ASTORINI, Elia
Nacque il 3 genn. 1651; è incerto se a Cirò, feudo degli Spinelli principi di Tarsia che lo protessero nelle ultime fortunose vicende della sua vita (Zavarroni), o ad Umbriatico oppure ad Albidona (Gimma), dove il padre Diego esercitò la professione di medico e dove sicuramente egli trascorse gli anni dell'adolescenza. Sedicenne, nel 1667, entrò fra i carmelitani dell'antica osservanza, mutando il nome di Tommaso Antonio in quello di Elia. Completò gli studi di filosofia aristotelica a Napoli nel convento dei Carmine Maggiore (dove appartenne all'Accademia degli Incauti) e a Roma quelli di teologia. La morte del padre lo richiamò in Calabria, nell'ambiente familiare.
Stando ai suoi biografi, in questi anni (1670-75) si colloca la sua prima crisi spirituale che investe il campo delle dottrine filosofiche acquisite: un radicale atteggiamento antiperipatetico lo avrebbe indotto a formarsi un sistema eclettico platonico-pitagorico e meccanicistico-materialistico, quest'ultimo ispirato dalla lettura delle opere di Galilei, Gassendi, Cartesio, Mersenne, Hobbes. Più prechaniente. possiamo dire, sulla base degli elementi desumibili da taluni suoi scritti, che egli riprese il pensiero dei suoi conterranei, del famoso "notomista" Marco Aurelio Severino, erede delle speculazioni campanelliane e delle teorie fisiognomiche del Della Porta; di Carlo Musitano, che aveva accolto le posizioni dei "moderni" come elaborate dalla napoletana Accademia degli Investiganti; e soprattutto di Tommaso Comelio, del quale l'A. amò più tardi dichiararsi nipote (cfr. Giornale de, Letterati del 1692..., p. 119).
La crisi non gli impedì tuttavia di raggiungere il sacerdozio nel 1675 e di divenire, nel 1680, reggente degli studi e lettore di filosofia e teologia nel convento dei suo Ordine a Cosenza. Ma i confratelli, nella congregazìone della provincia di Calabria, il 26 aprile dell'anno successivo, gli si ribellarono apertamente chiedendo al generale la sua sostituzione. Rivalità locali, come il contrasto tra l'A. e il provinciale P. T. Puglisi, adombrano l'inquietudine intellettuale del giovane religioso e le resistenze di metodi tradizionali di studio. Sospeso dall'insegnamento, penitenziato nel carcere della curia arcivescovile di Cosenza durante il 1682, l'A. è infine inviato a Roma per un giudìzio definitivo da parte deì superiori dell'Ordine. Dopo un breve ciclo di predicazìone si ritira ad Albano: non si sa se per punizione inflittagli o per motivi di salute. Ha comunque ìnizio adesso il momento più ambiguo e per taluni aspetti più oscuro della sua vita.
Nel 1683 passa a Bari, dove stringe amicizia con G. Tremigliozzi, seguace del gassendista Sebastiano Bartoli e del Cornelio e fondatore in quello stesso anno dell'Accademia dei Coraggiosi, bandìtrice delle nuove dottrine antigaleniche nel settore delle scienze mediche. Partecipò alle polemiche del Tremigliozzi in difesa del Musitano e compose un "epitafio" sulla "materia prima" per quella Nuova Staffetta del Parnaso circa gli affari della medicina... dirizzata all'illustrissima Accademia degli Spensierati di Rossano, Francoforte 1700, che ad opera del Tremigliozzi costituì una convinta difesa del metodo sperimentale degli Investiganti contro la metodologia cartesiana. A Bari conobbe il Gimna, che sarà il suo più diffuso biografo, al quale avrebbe mostrato vari suoi lavori manoscritti (tra essi un'Ars magna trigonometrica di cui si dirà più avanti). Predicò a S. Nicola e visse nel convento carmelitano barese dal quale poco tempo prima era fuggito, apostata in Svizzera, il priore Angelo Rocco. Se dietro esempio del Rocco o per raggiunta maturazione della sua crisi, è certo comunque che di lì a poco l'A., rotto ogni indugio, depose l'abito religioso e riparò anch'egli oltr'Alpe.
