, supponiamo di effettuare la prima corsa della serie, tenendo l'elica completamente frenata, in modo che avanzi senza girare: l'apparato registratore indicherà allora una spinta negativa, ossia una resistenza, che è precisamente la resistenza al moto che il solido immerso costituente l'elica incontra alla velocità u, allorché la superficie del dorso precede la faccia attiva nel senso del moto. Riducendo gradatamente nelle successive corse il valore del momento frenante, in modo da permettere che l'azione dell'acqua le faccia compiere un numero di giri progressivamente crescente, la si vedrà girare nel senso della marcia avanti e il valore della resistenza registrata andrà diminuendo, ossia la spinta, conservandosi negativa, diminuirà continuamente in valore assoluto. Quando il momento frenante è nullo, la spinta è ancora negativa e rappresenta la resistenza dell'elica folle alla data velocità u.
A partire dal numero di giri che corrisponde a questa particolare condizione di funzionamento, il momento da applicare all'asse dell'elica cambia segno, ossia, da frenante, diviene motore: la forza di rotazione diviene quindi positiva e assume valori sempre maggiori col crescere del numero di giri. Nello stesso tempo la spinta, crescendo anch'essa, diverrà nulla in corrispondenza di un certo numero di giri n0, e poi definitivamente positiva. Allorché si sono effettuate tutte le corse di una data serie a velocità costante u, si possono tracciare le curve (fig. 6) che hanno per ascisse i numeri di giri e rispettivamente per ordinate: le spinte s, le forze di rotazione t, i rendimenti η, gli avanzi per giro a e i regressi ε. Questi ultimi non sono però riferiti al passo della faccia attiva delle pale, sibbene al passo effettivo pe, il quale è l'avanzo per giro u/n0, corrispondente al valore zero della spinta. Questa definizione presuppone che, per una stessa elica, il rapporto u/n0 risulti indipendente dalla velocità di avanzo; e infatti, se sopra altrettanti grafici come quello della figura 6, relativi a velocità di avanzo differenti, si rilevano i rispettivi numeri di giri pei quali la spinta è nulla, si trovano valori proporzionali, a meno di differenze che rientrano nei limiti di approssimazione consentiti da queste determinazioni sperimentali. Il passo effettivo così definito è dunque un parametro fisico caratteristico di ciascuna elica e indipendente dal regime (u, n) al quale essa funziona. Non è possibile accennare alle considerazioni che diedero origine a questa definizione di passo effettivo, dovuta a G. Rota, e seguita dalla Vasca della Spezia fin dal 1896, nonché da R. E. Froude nelle sue ricerche sperimentali pubblicate nel 1908. Del pari ci asteniamo dal discutere l'andamento delle diverse linee del grafico finora considerato, per non tralasciare almeno un cenno sulle conclusioni alle quali si perviene raggruppando (fig. 7) tanti diagrammi come quello della figura 6, relativi a diverse velocità di avanzo, e riferendoli a una scala comune di numeri di giri come ascisse.
Dall'andamento delle diverse curve, ciascuna delle quali si riferisce alla velocità di avanzo segnata su di essa, si rilevano le seguenti proprietà; alcune di esse, come si vedrà, possono anche dimostrarsi: 1. Per uno stesso numero di giri, le spinte e le forze di rotazione decrescono col crescere della velocità di avanzo e presentano quindi il valore massimo allorché questa velocità è nulla. L'andamento delle curve è sensibilmente parabolico e fa vedere che la curva delle spinte o delle forze di rotazione, relativa a una certa velocità di avanzo, si può ottenere grossolanamente dalla corrispondente curva a velocità di avanzo nulla, spostandola nel senso delle forze negative per un valore rispettivamente uguale alla resistenza o alla forza di rotazione che l'elica frenata presenta alla velocità considerata. 2. I numeri di giri di spinta nulla risultano proporzionali alle velocità di avanzo, come s'è già detto a proposito del passo effettivo. 3. Per valori costanti del regresso, le spinte risultano proporzionali ai quadrati delle velocità di avanzo e quindi anche ai quadrati dei numeri di giri; lo stesso si verifica per le forze di rotazione, sempre entro i limiti di approssimazione consentiti da queste determinazioni sperimentali. 4. A regresso costante, i rendimenti risultano uguali al variare della velocità di avanzo e quindi del numero di giri. Segue da ciò che, per una data elica, il rendimento dipende dal solo regresso; sicché, se viene rappresentato in funzione di questo per una data velocità di avanzo, la curva che si ottiene rappresenta anche i rendimenti a un'altra qualsiasi velocità di avanzo. L'ascissa del punto di ordinata massima di questa curva dà il regresso (0,15 ÷ o,25 nella maggior parte delle eliche) al quale corrisponde il massimo rendimento. Si può quindi dedurne che, entro limiti alquanto estesi di funzionamento, ossia entro tutto il campo di velocità (e di conseguente numero di giri) cui corrispondono valori del regresso per i quali il rendimento si scosta poco dal suo valore massimo, il propulsore a elica si presta, con conveniente effetto utile, a impiegare l'energia che riceve dall'apparato motore nel lavoro di propulsione della nave. I rendimenti che si rilevano nelle esperienze con modelli di eliche alla vasca sono notevolmente più elevati di quelli delle eliche simili al vero, quali si deducono dai risultati delle prove delle navi; hanno quindi soltanto valore comparativo, per il confronto dei diversi modelli, provati con gli stessi apparecchi dinamometrici. 5. Le resistenze dell'elica completamente frenata sono proporzionali ai quadrati delle velocità di avanzo. 6. Anche le resistenze dell'elica folle variano con la stessa legge.
Invece di rappresentare le spinte e le forze di rotazione relative a una data serie di corse a velocità costante u, in funzione del numero di giri, si possono rappresentare le stesse forze, o anche le spinte e i momenti motori, in funzione dei regressi. Le esperienze sistematiche eseguite dal Taylor presso la Vasca di Washington sono appunto compendiate in una serie di diagrammi, nei quali le spinte, i momenti motori e i rendimenti, misurati a una data velocità di avanzo, son riferiti ad ascisse che rappresentano i regressi apparenti percentuali.
