ELETTRONICA ORGANICA
I materiali e i processi. Come si muove la carica nei semiconduttori organici. Dispositivi: OLED, OPV, OFET. Applicazioni emergenti e prospettive. Bibliografia. Sitografia
L’e. o. definisce un settore della ricerca e della tecnologia in cui sostanze organiche molecolari o polimeriche, denominate semiconduttori organici (SO), sono utilizzate come materiali per trasportare una corrente elettrica in dispositivi allo stato solido. Si è affermata come piattaforma tecnologica grazie allo sviluppo di: materiali organici in cui le proprietà elettroniche e optoelettroniche sono modulate attraverso il design molecolare; processi di fabbricazione additivi, scalabili su grande area e a basso costo; nuovi dispositivi su pellicole e supporti flessibili. L’e. o. si distingue dalla microelettronica per la sua capacità di realizzare dispositivi leggeri, per la varietà dei materiali lavorati, la tipologia dei processi di fabbricazione e l’adozione di criteri di sostenibilità come linea guida per lo sviluppo. Tra i due campi esiste una potenziale sovrapposizione in applicazioni che non richiedono prestazioni di potenza o alta velocità. Per queste ragioni, e. o. e microelettronica sono da considerarsi tecnologie complementari piuttosto che alternative o in competizione.
Teorizzata già dagli anni Trenta del 20° sec. e fondata su un patrimonio di conoscenza sperimentale e teorica sulla struttura elettronica e il trasporto di carica ed energia nei cristalli molecolari e nei polimeri conduttori (Pope, Swenberg 1982) costruito negli anni Sessanta e Settanta, l’e. o. ha preso vigore negli anni Ottanta e Novanta con la dimostrazione dei primi dispositivi operanti a basso voltaggio grazie all’uso di film sottili di semiconduttori organici: diodi emettitori di luce organici (OLED, Organic Light-Emitting Diodes) a base di composti di coordinazione o di polimeri coniugati (Friend, Gymer, Holmes et al. 1999), transistor a effetto di campo organici (OFET, Organic Field-Effect Transistors) a base di semiconduttori molecolari (Ostoja, Guerri, Rossini et al. 1993) e polimerici, circuiti logici e a radiofrequenza. Nei primi anni del 21° sec. sono stati dimostrati nuovi dispositivi a film sottile e a nanostrutture, tra i quali spiccano celle fotovoltaiche organiche (OPV, Organic PhotoVoltaic) su larga area e nuove applicazioni (v. oltre Applicazioni emergenti e prospettive). La produzione scientifica legata all’e. o. ammonta a più di 25.000 articoli scientifici dal 2000 al 2014 (Web of science 2015).
Dispositivi elettronici organici sono alla base di nuove applicazioni e prodotti multisettoriali come elettronica di consumo, (opto-)elettronica flessibile, carta elettronica (e-paper), dispositivi anticontraffazione, chemo- e biosensori, protesi e dispositivi terapeutico-diagnostici. Televisori ultrapiatti o curvi, display per telefoni cellulari ed elettrodomestici, elementi fotovoltaici e illuminatori ambientali sono già presenti sul mercato (fig. 1). La vendita di prodotti e di brevetti generati nel campo dell’e. o. è stimata in 16 miliardi di dollari dal 2000 a oggi, principalmente legata al mercato degli OLED e degli inchiostri conduttivi. Le proiezioni prevedono la crescita del mercato a diverse decine di miliardi di dollari di fatturato entro il 2025 conseguentemente all’industrializzazione di dispositivi logici, memorie e sensori (IDTechEx 2015).
L’e. o. ha stimolato la creazione di numerose aziende spin-off di università e di gruppi industriali, portando allo sviluppo di nuovi modelli manifatturieri, con tecnologie sostenibili e produzione distribuita in piccole infrastrutture. Il successo di alcune di queste aziende ha contribuito significativamente alla definizione del paradigma della nascente economia della conoscenza.
