Elettronica molecolare
L'elettronica molecolare, sviluppatasi durante gli anni Novanta del Novecento, studia la risposta a stimoli principalmente elettrici ed elettromagnetici, ma anche chimici e magnetici, delle molecole e degli aggregati atomici e molecolari di dimensioni dell'ordine dei nanometri; si differenzia rispetto agli approcci convenzionali poiché le proprietà vengono definite per ogni molecola (o aggregato nanometrico) e non sono il risultato di una media effettuata su un grande insieme di molecole. Inoltre, essa si occupa dei metodi di preparazione e di manipolazione di questi nuovi materiali.
La motivazione principale che ha indirizzato molte risorse economiche e umane verso l'elettronica molecolare è di tipo industriale. La produzione di circuiti elettronici integrati (chip) ha conosciuto un ininterrotto miglioramento a partire dagli anni Settanta, legato per lo più al continuo raffinamento delle tecniche di miniaturizzazione. Gordon Moore, cofondatore della Intel, compagnia produttrice di chip, stimò nel 1974 che il numero di componenti per unità di volume immagazzinabili in un circuito integrato era destinato a raddoppiare ogni 18 mesi e questa previsione, più recentemente ribattezzata legge di Moore, sorprendentemente non è stata smentita fino ai giorni nostri (fig. 1). La legge di Moore, però, è soggetta a un limite fisico. La componente più piccola degli attuali transistor ha dimensione di circa 100 nm, contiene decine di migliaia di atomi e le sue proprietà non sono molto diverse da quelle di un solido macroscopico. Un transistor convenzionale, idealmente costruito con componenti contenenti poche decine di atomi, non potrebbe funzionare: il principio di indeterminazione impedirebbe di confinare gli elettroni con uno strato isolante e non sarebbe possibile distinguere i due stati on e off di una memoria. Si tratta di un semplice principio generale: le proprietà fisiche di un materiale, in questo caso la conducibilità elettrica, diventano dipendenti dalle sue dimensioni al di sotto di un certo limite. Trascurando le difficoltà tecnologiche che l'industria elettronica dovrà superare per mantenere valida la legge di Moore per i prossimi anni, una semplice estrapolazione colloca la data limite per l'odierna tecnologia nel 2012. Molte aziende di elettronica, spinte da questa previsione, hanno intrapreso progetti di ricerca che esplorano la possibilità di costruire computer le cui operazioni di base siano effettuate da molecole singole sulla base di nuovi principî. Fino a oggi, molti di questi progetti sono dedicati alla comprensione dei nuovi fenomeni che emergono dallo studio di sistemi artificiali di dimensioni molecolari, e non è ancora chiaro quale potrà essere il percorso che consentirà di giungere a effettive applicazioni industriali.
La costruzione di circuiti costituiti da sole molecole non sembra alla portata delle conoscenze attuali, nonostante i grandi progressi della sintesi organica e della chimica supramolecolare. Sembra dunque inevitabile che i primi dispositivi di elettronica molecolare siano ibridi composti da una parte molecolare, che espleta la funzione desiderata, connessa a un supporto solido (metallico o semiconduttore) in grado di trasmettere un segnale elettrico e mantenere le molecole in un ordine predeterminato. Le proprietà elettroniche di un sistema ibrido molecola-solido non sono semplici da prevedere teoricamente e lo studio di queste nuove giunzioni è parte integrante dell'elettronica molecolare. Oltre agli studi riguardanti la possibilità di costruire circuiti logici e memorie con ibridi molecola-solido, l'elettronica molecolare studia anche i sensori, ovvero quelle molecole le cui proprietà fisiche cambiano in presenza di altre molecole.
L'elettronica molecolare è un settore di ricerca altamente multidisciplinare che fa ampio uso del bagaglio di conoscenze di fisica dello stato solido, chimica, scienza dei materiali e perfino biologia. Sarebbe perciò limitativo considerare gli enormi sviluppi degli ultimi anni come una semplice risposta scientifica a un problema tecnologico, trascurando di ricordare alcuni risultati che, dalla metà degli anni Ottanta, hanno aperto la strada allo studio delle proprietà di singole molecole. I due contributi fondamentali che hanno reso possibili i primi esperimenti di elettronica molecolare sono lo sviluppo di tecniche per costruire strati autoassemblanti monomolecolari o SAM (Self-assembled monolayer) e le tecniche di microscopia a effetto tunnel e a forza atomica.
Un SAM è una struttura in cui un singolo strato di molecole è adsorbito in maniera ordinata su una superficie solida. Facendo seguito ad altre isolate osservazioni, nel 1983 Ralph G. Nuzzo e David L. Allara mostrarono che è possibile generare un monostrato di alchentiolato (−S−(CH2)n−CH3) su oro a partire da una soluzione di di-n-alchilsolfuro messa a contatto con la superficie di oro. Da allora sono stati preparati SAM su superfici molto diverse. La tecnica è relativamente semplice e fornisce risultati riproducibili. Le molecole raggiungono uno stato ordinato in seguito all'interazione con il substrato e fra di esse. Poiché le caratteristiche dei SAM sono molto vicine a quelle di ipotizzabili circuiti basati su reticoli molecolari bidimensionali, non stupisce che essi siano i protagonisti degli esperimenti più interessanti degli ultimi anni, alcuni dei quali verranno descritti in seguito. I problemi chimico-fisici connessi con i SAM (natura dell'interazione solido-molecola, autoorganizzazione, mobilità della fase bidimensionale, ecc.) hanno ricevuto notevole attenzione in quanto sono di grande impatto sull'elettronica molecolare. Per esempio, è di grande importanza lo studio della reazione chimica tra tioli (molecole contenenti il gruppo funzionale −SH) e una superficie d'oro, schematizzabile come:
[1] formula
dove R rappresenta un generico residuo; questa reazione è quella più usata per generare un legame stabile molecola-solido. Strati monomolecolari possono essere assemblati anche senza formare un legame chimico con il solido. Molecole anfifiliche (con una testa polare e una coda apolare) formano sulla superficie di liquidi strati molecolari singoli, detti film di Langmuir-Blodgett, che possono essere opportunamente trasferiti su una superficie solida.