Le curve delle spinte e delle forze di rotazione che abbiamo finora considerato si riferiscono a un'elica o a un suo modello di data grandezza e quindi variano al variare di questa. Ma se invece delle spinte e delle forze di rotazione si considerano i rapporti di esse al prodotto n2 d2 p2 o a qualsiasi altro prodotto che, come n2 d4, n2 p4, abbia le stesse dimensioni, si hanno dei rapporti che, per una data forma di eliche, sono, come diremo tra poco, funzioni del solo regresso e non della grandezza di esse e quindi rendono le curve immediatamente impiegabili, quali che siano le dimensioni assolute delle eliche di quella data forma (fig. 8). Anziché assumere come ascisse i valori del regresso, si possono assumere quelli del rapporto u/np tra l'avanzo per giro e il passo, il quale rapporto non è altro che la differenza tra l'unità e il regresso; oppure si possono assumere i valori del rapporto u/nd, che è uguale al prodotto di u/np per il rapporto del passo al diametro, che è costante per le eliche di una data forma. Possono del pari assumersi i rapporti inversi. Analogamente i momenti motori possono riferirsi ai prodotti n2 d2 p3 o n2 d5 e le potenze motrici ai prodotti n3d2 p3 o n3 d5.
Estensione dei risultati mediante la teoria della similitudine meccanica. - Si consideri un modello di elica di diametro d e passo p, e sia s la spinta che esso esercita allorché avanza isolatamente alla velocità u e al numero di giri n sotto l'azione di un momento motore m; sia inoltre f la relativa potenza motrice, proporzionale al prodotto m.n. Gli elementi corrispondenti per un'elica geometricamente simile al modello, nel rapporto delle dimensioni lineari, la quale funzioni soddisfacendo alle condizioni di similitudine meccanica, sono legati ai precedenti dalle relazioni:
Gli avanzi per giro stanno anch'essi nel rapporto delle dimensioni lineari e quindi i regressi percentuali risultano uguali; lo stesso si verifica per i rendimenti.
Più generalmente, sempre che si possa prescindere dall'azione della gravità, come è possibile per le eliche che avanzano orizzontalmente, il rapporto τ dei tempi corrispondenti non è più legato a quello λ delle lunghezze, sicché le condizioni di similitudine cinematica divengono:
e si ha conseguentemente:
mentre, come prima, gli avanzi per giro e quindi i regressi restano uguali. Le condizioni di similitudine meccanica contemplano quindi, in entrambi i casi, il solo funzionamento a valori del regresso percentuale identici per l'elica e per il suo modello. In queste condizioni di similitudine meccanica più generale, si ha:
sicché, se λ è uguale all'unità, cioè se si considera il funzionamento di una stessa elica, al variare del numero di giri e con velocità di avanzo ad esso proporzionali (per l'uguaglianza dei regressi) si deduce che i cubi delle spinte sono proporzionali ai quadrati delle potenze motrici. E, tornando al confronto di due eliche simili, dalla formula precedente segue l'altra:
che può essere utile aver presente (cfr. T. Levi-Civita e U. Amaldi, Lezioni di meccanica razionale, Bologna 1923, I, pp. 387-388). Sempre nelle stesse condizioni di similitudine più generale, si ha inoltre:
per cui, a regresso percentuale costante, i coefficienti:
e tutti gli altri che si deducono sostituendo al diametro una qualsiasi altra dimensione lineare, p. es. il passo, restano costanti per una data forma di elica, al variare della sua grandezza; sicché essi variano soltanto al variare del regresso e quindi, assumendo questo come variabile indipendente, i rapporti ora considerati caratterizzano il funzionamento di tutte le eliche di una data forma.
Dalle stesse formule si deduce altresì che, per λ = 1, cioè per una stessa elica, a regresso costante, le spinte e i momenti di rotazione sono proporzionali ai quadrati dei numeri di giri, o ai quadrati delle velocità di avanzo, che in tal caso sono ad essi proporzionali; proprietà di notevole importanza, che è stata ripetutamente confermata dalle esperienze su modelli, fatta eccezione per le eliche a pale molto strette, in cui spinta e momento variano secondo una potenza maggiore del quadrato, e per le eliche a pale molto larghe, nelle quali si verifica il contrario. È inoltre un noto risultato di lunga esperienza che, nella propulsione di una nave, la spinta dell'elica varia secondo il quadrato della velocità di avanzo (cfr. D. W. Taylor, The speed and power of ships, New York 1911, p. 152).
Le formule che si deducono dalla teoria della similitudine meccanica sussistono naturalmente fintantoché le premesse di similitudine dei campi di moto del fluido sono soddisfatte, cioè finché non si raggiungono velocità tanto elevate da dar luogo a condizioni anormali di funzionamento in uno soltanto dei sistemi che si paragonano, come si verifica d'ordinario per il fenomeno della cavitazione, che si presenta molto più facilmente nelle eliche in vera grandezza. È anche necessario che le dimensioni dei modelli non siano tanto piccole da far sì che il funzionamento di essi avvenga a un regime di moto del fluido radicalmente diverso da quello del sistema al vero (scale-effect), per la notevole differenza nell'ordine di grandezza dei rispettivi numeri di Reynolds. Ora, mentre per la cavitazione conviene considerare sempre con circospezione i risultati delle vasche sperimentali nella loro applicazione a eliche potenti e veloci, per le quali è da temere tale anormale funzionamento, non sembra che la grandezza della maggior parte dei modelli di eliche, che si adoperano per le esperienze, sia tale da far temere il secondo inconveniente, che renderebbe del tutto inservibili i risultati sperimentali. Comunque sia, uon saranno superflue accurate verifiche, specialmente in seguito alle ricerche del Rabbeno sulla formazione della spuma intorno ai propulsori navali e sulla conseguente caduta della loro efficienza. Presso la Vasca della Spezia furono eseguite alcune esperienze con modelli di eliche perfettamente simili e di diversa grandezza: le linee delle costanti della spinta e del numero di giri, in funzione dei regressi, risultarono praticamente uguali. Il Taylor, sperimentando con modelli di diametro variabile tra 8 e 24 pollici (610 mm.) ebbe risultati analoghi. Ma tutto ciò poteva soddisfare all'epoca di tali verifiche, mentre non costituisce attualmente alcuna conferma di applicabilità, perché i numeri di Reynolds, che all'epoca di tali verifiche non si consideravano ancora nel campo delle applicazioni, non potevano certo variare tra modello e modello, comunque diversi, come possono variare tra modello ed elica al vero.
Cenni sullo studio teorico del funzionamento dell'elica isolata. - Consideriamo un'elica che avanzi isolatamente in acqua tranquilla, con velocità costante U nella direzione del suo asse, rotando nello stesso tempo intorno a questo con la velocità angolare w = 2πN, anch'essa costante. Il conseguente moto del fluido circostante, per l'uniformità del regime (U, ω), è stazionario rispetto a una terna di assi rigidamente collegati al propulsore; per cui, sopra ogni elemento della superficie delle sue pale, nonché del mozzo, il fluido esercita una forza costante per intensità e, rispetto all'elemento, anche per direzione, finché dura l'uniformità del regime: forza e direzione relativa sono cioè costanti per ciascun elemento al variare del tempo, ma variano con la posizione dell'elemento sulla pala.
