ELEONORA d'Aragona, duchessa di Ferrara
Nacque a Napoli nel 1450 da Ferdinando I d'Aragona re di Napoli (allora duca di Calabria) e da Isabella Chiaramonte.
Incerta è la data della nascita: il 22 giugno secondo il Passero, ma più probabilmente (cfr. L. Volpicella, RegisFerdinandi…, p. 233) il 21 0 il 22 luglio, come attestano rispettivamente il Fuscolillo e Notar Giacomo. Ci è stato tramandato il nome della sua nutrice, una Costanza da Caserta.
Educata a corte, suo principale precettore fu Diomede Carafa, regio consigliere e uomo di lettere.
Col Carafa E. rimase sempre in ottimi rapporti, anche dopo che sposata ad Ercole d'Este dovette trasferirsi a Ferrara. Alcuni anni dopo le sue nozze, e proprio in relazione con la sua nuova posizione di duchessa di Ferrara, il Carafa le volle dedicare un Memoriale sui doveri del principe. La stessa E. aveva sollecitato quest'opera, e per favorirne la diffusione nell'ambiente letterario volle anche farla tradurre in latino da Battista Guarino.
A Napoli E. ebbe modo di conoscere e stringere rapporti con l'ambiente culturale che gravitava intorno alla corte aragonese. Oltre che col Carafa, fu legata da amicizia con Giovanni Albino, storico e letterato, allievo del Pontano e del Panormita; Masuccio Salernitano le dedicò una novella del suo Novellino. Ful'educazione napoletana a far nascere in E. il gusto e la simpatia per il mondo delle lettere: propensioni che ebbero poi modo di affermarsi e maggiormente affinarsi nella corte ferrarese.
Si è parlato a volte di un amore giovanile avuto da E., prima del 1472, con Diego Cavaniglia, ma non esiste alcuna prova in proposito.
A soli cinque anni E. si trovò inserita nelle complesse trame matrimoniali degli Aragonesi. Nel 1455 i congiunti sforzi diplomatici degli altri Stati italiani avevano convinto Alfonso I ad accettare il trattato di Lodi e ad aderire alla Lega italica. Fu, in parte, nell'ambito di questa politica di pacificazione che andò prendendo corpo un doppio progetto matrimoniale fra Napoli e Milano: E. avrebbe dovuto sposare Sforza Maria Sforza, terzogenito del duca Francesco, e Alfonso, fratello di E., avrebbe sposato Ippolita Sforza.
Le trattative furono avviate quando giunsero a Napoli gli inviati del duca di Milano per ratificare l'adesione di Alfonso d'Aragona alla Lega. Furono condotte da Albrico Maletta, oratore milanese, e, per il re di Napoli, da "doy delli suoy cathelani", "el Fonoleda et uno altro persona da bene" (lettera di A. Maletta a Francesco Sforza, 26 luglio 1455, in C. Canetta, p. 142). A una conclusione si giunse nell'ottobre, quando il giorno 12 fu resa pubblica la stipulazione dei due futuri matrimoni. Alfonso I li aveva voluti perché gli avrebbero permesso di sfuggire all'isolamento in cui rischiava di venirsi a trovare, e perché gli permettevano di inaugurare una politica di avvicinamento a Milano e Firenze e, contemporaneamente, di sotterranea lotta contro Roma e, soprattutto, Venezia. Inoltre, in ambedue i principi, era presente, accanto alla direttrice politica antiveneziana, anche la volontà di fronteggiare insieme le pretese e le mire francesi sui loro Stati.
Il papa Callisto III, informato del progetto il 4 ottobre, se ne mostrò scontento, vedendo di cattivo occhio questo avvicinamento fra Napoli e Milano, cosicché Alfonso gli dovette inviare Sceva di Corte per tranquillizzarlo e dargli assicurazioni.