I materiali e i processi. – Il termine semiconduttori organici deriva dall’analogia con le proprietà elettriche dei semiconduttori inorganici come silicio e germanio: la conducibilità elettrica del materiale puro è nulla, mentre diventa elevata per applicazione di campi elettrici, illuminazione e per drogaggio (doping) del materiale con sostanze ossidanti o riducenti. La struttura elettronica dei SO è caratterizzata da orbitali π coniugati delocalizzati su distanze di alcuni nanometri. La delocalizzazione conferisce alle molecole stabilità anche quando un elettrone è rimosso da un orbitaleπ pieno ovvero aggiunto a uno vuoto. In un SO in forma di cristallo o di film sottile, la carica può muoversi saltando da una molecola a quella adiacente (hopping). Se si applica una differenza di potenziale questo processo genera una corrente elettrica. I SO si comportano solitamente come materiali di tipo p (positivo), trasportando lacune o buche (quasi-particelle con carica elementare +1). In anni recenti sono stati sviluppati SO di tipo n (negativo), in grado di trasportare elettroni (carica elementare −1), e SO con comportamento ambipolare (p e n).
L’idea fondante dell’e. o. è la modulazione delle proprietà dei SO attraverso la progettazione chimica della struttura molecolare (tailoring by design, Facchetti, Deng, Wang et al. 2000). Lo scopo è conferire agli elettroni π la massima delocalizzazione, aumentare la stabilità degli ioni per effetto induttivo con gruppi sostituenti elettron-attrattori o donatori, aumentare la solubilità dei SO e governarne le interazioni intermolecolari e l’organizzazione supramolecolare con l’aggiunta di catene laterali. I SO sono spesso formulati per migliorarne la processabilità e le proprietà di trasporto. L’integrazione di diversi SO permette di ottenere film sottili multifunzionali.
Numerose specie π-coniugate sono oggi usate come SO in elettronica organica. Nella figura 2 sono riportate le strutture dei principali SO molecolari e polimerici di origine sintetica o naturale. La scelta tra semiconduttori molecolari o polimerici dipende dal dispositivo da realizzare, dalle prestazioni richieste e dal tipo di processo che s’intende sfruttare per la sua fabbricazione.
In e. o. sono utilizzati anche polimeri conduttori (PC), per la cui scoperta (Chiang, Fincher, Park et al. 1977) è stato assegnato il premio Nobel per la chimica ad Alan J. Heeger, Hideki Shirakawa e Alan G. MacDiarmid nel 2000. I PC sostituiscono gli elettrodi metallici permettendo la realizzazione di dispositivi completamente organici. I PC includono derivati di poliacetilene (che non è stabile), polianilina, polipirrolo, polifurano; in applicazioni in ambiente acquoso sono ampiamente utilizzati polielettroliti, tra i quali spicca il poli(etilenediossido-tienile):poli-stirenesulfonato (PEDOT:PSS).
Film sottili dielettrici sono usati in e. o. in elementi capacitivi, ovvero per incapsulamento o come substrati. Materiali polimerici per applicazioni flessibili includono poliolefine, polimeri e copolimeri fluorurati (Teflon, Cytop, PVDF-TrFE), polimeri aromatici (Parylene), poliesteri biodegradabili come acido poli-lattico-glicolico (PLGA), e polimeri naturali come la lacca, la chitina, la fibroina della seta, la (nano)cellulosa. Per applicazioni planari si usano ossidi (ossido di silicio, allumina). L’applicazione determina lo spessore del film e la scelta del dielettrico in base alla sua permittività relativa.
Allotropi del carbonio ( fullerene C60, grafene e nanotubi di carbonio), pur non rientrando strettamente tra i semiconduttori organici, sono spesso associati all’elettronica organica. Il fullerene è una molecola usata in OPV come portatore di elettroni. Il grafene e i nanotubi (a parete singola e multipla) non hanno una composizione stechiometrica precisa e sono soggetti a funzionalizzazione (accidentale o intenzionale) con gruppi contenenti eteroatomi. Nonostante le loro notevoli proprietà come semiconduttori, sono usati soprattutto come sostituti degli elettrodi metallici.