Da Zurigo raggiunge Basilea, dove nell'ottobre del 1684 presenzia a esperimenti. di medicina di J. J. Harder (Apiarium observationibus medicis ... refertum,Basileae 1687, pp. 28, 47, 110) e dove rimane circa un anno seguendo anche i corsi di teologia di J. R. Wettstein (non si sa se il padre, morto nel 1684, o il figlio succedutogli nello stesso anno sulla cattedra). Sostò nel Palatinato presso il principe elettore Carlo fino alla morte di lui (26 maggio 1685), per trasferirsì poi, nel suo peregrinare da università ad università, a quella di Marburgo dove divìene viceprefetto con facoltà di insegnare filosofia pur non essendo addottorato (stando al Gimma, ma la notizia non trova conferma nel Catalogus professorum Academiae Marburgensis 1527-1910, a cura di F. Gundlach, Marburg 1927). A Marburgo prosegue con fervore gli intrapresi studi di medicina ascoltando le lezioni del rettore J. J. Waldschmiedt. Nel 1686, dopo un breve soggiorno a Brema, è a Groninga: insegna matematica nel collegio dei nobili cadetti francesi e si laurea in medicina, il 1° novembre, con la dissertazione De vitali oeconomia foetus in utero,Groningae 1686 (pubblicata sotto il nome di Tommaso Antonio), che pare sottendere nello studio del problema della fecondazione, oggetto allora di discussione tra "ovisti" e "animalculisti", le preoccupazioni speculative dell'autore, volte sulla scia del Severino e più del Bartoli alla ricerca del "principio" vitale e formativo dell'embrione.
Durante il soggiorno in Olanda, tra il 1686-88, si ha notizia vaga di una sua partecipazione alle polemiche religiose nell'ambito del calvinismo: la difesa che egli assume del cattolicesimo preannunzia un suo più meditato ritorno all'antica fede. Attaccato pubblicamente dai ministri calvinisti, si rifugia ad Amburgo. Qui una sua lettera al S. Uffizio, con la richiesta di poter ritornare in Italia, gli procura una benigna risposta da parte del cardinale Lorenzo Brancati di Lauria e un salvacondotto. Assolto dal vescovo di Münster il 13 dic. 1688, è a Roma il 13 marzo dell'anno successivo.
Riammesso nell'Ordine, predicò a Pìsa e, nel 1690, la quaresima a Firenze. Conobbe allora A. Marchetti, cui dovette unirlo l'interesse per la filosofia "corpuscolare" e che lo presentò al Magliabechi, il Redi, cui lo legò la comune curiosità per il problema della generazione, e il Viviani. là questo, tra il 1691-94, il periodo culturamente più felice dell'Astorii.
Nel 1691, per interessamento del principe Gian Gastone de, Medici, ottiene la cattedra di matematica nella Nuova Accademia dei nobili senesi: per l'insegnamento prepara un'edizione degli Elementa Euclidis ad usum Novae Academiae Nobilium Senensium nova methodo et succincta demonstrata..., Senis 1691,dedicata al principe protettore. Ma la prefazione è indirizzata al Redi, e in essa l'A. chiarisce il proprio metodo ("... etiam proportiones ipsas, quarum nimis longa est series, redigerem. ad acquationes, more Analystarum", p. X) ed esalta la matematica in funzione dello sviluppo delle scienze naturali, concludendo con un elogio della scuola scientifica toscana, dal Galilei al Redi al Torricelli al Viviani al Marchetti al Bellini al Malpighi. Il Redi lo ringraziò (v. lettera del 18 sett. 1691, edita in Gimma, p. 413), promettendo di intervenire nuovamente presso Gian Gastone: il che dovette procurare all'A. la cattedra straordinaria di filosofia naturale nell'università di Siena, che resse dal 5 nov. 1692 al 3 apr. 1694.
Intanto, nel 1691, l'A., con Pirro Maria Gabrielli e Teofilo Grifoni, è tra i fondatori dell'Accademia dei Fisiocritici e ne diviene "principe perpetuo" (v. lettera del Redi al Gabrielli del 6 ott. 1691, in Redi, Opere,VIII, p. 56).Dalle lettere che l'A. indirizzò m questo tomo di tempo al Maghabechi desumiamo molte preziose notizie circa i rapporti tra cultura filosofica e scientifica meridionale e tradizione sperimentale toscana, rinnovando l'A. quell'incontro che per la generazione -precedente era stato compiuto a Pisa dalla scuola iatromeccanica,di G. A. Borelli. Il rapporto ideale tra le due culture è anzi tanto stretto che l'A. teme per quella toscana, le ripercussioni della lotta scoppiata a Napoli contro la filosofia "moderna" (processo degli ateisti): "In Napoli vi sono di gran rumori: mi scrivono che sia stata origine la dottrina di Tomaso Comelio e che già la modernità va sossopra. Mi dispiace per diversi capi, benché io non dubiti esservi framischiate delle calunnie degli emoli aristotelici e galienisti, e molto più mi dispiace per essersi già qui in Siena eretta un'Accademia fisicomedica tutta moderna e per esserne io stato eletto principe perpetuo. L'abbiamo celebrata due volte con l'intervento di tutta la più dotta nobiltà, ma adesso ci siamo raffredati non sapendo dove vadano a terminare le faccende" (al Magliabechi, Siena, novembre 1691). Sotto la guida dell'A. l'Accademia poté tuttavia continuare con tranquillità le riunioni "colla metodo de' Progimnasmi [i Progymnasmata Physica] di Tomaso Comelio" (al Magliabechi, Siena, 15 nov. 1691).