Il microscopio a effetto tunnel a scansione o STM (Scanning tunneling microscope), inventato da Gerd Binning e Heinrich Roerer negli anni Ottanta del Novecento, è il protagonista di una vera e propria rivoluzione nel campo della scienza delle superfici ed è tuttora uno dei principali strumenti per lo studio delle proprietà elettriche di singole molecole. Una sottilissima punta metallica è posta a pochi å di distanza da una superficie metallica o semimetallica su cui è eventualmente presente un adsorbato (fig. 2). Applicando una differenza di potenziale elettrico tra punta e substrato viene misurata una corrente tra i due, dovuta all'effetto tunnel. La punta viene spostata parallelamente alla superficie (è possibile effettuare spostamenti controllati di lunghezza inferiore al decimo di nm) e anche perpendicolarmente rispetto a essa, in modo da mantenere costante il valore della corrente. La superficie che viene configurata dal percorso della punta fornisce informazioni sia sulla topografia che sulle proprietà elettriche della superficie analizzata.
Nella microscopia a forza (o a interazione) atomica o AFM (Atomic force microscopy) la punta è a contatto con la superficie da analizzare: la scansione viene effettuata mantenendo costante il valore della forza repulsiva tra punta e superficie, e l'immagine che si ottiene è direttamente connessa con la topografia. Per la prima volta, grazie a queste tecniche, è stato possibile studiare proprietà locali delle superfici esaminate a risoluzione molecolare. La punta utilizzata per la scansione può essere anche usata per modificare meccanicamente le superfici, il che consente, a bassa temperatura, di muovere atomi singoli. Nel 1996, James K. Gimzewski e collaboratori hanno elegantemente dimostrato come sia possibile disporre in maniera predefinita delle molecole (nel loro caso delle porfirine su una superficie di rame) anche a temperatura ambiente.
Considerando i risultati ottenuti negli ultimi anni, è possibile tentare una classificazione degli oggetti di dimensioni nanometriche che costituiscono i 'mattoni' per l'elettronica molecolare (fig. 3). In primo luogo, questa disciplina ha sfruttato le enormi possibilità della chimica organica di sintesi, tanto che si è parlato di un passaggio, in elettronica, dall'era del silicio a quella del carbonio. Le molecole più utili in questo campo sono caratterizzate da uno scheletro planare di atomi di carbonio ibridizzato sp2, a volte sostituito da azoto o da ossigeno, che forma orbitali di legame π delocalizzati sulla molecola. Esse sono dette composti a elevata coniugazione π e sono caratterizzate da una piccola separazione energetica tra l'orbitale occupato a più alta energia, detto HOMO (Highest occupied molecular orbital), e quello vuoto a più bassa energia, detto LUMO (Lowest unoccupied molecular orbital). Ciò rende più facile la conduzione elettronica e permette l'eccitazione con radiazione elettromagnetica a bassa energia. Più in generale, composti utili per l'elettronica molecolare hanno bassi potenziali di ossidazione o riduzione (cioè perdono o acquistano elettroni facilmente). Rientrano in questa categoria anche i complessi dei metalli di transizione, i quali presentano spesso molti stati di ossidazione stabili, e la molecola di C60 (o buckminsterfullerene), uno dei migliori accettori di elettroni conosciuti. La solubilità, le proprietà fotofisiche e molte altre caratteristiche dei composti organici possono essere facilmente modulate attraverso cambiamenti nella struttura molecolare che la sintesi organica è in grado di controllare con accuratezza.
Di grande importanza teorica e applicativa sono le reazioni a trasferimento di carica che avvengono tra un donatore (D) e un accettore (A), spesso separati da uno spaziatore inerte (S). In uno schema tipico, D viene portato in uno stato eccitato (D*) da una radiazione elettromagnetica di frequenza opportuna; successivamente esso cede un elettrone ad A e infine le cariche opposte si ricombinano:
[2] formula.
Lo studio di questi processi ha permesso di comprendere in quale modo il trasferimento di carica possa essere mediato da una molecola (S in questo caso). Il processo elementare di separazione e ricombinazione di carica è lo stesso che si osserva nel trasporto di carica lungo certi fili molecolari e le molecole proposte attualmente come fili molecolari sono state a lungo usate come spaziatori in sistemi D−S−A. Una delle equazioni più usate per calcolare la costante di velocità k per il processo di separazione (o di ricombinazione) fu proposta da Rudolph A. Marcus nel 1966 e verificata molti anni dopo
[3] formula
dove ΔG0 è la differenza di energia libera per la reazione di trasferimento elettronico; il parametro λ (detto energia di riorganizzazione) quantifica la differenza di energia tra la configurazione nucleare dei reagenti e dei prodotti; HAD è l'accoppiamento elettronico tra accettore e donatore, e quantifica la loro interazione; T è la temperatura; kB e h sono, rispettivamente, le costanti di Boltzmann e di Planck.
