ELIA
Secondo il Chronicon Altinate, "fuit nacione Graecorum" e dal 571, come ha potuto stabilire lo Stein (e non dal 573 come affermava lo Stoppato), fu patriarca di Aquileia anche se, per sfuggire all'invasione longobarda, risiedette a Grado, come il suo predecessore Paolino. Ed è a Grado che, secondo varie cronache venete, riunì il 3 nov. 579 nella cattedrale una sinodo. Ma la data, le caratteristiche e addirittura la reale convocazione di questa sinodo hanno suscitato una viva discussione tra gli studiosi.
Infatti fra i documenti conservati negli atti del concilio di Mantova dell'827, nei quali si fa riferimento alle decisioni prese a Grado nel 579, sono registrate soltanto le sottoscrizioni dei vescovi che sarebbero intervenuti; mentre il testo degli atti, tramandato in cronache molto più tarde, come quella di Andrea Dandolo, presenta evidenti contraddizioni.
La sinodo gradense, secondo questo testo, sarebbe stata tenuta con l'approvazione del papa Pelagio II in presenza del legato pontificio Lorenzo che avrebbe letto un privilegio con il quale il papa ratificava il trasferimento della sede vescovile da Aquileia a Grado e la sua supremazia metropolitica. In questa stessa sinodo, però, si sarebbero riconosciuti il concilio di Calcedonia e i precedenti concili di Nicea, di Costantinopoli (I) e di Efeso senza, tuttavia, nominare il costantinopolitano II dalla cui definitiva condanna degli scritti di Teodoro di Mopsuestia e di alcuni passi delle opere di Teodoreto di Ciro e di Iba di Edessa era nato lo scisma dei Tre Capitoli a cui aderiva, come il suo predecessore Paolino, Elia. È evidente che questa implicita professione di fede scismatica mal si accorda con la presenza di un legato pontificio e con l'approvazione papale. Perciò, se il Baronio, il Noris e il Troya avevano considerato gli atti autentici, già il Muratori, il De Rubeis e il Mansi li ritennero falsi o almeno interpolati. Il Cessi, sottoponendo a un attento esame tutte le fonti che tramandano gli atti e le notizie relative a essi, giunse alla conclusione che la sinodo gradense fu realmente convocata nel 579; mentre il Friedrich ritenne che si fosse svolta tra il 571 e il 576 o al più tardi nel 577. Unico scopo di tale sinodo era quello di confermare l'adesione di E. e dei suoi vescovi suffraganei allo scisma tricapitolino. La lettera di Pelagio II che riconosceva il trasferimento della sede vescovile e la supremazia patriarcale di Grado nonché la presenza del legato Lorenzo sono interpolazioni inserite in vari momenti, identificabili tra i secoli IX e XI, legati alle fasi della lotta tra Aquileia e Grado per il riconoscimento della sede vescovile e della supremazia metropolitica.
E., nei primi anni del suo episcopato, si limitò dunque a confermare la sua adesione allo scisma tricapitolino senza compiere alcun trasferimento ufficiale o legale della sede vescovile, come invece affermano le cronache venete.
La fede scismatica caratterizzò l'intero episcopato di E. tanto che Pelagio II inviò a lui e ai vescovi istriani tre lettere redatte negli anni intorno al 585 con le quali cercò di ottenere la loro adesione alla Chiesa di Roma. La terza lettera è quasi un trattatello sui Tre Capitoli; per questo motivo si è giustamente pensato che fosse un memoriale che doveva accompagnare la lettera precedente.
Sulla base di una notizia tramandata nella Historia Langobardorum da Paolo Diacono, questo memoriale è stato attribuito a Gregorio Magno che l'avrebbe redatto, prima della sua elezione al soglio pontificio, mentre era ancora diacono. Tanto Hartmann quanto Schwartz ritengono, per ragioni di stile, che le tre lettere siano opera di uno stesso autore. Gregorio nell'ottobre del 584 si trovava ancora a Costantinopoli e rientrò a Roma molto probabilmente solo nel 586. Secondo lo Schwartz non può quindi essere l'autore di questo testo o perlomeno soltanto di questo perché in tal caso lo dovrebbe essere, per le ragioni stilistiche ricordate, anche delle due lettere precedenti.