La somma delle componenti di tali forze, secondo l'asse dell'elica, costituisce la spinta del propulsore, mentre la somma dei momenti delle stesse forze rispetto all'asse rappresenta il momento che deve essere equilibrato dal momento motore, per tenere in azione l'elica all'andatura (U, N) considerata.
Se si sapessero determinare gli elementi del moto del fluido circostante all'elica, sarebbe agevole calcolare non soltanto la spinta e il momento motore, ma anche le azioni esercitate sopra una parte qualunque dei solidi costituenti le pale, il che sarebbe utile anche dal punto di vista dello studio della robustezza di struttura del propulsore e permetterebbe di distribuire razionalmente lo spessore nei singoli punti delle pale, riducendolo al minimo possibile, con sensibile elevazione di rendimento.
Ma le difficoltà per l'effettiva soluzione del problema idrodinamico sono allo stato attuale insormontabili: basta pensare che sono ancora tali quelle che s'incontrano allorché si cerca di risolvere il problema della stessa natura, ma ben più semplice, che si presenta nello studio della resistenza di una carena in traslazione uniforme secondo una retta contenuta nel piano di simmetria. Vi è inoltre da considerare che la determinazione del moto del fluido dovrebbe esser fatta considerando il propulsore completo e non una sola pala, inquantoché, disponendo simmetricamente intorno a un mozzo delle pale identiche e ugualmente orientate, ma in diverso numero, e facendo funzionare l'elica così costituita sempre allo stesso regime (U, N), la spinta e il momento di rotazione, per l'azione reciproca delle pale, non risultano per nulla proporzionali al numero di queste. Non è qui possibile riassumere e tanto meno discutere le principali trattazioni che sono state fatte sul funzionamento delle eliche. Il lettore potrà consultare principalmente le opere del Taylor per le teorie più antiche, quali la disc theory di W. J. Rankine (1865) e la blade theory di W. Froude (1878); e per le teorie moderne, nelle quali si studia l'influenza dei vortici ai quali dà origine l'elica in azione, l'Aerodynamics di Lanchester, i numerosissimi lavori pubblicati nei principali periodici navali (Transactions of the Institution of Naval Architects; Jahrbuch der schiffbautechnischen Gesellschaft) e aeronautici, ecc. (v. Bibliografia). È però necessaria qualche riflessione di carattere generale sulle formule che esprimono la spinta di un'elica. Alcune trattazioni pervengono a una espressione della forma:
con A e B costanti positive; ma questa conclusione, almeno per le eliche navali, è in aperto contrasto con i risultati dell'esperienza. La spinta infatti, secondo queste formule, risulterebbe nulla, sia per N = O, sia per quel particolare valore N0 di N che rende
ed essendo il passo effettivo Pe una quantità finita, che per definizione è uguale all'avanzo per giro
corrispondente all'annullarsi della spinta, risulterebbe
La derivata parziale
sarebbe dunque positiva soltanto per
sarebbe nulla in N0 e negativa per
il che è in aperto contrasto con l'esperienza, perché, per una data velocità di avanzo, la spinta cresce sempre col crescere del numero di giri. Inoltre, per N = O, la spinta non è affatto nulla, come risulterebbe dall'espressione sopra indicata, ma è negativa e di entità tutt'altro che trascurabile, perché rappresenta la resistenza al moto dell'elica che avanza, senza rotare, alla velocità U.
Nel campo navale, le formule empiriche o semi-empiriche più diffuse per calcolare la spinta prodotta da una data elica si riducono per l'appunto a un'espressione della forma difettosa sopra indicata. È strano che siano dovute ad alcuni tra i più reputati sperimentatori stranieri; vuol dire che, nello stabilirle, non si è pensato che la parabola S = f(N) che esse rappresentano per U costante, non è per nulla sovrapponibile alla curva sperimentale, specialmente per valori di N minori di N0; d'altra parte, per far coincidere sensibilmente le due curve per N > N0, cioè nella parte utile per le applicazioni pratiche, è stato necessario, come si legge in qualche nota trattazione, introdurre un fattore funzione del regresso e quindi di N, non giustificato da alcun criterio razionale.
Un'espressione della forma:
con A e B costanti positive, soddisfa invece alle due condizioni:
che, come l'esperienza insegna, devono sussistere per qualunque valore di U e di N. Essa inoltre, almeno per le eliche navali, è in accordo coi risultati sperimentali della Vasca della Spezia, a prescindere dalle lievi differenze che d'ordinario si riscontrano anche per altri fenomeni di noto e sicuro andamento, a causa delle imperfezioni degli apparecchi di misura. Le due costanti, per essere A = B•Pe2, si riducono quindi a una sola, che, per un dato liquido a una certa temperatura, dipende naturalmente dai parametri geometrici dell'elica e dallo stato della superficie delle pale.
Questa formula è dovuta al Riabouchinsky (Rjabušinskij; 1909), che la dedusse dai risultati delle sue notissime serie di esperienze eseguite sulle eliche aeree nell'Istituto aerodinamico di Kučino presso Mosca; e ciò, pur avendo riscontrato sulle curve delle spinte un andamento (derivata nulla per
all'incirca e negativa per un certo tratto fra questo punto e l'origine) che avrebbe reso, per queste eliche, meno inaccettabile un'espressione della forma difettosa che abbiamo indicata in principio.
La formula di Riabouchinsky può anche dimostrarsi grossolanamente, applicando il principio delle quantitȧ di moto alla massa d'acqua che attraversa il propulsore, cioè alla scia del propulsore, la quale, allorché esso si muove isolatamente al regime costante (U, N), è limitata da una superficie di rotazione (fig. 9), che la separa dal resto del liquido, con discontinuità nei valori della velocità, ma con continuità nei valori della pressione. In realtà, lungo questa superficie di separazione si formano dei vortici, che hanno origine dalle pale e se ne distaccano principalmente alle estremità, avvolgendosi ad elica nella scia (fig. 10). In questa, la velocità del liquido varia da punto a punto, prendendo gli stessi valori nei punti che hanno la stessa posizione relativa rispetto alle pale.
