Elena
De stercore ad regnum
Solo ad alcuni personaggi storici tocca di acquisire in morte una fisionomia più ricca e complessa di quella testimoniata dai contemporanei. Flavia Iulia Helena è fra questi. Assurta ai fasti della corte dopo decenni di oscura esistenza, vide gradualmente crescere il suo prestigio nell’ultima parte della vita e ottenne poi la gloria della santità. A conferirgliela contribuì in misura determinante l’indebita attribuzione di un’impresa mai compiuta: la scoperta della vera croce.
Il rapporto di continua osmosi fra storia e leggenda, che caratterizza la tradizione su Elena, si risolve nel tempo a tutto vantaggio della seconda, che ispira opere letterarie e arti figurative. Così, nel nostro immaginario, la severa e disincarnata bellezza della dama protagonista del ciclo aretino di Piero si impone sul profilo dai tratti marcati (collo robusto, naso aquilino, mento un po’ sporgente) che restituiscono le raffigurazioni coeve.
Distinguendo fra notizie documentate, aggiunte degli autori antichi e induzioni arbitrarie di alcuni studiosi moderni, il profilo di Elena qui tracciato intende ripercorrerne la vita, situarne la figura in rapporto a Costantino, analizzare le testimonianze sulla sua religiosità e soffermarsi infine sul ritratto dell’Augusta elaborato nella tarda antichità e base di ulteriori sviluppi medievali e moderni1.
Le notizie sulla madre di Costantino sono poche e non tutte affidabili. La data approssimativa della morte si deduce dalle emissioni monetali a suo nome, che non vanno oltre la primavera del 3292. Poiché Eusebio informa che morì a circa ottant’anni3, la sua nascita non deve essere di molto anteriore al 250 d.C. Non è invece possibile risalire con certezza alla sua città natale. Parecchi studiosi moderni ritengono che questa sia Drepanon o Drepane (oggi Hersek) in Bitinia, come riferisce lo storico bizantino Procopio di Cesarea: «C’è una città in Bitinia che è eponima di Elena, madre dell’imperatore Costantino. Dicono infatti che Elena fosse originaria di questa città»4. La notizia è però tutt’altro che sicura: Procopio, che è l’unico a darla, scrive circa tre secoli dopo e non si assume la responsabilità dell’informazione da lui raccolta («dicono»), che può avere carattere eziologico5. Le fonti anteriori a Procopio, che – al contrario di lui − riportano anche il precedente nome della città, non forniscono il luogo di nascita dell’imperatrice madre6: Costantino avrebbe ribattezzato Elenopoli la città per rendere omaggio al martire Luciano, che vi è sepolto. Questa spiegazione trova conferma nel fatto che l’assegnazione a Drepanon del nome che la nobilita ha luogo il 7 gennaio, giorno del martirio del santo7, né stupisce che l’imperatore abbia affidato il ricordo della madre a un luogo che le era particolarmente caro proprio perché vi si trovava il corpo del martire, portato lì da un delfino8.
Il nuovo nome assunto da Drepanon non basta a provare che Elena vi sia nata. Innanzitutto, di Elenopoli ce ne sono due: lo storico ecclesiastico Sozomeno, accanto a quella di Bitinia, menziona anche una Elenopoli di Palestina, e le ricorda insieme perché entrambe tramandano la memoria dell’imperatrice madre9. Si è detto che Drepanon deve essere la città natale di Elena perché Costantino non può avere avuto altri motivi per nobilitare un luogo altrimenti insignificante10, ma questa affermazione è smentita dai fatti, perché si conoscono altre sedi da lui nobilitate, intitolandole a qualcuno che non vi era nato. Come Bisanzio trasformata in Costantinopoli, o Constantia (Maiuma di Gaza, oggi El-Mïneh) in Palestina, chiamata per nobilitarla come la sorella dell’imperatore11. Constantia e Drepane sono anzi ricordate insieme dallo storico ecclesiastico del V secolo Socrate quale esempio di villaggi che Costantino ha probabilmente rivitalizzato, cambiando loro nome e facendone due città12.
Non prova che sia la città natale di Elena neppure la dislocazione geografica di Drepanon, sulla grande via militare da cui Costanzo deve essere passato più volte nel corso delle sue campagne. Questa via, che attraversava i Balcani, conduceva dall’Italia al Bosforo, e di lì ad Antiochia13, per cui Costanzo può aver incontrato Elena in una qualunque delle molte stazioni di posta14. D’altra parte è all’Illirico che riporta la nascita di Costantino, avvenuta non in Bitinia, ma a Naisso (Niš), nella Dacia Mediterranea. L’assenza, che è quasi totale nelle fonti greche e totale in quelle latine, di indicazioni sulla città natale di Elena favorisce il sorgere di versioni più o meno fantasiose, che la vogliono nata a Treviri o a Colchester in Occidente, oppure a Edessa in Oriente15.
Il suo nome completo, Flavia Iulia Helena, che si legge in un’iscrizione16 e su alcune monete17, è testimoniato solo dopo il conferimento del titolo di Augusta, per cui non si può escludere che Flavia e Iulia siano aggiunte tardive, tese a occultare i suoi oscuri natali18. Se infatti un dato è certo, al di là di ogni ragionevole dubbio, questo è l’infima estrazione sociale della futura Augusta: vilissima è detta dall’Anonimo Valesiano19; «donna di bassa condizione e in nulla diversa dalle prostitute» pare debba leggersi in Filostorgio, che forse riecheggia un’orazione di Giuliano l’Apostata20; «non rispettabile» e «oscura» la definisce Zosimo, nella seconda metà del V secolo21. L’attendibilità delle affermazioni relative agli umili natali di Elena trova implicita conferma nell’assenza di smentite anche da parte degli autori cristiani, che esprimono apprezzamento a suo riguardo.
È anzi proprio un cristiano a dare, più di sessant’anni dopo la morte di Elena, la notizia più circostanziata sulla sua estrazione sociale: in quello che è per noi il resoconto più antico sulla scoperta della vera croce, Ambrogio di Milano dice che era una stabularia22. Come ha rilevato Timothy D. Barnes23, è questa la prima attestazione del femminile di stabularius, termine che deriva da stabulum (stalla, stazione di posta, locanda e anche bordello), e può pertanto indicare sia il padrone o gestore di siffatti locali, sia chi vi lavora a servizio. Nel caso di Elena, si tratta molto probabilmente di una stazione della posta imperiale in cui fece tappa Costanzo, ed è possibile che vi lavorasse come semplice serva, esposta in quanto tale a richieste di vario genere, prestazioni sessuali incluse. Sintomatico al riguardo è il qualificativo bona, da cui Ambrogio fa iteratamente precedere stabularia, ricordando che per le sue qualità morali Dio la ha innalzata de stercore ad regnum24.
Le origini assai umili di Elena sono presupposte dal tipo di legame che contrae con Costanzo Cloro all’inizio degli anni Settanta del III secolo (la nascita di Costantino, avvenuta il 27 febbraio, dovrebbe collocarsi fra il 272 e il 273)25; un legame che le fonti sono abbastanza concordi nel rappresentare come caratterizzato dalla disparità sociale dei due partner. Se per Eutropio, che è la nostra fonte più antica, si tratta di un matrimonium obscurius26, e l’Anonimo Valesiano la definisce uxor27, l’ostile Zosimo informa che Elena non si unì a Costanzo in matrimonio legittimo28. Non provano che si tratti di un matrimonio legittimo neppure i testi in cui si parla del duplice divorzio di Costanzo e Galerio, dove l’uso di termini come uxor e coniugium è reso necessario dal matrimonio del secondo, e non è pertanto indicativo dello status di Elena. Accade in Aurelio Vittore, che fa riferimento a Costanzo e Galerio insieme29, così come in Girolamo e nei successivi Chronica che da lui dipendono, i quali a proposito del doppio divorzio adoperano il termine coniugium, mentre, quando parlano della sola Elena, la definiscono concubina30.