Pur non essendo state conservate le risposte di E. e dei vescovi istriani al pontefice, non vi possono essere dubbi che E. al momento della sua morte aderiva ancora allo scisma tricapitolino perché i vescovi "Venetiarum vel Secundae Retiae", dopo il concilio di Marano del 591, ricordano in una lettera all'imperatore Maurizio che l'esarca Smaragdo - inviato in Italia nel 585 c. - "pro causa ipsa [scil. i Tre Capitoli] pluribus vicibus contristaret" Elia.Tanto che, su consiglio di tutti i suoi vescovi, E. si era rivolto direttamente all'imperatore ottenendo un suo intervento su Smaragdo perché nessun vescovo fosse molestato a causa dello scisma.
L'attività di E. non si esaurì nella difesa dei Tre Capitoli, ma si esplicò anche nella costruzione a Grado dell'episcopato e di varie chiese. Una cura particolare riservò alla cattedrale dedicata a s. Eufemia in occasione della sinodo del 3 nov. 579. Una epigrafe musiva, tutt'ora conservata nel pavimento del duomo, ricorda che la cattedrale era stata costruita da E. - già morto al momento in cui l'epigrafe veniva posta - con grande magnificenza su di un edificio precedente, piccolo e vetusto.
Gli scavi condotti nel duomo hanno confermato il contenuto di questa epigrafe per quanto riguarda l'esistenza, in sito, di una piccola chiesa, mentre i restauri hanno permesso di trovare altre testimonianze coeve dell'intervento di Elia. Infatti il Brusin ha potuto identificare nello stesso pavimento della cattedrale un clipeo con una iscrizione musiva mutila il cui testo reintegrato attribuisce a E. la costruzione della chiesa. Anche nel diaconicon un medaglione con una iscrizione analoga, con il suo monogramma, gli attribuisce l'edificazione del locale, mentre sul pavimento musivo del luogo dove è sepolto il vescovo Marciano è tracciato il monogramma di Elia.
Lo stesso monogramma si ritrova anche su di un capitello che, secondo Tagliaferri, apparteneva alla trichora di S. Eufemia, mentre secondo Zovatto proviene dalla pergula della chiesa di S. Maria delle Grazie. Di questa chiesa E. rinnovò la struttura architettonica e vi fece costruire prothesis e diaconicon. Così sembra che gli vada anche attribuita la radicale trasformazione, avvenuta nel sec. VI, della chiesa di piazza della Vittoria già piazza della Corte, che si può identificare con la chiesa di S. Agata o di S. Giovanni Evangelista. Gli scavi e gli studi moderni confermano almeno in parte le notizie tramandate da Andrea Dandolo che attribuiva, come gli altri cronisti, a E. non solo la costruzione dell'episcopio e della cattedrale ma anche la trasformazione di un tempio pagano in onore di Bethel, che va forse identificato con Beleno, in un monastero femminile dedicato a s. Pietro Apostolo e la costruzione di un monastero maschile in onore di Maria nell'isola di Barbana.
Il Dandolo attribuisce a E. anche la traslazione di una serie di reliquie ma le sue notizie appaiono o prive di fondamento come nel caso delle ss. Dorotea, Tecla ed Erasma, ritenute compagne di s. Eufemia, e il cui culto non è attestato prima del sec. IX, oppure imprecise come nel caso dei ss. Canzio, Canziano e Canzianilla. Infatti il ritrovamento, nel 1871, sotto l'altare maggiore della cattedrale di Grado di una capsella ellittica in argento la cui manifattura risale, con molta probabilità, agli inizi del sec. V, che porta incisi i nomi dei santi aquileiesi Canzio, Canziano e Canzianilla nonché dei ss. Quirino e Latino, fa presumibilmente ritenere che tali reliquie facessero parte del tesoro portato da Aquileia a Grado e siano state collocate in questo luogo nel momento della dedicazione della cattedrale per opera di Elia. Il Dandolo invece afferma che le reliquie dei ss. Canzio, Canziano e Canzianilla furono deposte nella chiesa di S. Giovanni Evangelista, mentre quelle dei santi martiri Ilario Taziano e Quirino furono poste in S. Eufemia.
Il documento di Pelagio II del marzo 585 che sottoponeva alla Chiesa di Aquileia, nel suo vescovo E., il monastero veronese di S. Maria in Organo è una falsificazione del sec. X o XI, come affermato dal Paschini nel 1911.
Il Gamber e lo Huglo attribuirono a E. una Homelia ad neophytos, edita dal Dold.
E. morì dopo 14 anni, 10 mesi e 21 giorni di episcopato nel 586-587. Il suo corpo fu sepolto nella cattedrale di Grado da lui edificata.
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