Supponiamo d'imprimere al propulsore avanzante a velocità U e alla massa d'acqua indefinita e inizialmente tranquilla che lo circonda, una traslazione eguale e contraria a quella dell'elica; senza alterare così lo stato dinamico, veniamo a considerare l'elica semplicemente rotante, investita da una corrente uniforme, che all'infinito ha la velocità - U, mentre conserva la pressione p0 dell'acqua in riposo, e anche al finito, e fino a una distanza relativamente piccola dall'elica, non ha pressione e velocità differenti dalle precedenti in modo apprezzabile. A partire da questa distanza, e a misura che le particelle di acqua che dovranno attraversare lo spazio tra le pale dell'elica in rotazione si avvicinano ad esse dalla parte del dorso, subiscono incrementi di velocità e riduzioni di pressione; questa poi subisce notevoli e relativamente bruschi aumenti allorché le particelle vengono in contatto della faccia attiva del propulsore, almeno in alcune zone di tale superficie, perché, per aversi la spinta, la risultante delle componenti assiali delle pressioni agenti sugli elementi della faccia attiva deve essere superiore alla risultante delle analoghe componenti delle pressioni sugli elementi del dorso. Nello stesso tempo continua il graduale incremento di velocità assiale, finché la pressione delle particelle non ritorna al valore p0, il che si verifica sensibilmente a una certa distanza dalla faccia attiva. Le stesse particelle ricevono anche incrementi di velocità in direzione normale all'asse, principalmente tangenziali, per l'impulso che l'acqua riceve dal momento motore che aziona l'elica.
Conoscere il moto del fluido significherebbe conoscere, come si è precedentemente accennato, il funzionamento dell'elica; e poiché non si è ancora in grado di trattare il complicato problema come effettivamente si presenta, bisogna contentarsi di quei risultati di approssimazione, che sono conseguenza d'ipotesi semplificative. Di queste, la più semplice consiste nell'ammettere che le componenti assiali delle velocità in tutti i punti di una stessa sezione trasversale della scia siano eguali, al pari delle pressioni, e che il tronco di scia che si considera non sia sottoposto ad altre forze che diano impulso secondo l'asse, all'infuori della forza S, eguale e contraria alla spinta dell'elica.
Questo tronco di scia sia dunque limitato dalle due sezioni rette Ao B0 e A2 B2: la prima sia posta all'origine della scia, cioè sia la sezione in cui la velocità U0 comincia a elevarsi, in modo non più trascurabile, sulla velocità −U della corrente uniforme che si è considerata; la seconda stia dove l'incremento termina, avendovi la velocità raggiunto il suo massimo valore U2. Se Ω1 è l'area della sezione A1 B1 determinata dal piano che passa per i punti estremi delle pale e U1 è la corrispondente velocità assiale, la portata della scia è Q = Ω1•U1, la massa d'acqua - di densità ρ - che attraversa il disco nell'unità di tempo è ρ•Q e l'incremento di quantità di moto di tutto il tronco considerato è ρ•Q (U2 − U0) = ρΩ1U1 (U2 − U0).
Quest'incremento è uguale all'impulso che la stessa massa riceve nell'unità di tempo dalla forza costante S, uguale e direttamente opposta alla spinta; questa è dunque, in valore assoluto:
Se ora, in aggiunta alle ipotesi precedenti, ammettiamo che le componenti trasversali delle velocità delle particelle liquide siano trascurabili e prescindiamo dalle perdite di energia dovute a fenomeni dissipativi lungo il tronco considerato, possiamo uguagliare il lavoro S•U1, compiuto dalla S nell'unità di tempo, alla variazione di forza viva della massa ρ•Ω1U1 che attraversa l'elica nello stesso intervallo, deducendone per S l'altra espressione:
Questa, paragonata con la precedente, dà:
come si vede del pari osservando che, della potenza totale SU1, si utilizza la sola parte −S•U = S•U0, mentre si perde l'energia che rimane nella massa ρ•Q che, nell'unità di tempo, abbandona la scia con la velocità relativa U2 e quindi con la velocità assoluta U2 − U0; per cui si ha:
ossia, come sopra:
Questa relazione fu posta in evidenza da R. F. Froude (Trans. Inst. Nav. Arch., 1889, p. 390; S. W. Barnaby, Marine propellers, 5ª ed., Londra 1908, p. 27) e in diverse occasioni è stata vivacemente discussa (Trans. Inst. Nov. Arch., 1910, p. 103; 1911, pp. 139-171; 1915, p. 135). La precedente espressione della spinta non diviene utile per le applicazioni, se non vi si esprimono Ω1, U0 e U2 in funzione delle dimensioni e delle velocità di avanzo e di rotazione. La sezione Ω1 della scia nel piano del disco dell'elica potrà anzitutto essere differente dall'area del disco; indichiamo con K il rapporto incognito tra la prima e la seconda. La velocità U0 in valore assoluto, non è altro che la velocità di avanzo U, perché la sezione A0 B0 è stata posta proprio dove la velocità assiale sta per elevarsi al disopra della −U. Infine, poiché, per U = O, la spinta deve riuscire proporzionale a N2, la U2 dovrà essere uguale al prodotto di N per una lunghezza; e questa non può essere che la Pe, perché, per U = N•Pe, la spinta deve annullarsi. Può scriversi quindi:
e assume così la forma che le diede Riabouchinsky. Il fattore K resta l'unica incognita e può ricavarsi, per ciascun tipo di elica, dai risultati di esperienze eseguite su un modello di conveniente grandezza.
L'elica nella propulsione della nave. Ricerche sperimentali. - Quando l'elica effettua la propulsione di una nave, determina nella parte poppiera di questa una diminuzione di pressione, un risucchio, perché aspira l'acqua che ha innanzi a sé, cioè a proravia, per mandarla all'indietro. Essa non agisce quindi semplicemente con la sua spinta, che, mediante l'albero motore e il reggispinta, esercita sullo scafo: agisce altresì con una forza diretta in senso contrario al moto, dovuta appunto alla depressione che produce sulla poppa. Questa forza, considerando lo scafo in sé, può essere riguardata come un aumento della sua resistenza, la quale è precisamente la risultante delle componenti, secondo la direzione del moto della nave e in senso contrario, delle pressioni elementari esercitate dall'acqua sulla carena. Considerando invece l'azione che il propulsore esercita sullo scafo, si può egualmente osservare che essa non consiste nella sola spinta, ma anche in una forza che, secondo l'asse del propulsore, ha una componente diretta in senso contrario alla spinta e quindi deve da questa dedursi. L'azione dovuta al risucchio, ossia la differenza tra la spinta dell'elica e la resistenza al rimorchio (v. nave) della carena con appendici, si dice quindi indifferentemente aumento di resistenza o deduzione di spinta.