Come si muove la carica nei semiconduttori organici. – Il meccanismo di trasporto di carica in SO è radicalmente diverso rispetto a quello dei semiconduttori inorganici. Nel secondo caso i portatori di carica si muovono attraverso stati di Bloch delocalizzati su tutto il semiconduttore (trasporto coerente o per bande). Nei SO la carica si muove con un meccanismo di hopping tra stati localizzati o di Wannier (trasporto incoerente, Baessler 1993). La carica localizzata si muove accompagnata dalla polarizzazione creata per distorsione della densità elettronica o per riorientazione dei dipoli delle molecole adiacenti ed è ‘vestita’ con le vibrazioni (fononi) reticolari e molecolari. La conseguenza è che la mobilità di carica μ è bassa, tipicamente 10-2-10-3 cm2/Vs in aria con valori massimi dell’ordine di alcune decine di cm2/Vs, rispetto a 104 cm2/Vs del silicio cristallino e 10-102 del silicio amorfo o policristallino. Anche per i SO si utilizza il concetto di banda elettronica nonostante il moto della carica sia incoerente. Le bande di valenza e di conduzione dei SO derivano dalla sovrapposizione di orbitali π occupati e non rispettivamente. L’interazione inter-molecolare non-covalente è dovuta a forze di van der Waals ed elettrostatiche. Le bande dei SO sono strette, con una dispersione in energia molto inferiore a 1 e V e un elevato grado di localizzazione della carica. La differenza in energia tra la banda di conduzione e quella di valenza (band gap) è data dalla differenza tra l’energia dell’anione e quella del catione. In prima approssimazione si può stimare come differenza tra l’energia dell’orbitale vuoto a più bassa energia (lowest unoccupied molecular orbital, LUMO) e l’energia di quello occupato a più alta energia (highest occupied molecular orbital, HOMO). La mobilità di carica nei SO cresce esponenzialmente all’aumento della temperatura, essendo il processo di hopping termicamente attivato.
La natura del trasporto di carica distingue l’e. o. dall’elettronica molecolare, nella quale la corrente attraversa una singola molecola, posta tra due elettrodi in modo coerente o per effetto tunnel risonante. Esistono punti di contatto tra e. o. ed elettronica molecolare nei dispositivi in cui si utilizzano monostrati autoassemblanti (self-assembly monolayers, SAM) sugli elettrodi o nel canale.
Dispositivi: OLED, OPV, OFET. – L’architettura di OLED, OPV e OFET e il loro meccanismo di funzionamento sono illustrati schematicamente nella figura 3. In OLED la corrente elettrica che attraversa il dispositivo produce emissione di luce per il fenomeno dell’elettroluminescenza. Nell’architettura film sottili di diversi SO sono impilati tra due elettrodi paralleli (1). Un elettrodo (anodo) inietta buche nel SO p, l’altro elettrodo (catodo) inietta elettroni nel SO di tipo n (2). Le cariche iniettate sono trasportate verso il centro del dispositivo, dove si trova uno strato di emissione composto di uno o più materiali (3-4). Buche ed elettroni all’interfaccia tra gli strati di trasporto e lo strato di emissione si legano a formare coppie legate denominate eccitoni (5). Gli eccitoni decadono per ricombinazione di buca ed elettrone emettendo luce (6). OLED è caratterizzato dall’efficienza quantica esterna (EQE), definita come il rapporto tra il numero di fotoni emessi per unità di tempo e il numero di cariche iniettate dagli elettrodi per unità di tempo:
EQE=γ·χ·qeff·ηout [1]
Il fattore γ rappresenta la probabilità che le cariche raggiungano lo strato di emissione senza ricombinarsi; χ è la frazione di eccitoni di singoletto, che possono produrre emissione di fluorescenza, e ha un valore massimo di ¼ (può essere maggiore con elettrodi spin polarizzati); qeff è la resa quantica intrinseca del processo di emissione; ηout è la frazione di fotoni che fuoriesce dal dispositivo, e dipende dall’indice di rifrazione dei vari materiali e dal coefficiente di autoassorbimento del cromoforo emittente. Il colore della luce emessa dipende dalla struttura molecolare dei cromofori utilizzati nello strato di emissione. Scegliendo cromofori appropriati, si genera emissione rossa (R), verde (G) o blu (B). Nei display OLED, la combinazione di tre OLED RGB per ogni pixel permette di ottenere qualsiasi colore della scala cromatica CIE (Commission Internationale de l’Éclairage). Gli OLED sono caratterizzati da bassi consumi, elevata intensità luminosa, brillantezza, angolo visivo molto ampio, possibilità di realizzare schermi curvi e flessibili (fig. 1A).
