Rossi Drago, Eleonora
Nome d'arte di Palmina Omiccioli, attrice cinematografica nata a Genova-Quinto il 23 settembre 1925. Forte di una sensualità prepotente ma al tempo stesso algida e di un portamento elegante e raffinato, la R. D. si è distinta per una bellezza non tradizionalmente italiana nel panorama cinematografico nazionale degli anni Cinquanta e Sessanta.
Di madre spagnola, dopo aver studiato alle magistrali, fece la figurinista e partecipò con successo a diversi concorsi di bellezza dove, grazie alla sua bellezza non comune, venne scelta come indossatrice. Esordì nel cinema in parti minori, mentre il suo primo film importante fu Persiane chiuse (1951) di Luigi Comencini, melodramma sulle case di tolleranza, cui fece seguito La tratta delle bianche (1952) sempre di Comencini. Grazie al suo aspetto raffinato e a un fascino capace di evocare atmosfere esotiche, la R. D. lavorò in Italia, Francia e Spagna in film come Sensualità (1952) di Clemente Fracassi, I sette dell'Orsa Maggiore (1953) e Sotto dieci bandiere (1960), entrambi di Duilio Coletti, Vestire gli ignudi (1954) di Marcello Pagliero, Donne sole di Vittorio Sala e Suor Letizia di Mario Camerini, entrambi realizzati nel 1956, e Vacanze d'inverno di Camillo Mastrocinque, del 1959. Ma fu Michelangelo Antonioni, profondo osservatore dell'animo umano, soprattutto femminile, il primo ad accorgersi del mistero celato dietro lo sguardo languido e malinconico dell'attrice e ad affidarle la parte di Clelia, una popolana che riesce a integrarsi nel mondo borghese, in Le amiche (1955), tratto da C. Pavese. Dopo un'importante esperienza teatrale con la regia di Luchino Visconti che nel 1955 la scelse per il ruolo di Elena in Zio Vanja di A.P. Čechov, accanto a Rina Morelli, Paolo Stoppa e Marcello Mastroianni, la R. D. ottenne nel 1959 il suo ruolo cinematografico più affascinante e composito in Estate violenta di Valerio Zurlini, che le valse il Nastro d'argento, quello di una vedova che, nella Riccione del 1943, prima della caduta del fascismo, s'infiamma di passione per il giovane Carlo (Jean-Louis Trintignant), figlio di un gerarca. Nello stesso anno, Pietro Germi le offrì un'altra occasione di rilievo con il giallo tratto da C.E. Gadda Un maledetto imbroglio, cui seguirono due film di Giuseppe De Santis, un altro autore attento alla psicologia femminile, Cesta duga godinu dana (La strada lunga un anno) nel 1958 e La garçonnière nel 1960. Successivamente l'attrice offrì un'altra prova di bravura nell'interessante lavoro di Gianni Puccini L'impiegato (1960) e nel primo film di Giuliano Montaldo, Tiro al piccione (1961), ritratto anticonformista dei repubblichini di Salò. L'anno seguente lavorò invece con Roberto Rossellini in Anima nera, di nuovo con Puccini in L'attico (1963), con Ettore Scola in Se permettete, parliamo di donne (1964), e perfino con John Huston in La Bibbia (1966), in cui fece una breve apparizione. La sua ultima prova cinematografica, dopo la quale si è definitivamente ritirata a vita privata, risale al 1970 nel film di Massimo Dallamano Il dio chiamato Dorian. Negli anni Sessanta aveva preso parte anche ad alcuni sceneggiati televisivi, come il noto La cittadella (1964) di Anton Giulio Majano.