Le testimonianze incoraggiano dunque a pensare che quello fra Elena e Costanzo non sia stato un legame matrimoniale, ed è questa l’opinione oggi dominante, anche se non esclusiva. Una recentissima e autorevole voce di dissenso è quella di Barnes, tornato a sostenere che si trattava di un matrimonio in piena regola. Soffermandosi sui possibili significati di stabularia, Barnes ritiene che il termine vada inteso come «figlia del proprietario di una stazione della posta imperiale»; questa condizione − bassa nella scala sociale, ma non infima − rendeva possibile un legittimo matrimonio con Costanzo, non nobile e ancora agli inizi della carriera31. Nulla però prova che Elena fosse la figlia del padrone e non una serva; né possono avere peso determinante le due iscrizioni, entrambe rinvenute in Campania, che la definiscono sposa di Costanzo. La prima risale al 325 circa e costituisce il devoto omaggio del corrector Bruttiorum Alpinius Magnus a Elena «castissima coniuge del divo Costanzo»32. La seconda è dedicata dall’ordo e dal populus Neapolitanorum alla piissima e clementissima Augusta, «moglie del divo Costanzo»33.
Entrambe le iscrizioni34 sono successive al conferimento del titolo di Augusta e rivendicano per Elena il ruolo di capostipite della dinastia in quanto madre di Costantino e nonna dei Cesari35: è in questo quadro che si colloca la menzione del suo matrimonio con Costanzo. Ora, mentre è comprensibile che l’omaggio riconoscente dei provinciali promuova una concubina al rango di legittima sposa, non è credibile che un certo numero di fonti, non necessariamente ostili, degradi una moglie legittima − per di più madre dell’imperatore e nonna dei Cesari − allo status di concubina, che oltretutto pone gli eventuali figli in condizione di inferiorità rispetto a quelli nati dal matrimonio. Che questo sia il caso di Costantino si arguisce sia da un’affermazione di Libanio (al padre di Giuliano l’Impero sarebbe toccato più a buon diritto che a chi lo ha detenuto)36, sia dalla forza con cui l’anonimo panegirista del 310 scorge ed esalta in Costantino l’aspetto e le virtù del padre37: tanta enfasi non avrebbe ragion d’essere se, come i suoi più giovani fratellastri, pure lui provenisse da un matrimonio di pieno diritto.
Non risulta che Elena avesse altri figli da Costanzo quando questi la lasciò per sposare la figliastra dell’Augusto Massimiano, Teodora38, a ridosso della sua elevazione a Cesare nel 29339, o più probabilmente qualche anno prima, intorno al 288/28940. Da questo momento, le tracce di Elena si perdono; la si ritrova solo dopo l’avvento al trono di Costantino, acclamato Augusto dalle sue truppe a York il 25 luglio del 306. Non c’è motivo di supporla accanto al figlio in quell’occasione, mentre è probabile che subito dopo e per qualche anno ella abbia soggiornato a Treviri, sede privilegiata dell’imperatore nel decennio 306-316. Di questo soggiorno mancano tuttavia indizi certi, perché non sembra riconducibile a lei la sontuosa domus d’età costantiniana i cui resti sottostanti il duomo sono stati portati alla luce dopo le distruzioni della Seconda guerra mondiale e la cui volta affrescata è ora esposta nel Museo Episcopale di Treviri. L’arco cronologico (post 315-ante 325/6) in cui si colloca l’esecuzione della volta e della sala di pertinenza fa da tempo propendere per l’ipotesi che questa elegante dimora sia di un’altra Elena, la moglie di Crispo41, mentre pochi anni or sono una convincente rilettura degli affreschi, che le precedenti interpretazioni collegavano alla famiglia di Costantino, ha portato alla conclusione che si trattava di una casa privata appartenente a una famiglia dell’aristocrazia locale42. L’unica residenza documentata di Elena resta perciò Roma, dove il Liber Pontificalis le attribuisce il possesso di un fundus Laurentus esteso dalla porta Sessoriana alla via Prenestina, poi offerto da Costantino alla chiesa dei Ss. Pietro e Marcellino43, e del palazzo Sessoriano, di cui il figlio le avrebbe fatto dono44, e dalla cui zona proviene la maggior parte delle epigrafi che la riguardano45.
Dopo la sconfitta di Licinio a Crisopoli e la sua eliminazione (324 d.C.), la visibilità pubblica di Elena raggiunge l’apice con il conferimento del titolo di Augusta, da lei condiviso con la nuora Fausta. Alla morte di quest’ultima, nel 326, Elena rimane la sola donna vicina a Costantino46: agisce in sua rappresentanza durante il viaggio in Terrasanta ed è da lui assistita nei suoi ultimi istanti47. Si ignora il luogo del trapasso, ma Eusebio informa che la salma fu inviata con solenni onori «nella città imperiale»48, espressione che designa Roma, ma che − fraintesa dallo storico Socrate − dà luogo a una seconda versione, che ne colloca il sepolcro a Costantinopoli49.
Sepolta al terzo miglio della via Labicana, nel mausoleo (oggi Tor Pignattara) attiguo alla chiesa dei Ss. Pietro e Marcellino50, Elena è deposta in un sarcofago di porfido in cui riposa fino all’849, quando il monaco francese Teogiso ne trafuga i resti per trasferirli in segreto presso l’abbazia di Hautvillers, nella diocesi di Reims51. Il trasferimento è celebrato con la composizione di una vita e i miracoli non tardano ad autenticarne le reliquie. Nascoste al momento della rivoluzione, esse vennero poi consegnate ai cavalieri dell’ordine del Santo Sepolcro, e sono ora a Parigi, nella chiesa di Saint-Leu52.
Non è questa l’unica sede che vanti il possesso delle spoglie di Elena. Il fraintendimento di Socrate dà infatti luogo a un’ulteriore tradizione, secondo cui la salma dell’imperatrice sarebbe stata sepolta a Costantinopoli, nella stessa tomba del figlio. Il sepolcro venne svuotato in seguito alla conquista della città da parte dei latini nel 1204, e i resti furono trasportati a Venezia. Lì giunti il 21 maggio 1211, sono attualmente venerati nella chiesa di S. Elena imperatrice e il 21 maggio 2012 si è chiuso l’anno giubilare che celebrava gli otto secoli dal loro arrivo in città. Una testa di Elena si conserva, infine, nel duomo di Treviri, cui fu donata nel 1356 dall’imperatore Carlo IV53. Ma − con buona pace di Teogiso, di Venezia e di Treviri − la salma dell’imperatrice può forse non essersi mai mossa da Roma, dove intorno al 1140 papa Innocenzo II la fece traslare nella basilica di S. Maria in Aracoeli54. Non è invece controverso il destino del sarcofago in cui venne deposta: riutilizzato per papa Anastasio IV (†1154), esso è ora ai Musei Vaticani.