I nanotubi, osservati per la prima volta da Sumio Ijima nel 1991, sono i materiali più studiati in elettronica molecolare per le loro proprietà elettriche e meccaniche uniche. Un nanotubo ideale può essere pensato come un reticolo esagonale di atomi di carbonio arrotolato su se stesso a formare un lungo filo di diametro compreso tra 10 e 20 nm e lunghezza fino a 100 μm. Fin dalla loro prima osservazione i nanotubi sono stati candidati a sostituire i collegamenti elettrici in circuiti di dimensioni molecolari e le loro proprietà sono state studiate intensamente. È stato previsto teoricamente e verificato sperimentalmente che un nanotubo può comportarsi da metallo o da semiconduttore a seconda della cella elementare (l'unità ripetitiva più piccola) che lo caratterizza. Il successo dei nanotubi come materiali per l'elettronica molecolare risiede, appunto, nella possibilità di modularne le proprietà elettriche e nella relativa facilità con cui possono essere manipolati con l'AFM. I nanotubi più usati attualmente sono quelli detti a parete singola (fig. 3D), ma i primi a essere osservati furono i nanotubi a parete multipla, costituiti da più strutture cilindriche concentriche, le cui proprietà elettriche sono più difficili da interpretare.
Un gruppo di ricercatori, tra cui Paul Alivisatos dell'Università di Berkeley, ha sviluppato tecniche per ottenere nanocristalli di metalli (Au, Ag, Cu, ecc.) e semiconduttori (CdS, CdSe, ecc.). Si tratta di particelle di dimensioni attorno ai 5÷15 nm che presentano al loro interno una struttura ordinata (quando non si hanno informazioni sul loro ordine interno queste particelle sono genericamente chiamate nanoparticelle); tuttavia, a causa del grande rapporto superficie/volume, le loro proprietà sono molto diverse da quelle dei cristalli corrispondenti e dipendono fortemente dalla loro dimensione. Ormai è possibile ottenere sufficienti quantità di nanocristalli delle dimensioni e quindi delle proprietà volute. I nanocristalli di Au vengono spesso impiegati per realizzare contatti molecola-metallo.
Dagli esempi che abbiamo considerato finora emerge chiaramente la caratteristica comune a tutti i materiali per l'elettronica molecolare: le loro proprietà fisiche devono essere facilmente modulabili. Il grande successo dei semiconduttori risiede nella relativa semplicità con cui le loro proprietà elettriche possono essere alterate per mezzo di un opportuno drogaggio. La tecnica del drogaggio, però, non può essere usata in sistemi di dimensioni nanometriche perché non è possibile assicurare uniformità spaziale nella concentrazione del drogante. Dunque è probabile che il controllo delle proprietà avvenga in futuro per mezzo di modificazioni chimiche controllate dei materiali utilizzati.
Un'altra area da cui l'elettronica molecolare attinge idee e metodi è la chimica supramolecolare (o sopramolecolare), che studia complessi molecolari legati da interazioni deboli di tipo elettrostatico, dispersivo o legame a idrogeno, dette supermolecole (o sopramolecole). Questi composti sono stati proposti come interruttori molecolari o come elementi di memoria, potendo associare l'unità di informazione a due o più conformazioni stabili in cui la supermolecola può trovarsi. Inoltre, le interazioni intermolecolari studiate dalla chimica supramolecolare potranno determinare l'assemblaggio automatico di circuiti molecolari.
Alcune biomolecole sono state prese in considerazione da vari ricercatori per la loro inclusione in circuiti molecolari. L'uso di proteine fotosintetiche, come la batteriorodopsina, è stato proposto per lo sviluppo di memorie ad accesso casuale o RAM (Random access memory) basate su processi di lettura/scrittura controllati dalla radiazione elettromagnetica, ed è stato proposto l'uso del DNA come filo molecolare. Le capacità di riconoscimento reciproco di filamenti complementari di DNA possono essere impiegate per aggregare in maniera automatica centinaia di componenti a partire da una soluzione in cui ciascun componente molecolare è legato a uno o più filamenti di DNA, una tecnica già usata in alcune metodologie cliniche.
Le teorie che descrivono la conduzione elettrica in giunzioni metallo-molecola-metallo (ciò che si definisce filo molecolare) costituiscono la base per l'interpretazione di molti degli esperimenti in elettronica molecolare. La descrizione dei moti elettronici in molecole e metalli richiede l'uso della meccanica quantistica, in cui un sistema, statico o in evoluzione, è descritto da una funzione d'onda che è una soluzione dell'equazione di Schrödinger. Un fenomeno puramente quantistico pertinente alla conduzione elettrica di molecole singole è l'effetto tunnel. Una particella libera, avente energia E, massa m e momento √(2mE), che incontra una barriera di potenziale rettangolare di altezza V>E è destinata a essere riflessa dalla barriera se segue le leggi della meccanica classica. Adottando una visione quantistica, la particella è invece descritta da un'onda piana che ha una probabilità finita di attraversare la barriera. Questa probabilità è espressa dal coefficiente di trasmissione ℱ(E), che per il semplice problema descritto è calcolabile con la formula:
[4] formula,
dove L è la lunghezza della barriera. L'effetto tunnel domina la dinamica delle particelle di massa piccola come gli elettroni, mentre per oggetti macroscopici ℱ è praticamente nullo, come si deduce dalla presenza della massa all'esponente della [4]. Per trattare i moti elettronici delle molecole e dei solidi si assume che gli elettroni siano soggetti a un potenziale medio che tiene conto della repulsione degli altri elettroni senza includere esplicitamente le loro coordinate. Una molecola posta tra due metalli agisce come una barriera di energia potenziale per il passaggio dell'elettrone tra un metallo e l'altro, essendo più bassa l'energia potenziale sul metallo rispetto a quella relativa alla molecola (fig. 4).
La teoria del trasporto elettronico in questi dispositivi è basata sulla formula di Landauer, sviluppata originariamente per giunzioni metallo-isolante-metallo. È necessario ricordare che gli elettroni a più alta energia di un metallo ideale occupano, alla temperatura di 0 K, la banda di valenza, cioè un insieme di livelli che si estende da una certa energia minima fino a un energia limite, detta energia di Fermi EF. Per E>EF un metallo presenta un insieme continuo di livelli di energia, detto banda di conduzione. Per T>0 K alcuni elettroni possono passare termicamente dalla banda di valenza a quella di conduzione e la loro distribuzione nei livelli a una data temperatura è descritta dalla funzione di Fermi f(E). Quando un potenziale elettrico j è applicato a un metallo ideale, l'energia di tutti i livelli elettronici, e quindi anche l'energia di Fermi, è modificata da una costante additiva − eϕ e la funzione di distribuzione di Fermi in presenza del potenziale è f (E+eϕ).