L'A. sperò contemporaneamente di raggiungere una sistemazione migliore: ambì (1691) al titolo di maestro di teologia e sollecitò, tramite il Magliabechi, un intervento del Malpighi, per il momento senza successo (divenne maestro il 13 marzo 1693);compose, mettendo a frutto la sua diretta esperienza del mondo protestante, un Prodromus apologeticus de Potestate sanctae Sedis Apostolicae, Senis 1693,dedicato al cardinale Francesco Maria de' Medici (ristampato in J. T. Roccaberti, Bibliotheca maxima pontificia, XI, Romae 1698),introduzione a una progettata serie di dissertazioni controversistiche, che però non si distacca dalla consueta letteratura dei tempo; dedica tuttavia il meglio della propria attività ancora al settore scientifico, apprestando, tra l'altro, l'edizione delle Coniche di Apollonio, con la quale per suggerimento del Redi e del Viviani intese completare e sistemare l'edizione già apprestata dal Borelli con l'aiuto di Abramo Echellense (Firenze 1661), e stendendo uno scritto di meccanica (Commentaria ad scientiam Galilaei de triplici motu), rimasto inedito.
Ma ai primi del 1694 l'A. lascia quasi improvvisamente Siena per le non buone condizioni economiche, dati gli scarsi proventi che gli venivano dall'insegnamento, e per le sue precarie condizioni di salute. Il 29 maggio 1694 è a Roma; poi a Cosenza, quale prefetto degli studi e successivamente commissario generale nel suo convento di un tempo. Si riaccendono le persecuzioni a suo danno; le vicende sono ancora più oscure che per gli anni 1680-81, ma gli procurano la protezione del principe di Tarsia, F. Spinelli, presso il quale, a Terranova, dimorò nel 1697, e quella del cardinale Vincenzo Maria Orsini (poi Benedetto XIII), allora arcivescovo di Benevento. Il 12 genn. 1697 chiese il trasferimento dalla provincia di Calabria a quella di Terra di Lavoro nel convento di Cervinara e, in un secondo momento, in quello di Mongrassano. Nel giugno 1698 è però di nuovo prefetto degli studi a Cosenza; il 10 settembre priore del convento di Scala e come tale partecipa al capitolo provinciale del maggio 1699. Eletto priore di Mongrassano, non partecipa al capitolo dell'aprile 1701 per le peggiorate condizioni di salute e rinunzia anche alla carica.
Cura nel frattempo a Napoli la stampa dei De vera Ecclesia Iesu Christi contra Lutheranos et Calvinianos libri tres (1700), degli Apollonii Pergaei Conica (1698?, 1702?) e la ristampa degli Elementa Euclidis, Neapoli 1701.
Il nucleo ispiratore dei De vera Ecclesia... libri tres,abbozzati in parte a Siena e dedicati al principe di Tarsia, ha un reale interesse. L'A., come aveva accennato in una lettera al Magliabechi, appare preoccupato di confutare la tesi protestante circa i fondamenti aristotelici della dottrina cattolica e sostenere invece "la identificazione della nuova linea culturale incentrata sull'umanesimo e sul neoplatonismo con il cattolicesimo" (Badaloni). Sulla linea umanistica viene rivendicata anche la continuità del movimento scientifico del '600italiano. Ma tali motivi accennati nella prefazione sono sommersi, nell'opera, da un denso argomentare tradizionale, in cui tuttavia èmessa a frutto dall'A. la conoscenza dell'ebraico e delle lingue orientali.
Nel chiuso ambiente conventuale, dopo l'esperienza in terra tedesca e in Toscana (durante la quale però sembra che l'A. sia stato spinto più dall'esigenza di contatti e di fresche osmosi scientifiche che non da un meditato approfondimento culturale), accanto a un crescente disagio che lo rende insofferente della disciplina dell'Ordine e lo induce a frequenti viaggi a Napoli per sorvegliare la stampa delle sue opere, riaffiorano nell'A. le preoccupazioni proprie di una formazione e di una tradizione meno aperta e duttile: il pesante enciclopedismo e il gusto mnemotecnico della giovinezza prendono nuovamente il sopravvento sull'inteligenza sperimentale della natura, e l'A. dedica gli ultimi anni della sua vita a studi linguistici, condotti con criteri analogico-combinatori, Il consenso e dissenso delle tre Grammatiche ebraica, arabica e siriaca, e 'l modo facilissimo per apprenderle ciascheduno da se stesso in breve tempo (inedito), e ad elaborare o completare una Philosophia symbolica,sorta di enciclopedia pitagorica di cui probabilmente facevano parte opere che dai biografi ci sono indicate con titoli particolari: un'Ars magna pythagorica, un Decamerone pitagorico (esposizione in rime bernesche della filosofia naturale), una Logica pythagorica seu de natura et essentia rerum (lo stesso che l'Ars magna?).