Eusebio, unico fra i contemporanei a parlare di Elena, sottolinea l’esistenza di un profondo legame fra Costantino e la madre55. Ma la tendenza apologetica del vescovo di Cesarea lo porta ad attribuire al sovrano il merito di qualunque iniziativa; i suoi scritti non aiutano perciò a capire se e quanta influenza Elena esercitasse sul figlio, né in quali ambiti abbia potuto esplicarla. Il campo in cui fonti tardoantiche e studiosi moderni le attribuiscono l’influsso maggiore è rappresentato dalla sfera familiare: si suppone (ma è soltanto una supposizione) che sia stata lei a scegliere Fausta quale moglie per Costantino56, e le sono ascritte azioni che non le fanno onore.
Al suo intervento si imputa l’esilio in cui passarono gran parte della loro vita i figli maschi di Costanzo Cloro e Teodora, i quali sono forse vittime del risentimento di Elena, abbandonata per un’altra donna a lei socialmente superiore57. Tra le fonti pervenute che ricordano l’esilio dei principi58, l’unica a ricollegarlo esplicitamente a Elena sembra essere Giuliano, che in un discorso in cui rievoca il continuo vagare del padre si sofferma brevemente sulla «crudele matrigna» di quello59. La plausibilità dell’accusa è rafforzata dalla cronologia, in quanto le cariche conferite da Costantino ai fratellastri Giulio Costanzo (console nel 335) e Flavio Dalmazio (console nel 333 e subito dopo censore), nonché ai due figli di lui (il maggiore nominato Cesare nel 335, il secondo designato per occupare in Persia il trono del nemico Shabur II), seguono di qualche anno la morte di Elena. Non si può tuttavia escludere che a volere l’allontanamento dei figli di Teodora sia stato Costantino stesso e che considerazioni di ordine dinastico possano averlo indotto negli ultimi anni di vita al loro tardivo coinvolgimento nella gestione dell’Impero.
Non dimostrato resta pure l’ancor meno lusinghiero sospetto, accreditato da Zosimo e dallo Pseudo Aurelio Vittore, che le lagnanze di Elena presso il figlio abbiano provocato l’eliminazione di Fausta, cui la suocera rimproverava di aver causato l’assassinio di Crispo. Ma né lo Pseudo Aurelio Vittore60 né Zosimo61 danno diretta responsabilità di questa morte all’Augusta, parlando invece di una decisione presa da Costantino nell’intento di far cosa gradita alla madre. Scagiona Elena anche quella che oggi appare come la più plausibile ricostruzione degli avvenimenti, e cioè che Fausta, per spianare ai propri figli la strada alla successione, sarebbe all’origine delle accuse per cui Crispo fu giustiziato dal padre. Il ruolo di Elena, addolorata per l’ingiusta esecuzione del nipote, consisterebbe nel dimostrarne l’innocenza al figlio, di ritorno a Roma dopo la celebrazione dei vicennalia, e la scoperta della colpevolezza di Fausta62 deve averne determinato la morte, probabilmente volontaria.
Nelle fonti che si occupano in modo non cursorio dell’imperatrice madre, la sua partecipazione al potere appare tanto certa quanto incerte sono le sue prerogative. Tale vaghezza è ben rispecchiata dal titolo di Augusta, che, per una tradizione risalente a Livia, è conferito dai principi alle donne di famiglia − mogli per lo più − senza che per loro ciò comporti il riconoscimento di poteri analoghi a quelli di un imperatore63. Il verbo conregnare (naturalmente con il figlio), che Paolino di Nola e Sulpicio Severo usano per Elena64, non può infatti significare qui l’esercizio congiunto del potere regio, non previsto per una donna; l’idea di una condizione di parità è anzi subito smentita in Paolino dalla menzione delle richieste fatte da Elena al figlio e dell’adsensus da lui concesso alla madre per le spese edilizie relative ai luoghi sacri.
Come e quanto Elena possa avere influito sulla gestione dell’Impero è perciò una domanda cui − in assenza di riscontri istituzionali − si può rispondere solo in modo parziale e approssimativo, chiedendosi in via preliminare se e su che cosa un’anziana ex locandiera potesse avere competenza sufficiente. Che avesse precise idee sulla gestione dell’Impero e desse pareri su questioni amministrative è poco credibile; più probabile che il suo concreto potere si manifestasse in specifici atti di appoggio (se ne può per esempio cogliere traccia nella devota dedica del corrector Bruttiorum Alpinius65) o di disapprovazione, e in suggerimenti che non divennero mai di pubblico dominio. Il ruolo pubblico di Elena risalta invece con piena evidenza sia in monete e iscrizioni a lei dedicate, sia negli atti evergetici e caritativi da lei compiuti a nome proprio o su mandato del figlio.
L’emissione di monete a suo nome, dapprima limitata alla sola zecca di Tessalonica, che in data incerta conia monete bronzee con il titolo di nobilissima femina66, mostra come Costantino intendesse dare alla madre una visibilità, che di fatto raggiunse il culmine con il conferimento del titolo di Augusta, riportato sulle monete (le prime sono coniate dalla zecca di Antiochia), che la raffigurano sempre con il diadema e recano la legenda securitas reipublice (sic!)67.
L’accrescersi del suo prestigio dopo il 324, che è testimoniato dalle monete, trova riscontro nelle iscrizioni. Se si esclude quella in cui − dopo la damnatio memoriae di Fausta − Helena e mater sostituiscono Fausta e uxor68, su Elena sono pervenute otto epigrafi di sicura autenticità tutte in lingua latina69, e ben sei recano il titolo di Augusta. A eccezione di una trovata in Africa70, esse provengono dall’Italia centromeridionale; la loro dislocazione geografica fa pensare a una speciale influenza di Elena in quella zona, e in particolare a Roma, dove l’area di Santa Croce in Gerusalemme ha restituito ben cinque epigrafi71. La loro ubicazione conferisce credibilità al Liber Pontificalis, secondo cui a Roma, a lato del palazzo Sessoriano, sarebbe poi sorta la chiesa di Santa Croce in Gerusalemme, già chiamata Basilica Heleniana in un apocrifo dei primissimi anni del VI secolo72. A Roma Elena dovrebbe aver risieduto per parecchi anni: lo fa supporre un’iscrizione anteriore al 324 (non reca infatti il titolo di Augusta), che ne ricorda il restauro delle terme vicine al palazzo Sessoriano distrutte da un incendio73.
Ma le epigrafi dedicate a Elena non si limitano a mostrare che ella fa di Roma la sua sede preferita e che pure per questo gode di maggior peso nell’occidente dell’Impero. Esse sono importanti anche − e soprattutto − per il loro forte rilievo ideologico, in quanto la definiscono mater, genetrix o procreatrix di Costantino e avia dei Cesari74, conferendole un ruolo di capostipite che tacitamente contrappone la sua discendenza a quella di Teodora75. Il fatto poi che Elena si presenti come iniziatrice del casato anche nelle due epigrafi anteriori al 32476 mostra come, già prima di eliminare Licinio, Costantino intraprenda attraverso la madre una promozione dinastica che l’elevazione ad Augusta contribuisce solo a rafforzare.
Se monete e iscrizioni attestano il prestigio conferito a Elena e il suo uso nel contesto della propaganda costantiniana, l’ambito in cui ella riveste un ruolo decisamente attivo è però rappresentato da gesti di evergetismo e pie donazioni che la vedono protagonista. Questa attività, di cui esistono testimonianze anche nel contesto romano77, è soprattutto perseguita durante il viaggio in Terrasanta, quando l’Augusta, avendo a sua disposizione il tesoro imperiale78, dispiega un’azione a vastissimo raggio e con indubbi risvolti politici.