Considerando due fili metallici monodimensionali a contatto in un punto P, la corrente elettrica in una direzione attraverso il contatto può essere espressa come:
[5] formula
dove v è la velocità dei portatori di carica e n(v) la loro densità per unità di lunghezza e per unità di velocità. La teoria dell'elettrone libero può essere usata per valutare la densità degli stati in questo caso idealizzato. La corrente netta, quando a uno degli elettrodi è applicato un potenziale ϕ, è:
[6] formula.
Nel limite di piccoli potenziali e temperature si ottiene la conduttanza di un filo metallico ideale
[7] formula
detta anche quanto di conduttanza e approssimativamente uguale a 12,9 kΩ−1. Se il punto di contatto è sostituito da una molecola (cioè da una barriera) con coefficiente di trasmissione ℱ(E), la corrente sarà data da:
[8] formula
che, nel limite di basse temperature e potenziali, dà la formula di Landauer:
[9] formula.
Queste equazioni sono il punto di partenza per il calcolo della corrente in giunzioni molecolari e la difficoltà maggiore risiede nel calcolo di ℱ(E) per sistemi più realistici della barriera rettangolare vista in precedenza.
Empiricamente si osserva che ℱ(E) (e con esso la corrente) diminuisce esponenzialmente al crescere della lunghezza del filo L secondo l'equazione
[10] formula.
Il parametro β è tanto più piccolo quanto più probabile è l'effetto tunnel a lunghe distanze. Esso è compreso fra 0,2 Å−1 per le molecole coniugate (tipo poliacetilene) e 1,5 Å−1 per le molecole organiche sature (come gli alcani), mentre per le giunzioni metallo-vuoto-metallo β è circa 5 Å−1.
I metodi della fisica e della chimica computazionale permettono di calcolare le funzioni d'onda molecolare e del solido con sufficiente accuratezza. Nel caso in cui l'interazione molecola-solido non modifichi troppo le strutture elettroniche di entrambi, è possibile effettuare una stima affidabile di ℱ(E). Nel limite di basse temperature, le curve corrente/potenziale per fili molecolari connessi a due metalli identici si prestano a una descrizione qualitativa (fig. 5). A differenza di quanto avviene nel metallo, i livelli elettronici molecolari sono discreti e di solito occupati (2 elettroni per orbitale) per energie minori di EF, mentre sono vuoti a energie superiori. Il potenziale esterno j disallinea le energie di Fermi e alcuni elettroni sull'elettrodo negativo possono passare su quello positivo dove trovano stati vuoti alla loro stessa energia. Nella fig. 5B la corrente netta è determinata dagli elettroni dell'elettrodo di sinistra di energia compresa tra EF − eϕ1 ed EF. A ciascuna energia elettronica E corrisponde un diverso coefficiente di trasmissione. Esso, in genere, è ≪1, ma raggiunge l'unità (ovvero la molecola è trasparente all'elettrone incidente) quando E coincide con uno dei livelli molecolari. A potenziali sufficientemente elevati da portare alla stessa energia uno dei livelli di Fermi e un livello molecolare (fig. 5C e fig. 5D) si misura un aumento repentino della corrente e un conseguente picco della conduttanza. Un calcolo accurato deve tenere conto anche di come i livelli molecolari sono influenzati dal potenziale applicato (nella fig. 5 le energie molecolari si assumono indipendenti dal potenziale esterno) e dal possibile effetto della molecola sulla posizione dell'energia di Fermi.
Il meccanismo di trasporto elettronico basato sull'effetto tunnel è anche detto elastico o coerente perché, nell'attraversamento del filo, l'elettrone non perde energia e mantiene la coerenza di fase. I moti nucleari del filo molecolare possono intervenire in vari modi, generando differenti processi di trasporto anelastico. L'elettrone trasmesso può cedere una parte della sua energia ai modi vibrazionali del filo originando il cosiddetto effetto tunnel anelastico (osservato per la prima volta in una molecola singola da Barry C. Stipe e altri nel 1998). Un cambiamento radicale di meccanismo si ha quando l'elettrone può essere localizzato sul filo e questo stato carico viene stabilizzato da distorsioni nucleari analoghe a quelle osservate nei solidi organici e denominate polaroni. In fili contenenti più unità ripetitive il moto dell'elettrone può essere descritto come una diffusione da sito a sito in cui il processo elementare è il trasferimento dell'elettrone tra due siti adiacenti, descrivibile dall'equazione di Marcus [3]: la mobilità della carica in questo caso è fortemente dipendente dalla temperatura (quest'ultima, invece, influenza marginalmente la probabilità di tunnel). Nel caso di trasporto diffusivo la dipendenza della conducibilità dalla distanza (o dal numero di siti N) è molto diversa dal caso coerente e può essere espressa come:
[11] g∝(k0−1+kD−1N)−1
dove k0 è la costante di trasferimento dal metallo al filo e kD la costante di trasferimento dell'elettrone tra siti adiacenti (costante di diffusione). Con l'aumentare della lunghezza si ristabilisce il comportamento ohmico con g∝N−1. Poiché la conduttanza nel caso di trasporto incoerente dipende meno marcatamente dalla distanza, è stato previsto e osservato che, aumentando la lunghezza di un filo molecolare, si ha il passaggio dal meccanismo coerente a quello incoerente.