Mentre l'elica esercita sullo scafo, all'infuori della spinta, l'azione ora considerata, che ne riduce l'effetto propulsivo, lo scafo, a sua volta, precedendo l'elica nel senso del moto, determina condizioni di più efficace funzionamento. L'acqua immediatamente circostante alla parte poppiera di una nave in moto ne segue la carena con velocità diverse da punto a punto della massa liquida, le quali sono più elevate alla superficie libera dell'acqua e in corrispondenza del piano longitudinale di simmetria e vanno degradando a misura che si procede lateralmente o verso il basso. Questa massa d'acqua in moto si chiama scia di carena e non è da confondere con la scia della nave, ossia con quella striscia turbolenta, conosciuta volgarmente appunto come scia, che si osserva dopo il passaggio di una nave, e che è costituita di acqua posta in movimento, non solo dal passaggio della carena, ma anche dall'azione del propulsore. Per la presenza della scia di carena il propulsore a elica, nel suo funzionamento, incontra acqua che in ogni punto ha una velocità diversa da quella che avrebbe se la carena non vi fosse, ossia se l'elica avanzasse isolata in acqua calma, allo stesso numero di giri e con la velocità di avanzo necessaria per dare una spinta uguale a quella occorrente per la propulsione della nave. Ma l'azione della scia si vedrà meglio fra poco, nel cenno sulle esperienze di propulsione, le quali, fra l'altro, rendono agevole la dimostrazione sperimentale della presenza del risucchio e della scia, nonché la determinazione quantitativa dei loro effetti sui modelli.
Con le esperienze di propulsione si studia, mediante modelli, il comportamento di un propulsore, costituito da una o più eliche, nella propulsione di una data carena, determinando il numero di giri che, per ciascun valore della velocità della nave al vero, le eliche dovranno compiere per effettuarne la propulsione, i valori corrispondenti delle spinte, delle forze di rotazione e dei rendimenti delle eliche accoppiate, nonché il rendimento propulsivo e i fattori da cui risulta costituito. E se si eseguono diverse esperienze variando dall'una all'altra il tipo delle eliche, il loro numero, la loro disposizione rispetto allo scafo, il senso di rotazione, ecc., si potrà stabilire, come spesso si fa nel caso di costruzioni di notevole importanza, quale è il propulsore che presumibilmente darà i migliori risultati. Nello stesso tempo, gli elementi che con queste esperienze vengono raccolti durante l'esercizio delle vasche sperimentali costituiscono una guida per lo studio preliminare di nuovi progetti e un insieme di dati di fatto, di cui è superfluo rilevare l'importanza per il contributo che possono apportare all'indagine scientifica, fornendo un mezzo per il controllo delle deduzioni teoriche, più che necessario nello studio dell'azione di fluidi in moto. Nelle esperienze di propulsione, il modello del propulsore e quello dello scafo al quale esso è accoppiato, sempre occupando la stessa posizione relativa secondo la quale debbono trovarsi nella nave al vero, possono essere indipendenti, ovvero collegati. Si hanno così: il procedimento con modelli indipendenti, che è quello originario di W. Froude, applicato e perfezionato nella sua essenza da G. Rota e da A. Scribanti presso la Vasca della Spezia, e il procedimento con modelli collegati, ideato, anche alla Spezia, da N. Pecoraro e applicato a preferenza in molti istituti sperimentali, con sistemazioni che sono in sostanza quelle che, in forma più complessa per la maggiore importanza dell'impianto, furono già, dallo stesso Pecoraro, abilmente studiate e realizzate in una sua barca sperimentale per ricerche intorno alla propulsione e alle qualità evolutive delle navi.
Quale che sia la disposizione, qui interessa semplicemente sapere che, mentre il sistema costituito dal modello di nave e di propulsore avanza a una data velocità v, è possibile misurare, per ciascun valore del numero di giri dell'elica, non solo la spinta da essa esercitata, la forza di rotazione e il rendimento, ma anche la resistenza e alla propulsione incontrata dal modello di carena mentre l'elica funziona. Si può così tracciare, per ciascun valore v1 della velocità di avanzo v, un diagramma (fig. 12). In esso, il punto A d'incontro della curva della resistenza ρ con quella della spinta ha per ascissa quel particolare numero di giri n1 al quale il modello di elica genera una spinta capace di muovere il modello di nave alla velocità di avanzo v1 a cui il diagramma è relativo; tale punto si chiama punto di propulsione alla velocità v1. Dal diagramma si rileva inoltre che la ρ è maggiore della resistenza r1 incontrata alla stessa velocità dal modello senza propulsore e che la differenza ρ − r1 cresce col crescere del numero di giri; essa non può dunque attribuirsi che alla presenza del propulsore in azione. Al numero di giri n1, che caratterizza il punto di propulsione, la differenza ρ − r1 è uguale a s − r1 e dà il valore dell'aumento di resistenza al regime individuato dalla v1 e dal relativo n1 che univocamente le corrisponde nella propulsione. L'effetto del risucchio resta così non solo dimostrato, ma anche misurato per ogni andatura del sistema, individuata indifferentemente dal valore di v o di n.
Per dimostrare poi la presenza della scia e il suo effetto sulla propulsione, prendiamo in esame le curve delle spinte dello stesso modello di elica mosso isolatamente a diverse velocità di avanzo e segniamo su ciascuna di esse il punto che ha per ascissa il particolare numero di giri n1 del punto di propulsione alla velocità v1 finora considerata. Vedremo che l'ordinata corrispondente, ossia la spinta dell'elica isolata, risulta minore di s per tutte le curve relative a velocità di avanzo superiori, uguali e anche, fino a un certo limite, u, inferiori a v1. A questa velocità u e allo stesso numero di giri n1, l'elica isolata produce dunque la stessa spinta che genera quando 1unziona accoppiata alla carena avanzante alla velocità v1. Si viene quindi in generale alla conclusione che, per quel che concerne la spinta, la presenza della carena influisce sul funzion. imento del propulsore allo stesso modo come influirebbe una corrente uniforme, ossia una scia ipotetica di velocità v − u, circondante l'elica, la quale, pur avanzando nello spazio con la velocità v della nave di cui fa parte, verrebbe ad avere, rispetto a questa corrente uniforme, cioè all'acqua circostante, la velocità relativa v − (v − u) = u e quindi si troverebbe nelle stesse condizioni di funzionamento dell'elica isolata, avanzante a velocità u.
Nel progetto dei propulsori, è questa corrente uniforme ipotetica che viene considerata come scia di carena, non avendosi cognizioni intorno al moto effettivo dell'acqua, né intorno all'influenza che questo moto effettivo, supposto noto, avrebbe sul funzionamento del propulsore; la sostituzione è perfettamente lecita per il proporzionamento di un propulsore ad elica, perché la scia uniforme ipotetica che si considera è proprio quella che produce, sul funzionamento di esso, gli stessi effetti della vera scia, almeno per quanto concerne la spinta. Lievi variazioni si riscontrano nei valori dei momenti motori e di esse si tien conto nello studio del rendimento propulsivo. Questo argomento e l'altro del trasferimento dei risultati sperimentali al sistema al vero sono però troppo estesi per essere qui riassunti; per essi si consultino le opere sottoindicate.