Come per la sua biografia, così anche per la religiosità di Elena si dispone di informazioni parziali. Di certo aderisce al cristianesimo solo a un certo punto della sua vita, ed Eusebio di Cesarea79 ne dà il merito a Costantino, che dopo averla convertita ne avrebbe curato l’educazione religiosa. La possibilità, avanzata da Joseph Vogt, che Elena fosse ebrea e di fede giudaica non è avvalorata dalle fonti80, per cui, in assenza di specifiche indicazioni, è ragionevole ritenere che prima di convertirsi fosse pagana.
Gli studiosi moderni la sospettano di simpatie per l’arianesimo81: lo proverebbe in primo luogo la sua speciale devozione per il martire Luciano, sepolto in quella Drepane che Costantino trasforma poi in città con il nome di Elenopoli82. Giustiziato a Nicomedia il 7 gennaio 303, Luciano ha fra i suoi discepoli forse Ario e certamente il futuro vescovo ariano Eusebio di Nicomedia, da cui nel 337 Costantino è battezzato sul letto di morte. Ma l’argomentazione che fa aderire Luciano all’arianesimo non sembra reggere sotto il profilo della cronologia: Luciano muore troppo presto per potergli attribuire le posizioni teologiche di Ario, pubblicamente espresse solo a partire dal 320. Inoltre, se si fosse compromesso con l’eresia, difficilmente Luciano avrebbe ricevuto gli elogi di Girolamo per la dottrina con cui interpreta le Scritture83.
A prova dell’arianesimo di Elena è addotta anche una notizia di Atanasio secondo cui il patriarca di Antiochia, Eustazio, rigido difensore dell’ortodossia cattolica, sarebbe stato deposto da Costantino perché aveva recato oltraggio a sua madre84. Atanasio però non specifica la natura dell’offesa, probabilmente intervenuta in occasione del passaggio di Elena da Antiochia durante il viaggio in Palestina85. Si è ipotizzato che Eustazio aveva mancato di rispetto all’Augusta perché non ne condivideva le simpatie ariane, ma questa, che è solo una, non l’unica86, spiegazione possibile, oltre a non leggersi in Atanasio non trova riscontro negli storici ecclesiastici, i quali non fanno parola di Elena nel ricordare la rovina di Eustazio, per la quale forniscono altre, differenti motivazioni87.
Lungi dal sollevare dubbi sulla retta fede di Elena, le fonti antiche ne esaltano anzi la profonda pietà, che si è manifestata in azioni caritatevoli, donativi, costruzioni o abbellimenti di chiese. A Roma dona un grande bacile d’oro alla chiesa dei Ss. Pietro e Marcellino, sulla via Labicana88, e, insieme con il figlio, dedica a San Pietro una croce d’oro massiccio di 150 libbre, collocata sul corpo dell’apostolo89. Ma la circostanza in cui la pia carità dell’Augusta poté meglio dispiegarsi è rappresentata dalla visita ai Luoghi Santi, unico avvenimento della sua vita su cui si dispone della testimonianza di un contemporaneo, peraltro assai qualificato: Eusebio di Cesarea90.
Del viaggio di Elena in Palestina e nelle province orientali non si conoscono né l’itinerario né la data precisa, che tuttavia può collocarsi con buona approssimazione tra la fine del 326 e il 328. Si sa infatti che l’Augusta lo intraprende in tarda età, e che muore a circa ottant’anni non molto dopo il suo ritorno91. Tenuto conto che la sua morte risale all’inizio del 329 o ai mesi appena precedenti, non dovrebbe essere partita prima del 326. Dal 18 luglio al 3 agosto di quell’anno, Costantino, di ritorno dalla celebrazione dei vicennalia, si trattiene a Roma, dove la madre può averlo informato delle responsabilità di Fausta per le false accuse che hanno causato l’ingiusta condanna di Crispo. La successiva, tragica morte di Fausta e la correlazione stabilita dagli storici pagani fra questa e l’intervento di Elena porterebbero a concludere che l’Augusta sia partita per la Palestina dopo il passaggio di Costantino da Roma, e dunque fra la fine del 326 e, al massimo, la primavera dell’anno successivo92.
Eusebio di Cesarea, che nella Vita di Costantino dedica tanto spazio a Costanzo Cloro, parla di Elena solo a questo proposito e sempre nel contesto della religiosità di Costantino93. Interessato a fornire un ritratto assolutamente positivo del principe, nella sua biografia Eusebio tace su quanto potrebbe appannarne l’immagine: così, al suo assoluto silenzio sulle tragiche vicende di Crispo e Fausta fa da contrappunto la cura con cui illustra i provvedimenti presi dal sovrano per onorare Dio e la Chiesa. La menzione della grotta della natività e di quella dell’ascensione, che Costantino adorna sfarzosamente per perpetuare il ricordo della madre, introduce l’excursus su Elena94.
La decisione di recarsi in Terrasanta è spiegata con il desiderio dell’Augusta di rendere grazie a Dio per averle concesso il figlio, un nobilissimo imperatore, e i nipoti, i Cesari a Dio carissimi95. Muovendosi con zelo ed entusiasmo giovanili nonostante l’età avanzata, l’imperatrice adora i sacri luoghi in cui Cristo ha posto i suoi piedi96, consacra, dotandola di ogni ornamento, la grotta della natività97; e fa edificare un complesso che include una chiesa sul monte degli Ulivi, da cui Cristo è salito al cielo98. Nella narrazione di Eusebio, l’azione di Elena serve a esaltare quella di Costantino: «pia madre di un pio imperatore»99, ella prende iniziative che offrono spunto a ulteriori dimostrazioni di religiosità del figlio, che vorrà rendere ancor più belli e sontuosi gli edifici fatti costruire dalla madre. Quest’ultima, poco dopo il suo ritorno, sarà premiata per la sua pietà con una morte felice100.
La prospettiva eminentemente religiosa adottata dal vescovo di Cesarea non dà ragione degli aspetti più propriamente politici di questa visita, compiuta prima che la moda dei pellegrinaggi si affermi, e che è riduttivo qualificare come un pellegrinaggio101. Elena, infatti, non si propone solo di vedere con i propri occhi la Terrasanta, ma visita «con premura imperiale»102 le province orientali e le loro popolazioni, con modalità che ricordano gli adventus imperiali103. Nel suo viaggio, accanto ai gesti di una devozione esibita nei santuari di città grandi e piccole104, c’è la non meno esibita «magnificenza della sua dignità imperiale»105, con cui attraversa tutto l’Oriente, ci sono i donativi alle popolazioni e ai singoli individui, le largizioni agli eserciti, le somme di denaro e le vesti donate ai poveri, ma anche la liberazione di carcerati, il riscatto delle vittime dei potenti e il richiamo degli esuli.
La missione di Elena esorbita, dunque, dai confini strettamente religiosi e appare finalizzata al raggiungimento di diversi scopi. Il desiderio di ingraziarsi la Chiesa è visibile sia nella costruzione e dotazione di nuovi edifici di culto, sia nell’esercizio della carità cristiana verso i poveri e i derelitti. Il carattere pubblico del viaggio, la προμήθεια (la providentia propria degli imperatori), che motiva l’interesse di Elena per i popoli dell’Impero, i doni alle città e all’esercito, la liberazione dei prigionieri e le largizioni ai soldati (presso i quali era diffuso il culto di Mitra) fanno invece pensare a un tentativo di consolidamento della dinastia, realizzato cancellando gli ultimi strascichi della guerra civile e forse cercando di attenuare gli eventuali risentimenti provocati dall’accentuarsi dell’attitudine procristiana di Costantino106. Tali misure sono prese per incarico (come è più probabile) o almeno con il consenso dell’imperatore, che mette a disposizione della madre il suo tesoro107: l’Augusta appare, perciò, l’esecutrice di un preciso programma politico, inteso a promuovere l’immagine del figlio108.