Ulteriori accordi per il matrimonio di E. furono presi nel 1457. Fu stabilito che due mesi prima di andare sposa essa avrebbe ricevuto 40.000 ducati e, in più, che si sarebbe dovuto provvedere ad assicurarle una certa entrata annuale. Nello stesso tempo il futuro sposo Sforza Maria sarebbe stato creato duca di Bari. Nel 1464 Ferdinando I avrebbe voluto affrettare i matrimoni e decise pertanto di investire Sforza del ducato. L'anno successivo, nel settembre 1465, questi giunse a Napoli insieme con Ippolita. Avvennero le nozze fra costei e Alfonso d'Aragona, e fra E. e Sforza Maria Sforza, ma il matrimonio di E. fu celebrato con la condizione che sarebbe stato consumato solo qualche tempo dopo, a Milano. Nell'ottobre lo sposo fu investito ufficialmente del ducato di Bari. Le trattative per festeggiare le nozze a Milano e perfezionare gli accordi continuarono nel dicembre, ma la morte di Francesco Sforza, nel 1466, causò il ritardo dell'avvenimento. Con l'ascesa al potere di Galeazzo Maria Sforza, poi, le nozze finirono per rimanere inattuate.
Il nuovo duca, infatti, ebbe molti motivi di contrasto con re Ferdinando. I capitoli del 1457 prevedevano che Sforza Maria, prima della consumazione del matrimonio, fosse investito del dominio di una città lombarda. Nel 1468, pertanto, Galeazzo Maria concesse al fratello Tortona, ma pretese solo per sé il pagamento dei 40.000 ducati della dote; in più voleva che E. fosse subito inviata a Milano. Ferdinando, già molto irritato per la mancata restituzione da parte di Milano dei denari avuti in prestito per l'acquisto di Genova, non gradì affatto la scelta di Tortona, che reputava città non abbastanza ricca. Inoltre, non aveva la minima intenzione di dare altri soldi a Galeazzo Maria Sforza, né, infine, si fidava a mandargli Eleonora. Lo Sforza gli inviò allora Antonio Cicinello per tentare una mediazione. Egli si impegnava, qualora Tortona non avesse recato un'entrata di almeno 10.000 ducati, a provvedere di colmare la differenza. Ma Ferdinando si mostrò sempre meno intenzionato a condurre a termine quell'accordo, tanto che il Cicinello, per risvegliare il suo interesse, arrivò a prospettare l'idea di dare E. in sposa allo stesso Galeazzo Maria. Forse, però, il re di Napoli aveva già iniziato ad architettare altri progetti matrimoniali per la figlia. Non voleva tuttavia rinunziare a un altro vincolo di parentela con Milano e così si arrivò a stabilire il futuro matrimonio tra Giangaleazzo Maria Sforza e Isabella d'Aragona.
Nel 1472 si pensava ormai chiaramente all'annullamento del matrimonio fra E. e Sforza, e tale questione si trovò a essere strettamente connessa con le trattative per il nuovo progetto di matrimonio. All'inizio di quell'anno furono inviati a Napoli il Cicinello e Giovanni Andrea Cagnola per trattare il doppio problema. Galeazzo Maria subordinò la concessione dell'annullamento alla conclusione del matrimonio del figlio con Isabella, e chiedeva pertanto che la futura sposa fosse al più presto inviata alla sua corte.
Tale atteggiamento del duca di Milano non fece altro che irritare Ferdinando, che non esitò a lanciargli contro numerose accuse, a minacciarlo di volerlo escludere dalla lega che si andava costituendo, e togliere il ducato di Bari a Sforza Maria. L'ambasciatore milanese Francesco Maletta, Ippolita Sforza, Diomede Carafa e altri consiglieri del re si impegnarono per convincerlo, infine, a una mediazione.
Nel giugno un accordo preliminare fu raggiunto e il 14 luglio in Castelcapuano le parti giurarono i patti di una prima intesa, che prevedeva insieme lo scioglimento del vincolo di E. e il matrimonio di Isabella. Ferdinando si impegnava anche a coinvolgere il nuovo marito di E. - a quell'epoca erano già avviate le trattative con Ercole d'Este - in una politica di pace con Milano. Il 31 luglio Galeazzo Maria inviò la delega per la concessione dell'annullamento e chiedeva i privilegi originali della concessione del ducato di Bari. Il 26 settembre si sottoscrissero e pubblicarono gli accordi.
Nel 1472 era stata avviata anche la trattativa per concludere un nuovo matrimonio, fra E. ed Ercole I d'Este. Da Ferrara fu inviato a Napoli Ugolotto Facino che, nell'agosto, concluse la trattativa e celebrò con E. il matrimonio per procura. Rimanevano però altri ostacoli da rimuovere. Sforza Maria non voleva accettare l'annullamento e, per contrastarlo, inviò suoi fiduciari a Napoli e a Roma; solo dopo che fu severamente richiamato dal fratello Galeazzo Maria, il 12 ott. 1472, sottoscrisse la sua rinuncia. Spedita a Roma, il papa Sisto IV concesse subito lo scioglimento con una bolla emanata il 15 dello stesso mese. Le motivazioni furono che il matrimonio non era stato consumato e che E. lo aveva accettato solo per ubbidienza al padre.