Le immagini di molecole adsorbite su superfici metalliche ottenute con l'STM sono la prima misura implicita delle proprietà elettriche di una singola molecola. La risoluzione delle immagini dipende dalla dimensione della punta e le prime immagini di strutture submolecolari sono state ottenute alla fine degli anni Ottanta. Nei primi esperimenti di questo tipo sono stati studiati monostrati di piccole molecole organiche e inorganiche adsorbite su superfici metalliche. Queste misure chiarirono subito che, più che di conduzione molecolare, è opportuno parlare di conduzione delle giunzioni substrato-molecola-metallo; infatti, fu osservato che molecole uguali danno immagini diverse a seconda del substrato e addirittura della posizione in cui si trovano rispetto agli atomi sottostanti. Lo sviluppo delle teorie sulla conduzione elettrica descritte nel capitolo precedente ha preso spunto dalla necessità di interpretare le immagini STM.
Per misurare le proprietà elettriche di una specifica molecola, essa può essere inserita in un SAM di alchiltioli. Se la molecola di interesse ha una maggiore conduttanza, per esempio è una molecola coniugata o forma un legame chimico con la punta, l'immagine STM permette di localizzarla e le proprietà elettriche misurate possono essere attribuite a tale molecola e non al monostrato. Ci sono alcune complicazioni che rendono le misure di conduttanza con l'STM di difficile interpretazione. Spesso la punta possiede una struttura microscopica non riproducibile che può influenzare i risultati degli esperimenti condotti in condizioni diverse; inoltre, la giunzione è altamente asimmetrica e la mobilità delle molecole a temperatura ambiente la rende anche termicamente instabile. Una possibile variante consiste nel depositare sopra il SAM alcune nanoparticelle per generare un contatto molecola-metallo più riproducibile (abbiamo visto che è possibile controllare in buona misura le dimensioni e la struttura delle nanoparticelle). Xiaodong Cui e collaboratori hanno diluito molecole di 1,8-ottan-ditiolo in un monostrato di 1-ottan-tiolo su oro; una nanoparticella di oro depositata sul film può formare un legame chimico solo con le molecole di ditiolo (fig. 6A). La corrente che attraversa la molecola viene misurata ponendo a contatto la nanoparticella con la punta metallica di un AFM. Il grado di riproducibilità di questo esperimento è piuttosto alto e pertanto è stato possibile effettuare una statistica su centinaia di misure simili.
Nel 1998 Mark A. Reed, dell'Università di Yale, ha sviluppato una tecnica basata su una giunzione metallica rotta meccanicamente. Un sottilissimo filo d'oro viene rotto applicando in maniera controllata uno stress meccanico; la distanza tra i due elettrodi dopo la rottura viene regolata in modo da consentire a una sola molecola bifunzionale, come l'1,4-benzene-ditiolo, di essere legata chimicamente a entrambi (fig. 6B). È stato verificato che il legame chimico molecola-metallo, oltre a migliorare la stabilità termica della giunzione, incrementa l'effettiva conduttanza. Non è nota l'esatta geometria della giunzione, ma l'asimmetria della curva corrente/potenziale fa pensare che non si tratti della geometria simmetrica che è possibile teorizzare. Il confronto fra le curve sperimentali e quelle calcolate coi metodi cui si è fatto cenno in precedenza è particolarmente buono e dimostra che è stato raggiunto un buon grado di comprensione del fenomeno.
Un'altra elegante tecnica messa a punto nello stesso laboratorio è basata sulla costruzione di un nanoporo, ovvero di un foro di circa 30 nm di diametro, in una membrana di nitruro di silicio sospesa su un elettrodo d'oro. All'interno del nanoporo viene adsorbito un monostrato di molecole sul quale successivamente viene depositato un elettrodo metallico (fig. 6C). L'esperimento non permette di studiare il comportamento di una singola molecola (nell'esperimento sono coinvolte contemporaneamente circa 5.000 molecole), ma fornisce importanti risultati. Misurando la dipendenza della corrente dalla temperatura è stato mostrato che il meccanismo dominante in questo tipo di giunzioni è quello anelastico. Queste giunzioni, inoltre, hanno proprietà di rettificazione, ovvero la conducibilità per potenziali di segno opposto è molto diversa (un rettificatore ideale è un conduttore di corrente in una sola direzione).
La ricerca sui rettificatori molecolari è cominciata ben prima dell'era dell'elettronica molecolare. Nel 1974 Arieh Aviram e Mark Ratner avanzarono l'idea che una molecola composta da un donatore e un accettore, immobilizzata tra due elettrodi, potesse avere capacità di rettificare la corrente. Molecole simili a quella proposta originariamente sono state prese in considerazione da alcuni gruppi di ricerca più di quindici anni dopo, nella convinzione che un rettificatore molecolare possa avere un ruolo essenziale nei circuiti logici di dimensione molecolare. Nel 1998 Robert M. Metzger, migliorando l'approccio ideato qualche anno prima da Geoff J. Ashwell e J. Roy Sambles, ha studiato a fondo le proprietà della molecola illustrata nella fig. 7, che nello stato fondamentale è zwitterionica (ovvero contiene due cariche elettriche di segno opposto). Essa può essere pensata come una molecola D−S−A in cui la specie a trasferimento di carica D+−S−A− è più stabile. A causa della grande asimmetria nella distribuzione di carica, c'è da aspettarsi una notevole asimmetria delle curve I/V (corrente/potenziale), che è la condizione principale per avere la rettificazione. Per controllare l'orientazione della molecola rispetto al metallo, anziché formare un legame chimico molecola-metallo, si sfruttano le proprietà di autoassemblaggio di molecole anfifiliche. La molecola prescelta, infatti, è stata sintetizzata in modo da possedere una lunga catena alchilica (apolare) legata al frammento carico positivamente. Ciò permette di formare un monostrato di Langmuir-Blodgett in cui la componente polare aderisce alla superficie e la coda apolare è orientata all'incirca perpendicolarmente alla superficie. Questo garantisce una orientazione specifica della coppia D+−A− rispetto alla superficie. Metzger ha sviluppato una tecnica per depositare per evaporazione uno strato di oro sul monostrato molecolare, costruendo così una giunzione oro-monostrato-oro. Nonostante le molte varianti dell'esperimento, è stato mostrato che tale sistema ha notevoli capacità di rettificazione, proprio come previsto molti anni prima. Il difetto principale di questo e di altri dispositivi è la mancanza di stabilità termica della giunzione. Ripetendo la misura più volte, il monostrato si danneggia irreversibilmente, probabilmente perché gli effetti anelastici incrementano la temperatura locale della molecola fino a degradarla.