A capire come mai l’imperatrice si sia sobbarcata, in così tarda età, a un impegno tanto gravoso viene in soccorso la sua contiguità cronologica alla morte di Fausta. Se il carattere ufficiale e solenne del viaggio di Elena non permette di affermare che esso «somiglia a un’espiazione»109, si può senz’altro convenire sulla sua duplice efficacia: da un canto, esso distrae dal ricordo dei fatti recenti, dall’altro offre della famiglia regnante un’immagine lusinghiera, fondata insieme sulla religiosità e sul rango di colei che − come le epigrafi mostrano − la propaganda costantiniana celebra come capostipite della famiglia regnante.
Sul finire del IV secolo, per Elena si apre una nuova, promettente stagione: il cristianesimo si è ormai imposto come l’unica religione ammessa, e la madre del primo imperatore cristiano comincia a godere di una fortuna postuma che, facendone un modello di pia imperatrice, le spiana il cammino verso la santità. Punto di partenza per le future descrizioni di Elena resta sempre il resoconto di Eusebio, ma l’immagine dell’Augusta subisce arricchimenti e modifiche più o meno sensibili, dovute sia al mutare delle consuetudini e della mentalità cristiane, sia alle circostanze storiche, sia infine alla personalità di quanti − tutti uomini di Chiesa − ebbero occasione di soffermarsi sulla stabularia divenuta imperatrice.
Un primo mutamento di prospettiva si coglie nell’interpretazione del viaggio in Palestina. La Terrasanta è nel frattempo divenuta un luogo di pellegrinaggio, e come un pellegrinaggio è intesa la visita di Elena, che per più di un secolo rimane l’unica regnante ad esservisi recata. Vedere in Elena una pellegrina favorisce una lettura per lo più riduttiva del resoconto di Eusebio, il quale enfatizza sì il carattere religioso della missione in Oriente, ma senza tacere i provvedimenti a carattere politico presi dall’imperatrice. Gli autori successivi − con l’eccezione di Sozomeno110, che di Elena segnala i gesti a carattere sia sacro sia profano e sottolinea sia le virtù cristiane sia la magnificenza terrena − tenderanno a concentrarsi sulla pietà dell’imperatrice madre. Eusebio ne aveva segnalato la dimessa sobrietà delle vesti, il mescolarsi ai semplici fedeli, l’assidua frequentazione della chiesa, il grande fervore religioso111. Rufino di Aquileia, traduttore e continuatore latino della Storia ecclesiastica, vede manifestarsi l’umiltà dell’Augusta nel pranzo che lei, regina orbis ac mater imperii, serve con le proprie mani alle vergini consacrate di Gerusalemme112.
In Rufino, tuttavia, questo pur significativo episodio, che tornerà nei tre storici ecclesiastici greci113, passa in secondo piano, oscurato dalla scoperta della vera croce. Questo evento, di cui l’imperatrice è protagonista, dà senso al suo viaggio in Terrasanta e si lega indissolubilmente alla figura di Elena: la sua fortuna postuma − dal Tardoantico al Medioevo e oltre − dipende infatti in misura determinante dall’inventio crucis, impresa che l’Augusta avrebbe fortemente voluta e felicemente realizzata.
L’uso del condizionale è d’obbligo sia per quanto attiene alla paternità della scoperta, sia per la sua possibile data. Il primo a menzionare (e più volte) i frammenti del sacro legno è, intorno al 350, il vescovo Cirillo di Gerusalemme114, il quale, in una epistola del 351 a Costanzo II, colloca il ritrovamento della croce sotto il regno di Costantino115. Se Cirillo non fornisce particolari sul rinvenimento, Eusebio di Cesarea non ne parla affatto116. Anche a supporre che egli taccia per ragioni teologiche o di opportunità politica117, c’è il silenzio del pellegrino di Bordeaux, che compie il suo viaggio nel 333. La conclusione più ragionevole è che il legno poi diventato oggetto di venerazione sia venuto alla luce sotto Costantino, ma sia stato identificato con quello della vera croce solo successivamente118.
In ogni caso, nulla autorizza a considerare il ritrovamento opera dell’Augusta119, la cui partecipazione si configura come un’aggiunta tardiva, probabilmente compiuta in Palestina nella penultima decade del 300120. Egeria, recatasi in Terrasanta fra il 381 e il 384, annota che il giorno in cui furono consacrate la chiesa sul Golgota e quella dell’Anastasi coincide con quello del ritrovamento della croce121 e rileva la centralità di tale reliquia nella liturgia del Venerdì Santo122, ma non menziona Elena, che è assente anche nel breve accenno alla scoperta in un’omelia di Giovanni Crisostomo123.
La mancanza di un fondamento storico per la rivendicazione a Elena dell’inventio crucis sconsiglia di soffermarsi qui sulla relativa e molto studiata leggenda, la cui versione originaria, riportata dalle fonti più antiche, doveva trovarsi nella Storia ecclesiastica, oggi perduta, scritta dal vescovo Gelasio di Cesarea124. Basterà segnalare come a questa e alle altre due varianti note da tempo (quella di Giuda Ciriaco e quella siriaca di Protonice125) se ne sia ora aggiunta una quarta, scritta in siriaco e inclusa in una narrazione in sei libri sulla dormitio virginis e la sua assunzione126. È invece di notevole interesse per il nostro discorso rilevare come l’attribuzione a lei dell’inventio influisca sulla rappresentazione di Elena trasmessa dal Tardoantico al Medioevo.
Primo, tra le fonti pervenute, ad attribuire a Elena l’inventio crucis è Ambrogio, che le dedica un excursus del De obitu Theodosii. Nella sua rievocazione dell’evento, il vescovo di Milano tralascia ogni altra notizia sul viaggio in Oriente per concentrarsi su quello che egli presenta come lo scopo stesso del viaggio: la ricerca del sacro legno. Desiderosa di procurare al figlio un aiuto divino che lo protegga dal pericolo, Elena si affretta alla volta di Gerusalemme. Trova il luogo della crocifissione ingombro dai detriti e drammaticamente si oppone al diavolo, proponendosi come una nuova Maria: come quella, generandolo, ha mostrato Cristo all’umanità, lei, trovando la croce, ne mostrerà la resurrezione127. Dopo avere riconosciuto la croce giusta grazie alla scritta apposta da Pilato, la sovrana cerca e trova pure i chiodi della crocifissione che mette uno in un diadema e l’altro nel freno del cavallo, inverando così un’antica profezia128.
Collocato com’è nel contesto dell’orazione funebre per Teodosio, l’excursus serve ad Ambrogio per giustificare il diritto dell’undicenne Onorio al regno in nome di quella hereditas fidei che, simboleggiata dalla trasmissione dei chiodi, è il principio su cui, da Costantino in poi, si fonda la trasmissione di un potere che è legittimato appunto dalla fede129. Madre del primo imperatore cristiano, Elena è colei che stabilisce questo nuovo criterio di successione: la fisionomia del rapporto con il figlio ne risulta sensibilmente modificata, perché non è più Elena che dipende da Costantino, ma Costantino fortunato ad avere una tale madre130, grande donna che ha trovato da offrirgli molto più di quanto non potesse ricevere da lui131.