Degli inediti è conosciuta soltanto l'Ars magna in duas divisa Dissertationes Altera De origine rerum altera De ortu et progressu Scientiarum (ms. 336;copia sec. XVIII, pp. 31 con 4 tavv., della Biblioteca Alessandrina di Roma). La copia fu effettuata dall'erudito calabrese Zavarroni per la Raccolta d'opuscoli scientifici e filologici diretta da Angelo Calogerà (cfr. acclusa allo stesso ms. una lettera dello Zavarroni al Calogerà del 21 luglio 1739).Probabilmente il carattere in apparenza bizzarro dello scritto dovette dissuadere gli editori dal darlo alle stampe. Esso, almeno nella copia dello Zavarroni, pare l'introduzione a una serie di Dissertationes e non va tout court identificato con l'Ars magna di cui fa menzione il Gimma. Se il De origine rerum,cioè la prima parte del manoscritto, può in qualche modo connettersi ai primi studi dell'A., a escludere che il De ortu et progressu Scientiarum sia uno scritto giovanile contribuiscono il cenno all'edizione postuma dei Progymnasmata del Comelio (1688),il ricordo del Redi e del Viviani, la notizia degli studi compiuti dall'A. sulla scienza galileiana del triplice moto, la notevole conoscenza che l'A. dimostra degli studi di anatonúa, elementi tutti che presuppongono appunto la sua esperienza culturale in Germania e in Toscana.
La prima parte dell'opera, che vuole essere una guida "ad metam naturalis sapientiae", contiene una critica agli schemi mnemotecnici del Lullo e del Kircher e si svolge nell'elencazione di triadi platonico-pitagoriche, alla cui base v'è il presupposto gnoseologico della possibilità di conseguire verità assolute attraverso l'ordine naturale delle idee (poiché nella natura creata v'è una "triplex virtus", "intellectiva, volitiva et effectrix", ad essa corrisponde una "triplex operatio", "interectio, volitio et impetus"' ecc.). Tale schema conduce ovviamente alla critica decisa della definitio logica aristotelico-scolastica che non attingerebbe alla "quidditas rei" come la definitio methaphysica,vagheggiata dall'autore.
La seconda parte è in sostanza una ripartizione delle scienze ancora su base platonico-pitagorica. Da "Sophia" è esclusa la logica, di cui sì ribadisce il carattere meramente discorsivo; ma a "Sophia" appartengono la metafisica (notevoli i cenni platonizzanti circa il rapporto microcosmo-macrocosmo); la fisica, per la quale l'A. si dilunga nella critica all'aristotelismo e al cartesianesimo e nell'esaltazione della filosofia atomistico-gassendiana e dello sperimentalismo galileiano, pur richiamandosi insieme nettamente alla tradizione filosofica meridionale da Bernardino Telesio a Tommaso Cornelio; la politica, per la quale egli esalta l'insegnamento di Platone; l'etica, per cui continuo è il richiamo al pensiero di Hobbes, ecc.
A questo impasto di vecchio e di nuovo, che contrappunta un momento della cultura meridionale e riflette il travaglio di un pensiero l'A. dedicò dunque lo scorcio estremo dei suoi anni, divisi tra la meditazione filosofica e la occupazione di biblìotecario presso il principe Spinelli, a Terranova di Sibari, dove morì il 4 apr. 1702.
Fonti e Bibl.: Firenze, Bibl. Naz. Centrale, Magl. CI. VIII,171, Elia Astorini lettere ad Ant. Magliabechi da 25 sett. 1691 a 29 maggio 1694 ... ; Giornale de' Letterati del 1692 e primo di Modena, pp. 118-119; Giornale... dell'anno 1693, pp. 244-246; F. Redi, Opere,VIII,Milano 1811, p. 56; G. Gimma, Elogi accademici della società degli Spensierati di Rossano,I,Napoli 1703, pp. 387-413; A. Zavarroni, Bibliotheca calabra, Neapoli 1753, pp. 172-174; G. M. Mazzuchelli, Gli Scrittori d'Italia,I,2, Brescia 1753, pp. 1194-1196 (riprende dal Gimma); N. Di Cagno-Politi, E. A. filosofo e matematico del sec. XVII, Appunti, 2 ediz., Roma 1890; G. Maugain, Etude sur l'évolution intellectuelle de l'Italie de 1657 à 1750 environ,Paris 1909, pp. 133 s.; A. Grammatico, E. A., O. Carm., insignis disceptator saec. XVII, in Analecta Ord. Carm.,VI(1927-29), pp. 493-515; N. Badaloni Introduzione a G.B. Vico, Milano 1961, p. 225.