I dispositivi OPV producono la separazione di cariche elettriche e quindi una differenza di potenziale tra due elettrodi in seguito all’assorbimento di luce. Nelle celle OPV si usa no film spessi di SO, per massimizzare l’assorbimento del la luce. Il dispositivo schematizzato nella figura 3B è del tipo a eterogiunzione massiva, costituita da un film contenente un SO di tipo p (donatore, colore verde nel disegno) e uno di tipo n (accettore, colore arancio) interpenetrati tra loro. L’assorbimento della luce nel SO donatore (1) genera eccitoni (2), che diffondono fino all’interfaccia con l’accettore. Il campo elettrico locale dissocia l’eccitone trasferendo un elettrone all’accettore (3). L’elettrone nell’accettore e la buca nel donatore (4) sono trasportati agli elettrodi (5) ed estratti, generando così una differenza di potenziale (6). I parametri che quantificano OPV sono l’efficienza elettrica della cella ηE e il fattore di riempimento FF (fill factor):
ηE=(ISC·VOC·FF)/PIN [2]
FF=(IMPP·VMPP)/(ISC·VOC) [3]
VOC è la differenza di potenziale a circuito aperto, ISC è la corrente di cortocircuito, PIN è la potenza della radiazione luminosa incidente; al punto di potenza massima (MPP) della cella, il prodotto tra corrente (IMPP) e differenza di potenziale (VMPP) raggiunge il valore massimo. La bassa efficienza del trasporto di carica rende non competitive le celle OPV con le altre tecnologie fotovoltaiche esistenti. Le OPV sono tuttavia competitive per le applicazioni che richiedono leggerezza, ampia area e integrazione su superfici non-planari.
I dispositivi OFET amplificano piccole variazioni di potenziale in grandi variazioni di corrente. Il dispositivo esemplificato nella figura 3C è costituito da un film di SO posto tra due elettrodi, denominati emettitore (source, S) e collettore (drain, D), sopra un film sottile di materiale dielettrico di capacità C che lo separa da un terzo elettrodo denominato base (gate, G) (1). Applicando un potenziale VGS alla base le cariche elettriche si accumulano nel SO (2); per VGS<0 si generano buche nel SO, per VGS>0 si espellono buche o si generano elettroni. Il voltaggio VDS applicato tra l’emettitore e il collettore produce una corrente, il cui valore è modulato da VGS (3). L’OFET funziona in regime lineare per VDS≪VGS oppure in regime di saturazione quando VDS≥VGS. I due regimi sono descritti dalle seguenti equazioni:
(IDS)lin=(W/L)μC(VGS-VT-VDS/2)VDS [4]
(IDS)sat=(W/2L)μC(VGS-VT)2 [5]
IDS è la corrente nel canale tra S e D in regime lineare (lin) o di saturazione (sat), W e L sono larghezza e lunghezza del canale, μ è la mobilità di carica, C è la capacità del dielettrico, VGS e VDS sono i potenziali applicati a G e D rispetto a S, il potenziale di soglia VT rappresenta le cariche intrinseche presenti nel SO e indica la purezza del materiale. Dall’acquisizione delle caratteristiche corrente-voltaggio nelle equazioni [4] e [5] si estraggono μ e VT, che servono a caratterizzare il SO. Nei dispositivi OFET il trasporto di carica è confinato nei primi strati molecolari prossimi al film dielettrico che separa il canale dall’elettrodo di base (Dinelli, Murgia, Levy et al. 2004), per cui la mobilità di carica e le prestazioni dell’OFET dipendono criticamente dall’ordine molecolare e dalla chimica dell’interfaccia tra SO e dielettrico. Gli OFET sono alla base di circuiti logici e usati ampiamente come sensori e trasduttori.