Bibl.: G. Rota, La vasca per le esperienze di architettura navale, Genova 1898; D. W. Taylor, Resistance of ships and screw propulsion, New York 1907; id., The speed and power of ships, New York 1911; S. W. Barnaby, Marine propellers, Londra 1908; M. Gleijeses, L'incidenza nelle eliche e le eliche ad incidenza uniforme, Napoli 1912; G. Rota, Quadro calcolatore per le eliche, Roma 1916. Si vedano inoltre, per singoli studî speciali: Rivista marittima, Roma, contenente i lavori di G. Rota, A. Scribanti, N. Pecoraro (1897-1903), G. Rabbeno (1910, 1928), E. Pierrottet (1923, 1928), L. Fea (1928), ecc.; Atti del Collegio degli ingegneri navali e meccanici in Italia, contenenti i lavori di Rota e di Pecoraro (1911); Transactions of the Institution of naval Architects, Londra, contenente una serie numerosissima di lavori, da quelli di W. J. M. Rankine (1865), di W. Froude (1878), di A. G. Greenhill (1888), fino a quello presentato da G. Rabbeno al congresso di Roma (1929); Jahrbuch der schiffbautechnischen Gesellschaft, Berlino, contenente anch'esso numerosi lavori, tra i quali quelli di Ahlborn (1905), di O. Flamm (1908), ecc., e specialmente quello del Föttinger (1918) per lo studio del campo di vortici inerente al funzionamento delle eliche.
V. tavv. CXXV e CXXVI.
Elica aerea. - L'elica aerea (fr. hélice; sp. hélice; ted. Luftschraube; ingl. airscrew) trova la sua principale applicazione nella propulsione degli aerei. L'analogia tra l'elica e la vite, di cui si trova traccia nel nome stesso che l'elica aerea ha in alcune lingue (inglese, tedesco) può riuscire utile in alcune considerazioni elementari, ma non illumina sul funzionamento reale dei propulsori: occorre fare uso di considerazioni tratte dall'aerodinamica (v.).
La forma geometrica di un'elica si suole caratterizzare eseguendo nella pala un certo numero di sezioni con superficie cilindriche coassiali all'elica (fig. 14). Il cilindro tangente definisce il raggio R dell'elica. Le suddette sezioni (da un certo raggio in poi) sviluppate in piano presentano la forma caratteristica dei profili alari (fig. 15) tanto più sottili quanto più lontane dall'asse; esse hanno perciò un dorso e una faccia, che definiscono rispettivamente il dorso e la faccia della pala, un lembo d'entrata e un lembo d'uscita che definiscono gli omonimi lembi (o orli o bordi) della pala. Nella rappresentazione geometrica delle eliche a scopo costruttivo si sogliono sostituire alle sezioni cilindriche sezioni piane (fig. 14) eseguite con piani perpendicolari a una retta (Oa) ortogonale all'asse di rotazione (asse della pala).
Consideriamo ora la traiettoria descritta da un punto qualunque dell'elica (si suppone che tanto la traslazione quanto la rotazione siano uniformi).
Essa è pure un'elica cilindrica, di cui fu già definito il passo (avanzo) e si sviluppa in una retta che fa un angolo ϕ con la normale all'asse. Si ha:
L'inclinazione dell'elica descritta dall'estremità della pala si esprime nel modo seguente:
Essa caratterizza la condizione di funzionamento per quanto riguarda i rapporti delle velocità (V0 = velocità di avanzamento, ΩR = velocità periferica o tangenziale) e si chiama coefficiente di avanzamento o rapporto di funzionamento.
Se si combinano (fig. 15) la velocità d'avanzamento V0 e la velocità tangenziale rΩ dei punti di una sezione, si ottiene la velocità W0 relativa all'aria supposta immobile (velocità relativa apparente). Essa forma naturalmente l'angolo ϕ con la direzione rΩ. L'angolo α0 che la corda c fa con W0 è l'incidenza apparente della sezione. La ragione dell'aggettivo "apparente" sta nel fatto che la sezione incontra in realtà aria già influenzata dall'elica e che ha perciò un proprio moto. La velocità relativa effettiva e l'incidenza effettiva si hanno tenendo conto di questo stato di movimento.
Una distinzione che suol farsi è in eliche traenti ed eliche spingenti (impropriamente dette anche trattive e propulsive) a seconda della loro posizione nell'aeroplano. I due casi sono illustrati nella fig. 16 che non richiede spiegazioni. Una disposizione abbastanza frequente è quella delle eliche in tandem, cioè collocate una dietro l'altra, con gli assi l'uno sul prolungamento dell'altro. Le due eliche ruotano generalmente in senso contrario. Eliche affiancate si dicono le eliche di un aeroplano a più eliche quando queste sono disposte una accanto all'altra con gli assi paralleli. Le due disposizioni (in tandem, affiancate) possono evidentemente combinarsi fra loro.
Diagrammi caratteristici. - Se s'indica con T la spinta dell'elica, con Q il momento motore, con P la potenza assorbita, con ρ la densità del mezzo, si definiscono i coefficienti (adimensionali) di spinta, di momento (o di potenza) mediante le formule di Renard:
Poiché P = QΩ, segue
Se si ammette che la similitudine geometrica porti di conseguenza la similitudine dinamica (legge di similitudine di Newton-Mariottei, si dimostra facilmente che per eliche simili geometricamente, in condizioni (cinematicamente) simili di funzionamemo, i coefficienti τ e κ sono gli stessi. La similitudine cinematica è espressa dall'uguaglianza del rapporto di funzionamento γ. Segue che i coefficienti τ e κ sono funzioni di γ e come tali rappresentabili in diagramma (fig. 17).
Il rendimento η dell'elica di propulsione è espresso dal rapporto fra il lavoro utile TV0 e il lavoro speso P; perciò:
Anche η è dunque funzione di γ. Eliche simili hanno gli stessi diagrammi funzionali (τ, κ, η). Per l'elica motrice evidentemente
Si ha η =0 per γ = 0 (elica a punto fisso) e per γ = γ1, dove γ1 indica il punto in cui τ = 0. Segue che η ha un massimo in un punto intermedio. Per γ compreso fra γ1 e γ2 (γ2 = punto in cui κ = 0)η diviene negativo, perché τ diventa negativo, mentre κ si conserva positivo. Molti autori definiscono i coefficienti γ, τ e κ mediante le formule seguenti:
ai quali va aggiunto un coefficiente di potenza (diverso dal coefficiente di momento) χ???, il quale soddisfi alla relazione:
I nuovi coeffieienti sono legati ai precedenti dalle relazioni:
Il rendimento η è, inoltre, in funzione dei nuovi coefficienti:
I diagrammi caratteristici delle eliche servono a risolvere i problemi meccanici ad esse relative. Essi sogliono talvolta tracciarsi in coordinate logaritmiche e in questa forma si prestano particolarmente alla risoluzione del problema dell'adattamento del propulsore all'aereo, cioè la scelta del propulsore più conveniente per un dato apparecchio in vista delle qualità di volo che ad esso si richiedono.