Nel 2001 Maria Anita Rampi ha messo a punto una tecnica per la misura della corrente attraverso due distinti monostrati molecolari. La giunzione studiata può essere schematizzata come Hg−SAM//SAM−(metallo), dove il primo SAM è assemblato sulla superficie di una goccia di mercurio e il secondo su un metallo che può essere mercurio, oro o argento. La grande versatilità di questa tecnica ha permesso di effettuare numerose misure, variando il tipo di contatto tra i due monostrati, grazie alle quali è stato possibile correlare la struttura chimica della giunzione con le sue proprietà di conduzione elettrica.
Una lunga serie di esperimenti utilizza una configurazione planare per le misure elettriche, simile a quella utilizzata dai componenti di microelettronica in scala molto maggiore. Utilizzando una tecnica denominata litografia a fasci elettronici, è possibile costruire elettrodi distanti circa 50 nm. Tra di essi può essere posta una molecola sufficientemente lunga, come un nanotubo (fig. 6D), e si può misurare la curva corrente/potenziale. In questo modo è stata provata la teoria che prevedeva l'esistenza di nanotubi metallici e semiconduttori. Il posizionamento può avvenire per manipolazione con AFM, ma spesso il nanotubo viene fatto crescere direttamente sulla giunzione. Si è osservato che i nanotubi metallici conducono la corrente balisticamente, cioè i loro stati elettronici sono in risonanza con le energie di Fermi degli elettrodi e il coefficiente di trasmissione è prossimo a 1. In tali casi la resistenza della giunzione è determinata dal contatto elettrodo-molecola, sul quale si possiedono ancora poche informazioni. Uno dei vantaggi principali della configurazione planare risiede nel fatto che, oltre a misurare le proprietà di conduzione elettrica, l'uso di nuove tecniche derivate dall'AFM consente di studiare alcune proprietà fisiche del nanotubo, quali il potenziale elettrostatico e la temperatura locale, determinate dal passaggio della corrente. Nel 2000 Paul L. McEuen ha condotto questi studi mostrando che la conduzione in nanotubi semiconduttori è limitata dalla presenza di ulteriori barriere di potenziale probabilmente legate a imperfezioni strutturali del nanotubo. La configurazione planare, inoltre, offre la possibilità di costruire componenti a tre terminazioni, come i transistor descritti nel capitolo successivo. Altre tecniche (elettrodeposizione ed elettromigrazione) sono state proposte per costruire elettrodi planari con facce poste a 1 nm di distanza e per misurare proprietà di molecole più piccole dei nanotubi.
Particolarmente affascinante è apparsa la possibilità di utilizzare il DNA come filo molecolare. Nel 1993 Jacqueline K. Barton ha dimostrato che una reazione di trasferimento elettronico tra donatore e accettore può essere mediata da un filamento di DNA. Legando un foto-ossidante a uno specifico nucleotide del DNA è possibile generare una carica positiva in una posizione predeterminata della doppia elica e monitorare il movimento di questa carica lungo il filamento. Il sito più stabile per la carica positiva nel DNA è la base guanina e, in particolare, le sequenze di DNA contenenti due o più guanine consecutive. Misurando la velocità di trasferimento elettronico per varie sequenze di DNA è stato mostrato che il processo elementare per la diffusione della carica nel DNA è lo scambio di un elettrone tra due guanine non adiacenti, schematizzabile, per esempio, come
…TC TTTCT… …TCTTTC T…
[12] →
…AG+AAAGT… …AGAAAG+T…
dove A, C, G, T indicano le basi azotate del DNA, adenina, citosina, guanina e timina. Tale processo elementare segue le leggi del trasferimento di carica in sistemi D−S−A, regolato dalla [3], ma la cinetica complessiva è diffusiva. La maggior parte degli studi sono stati condotti in soluzione, ma esperimenti con molecole a contatto con un metallo o intrappolate fra due elettrodi sembrano confermare il meccanismo dimostrato dagli studi in fase liquida.
Oltre ai dispositivi a due terminazioni, visti sopra, sono stati messi a punto dispositivi più complessi, sia cercando di seguire in scala più piccola i paradigmi dell'attuale tecnologia elettronica, sia percorrendo strade completamente nuove. Nella prima categoria rientrano i numerosi esperimenti effettuati per realizzare un transistor utilizzando un nanotubo connesso a due elettrodi in configurazione planare. In un transistor la corrente misurata tra due elettrodi, denominati emettitore (source) e collettore (drain), dipende dal potenziale applicato a un terzo elettrodo, detto porta (gate). Depositando un nanotubo semiconduttore tra due elettrodi su un supporto di silicio ricoperto da un sottile strato isolante di ossido di silicio si realizza un transistor che, come architettura e funzionamento, ricorda i transistor a effetto di campo o FET (Field effect transistor). Applicando un potenziale negativo sul supporto di silicio si possono iniettare elettroni nel nanotubo incrementandone la conducibilità. Il primo a realizzare questa architettura, illustrata schematicamente nella fig. 8, è stato Cees Dekker nel 1998 e successivamente, usando apparati sperimentali simili, l'efficienza del dispositivo è stata migliorata e sono stati utilizzati fili molecolari di altra natura. Va notato che, nonostante le ridotte dimensioni del filo molecolare, il gate è ancora un oggetto di dimensioni molto maggiori, il che impedisce, per il momento, l'integrazione di questi transistor in circuiti più grandi.