Qualche difficoltà venne anche da Ercole. L'Estense, infatti, che aveva qualche motivo di attrito con gli Sforza, in principio si mostrò alquanto riluttante ad aderire all'impegno, garantito peraltro personalmente dal re Ferdinando, di una politica di pace e distensione con Milano. Per questi motivi, e per l'attesa delle dispense papali, i patti matrimoniali furono firmati solo il 1º nov. 1472.
Alcuni storici hanno interpretato tale matrimonio come un atto di politica antiveneziana (Pontieri), altri, al contrario, di una politica antimilanese (Catalano); in realtà se è vero che l'ambasciatore veneto Z. Barbaro partecipò alle trattative che condussero all'annullamento del precedente matrimonio e gettarono le basi del nuovo, e fu presente inoltre alla sottoscrizione dell'accordo del 14 luglio, è anche vero che punto qualificante di tali patti era anche il gradimento del nuovo marito ai Milanesi.
L'anno successivo Ercole inviò il fratello Sigismondo a Napoli per prendere la sposa. Giunto il 16 maggio 1573, Sigismondo in quell'occasione si accordò anche per la dote di E. e per la donatio propter nuptias. La dote fu fissata in 80.000 ducati, cifra solo ufficiale, che nei fatti scese a 60.000, di cui 25.000 da pagare subito, ma comprendendo anche i vestiti, le gioie, ecc., della sposa, e i restanti 35.000 in otto rate annuali.
E. partì da Napoli il 24 maggio 1473. Il corteo nuziale, giunto a Roma il 5 giugno, vi ricevette accoglienze grandiose. Fece epoca, per il suo sfarzo eccezionale, la festa offerta dal cardinal Pietro Riario il 7 giugno. Oltre al gusto del lusso e dello sfoggio di splendore, c'era anche la volontà da parte del papa (che il 7 aveva ricevuto E.) di mostrare tutta la sua disponibilità verso Napoli, disponibilità già dimostrata in occasione dell'annullamento, poiché egli cercava negli Aragonesi alleanze e appoggi per la propria politica nepotistica. Partito il 9 giugno da Roma, il corteo passò per Siena (18 giugno), per Firenze (22 giugno), e giunse a Ferrara il 3 luglio dove la cerimonia nuziale fu celebrata dal cardinal Bartolomeo Roverella.
Forse E., da bambina, aveva già avuto modo di conoscere Ercole, all'epoca della sua permanenza alla corte di Napoli. Per vent'anni fu al suo fianco come duchessa di Ferrara svolgendo un ruolo di primaria importanza nelle questioni amministrative dello Stato, dando prova in più di un'occasione di grande coraggio e abilità. La loro unione fu molto prolifica; E. da Ercole ebbe otto figli, due femmine e sei maschi.
Le prime a venire alla luce furono le bambine. Il 18 maggio 1474 E. partorì Isabella, la futura splendida duchessa di Mantova, e il 29 giugno 1475 Beatrice, la futura sposa del Moro. Alfonso, l'erede al trono di Ercole e suo successore come duca di Ferrara, nacque il 21 luglio 1476. Il 19 sett. 1477, durante un viaggio a Napoli, unico dei suoi figli non nato a Ferrara, diede alla luce Ferdinando. Il 20 marzo 1479 partorì Ippolito, il futuro cardinale d'Este immortalato dall'Ariosto. L'8 sett. 1480 partorì Sigismondo; l'ultimo suo figlio fu Alberto, nato il 16 ott. 1481 e vissuto solo pochi mesi.
Il 1º sett. 1476 E. si trovò a fronteggiare una situazione altamente drammatica. Mentre Ercole stava fuori Ferrara, Niccolò di Lionello d'Este tentò con le armi di impadronirsi della città. E., colta di sorpresa, dovette precipitosamente mettersi in salvo in Castelvecchio, insieme con i tre piccoli. Nell'ottobre di quell'anno ricevette a Ferrara la sorella Beatrice, in viaggio per l'Ungheria; con lei rimase sempre in contatto, tenendola informata delle vicende italiane. Segno tangibile dell'affetto che le legava fu la concessione del ricchissimo arcivescovato di Strigonia, sede dei primati ungheresi, voluta da Beatrice, nel 1486, per il piccolo Ippolito d'Este, sestogenito di Eleonora.