In assenza dei problemi politici contingenti cui doveva far fronte Ambrogio, il nuovo e maggior peso che viene all’Augusta dall’inventio è testimoniato, pochissimi anni dopo, dalla Historia ecclesiastica di Rufino di Aquileia, dove Elena, divinis admonita visionibus, va in Palestina al preciso scopo di ritrovare il luogo della crocifissione, in un viaggio non più dominato − come in Eusebio − dalla figura lontana ma incombente dell’imperatore132.
L’affrancamento di Elena da Costantino nella leggenda dell’inventio, che la vede agire da sola, si estende in alcuni resoconti anche agli altri pii provvedimenti da lei presi. Così, le chiese di Terrasanta, che secondo Eusebio, poi seguito da Sozomeno (ma anche secondo il pellegrino di Bordeaux e la ben più tarda Egeria133), Elena avrebbe fatto erigere o restaurare come esecutrice della volontà del figlio, sono attribuite alla sua diretta iniziativa da Rufino (che dovrebbe dipendere da Gelasio di Cesarea), da Paolino di Nola e Sulpicio Severo134, poi da Socrate e Teodoreto135.
In alcuni autori tardoantichi, sia greci sia latini, Elena si affranca dal figlio anche per quanto riguarda l’adesione alla nuova fede. Essere madre del primo imperatore cristiano è un privilegio, ma il merito può non essere di Costantino, come era invece in Eusebio: Paolino di Nola osserva che questi merita di essere primo fra i principi cristiani per la fede di sua madre Elena non meno che per la propria136. E a metà circa del V secolo lo storico ecclesiastico Teodoreto di Ciro giunge a capovolgere l’affermazione di Eusebio, lodando Elena per aver offerto al figlio il nutrimento della pietà137.
Questa evoluzione della personalità di Elena raggiunge il suo punto estremo nei più tardi Actus Silvestri: l’imperatrice madre, che ha proceduto autonomamente alla ricerca della vera fede, tende a riconoscerla nel giudaismo. È molto contrariata nell’apprendere che il figlio ha aderito al cristianesimo e gli scrive una severa lettera di rimprovero (un particolare ripreso poi dalla Legenda Aurea)138; insieme con lui assiste in qualità di giudice all’altercatio fra dodici rabbini e papa Silvestro sulla vera religione. L’esito della disputa dà ovviamente ragione al papa e a Costantino, ma lo svolgersi dell’intera vicenda attribuisce all’Augusta indipendenza di giudizio in materia di fede139.
Il supposto ruolo di Elena nell’inventio, pur riferito a un’esperienza unica e non replicabile, si riverbera sull’immagine globale dell’imperatrice: la grandezza nella fede testimoniata in quella circostanza rende infatti esemplari anche il suo viaggio e le sue virtù, trasformando così l’antica stabularia in un modello di pietà regale140. Prima sovrana a imitarne il viaggio in Palestina è, più di un secolo dopo, la sposa di Teodosio II, Atenaide Eudocia, che seppe sfruttare a corte le positive ripercussioni a livello di immagine ottenute con il suo primo pellegrinaggio nei Luoghi Santi (438-439)141. Tornatavi per sempre dopo essere caduta in disgrazia nel 443, si dedicò alla costruzione di edifici sacri, in una mimesi di Elena tanto riuscita da valerle l’attribuzione dell’inventio crucis in una leggenda copta del VII secolo142.
Ma Elena non è un exemplum solo per chi, come Eudocia, sa giocare con successo la carta del pellegrinaggio (anche nel suo caso ricco di molte, seppur diverse, implicazioni politiche). La sua religiosità può essere assunta a paradigma anche per il sostegno dato alla vera fede, associando in questo caso alla sovrana di turno il consorte, che viene paragonato a Costantino. Così, per la sua difesa dell’ortodossia, l’imperatrice Pulcheria è acclamata nuova Elena al concilio di Calcedonia insieme con il marito Marciano, nuovo Costantino143, mentre Gregorio Magno propone Elena come esempio alla regina degli angli, Berta, esortata a operare la conversione del suo popolo144.
Un’ulteriore forma di imitatio Helenae si realizza a partire dal suo stretto legame con la croce, del cui legno l’imperatrice madre avrebbe riportato a Roma una parte, custodita nella basilica di Santa Croce in Gerusalemme. Questo legame è recuperato dall’Augusta Galla Placidia, che fa restaurare quella chiesa145 e dedica alla santa croce la cappella del palazzo reale di Ravenna146: due gesti di alto valore simbolico per un’imperatrice che rivendicava la discendenza da Costantino147. La connessione fra regalità e culto della croce è ancora presente nei regni romanobarbarici con Radegonda di Turingia, ex regina dei franchi fattasi monaca, che intitola alla santa croce il monastero da lei fondato a Poitiers ed è esaltata come novella Elena per avervi fatto giungere una reliquia della vera croce148. Per ottenerla, Venanzio Fortunato si era rivolto agli imperatori Giustino e Sofia: nell’epistola poetica di ringraziamento alla coppia imperiale, egli esalta l’amore che l’imperatrice porta ai Luoghi Santi149 e paragona i due coniugi a Elena e Costantino per l’impegno con cui rendono nota la Croce nel mondo150.
Le rappresentazioni tardoantiche di Elena trovano prosecuzione in età medievale, con l’aggiunta di nuovi dettagli biografici che, in una sorta di postumo risarcimento, ne elevano la condizione sociale, facendola nascere da una famiglia nobile (a Treviri) o addirittura regale (a Colchester). Alla nobilitazione delle origini si aggiunge la corona della santità151. Questa condizione, che in Oriente ella condivide con Costantino, nell’area latina è soltanto sua e le garantisce uno spazio esclusivo, distaccandone la sorte da quella del figlio152. Proprio per la maggior autonomia goduta da Elena in Occidente, è il caso di fare qualche veloce accenno ai più significativi sviluppi occidentali della sua fortuna sacra e profana, proseguita fino ai nostri giorni153, con risultati talora notevoli per qualità letteraria, come il romanzo Helena di Evelyn Waugh, uscito a Londra nel 1950.
La più antica biografia di sant’Elena è la Vita seu potius homilia de Sancta Helena composta a metà circa del IX secolo su incarico di Incmaro di Reims dal monaco Almanno di Hautvillers, per celebrare l’arrivo delle reliquie nel suo monastero154. Disponendo di pochissimi dati sulla sua santa, Almanno ne costruisce un elogio incentrato su alcuni motivi ricorrenti e spesso intrecciati fra loro: un fervido amore per Cristo; il culto della croce e la sua scoperta, che le guadagna venerazione in terra e beatitudine in cielo155; avere generato Costantino, che ascese all’Impero per i meriti di sua madre156, e aderì alla vera religione promotus ad hoc pietate matris Helenae157. Se l’inventio crucis è l’avvenimento più significativo e lo scopo stesso della vita di Elena, non mancano altri aspetti ormai entrati nella tradizione, come l’abbandono del giudaismo per influenza di papa Silvestro158, o il banchetto da lei servito alle ancelle di Dio a Gerusalemme, benché fosse imperii mater e signora non solum Urbis, sed etiam totius orbis159.