Un dispositivo analogo, ma con una distanza interelettrodo ancora più ridotta, è stato preparato da Hongkun Park. Poche molecole di C60 sono poste nello spazio tra due elettrodi planari collocati come nell'esperimento precedente su un supporto di silicio (il gate) protetto da uno strato isolante. La conducibilità della giunzione viene soppressa fino a limiti non misurabili applicando potenziali positivi di alcuni volt sull'elettrodo gate. Un altro modo per controllare la conducibilità del C60 consiste nel comprimere leggermente la molecola con la punta dell'STM. Questa deformazione meccanica altera le energie molecolari, diminuendo la separazione HOMO-LUMO, e provoca un aumento di conduttanza. Sebbene di scarsa utilità pratica, questo dispositivo illustra come la generazione futura di circuiti possa basarsi su fenomeni e principî del tutto diversi da quelli usati dalla tecnologia corrente.
Molti ricercatori sono impegnati nella ricerca di nuovi elementi di memoria di dimensioni molecolari utilizzando tecniche e materiali alternativi. Il fenomeno della magnetizzazione permanente della materia, usato per produrre molti degli attuali dispositivi di memoria, si basa su una proprietà collettiva dei solidi i cui atomi possiedono momento di spin non nullo. Alcune molecole ad alto spin conservano la loro magnetizzazione per lungo tempo, se mantenute alla temperatura di pochi gradi K, comportandosi come dei magneti molecolari che potenzialmente possono immagazzinare informazione. Il caso più celebre è la molecola Mn12O12(CH3COO)16(H2O)4, che ha momento magnetico di spin totale di 20 μB e tempi di rilassamento molto lunghi. Al momento, comunque, sembra difficile immaginare applicazioni di questi sistemi a temperature ordinarie.
In linea di principio, l'informazione può essere immagazzinata in molecole singole che possiedono due o più conformazioni stabili alla temperatura di lavoro. Moltissimi composti bistabili sono stati proposti a questo scopo. Affinché si possa ipotizzare un loro uso come memorie, è necessario poter controllare dall'esterno la loro conformazione (realizzando così la fase di scrittura della memoria) e verificare la loro conformazione senza cambiarla (lettura della memoria). Cambi conformazionali possono essere indotti reversibilmente in molte molecole utilizzando opportuni tipi di solvente e modificando la concentrazione di alcuni ioni, ma questi stimoli chimici difficilmente possono essere indirizzati su una specifica molecola, e le applicazioni sono limitate al campo dei sensori. Di maggiore interesse per l'elettronica molecolare sono le variazioni conformazionali indotte da stimoli elettrici od ottici.
In genere, la struttura di una piccola molecola si modifica leggermente se essa viene ossidata o ridotta elettrochimicamente, oppure se viene portata in uno stato eccitato mediante radiazione elettromagnetica. Sono stati progettati sistemi supramolecolari in cui variazioni strutturali significative avvengono in seguito a reazioni elettrochimiche o a eccitazione. Fra i sistemi più studiati in questa classe ci sono i rotaxani (o rotassani), supermolecole composte da un filo molecolare attorno al quale è posto un macrociclo che può trovarsi in due stazioni stabili. La posizione del macrociclo può essere controllata in vari modi, per esempio elettrochimicamente.
Cambi strutturali indotti da radiazione elettromagnetica sono stati studiati estensivamente e sono per lo più basati su reazioni di isomerizzazione intramolecolare. Indicando con A e B due isomeri, si può scrivere il seguente schema di interconversione:
[13] formula
dove con hν1 e hν2 si indicano due radiazioni di frequenza diversa. Per interagire con una singola molecola, per esempio adsorbita su una superficie, è necessario indirizzare la radiazione in una porzione limitata di spazio con una risoluzione non raggiungibile con l'ottica convenzionale. La lunghezza d'onda della radiazione necessaria è infatti più di 10 volte superiore alla risoluzione minima auspicabile. La tecnica denominata NFOM (Near-field optical microscopy) permette di eccitare una singola molecola per volta, portando la radiazione a pochi nanometri dalla molecola con una speciale fibra ottica. Gli esperimenti spettroscopici sulle singole molecole insegnano molto sulle interazioni specifiche molecola-substrato e sulla dinamica delle molecole singole. La risoluzione di questa tecnica è ancora maggiore di 10 nm, quindi la singola molecola può essere osservata solo depositando su un solido una sua soluzione molto diluita. Anche tenendo conto delle presenti limitazioni, non è possibile escludere che si riesca a sviluppare una tecnologia in cui i vari componenti comunichino attraverso la radiazione elettromagnetica piuttosto che attraverso le correnti elettriche. È anche possibile ipotizzare meccanismi ibridi in cui i fotoni controllano la corrente, come per esempio nel foto-interruttore mostrato nella fig. 9. Se i due isomeri della molecola, interconvertibili con radiazione a frequenza diversa, hanno proprietà di conduzione elettrica molto diverse, si può pensare di integrare il sistema in un circuito che può essere aperto o chiuso per effetto della radiazione elettromagnetica.