L'aerodinamica dell'elica. - L'elica produce spinta e coppia in virtù delle azioni aerodinamiche che si esercitano fra le pale e il fluido in cui l'elica funziona. Tali azioni imprimono al fluido, supposto originariamente in quiete o in condizioni di moto uniforme, velocità addizionali, che si chiamano incrementi. Si hanno incrementi assiali, radiali e tangenziali.
La fig. 18 a) rappresenta schematicamente il funzionamento dell'elica a punto fisso: a monte dell'elica le linee di corrente si mantengono (mediamente) piane, perché mancano gl'incrementi tangenziali, a valle invece hanno andamento elicoidale. La fig. 18 b) e la fig. 18 c) rappresentano il funzionamento di un'elica di propulsione e di un'elica motrice, supposte immobili di moto traslatorio e investite da una corrente uniforme. Si vede che nel primo caso si ha una contrazione, nel secondo una dilatazione della vena o scia dell'elica. Per lo studio matematico del funzionamento dell'elica si hanno varie teorie, che considerano il fenomeno della propulsione da punti di vista diversi e con diverso grado di al prossimazione. La teoria impulsiva semplice applica il teorema della quantità di moto a uno schema semplificato di funzionamento, consistente nel ritenere nulli gl'incrementi di velocità tangenziale e nell'ammettere l'uniformità dell'incremento assiale in ogni sezione della scia. La spinta T dell'elica uguaglia l'incremento di quantità di moto impressa all'aria nell'unità di tempo. Se s'indica con v′ l'incremento assiale al disco (il cerchio descritto dalle pale supposte infinitamente sottili), con v1 l'incremento a grande distanza a valle del disco (dove teoricamente la scia diviene cilindrica e la pressione riprende il valore p0 della corrente indisturbata), tale uguaglianza è espressa dalla formula:
Uguagliando il lavoro compiuto dall'elica sul fluido che l'attraversa all'aumento di forza viva che esso subisce, si giunge a dimostrare la seguente relazione dovuta al Froude:
la quale esprime che l'incremento al disco è metà dell'incremento finale. Il teorema della quantità di moto e quello di Froude si possono estendere, per approssimazione, al caso in cui gl'incrementi di velocità tangenziale non sono trascurabili (teoria impulsiva ampliata) e possono applicarsi, anziché all'intera scia, alla vena tubolare che traversa il disco tra i raggi r ed r + dr. Si hanno allora una spinta elementare dT e una coppia elementare dQ, la quale ultima può metterci in relazione con l'incremento di velocità tangenziale mediante il teorema del momento della quantità di moto.
Importante per la teoria delle eliche è pure la considerazione del campo vorticoso dell'elica (teoria vorticale). Le pale possono considerarsi come vortici aderenti, la spinta su ogni elemento di esse essendo calcolabile col teorema di Kutta-Joukowski (v. aerodinamica, I, pag. 590 seg.). Dalle pale poi, in corrispondenza di ogni variazione nella circuitazione, fluiscono vortici liberi che si avvolgono a elica entro la scia, seguendo l'andamento delle linee di corrente nel moto riferito ad assi rotanti con l'elica. Gli incrementi possono considerarsi come velocità indotte dai vortici suddetti e si può, in base alla simmetria, constatare che, in corrispondenza delle pale, solo gli incrementi indotti dai vortici liberi sono efficaci. Alle due teorie, impulsiva e vorticale, si collega la teoria aerodinamica, basata sull'assimilazione dell'elemento di pala ad un elemento d'ala. La velocità relativa effettiva sul disco, W′, si compone (fig. 19) della velocità relativa apparente W0 e della velocità incrementale o indotta w′ che, per il teorema di Froude, è metà dell'incremento finale w1. Ad essa corrisponde un'incidenza effettiva a; la differenza ai fra l'incidenza apparente a0 ed a si chiama incidenza indotta. Le azioni aerodinamiche dFp, e dFr, sull'elemento possono calcolarsi in base ai coefficienti di portanza e di resistenza (cp, e cr,) proprî del profilo dell'elemento per allungamento infinito e per la suddetta incidenza effettiva. Si può anche effettuare il calcolo mediante l'incidenza apparente, attribuendo a ogni sezione un particolare allungamento virtuale. Le azioni elementari proiettate in direzione assiale e in direzione tangenziale forniscono una forza assiale elementare dFa e una forza tangenziale elementare dFc, alla quale ultima corrisponde un momento elementare r.dFc. Gl'integrali delle forze e dei momenti elementari forniscono la spinta e la coppia dell'elica. Su questi concetti sono fondati i varî metodi di ealcolo aerodinamico delle eliche. Citiamo: il metodo dell'allungamento virtuale, il metodo dell'incidenza indotta costante e il metodo degl'incrementi medi di E. Pistolesi, il metodo dell'incidenza effettiva di Glauert, il metodo Kármán-Bienen ecc. La teoria moderna delle eliche è stata sviluppata da varî ricercatori, spesso a insaputa l'uno dell'altro: Joukowski (Žukovskij) in Russia, Prandtl e Betz in Germania, Pistolesi in Italia, Glauert in Inghilterra e varî altri.
Le esperienze sulle eliche. - Ricordiamo le antiche esperienze a punto fisso di Boyer Guillon, di Renard, di Langley, ecc.; quelle in traslazione di E. Archdeacon con motocicletta a elica, di Ferber con carretto a elica, della Brigata italiana specialisti con un idroplano, di Dorand col carrello dinamometrico, di Chauvière con una automobile dinamometrica, ecc. Più recenti sono le esperienze fatte con uno speciale mozzo dinamometrico che fornisce la misura e la registrazione della spinta e della coppia. Più feconde di risultati si sono addimostrate le esperienze su modelli al tunnel o canale a vento (v. aerodinamica). Ricordiamo quelle condotte, fino dal 1912, con mezzi ancora alquanto imperfetti, ma pur tuttavia con risultati assai interessanti, dal Costanzi in un tunnel del Laboratorio di costruzioni aeronautiche del Battaglione specialisti del Genio, a Roma. Importanti serie di esperienze sistematiche sono state condotte dall'Aeronautical Research Committee in un tunnel del National Physical Laboratory inglese e dal Durand e dal Lesley per conto del National Advisory Committee for Aeronautics americano al tunnel della Leland Stanford University. L'uso delle esperienze su modelli si fonda sulle formule di similitudine di Renard, ma la pura e semplice applicazione di esse è un procedimento di prima approssimazione, nel quale si trascurano non poche delle circostanze che influiscono sull'andamento del fenomeno (viscosità e compressibilità del fluido, deformabilità delle pale, ecc.). Lo studio del problema per mezzo delle equazioni dimensionali (v. aerodinamica) indica le condizioni che debbono essere soddisfatte affinché sia eliminata l'azione delle varie cause, almeno di quelle che maggiormente influiscono sui risultati.