Rispettoso in linea di massima delle sue fonti, cui volentieri rimanda, l’agiografo deve fare i conti con alcune notizie scomode: l’umiltà dei natali, il rapporto di concubinato con Costanzo, il divorzio da quest’ultimo. Almanno fa provenire Elena da Treviri, dove sarebbe nata da una famiglia nobilissima, padrona di tutta la città e con un grande e splendido palazzo160, ma non si sente di passare sotto silenzio il rapporto di concubinato. Dice allora che Costanzo è già imperatore e marito di Teodora quando, preso da ammirazione per la nobiltà di Elena, la sua bellezza e il favore di cui ella gode agli occhi di Dio, desidera da lei un figlio, e − pur da concubina − la tratta con grande rispetto161. Almanno evita così di menzionare il ripudio, ma non sembra rendersi conto del fatto che, se Costantino fosse nato dopo i suoi fratellastri, sarebbe stato ancora bambino nel 306, quando successe al padre.
La biografia di Almanno è la prima a testimoniare l’esistenza fra Elena e Treviri di uno stretto legame, che, rafforzatosi nel tempo, è ancora visibile nella toponomastica della città. Questa intitola a Elena e alla sua famiglia il reticolo di vie tutt’intorno al duomo e alle rovine di quella che fino a pochi anni fa era ritenuta la domus imperiale. Nel duomo di Treviri si conserva anche una reliquia della tunica di Cristo, che l’imperatrice avrebbe portato dalla Terrasanta e donato alla città162.
Nobile e nativa di Treviri, Elena compare anche nel Libellus de Constantino Magno eiusque matre Helena, testo a carattere più romanzesco che agiografico scritto molto probabilmente fra il XII e il XIV secolo163. La storia si apre con il pellegrinaggio della protagonista a Roma, dove cade vittima della libidine di Costanzo, che la violenta e le lascia in dono alcuni ornamenti. Dallo stupro nasce Costantino, che dopo una serie di peripezie torna dalla madre con la sposa, figlia dell’imperatore d’Oriente. Il romanzo si conclude con l’agnizione di Elena da parte di Costanzo, che riconosce i doni che le aveva fatto e dichiara suo erede Costantino, il quale a tempo debito gli succede sul trono. Per la guarigione dalla lebbra, il viaggio di Elena in Terrasanta e la scoperta della santa croce, il racconto rimanda ai testi che ne trattano; recupera, invece, e rimotiva la qualifica di stabularia: con l’oro messo in salvo dalla nuora, Elena compra una casa e la trasforma in locanda per mantenere sé e la famiglia.
Le vicende della Elena inglese sono ancor più complesse, e il loro continuo oscillare fra storia e leggenda è stato già oggetto di approfondite analisi164. Rinviando a quelle, ci si limita qui ad alcuni aspetti della sua vita non privi di ricadute letterarie. Se la confusione con l’omonima moglie dell’usurpatore Massimo nella tradizione gallese le guadagna un posto fra gli avi di Artù165, è solo agli inizi del XII secolo che Elena acquista la cittadinanza britannica e diventa la figlia del re Coel di Colchester. Con questa identità e con caratteristiche simili è ricordata da tre testi fra loro contemporanei: la Cronaca di Colchester, la Historia Anglorum di Enrico di Huntingdon166 e, più famosa di tutte, la Historia regum Britanniae di Goffredo di Monmouth, cui tanto deve la leggenda arturiana. Figlia unica di re Coel, Elena supera in bellezza tutte le fanciulle della provincia e nessuna è più abile di lei nel suonare e più dotta nelle arti liberali. Educata dal padre a regnare, gli succede come sposa di Costanzo, cui genera Costantino167.
Questo nuovo ritratto di Elena, che (forse anche per influenza della leggenda gallese) le attribuisce qualità degne di una sovrana, la priva, però, dell’impresa che più di ogni altra le ha garantito fortuna postuma: manca nei tre testi qualsiasi accenno all’inventio crucis. Una carenza cui si pone rimedio con le successive storie sulla Elena inglese, che trova la croce ma resta figlia di re Coel168. Questo incrocio fra tradizione britannica, storia e agiografia non resta confinato nel Medioevo, anzi ha uno fra i suoi frutti di maggior interesse letterario nell’Inghilterra del secolo scorso con Evelyn Waugh, che riesce anche a conciliare in modo brillante la contraddizione fra stabularia e principessa. Figlia minore di re Coel, che fa cantare nei conviti la sua discendenza da Bruto e dai troiani, Elena è un’inquieta adolescente con un debole per i cavalli. Stabularia è l’appellativo che Costanzo le rivolge quando, dopo averla notata al banchetto, la rivede già innamorato presso le stalle della reggia paterna.
1 Su Elena, cfr. O. Seeck, Helena 2, Flavia Iulia Helena, in RE VII,2 (1912), coll. 2820-2822; H. Leclercq, Hélène, impératrice, in DACL VI,2, coll. 2126-2145; R. Klein, Helene II (Kaiserin), in RAC XIV (1987), coll. 355 segg.; J.W. Drijvers, Helena Augusta. The Mother of Constantine the Great and the Legend of Her Finding of the True Cross, Leiden-New York 1992, che resta la biografia di riferimento; Id., Helena Augusta, the Cross and the Myth. Some New Reflections, in Millennium, 8 (2011), pp. 125-174; F.E. Consolino, Elena, la locandiera, in Roma al femminile, a cura di A. Fraschetti, Roma 1994, pp. 187-212; H.A. Pohlsander, Helena. Empress and Saint, Chicago 1995 (al riguardo, si veda la recensione di M. Cesa in Athenaeum, 87 (1999), pp. 340-342); H. Heinen, Konstantins Mutter Helena. Geschichte und Bedeutung, in Archiv für mittelrheinische Kirchengeschichte, 60 (2008), pp. 9-29; T.D. Barnes, Constantine. Dinasty, Religion and Power in the Later Roman Empire, Malden (MA) 2011, in partic. 27-45.
2 Cfr. P.M. Bruun, in RIC VII, pp. 72 segg.
3 Cfr. Eus., v.C. III 46,1.
4 Procop., Aed. V 2,1.
5 Cfr. M. Kajava, Some Remarks on the Name and the Origin of Helena Augusta, in Arctos, 19 (1985), pp. 41-54.
6 Cfr. Eus., v.C. IV 61,1, che si limita a definirla «la città eponima di sua madre»; nessun collegamento di Drepanon con la nascita di Elena neppure in Hier., Chron. a. Abr., p. 231,22 segg. ed. Helm: «Drepanam Bithyniae civitatem in honorem martyris Luciani ibi conditi Constantinus instaurans ex vocabulo matris suae Helenopolim nuncupavit» («rendendo Drepane città in onore del martire Luciano ivi sepolto, le diede il nome di Elenopoli, tratto da quello di sua madre»); cfr. anche Socr., h.e. I 18,13. La notizia sarà ripresa, nella prima metà del VII secolo, da Chron. Pasch., p. 527: «L’imperatore Costantino, avendo fondato Drepanon in Bitinia per onorare il santo martire Luciano, la chiamò col nome della madre, Elenopoli, concedendole l’esenzione dalle tasse in onore del santo martire Luciano».
7 La notizia si legge in Chron. Pasch., p. 527: cfr. J.W. Drijvers, Helena Augusta, cit., p. 11 e nota 15.
8 Lo si apprende dallo storico ecclesiastico ariano Filostorgio, che per questo motivo attribuisce a Elena la fondazione della città (Philost., h.e. II 12).
9 Cfr. Soz., II 2,5; J.W. Drijvers, Helena Augusta, cit., p. 10, nota 6.
10 Cfr. H.A. Pohlsander, Helena, cit., p. 3.
11 Cfr. Eus., v.C. IV 38.
12 Cfr. Socr., h.e. I 18,13.
13 La «great military highway» è chiamata in causa da T.D. Barnes, Constantine, cit., pp. 34 segg. in favore della nascita di Elena a Drepane: sulla debolezza della tesi che vuole Elena nativa di Drepanon, cfr. C. Mango, The Empress Helena, Helenopolis, Pylae, in Travaux et Mémoires, 12 (1994), pp. 143-158, in partic. 146-150.