Il 16 maggio 1477 E. partì per Napoli, passando per Pisa, e conducendo con sé le due figliolette Isabella e Beatrice. E. si recava a Napoli per assistere alle seconde nozze del padre con Giovanna d'Aragona, ma in quell'occasione, forse, non tralasciò di consultarsi con lui anche circa l'atteggiamento da tenere verso la crescente ostilità dei Veneziani, i quali, tra l'altro, avevano mal visto la promessa di matrimonio stipulata fra il piccolo Alfonso e Anna Sforza (20 maggio 1477). Giunta il 1ºgiugno, il 19 settembre diede alla luce Ferdinando, il 17 ottobre ripartì per Ferrara, dove giunse il 14 novembre. A Napoli E. volle lasciare il neonato e Beatrice.
Tra il settembre e il dicembre 1478, mentre il marito era impegnato nella guerra, come capitano generale della Lega degli alleati di Firenze, E. assunse la direzione della cosa pubblica, mostrando di possedere ottime qualità di amministratrice. Sempre più spesso, infatti, nel corso degli anni, Ercole sarebbe stato poi disposto a lasciarle incarichi e oneri dell'amministrazione, ed E. diede sempre ottima prova, sapendo affrontare anche situazioni molto difficili, come durante la guerra contro Venezia. Le tensioni fra i due Stati, già forti alla fine del 1481 , sfociarono in guerra aperta nel maggio successivo. Forse E. contribuì a spingere il marito alla lotta contro Venezia. Il 4 ott. 1482, però, Ercole, gravemente ammalato, fu costretto a rimanere immobilizzato a letto, e ben presto E. si trovò a dover fronteggiare una situazione estremamente drammatica. All'inizio di novembre la situazione militare era sfavorevole per i Ferraresi e sempre più grave si faceva il problema degli approvvigionamenti di Ferrara. Mandato a prendere del grano a Modena, il 18 novembre, quella città si era sollevata per impedirne il trasporto. Il 20 i Veneziani, passato il Po, erano alle porte, minacciando direttamente la città. E., affiancata da B. Bevilacqua, fece allora riunire tutte le magistrature e chiamò il popolo a raccolta: esposta la gravità della situazione, riuscì ad ottenere piena fiducia e appoggio per la casa d'Este. Si adottarono misure politiche e finanziarie, come la riduzione di alcune tasse e l'allontanamento di Paolo Antonio e Giacomo Trotti. Voluto dalle famiglie nemiche dei Trotti, questo atto fu accettato da E., ma fu solo temporaneo, poiché presto essi sarebbero tornati a ricoprire i loro incarichi, e continuarono a godere sempre della sua fiducia. Contemporaneamente, nel novembre e nel dicembre 1482, E. esercitò continue pressioni su Giovanni Bentivoglio per ottenerne aiuto di uomini e mezzi. Nel dicembre, staccato il papa dall'alleanza con Venezia, le cose migliorarono per Ferrara, ma la situazione, specie dal punto di vista economico, rimase grave fino alla conclusione della guerra, nel 1484.
E., comunque, con la sua fermezza e la sua abilità nei momenti difficili, si era conquistata la stima generale. Sempre più spesso fu lei a sbrigare le questioni dell'amministrazione giudiziaria e di quella economica, mostrando, in particolare in questo secondo campo e nell'amministrazione del patrimonio estense, notevoli doti di capacità e oculatezza. E., scriveva lo Zambotti per il 1478, faceva "tuto quello fa bixogno ad ogni sapiente Segnore" (Diario, p. 57) e "regeva et gubernava il tuto, como anche havea facto per lo passato" scriveva il Caleffini per l'anno 1484 (Diario, II, p. 183), e nel 1486 annotava: "dava audientia et spazava tute le facende como Signore" (ibid., p. 207). E., inoltre, curò personalmente le trattative matrimoniali dei suoi figli e la stipulazione dei vari contratti matrimoniali: nella primavera 1480 gli accordi preliminari per le nozze di Isabella con Francesco Gonzaga e di Beatrice con Ludovico Sforza e, tra il 1489 e il 1490, la sottoscrizione definitiva di questi due patti nuziali e di quello tra Alfonso e Anna Sforza. Seppe mantenere ottimi rapporti anche con i due figli illegittimi del marito: Lucrezia e Giulio.