Soddisfare contemporaneamente tutte le esigenze conduce a operare con un modello uguale all'elica obiettiva in uguali condizioni di funzionamento. A tale concetto rispondono alcuni canali a vento di grandi dimensioni, recentemente costruiti, che permettono la prova di eliche al vero.
Problemi particolari. - Accenniamo semplicemente ad alcuni dei numerosi problemi che presenta lo studio del funzionamento delle eliche: a) eliche in tandem (e come caso particolare eliche con contro-elica, questa essendo un'elica bloccata, che ha unicamente lo scopo di dirigere i filetti fluidi, eliminando o riducendo la torsione della scia); b) elica in corrente obliqua all'asse (interessa per l'aeroplano in deriva, per l'elicottero in traslazione, per l'autogiro); e) elica in corrente non uniforme (interessa per le eliche funzionanti in vicinanza di carene); d) influsso mutuo fra propulsore e carena; e) influsso della scia dell'elica sulla portanza di ali, piani di governo, ecc., che ne siano investiti.
Costruzione delle eliche. - Le eliche si costruiscono, come si è detto, generalmente a 2 pale, meno di frequente a 4, raramente a 3. Si costruiscono di legno, oppure di metallo. Scarso seguito hanno avuto i tentativi di costruzione in altri materiali (es. backelite micarta). Il legno più adoperato è il noce (Juglans regia), ma anche altre essenze sono ammesse sotto determinate condizioni. L'elica è ricavata da un blocco formato di tavole sovrapposte e incollate (fig. 20), il che serve a ridurne le deformazioni. L'elica finita deve essere equilibrata e accuratamente verniciata.
La costruzione metallica va estendendosi per i suoi pregi d'indeformabilità, resistenza, durata, ecc. Si hanno: eliche di lamiera di acciaio dolce: Leitner-Watts (fig. 21), costituite da due gusci saldati ai bordi, rinforzati verso la base da altre lamiere sovrapposte e da costole chiodate o saldate; eliche di duralluminio: Reed monoblocco, a pale torte (fig. 22); Standard Steel Propeller Co., a pale indipendenti in alferium; Levasseur a passo regolabile, e altre. Non sono mancati tentativi di costruzione di eliche in elektron o altre leghe al magnesio, ma esse non sono ancora entrate nell'uso.
Per la costruzione delle eliche ha grande importanza il calcolo delle sollecitazioni a cui si trova sottoposto il materiale per l'effetto combinato delle forze aerodinamiche e della forza centrifuga. Si hanno sollecitazioni a trazione, a flessione e taglio, a torsione. Altre sollecitazioni possono nascere per effetto giroscopico, nel volo in curva. Si dimostra la possibilità di effettuare una compensazione fra i momenti flettenti dovuti all'azione dell'aria e quelli dovuti alla forza centrifuga, dando alla linea baricentrica un abbattimento o curvatura conveniente (campanatura).
Eliche a passo variabile. - Le comuni eliche risultano adattate all'aereo per un certo limitato campo di funzionamento, dal quale quanto più ci si allontana, tanto meno perfetto diviene l'adattamento. Perciò in pratica l'adattamento del propulsore all'aereo è un compromesso fra le varie esigenze. Questa deficienza dell'elica rigida si accentua grandemente con l'uso dei motori sovralimetati (v. motore: Motori a scoppio). Un adattamento perfetto per ogni condizione richiederebbe la contemporanea variabilità del passo e del diametro, ma una soluzione soddisfacente si ha anche dalla sola variazione del passo, che si ottiene facendo le pale girevoli intorno a un asse longitudinale. Le eliche a passo variabile non sono ancora entrate nell'uso corrente, ma si hanno già notevoli realizzazioni, in alcune delle quali la variazione del passo è comandata dal pilota, in altre avviene automaticamente (ad es., in funzione della pressione e quindi, indirettamente, della quota). La fig. 23 rappresenta l'elica a passo variabile Marchetti, pale di duralluminio, con variazione del passo a comando del pilota. Per quanto sopra si è accennato, l'uso dell'elica a passo variabile è necessario con i motori sovralimentati.
Eliche motrici. - Le eliche motrici, o aeromotori ad elica, hanno un'antica e assai razionale realizzazione nei mulini a vento tipo olandese. Altro aspetto, più moderno, delle eliche motrici o mulinelli, è rappresentato dalla fig. 24. Si è già accennato al principio del loro funzionamento.
Applicazioni: a) sfruttamento dell'energia del vento. Dato un vento di velocità V0 si può, in base alla teoria impulsiva semplice, determinare l'energia massima teorica che se ne può ricavare con un mulinello di raggio R. Sia V1 〈 V0 la velocità finale del vento; in base al teorema di Froude sarà 1/2 (V0 + V1) la velocità del vento al disco e l'energia ceduta dal vento all'elica risulterà 1/2 ρπR2•1/2 (V0 + V1) (V03 − V12).
Il massimo di quest'ultima espressione si ha per V1 = 1/3 V0 ed è uguale a 8/27 ρπR2 V03. L'energia effettiva ricavata sarà uguale alla precedente moltiplicata per un coefficiente di utilizzazione ηi (analogo al rendimento idraulico delle turbine) che tiene conto della velocità tangenziale, della resistenza di profilo e della depressione di scia conseguente alla velocità tangenziale.
Problemi relativi a questi aeromotori sono: l'orientazione dell'asse dell'elica nella direzione del vento, il che si ottiene a mezzo di ventole direttrici, l'utilizzazione dell'energia fornita a velocità variabile in relazione alla velocità del vento (speciali generatrici elettriche, sollevamento di acqua, ecc.); b) comando di piccoli generatori elettrici, del dispositivo di scatto di macchine fotografiche e di altri piccoli apparati montati su aeroplani in volo. Per il comando di generatrici elettriche si hanno speciali mulinelli autoregolatori del passo, atti a mantenere la velocità di rotazione costante; c) apparecchi di misura della velocità delle correnti (anemometri a elica).
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