Applicazioni emergenti e prospettive. – Dalla fine degli anni Novanta si è dato un notevole impulso all’e. o. grazie all’avvento di nuovi SO e di formulazioni per la fabbricazione additiva mediante stampa ink-jet, screen-printing, offset, rotocalco, serigrafia. È aumentata la produttività con sostanziale diminuzione dei costi. Lo sviluppo delle nanotecnologie ha portato nuovi concetti e applicazioni avanzate grazie all’integrazione di materiali multifunzionali (fig. 4A). Nella spintronica organica, gli elettrodi di un OFET o diodo sono sostituiti da un materiale conduttore ferromagnetico, che inietta cariche spin-polarizzate (ovvero tutte nello stesso stato di spin) nel SO. La polarizzazione di spin si conserva nel trasporto e la magnetizzazione dell’emettitore rispetto a quella del collettore determina il passaggio di alta o bassa corrente. Si realizza così un dispositivo logico denominato valvola di spin. Sono stati anche sviluppati OFET con SO ambipolari, che hanno poi portato alla dimostrazione di transistor emettitori di luce (Organic light-emitting transistors, OLET). L’inserimento di nanoparticelle metalliche nel SO di OFET produce una risposta simile a quella di sinapsi artificiali. Questi dispositivi ibridi possono diventare la base di memorie neuromorfiche. Grazie al controllo di fenomeni di auto-organizzazione si sono realizzati OFET con SO nella forma di strati molecolari autoassemblanti, fibrille unidimensionali, nanostrutture ultrasottili altamente ordinate, che costituiscono esempi di elementi di memoria e dispositivi logici fabbricati con approcci nanotecnologici bottom-up. Per lo sviluppo industriale di dispositivi logici saranno necessari nuovi materiali SO con elevata mobilità di carica, stabilità temporale e tecniche di fabbricazione in continuo (a rulli o fogli) che permettano il riposizionamento con precisione sub micrometrica. Dal 2005 si è avuto un notevole sviluppo di applicazioni di e. o. per la biomedicina grazie alla dimostrazione del funzionamento in ambiente acquoso di OFET (Kergoat, Herlogsson, Braga et al. 2010), della biocompatibilità di SO e alla realizzazione di dispositivi biodegradabili. Alcune di queste applicazioni emergenti sono illustrate nella figura 4. L’integrazione di specie per il riconoscimento molecolare, come anticorpi, aptameri, peptidi, ha portato allo sviluppo di nuovi biosensori (Torsi, Farinola, Marinelli et al. 2008) per la diagnostica point-of-care (POC, fig. 4B) e trasduttori elettronici di segnali bioelettrici (Campana, Cramer, Simon et al. 2014; fig. 4D). L’evoluzione delle tecnologie di fabbricazione (Arias, MacKenzie, McCulloch et al. 2010) ha portato alla realizzazione di e. o. su larga area, flessibile, conforme alle curvature del corpo, ultraleggera e impalpabile per applicazio ni su indumenti, o interfacciate alla pelle (Kaltenbrunner, Sekitani, Reeder et al. 2013; fig. 4E). Il concetto di pelle elettronica (e-skin) con sensori di pressione e di parametri fisiologici è di grande interesse per la protesica e la robotica. Pompe ioniche (Simon, Kurup, Larsson et al. 2009) a base di SO servono per il rilascio locale di sostanze bioattive come neuromodulatori e fattori di crescita in vivo. È stato inoltre dimostrato l’impiantazione in vivo di dispositivi organici per il monitoraggio, la stimolazione e il trattamento di patologie del sistema nervoso centrale: epilessia (Khodagholy, Doublet, Quilichini et al. 2013; fig. 4C), lesione del midollo spinale, dolore. Di particolare rilevanza è la retina artificiale adattata alla curvatura dell’occhio (Ghezzi, Antognazza, Maccarone et al. 2013).
Tra gli ambiti più promettenti e di maggiore impatto per l’e. o. vi sono la medicina personalizzata, le terapie loco-regionali e la medicina rigenerativa, quest’ultima grazie alla possibilità dei dispositivi di offrire stimoli elettrici ed elettrochimici che possano influenzare il comportamento delle cellule nei tessuti.
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Sitografia: Web of Science, ISI Thomson Reuters, 2015: http://apps.webofknowledge.com/