Il primo grande profeta d'Israele (1a metà del sec. 9º a. C.); non ci restano scritti di lui, che pur ebbe nella vita politica e religiosa del suo tempo una parte eminente. Nativo, forse, di Tesbe di Galaad, fu il protagonista delle più importanti vicende religiose del regno settentrionale d'Israele; dovette infatti fronteggiare la disfatta del monoteismo yahwistico, in decadenza per le sconfitte militari di Geroboamo e di Acab e soprattutto per l'influsso su quest'ultimo della moglie fenicia Gezabele. Con indosso rozze vesti, il profeta mosse dal monte Carmelo ad annunciare una desolante siccità inviata da Yahweh per punizione dell'idolatria. L'attuarsi di questo annuncio indusse Acab a permettere la sfida di E. ai profeti di Baal: una pubblica prova sulla legittimità del culto di Yahweh o di Baal, prova che risultò a tutto favore di Elia. Al grido di "Yahweh è il mio Dio" [in ebraico Ēliyyāhū], i 400 profeti di Baal furono giustiziati, e di lì a poco cadde la pioggia ristoratrice. Perseguitato da Gezabele, E. fuggì nel deserto e di là a Damasco, dove unse, per ordine divino, Azael re di Siria, Iehu re d'Israele ed Eliseo profeta. Riapparve più tardi d'improvviso per predire al re Acab la stessa morte per lapidazione che egli aveva inflitto all'innocente Nabot, al fine di impossessarsi delle sue terre. La tradizione immagina E. rapito al cielo sopra un carro di fuoco con cavalli, pure di fuoco, nel fragore di un turbine. Poi, riprendendo una tradizione giudaica (Malachia 4, 5-6), Marco (9, 11) e Matteo (17, 10) rappresentano il ritorno apocalittico di E. come l'inizio della fine del mondo. Nel mondo medievale, questi e altri motivi concorrono alla fortuna d'una leggenda di E.: significativa la fantasia escatologica di Gioacchino da Fiore, che profetizza nella ricomparsa di E. il nuovo Battista annunciatore del regno dello Spirito. Gli spirituali credettero di riconoscere in s. Francesco l'E. di Gioacchino.