Nel 1486 E., malata ad un orecchio, dovette andare a curarsi ad Abano e Montegrotto. Nel luglio 1490 si recò a Mantova per accompagnare alle nozze la figlia Isabella. Parimenti, il 29 dic. 1491 partì con Alfonso e Beatrice per Pavia e Milano, dove si sarebbero celebrati i loro matrimoni. A Milano E. tornò nel gennaio 1493, in occasione del parto di Beatrice. In quella occasione, sollecitata dal padre, si adoperò con il Moro per la causa del matrimonio di sua sorella Beatrice, e volle anche sollecitarne l'appoggio per la promozione cardinalizia del figlio Ippolito. Nel maggio, insieme con i figli Alfonso e Beatrice, e con Anna Sforza, si recò in visita a Venezia, nello stesso momento in cui, in Ferrara, il Moro trattava con Ercole i termini della loro alleanza contro Napoli.
Nel settembre E. si ammalò e morì a Ferrara l'11 ott. 1493.
Priva di fondamento è la notizia che fosse stata avvelenata dal marito, il quale avrebbe voluto così evitare un'analoga azione, che E. avrebbe pensato di compiere su istigazione del padre (Malipiero) Resta comunque difficile stabilire quale fu il ruolo svolto da E. nelle cruciali vicende della politica italiana di quell'anno. Certamente tenne informata la corte napoletana della politica dello Sforza e della sua alleanza francese. Il 1º luglio scriveva ad Ercole che si era incontrata con un certo "Raymo, familiare del … Duca de Calabria". In quel periodo probabilmente E. tentò ancora di coinvolgere il marito in una mediazione tra gli Aragonesi di Napoli e il Moro (Chiappini, p. 89). Alla sua morte Ferdinando I avrebbe detto: "Ora si che è espugnato il più forte bastione contra i Franzesi" (Muratori, Antichità…, p. 259). Non si può tuttavia sopravalutare, come fece il Litta, il ruolo che avrebbe svolto E. nel frenare i tentativi dello Sforza.
Sepolta nel monastero del Corpus Domini, per la sua morte B. Guarino compose un'Oratio funebris (pubblicataa Modena nel 1496), e altri componimenti furono fatti da Battista Mantovano (Oratio…, Mantova 1493) e Carlo da San Giorgio; Bartolomeo Gogio compianse la sua morte nell'opera manoscritta De nobilitate humani animi. È invece probabilmente apocrifo l'epicedio a lungo attribuito a L. Ariosto (L. Ariosto, Le opere minori, pp. XXII, 330-337).
Non avendo mai imparato il latino, E. non entrò mai nel vivo della cultura umanistica; tuttavia, come si è già notato, fu sempre animata da profondo interesse e simpatia per la cultura letteraria. Pur nell'ambito dei rapporti, sempre cortigianescamente ambigui, che si instauravano tra il principe e i letterati, a Ferrara E. ebbe modo di frequentare numerosi umanisti, poeti, uomini di lettere, e a molti di loro accordò protezione ed aiuti, e a volte autentica amicizia.
Per la sua stessa posizione di duchessa venne a trovarsi al centro del vivo universo culturale che ruotava intorno alla corte estense. Volle il Guarino, Sebastiano dal Longo, Jacopo Gallino, Bellino Pezzolati come precettori dei propri figli. Fu in rapporti con Ludovico Carbone e Matteo Canale, che scrissero carmi per le sue nozze. Fu amica del Guarino, che le dedicò vari componimenti, come pure lo fu del Carbone e del Gallino. Il Guarino l'avrebbe poi fatta comparire come personaggio nel dialogo De Regno administrando. Frequentò Francesco Ariosto e Bartolomeo Gogio, che le dedicarono varie opere, e Carlo da San Giorgio, che le dedicò la traduzione del De nobilitate diLeonardo Bruni. Conobbe Tito Vespasiano Strozzi e Matteo Maria Boiardo. Protesse Bartolomeo Cavalieri e Antonio Cornazzano, che la celebrò in alcuni suoi versi. Altro suo protetto fu l'umanista marchigiano Pandolfo Collenuccio, che da lei fu incoraggiato a scrivere il Compendio de le Istorie del Regno di Napoli. Nell'ambito di una politica essenzialmente economica, tesa a favorire gli ebrei, E. volle anche incoraggiare Abramo Perizol a comporre il suo Maghem Abraam.