Abbiamo visto come durante l'ultimo decennio la ricerca nel campo dell'elettronica molecolare si sia dedicata principalmente alla costruzione e alla caratterizzazione di singoli dispositivi molecolari. La fattibilità di tali dispositivi è stata ormai ampiamente dimostrata e, sebbene nessuno di essi possa ancora considerarsi il 'mattone' di base per una nuova tecnologia, da qualche anno i ricercatori dell'università e dell'industria s'interrogano sulle possibili architetture con cui connettere tra loro milioni di dispositivi molecolari, in modo da produrre un circuito in grado di effettuare calcoli. In alcuni casi, come per esempio in quello delle memorie a sola lettura o ROM (Read-only memory), è possibile pensare a processi fisici diversi per la scrittura e la lettura dell'informazione, ma in generale, affinché varie componenti possano comunicare tra di loro, è necessario che il segnale di input e output sia della stessa natura, ovvero elettrico o elettromagnetico. La possibilità di usare l'interazione radiazione-materia per effettuare dei calcoli è oggetto di studio dell'area denominata calcolo quantistico, ma, nonostante i notevoli progressi, soprattutto teorici, le possibili applicazioni non sembrano alla portata delle attuali tecnologie. Per questo, gran parte delle realizzazioni e delle proposte nel campo dei sistemi integrati a dimensione molecolare è basata su componenti di base ibridi molecola-solido − molti dei quali sono stati descritti in precedenza ‒ che comunicano tra loro per mezzo di segnali elettrici.
Nel 2001 Phaedon Avouris ha realizzato uno dei primi dispositivi in cui due transistor molecolari sono stati integrati per realizzare un circuito logico detto invertitore di corrente o porta NOT, dimostrando che, in linea di principio, l'integrazione di più dispositivi molecolari è possibile. Charles M. Lieber, in una serie di esperimenti iniziati nel 2002, ha mostrato che due nanotubi sospesi l'uno sull'altro con gli assi all'incirca perpendicolari possono formare un elemento di memoria in quanto la resistenza del loro contatto può essere variata di alcuni ordini di grandezza applicando a uno dei due nanotubi un appropriato potenziale elettrico per un breve intervallo di tempo. Per spiegare questo fenomeno è stata suggerita l'esistenza di due possibili geometrie per il contatto tra i nanotubi, la cui stabilità relativa è influenzata dalla distribuzione di carica nel sistema. Il vantaggio di questo dispositivo è che si può pensare di costruire una griglia di nanotubi per realizzare un circuito della complessità voluta. Lieber ha prodotto circuiti più complessi, costituiti da più di due nanotubi, e ha mostrato che è possibile costruire in maniera riproducibile un grande numero di griglie di nanotubi che, in futuro, potrebbero essere programmate individualmente per svolgere la funzione di circuito logico.
Negli esempi di transistor e circuiti basati su nanotubi semiconduttori il meccanismo di trasporto elettronico è quello incoerente. Tale meccanismo provoca un riscaldamento locale delle molecole che, se la corrente non è mantenuta sufficientemente bassa, porta alla loro decomposizione. In altri termini, circuiti molecolari stabili nel tempo devono poter funzionare con una potenza bassissima o, condizione equivalente, con un'elevata efficienza. In giunzioni metallo-molecola-metallo è stato osservato il meccanismo di trasporto per effetto tunnel che, al contrario del meccanismo incoerente, non provoca perdite di energia lungo la molecola (si ha riscaldamento nel metallo in prossimità della giunzione). Costruire circuiti integrati in cui gli elettroni si muovano coerentemente è particolarmente difficile, perché lievissimi cambiamenti geometrici provocano cambiamenti radicali nella dinamica elettronica. L'uso di circuiti integrati basati su questo meccanismo di trasporto è legato alla possibilità di posizionare con estrema precisione i componenti molecolari.
È prevedibile che nei prossimi anni verrà effettuata una scelta dei dispositivi molecolari che più si prestano all'integrazione in circuiti complessi e questa scelta è destinata a indirizzare molta parte della ricerca di base. Tecniche nanolitografiche di nuova generazione potranno essere usate per modellare il supporto isolante e metallico di circuiti nanometrici, mentre metodi di autoassemblaggio potranno essere usati per posizionare opportunamente le molecole a partire da una loro soluzione. Sebbene molti degli esperimenti descritti usino l'AFM per manipolare individualmente molecole, per una produzione di tipo industriale è necessario far sì che milioni di componenti occupino spontaneamente una posizione predefinita grazie alla maggiore stabilità termodinamica. In linea di principio si potrebbe rinunciare alla matrice solida e alle tecniche litografiche, producendo circuiti che si autoassemblino a partire da una soluzione dei componenti. Questo secondo modello è ispirato dall'analogia con i sistemi biologici, ma il grado di selettività raggiungibile dalle attuali tecniche di autoassemblaggio molecolare non è sufficiente per pensare ad applicazioni nell'immediato futuro.
Un circuito fatto di molecole e assemblato secondo le leggi della termodinamica conterrà degli errori dovuti alle impurezze dei composti e imperfezioni del posizionamento. Si pensa che tali imperfezioni possano essere compensate usando appositi software, già utilizzati a livello sperimentale, progettati per tollerare migliaia di difetti nei circuiti logici. Poiché l'uso di componenti molecolari aumenta enormemente la quantità di informazioni immagazzinabili per unità di superficie, si può inoltre ipotizzare che computer basati su tali componenti faranno un maggior uso di memoria ed eseguiranno un minor numero di calcoli, essendo più facile tabulare il risultato di migliaia di operazioni piuttosto che rieffettuare il calcolo ogni volta.
Come si è visto, il problema dell'architettura per l'elettronica molecolare coinvolge tutti i livelli della ricerca, dalla fisica del trasporto elettronico all'ingegneria del software, e non è facile fare previsioni sul tempo necessario alla realizzazione del primo computer molecolare. In ogni caso, è molto probabile che, in tempi brevi, molti campi della tecnologia trarranno vantaggio dall'introduzione dei nuovi materiali e dalla più profonda comprensione delle loro proprietà resa possibile dalla ricerca sull'elettronica molecolare.
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