Scrive D. Fava: "Di nessuna delle donne di Casa d'Este la Biblioteca [Estense] ci conserva tante attestazioni di onore e di omaggio quante sono quelle che si riferiscono ad Eleonora" (La Biblioteca Estense…, pp. 116 s.). L. Ariosto la definì "saggia" e "pudica" (Orlando Furioso, XIII, 68-69). Amante della musica (suonava l'arpa), fece venire a corte il maestro Iachetto di Lorena. E. possedette una ricca collezione di quadri e si servì dell'opera di numerosi artisti; commissionò tele al Mantegna e possedette quadri di Giovanni Bellini. Si servi dell'opera di Cosmé Tura, Francesco Bianchi Ferrari, Antonio di Angiolo, Antonio Pochettino, Niccolò Monteleone, Sigismondo Morini, e soprattutto di Ercole Roberti, che da lei fu altamente stimato ed ebbe anche vari incarichi di fiducia. Quanto alle rappresentazioni iconografiche di E., per il periodo napoletano, in un riquadro inferiore della tavola, opera del Colantonio (circa 1460), raffigurante S. Vincenzo Ferrer e conservata nella chiesa di S. Pietro Martire, E. è ritratta fanciulla insieme con la madre. Immagini dell'arrivo di E. a Ferrara e della duchessa con la sua corte erano negli affreschi della residenza estense di Belfiore (Gundersheimer, pp. 263 s.). Una rappresentazione di E. in età matura è nel gruppo scultoreo in legno della Pietà, ora nella chiesa del Gesù a Ferrara. Commissionata dai duchi a Guido Mazzei nel 1485, E., accanto ad Ercole, vi è rappresentata nelle vesti di Maria di Cleofa. Altre rappresentazioni di E. sono nelle due medaglie che coniò Sperandio di Bartolomeo Savelli per i duchi di Ferrara. Numerosi sono, infine, i ritratti di E. esistenti in vari codici miniati (per essi si vedano Chiappini e Gundersheimer).
Buona parte di ciò che è stato scritto su E. è spesso stato ispirato a un più o meno evidente intento celebrativo; spesso dunque si è corso il rischio di uno svisamento, seppur parziale, della realtà storica. Tuttavia è da notare che tale volontà celebrativa prende molto spesso le mosse da un pregiudizio essenzialmente negativo: più o meno velatamente si ritiene E. degna di ammirazione, in quanto diede prova di grandi capacità e abilità "benché" donna. Parimenti, a volte si è esagerato l'aspetto della pietà religiosa nel carattere e nella vita di Eleonora. Donna sicuramente e profondamente religiosa, E. tuttavia non andò mai oltre i sentimenti e le pratiche devozionali ampiamente diffusi ai suoi tempi fra tutti i fedeli.
Fonti e Bibl.: Le principali fonti d'archivio sono nell'Archivio di Stato di Modena; su alcune di esse: cfr. Documenti riguardanti lo Studio di Ferrara nei sec. XV e XVI conservati nell'Archivio Estense, a cura di A. Solerti, in Atti e mem. della R. Dep. ferrarese di storia patria, IV (1892), pp. 14 s.; Carteggio tra i Bentivoglio e gli Estensi dal 1401 al 1542esistente nell'Archivio di Stato in Modena, a cura di U. Dallari, Bologna 1902, ad Indicem; Archivio di Stato di Modena. Archivio Segreto Estense, sezione Casa e Stato. Inventario, a cura degli Archivi di Stato, XIII, Roma 1953, ad Indicem; Il Carteggio "Medici - Este" dal sec. XV al 1531. Regesti delle lettere conservate negli Archivi di Stato di Firenze e Modena, a cura di M. Del Piazzo, Roma 1964, ad Indicem. Cfr. inoltre: Indice dei manoscritti della civica biblioteca di Ferrara, a cura di G. Antonelli, Ferrara 1884, ad Indicem; per il periodo napoletano: Regis Ferdinandi primi instructionuni liber, a cura di L. 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