14 Si pronunciano per una probabile origine di Elena nella zona dei Balcani sia M. Kajava, Some Remarks, cit., p. 54, sia S.A. Fortner, A. Rottloff, Auf den Spuren der Kaiserin Helena. Römische Aristokratinnen pilgern ins Heilige Land, Erfurt 2000, p. 82, basandosi sul fatto che agli inizi della sua carriera Costanzo vi presta servizio, prima come tribuno e poi come praeses. Quest’ultima carica non ha valore probante, perché assunta nel 284-285, almeno dieci anni dopo la probabile data di nascita di Costantino, ma l’ipotesi è sostenibile in quanto Costanzo attraversa più volte i Balcani nel primo quinquennio degli anni Settanta: cfr. T.D. Barnes, Constantine, cit., p. 35.
15 Molto probabilmente per una confusione fra Elena Augusta e l’omonima regina dell’Adiabene († 67 circa d.C.): cfr. H.A. Pohlsander, Helena, cit., pp. 11 segg. Sulle città natali attribuite a Elena, cfr. ivi, pp. 7-11.
16 CIL VI 1134 = ILS 709.
17 Le principali informazioni sulle rappresentazioni monetali di Elena si rinvengono in H. Cohen, Description historique des monnaies, VII, Paris-Londres 1888, pp. 93-97 (per il nome completo, si rimanda a p. 95 nota 4, e p. 96 nota 8); J. Maurice, Numismatique constantinienne, I, Paris 1908, pp. 89-93. Ulteriori indicazioni in H.A. Pohlsander, Helena, cit., pp. 180-183.
18 Lo suggerisce M. Kajava, Some Remarks, cit., p. 42, che li ritiene desunti dal nome di Costanzo; l’ipotesi può valere solo per Flavius, perché per Costanzo il gentilizio Iulius non è attestato.
19 Cfr. Anon. Vales., I 2,2.
20 Cfr. Philost., h.e. II 16b, che Bidez ricostruisce sulla scorta di Vita Artemii 41, testo assai più tardo (IX secolo), che da Filostorgio dipende.
21 Zos., II 8,2: οὐ σεμνῆς; II 9,2: ἐξ ἀσέμνου μητρός γεγονότι.
22 Ambr., obit. Theod. XLII.
23 T.D. Barnes, Constantine, cit., pp. 32 segg.
24 Ambr., obit. Theod. XLII: «Bona stabularia, quae tam diligenter praesepe domini requisivit. Bona stabularia, quae stabularium non ignoravit illum, qui vulnera curavit a latronibus vulnerati. Bona stabularia, quae maluit aestimari stercora, ut Christum lucrifaceret. Ideo illam Christus de stercore levavit ad regnum».
25 Cfr. J.W. Drijvers, Helena Augusta, cit., p. 14 (272-273); T.D. Barnes, Constantine, cit., p. 38 (273).
26 Eutr., X 2,2: «Constantinus ex obscuriore matrimonio eius filius».
27 Anon. Vales., I 1,1: «relicta enim Helena priore uxore». Cfr. anche Ps.Aur. Vict., epit. XXXIX 2 («abiecta uxore priori»), in cui però il singolare uxor è forse suggerito da coniugiis di Aur. Vict., Caes. XXXIX 25 (si veda infra, nota 30).
28 Zos., II 8,2 definisce Costantino nato «dal rapporto con una donna non rispettabile e che non si era unita con l’imperatore Costanzo secondo la legge» (ἐξ ὁμιλίας γυναικός οὐ σεμνῆς οὐδέ κατά νόμον συνελθούσης Κωνσταντίῳ τῷ βασιλεῖ).
29 Cfr. Aur. Vict., Caes. XXXIX 25 «diremptis prioribus coniugiis», scritto fra il 359 e il 360, e anche Eutr., IX 22,1, che parla di Costanzo e Galerio «ambo uxores quas habuerant repudiare compulsi».
30 Come risulta con estrema chiarezza in Chron. Gall., chron. I, p. 643,445, dove uxor e concubina si alternano nella stessa frase («qui ex Helena concubina natus est, dato tamen prioribus uxoribus suis repudio»). Cfr. anche Hier., Chron. a. Abr., pp. 228,22 segg. ed. Helm: «Constantinus ex concubina Helena procreatus», ripreso da Prosp., chron. I, p. 447,976; Cassiod., chron. II, p. 150 («qui natus dicitur ex Helena concubina»); Chron. Pasch. p. 517: ὁ νόθος ἐξ ‛Ελένης αὐτῷ γενόμενος, cui si contrappone la dicitura di uxor usata nel caso del doppio ripudio: Hier., Chron. a. Abr., pp. 226,3 segg. ed. Helm: «Diocletianus […] ambo repudiare uxores suas quas prius habebant coegit», ripreso da Prosp., chron. I, p. 447, 942. Esclusivamente di concubinato parla Oros., hist. VII 25,16: «Constantinum filium ex concubina Helena».
31 T.D. Barnes, Constantine, cit., pp. 31-35, che parla di matrimonio già in The New Empire of Diocletian and Constantine, Cambridge (MA) 1982, p. 36, anche sulla scorta di due iscrizioni riportate infra, alla nota 30. Fra i sostenitori del matrimonio, vi è anche J.-P. Callu, «Ortus Constantini»: Aspects historiques de la légende, in Costantino il Grande. Dall’antichità all’Umanesimo, a cura di G. Bonamente, F. Fusco, Macerata 1992, pp. 253-282, che osserva (pp. 276 segg.) come Elena sia detta ‘concubina’ solo a partire dal cristiano Girolamo, mentre le fonti pagane del IV secolo concordemente definirebbero Costantino erede di un matrimonio legittimo. In realtà da queste andrebbe escluso il pagano Aurelio Vittore, il cui uso di coniugiis (si veda supra, alla nota 28) non prova nulla, perché riguarda anche la moglie di Galerio (cfr. supra, alla nota 29).
32 CIL X 517 = ILS 708: «divi Constanti castissimae coniugi».
33 CIL X 1483: «uxori divi Constanti».
34 Circa il testo integrale delle due epigrafi e la discussione delle possibili ragioni per cui vengono dedicate, cfr. J.W. Drijvers, Helena Augusta, cit., p. 50 segg. La tesi del matrimonio legittimo è sostenuta da T.D. Barnes, The New Empire, cit., p. 36, anche sulla scorta di queste due iscrizioni.
35 CIL X 517: «procreatrici d(omini) n(ostri) Constantini / maximi ac piissimi ac victoris Augusti / aviae dominorum nostrorum Crispi / et Constantini et Constanti beatissi / morum ac felicium Caesarum»; CIL X 1483: «matri / domini nostri victoris / semper Augusti Constan / tini et aviae / dominorum nostrorum / Caesarum beatorum».
36 Cfr. Lib., Or. XVIII 8.
37 Cfr. Paneg. 7,3,3 segg.
38 Cfr. F. Chausson, Une soeur de Constantin: Anastasia, in “Humana Sapit”. Études d’Antiquité Tardive offertes à Lellia Cracco Ruggini, éd. par J.-M. Carrié, R. Lizzi Testa, Turnhout 2002, pp. 131-155, che ipotizza la nascita di almeno un altro figlio: o Giulio Costanzo, che non sarebbe dunque nato da Teodora, o Anastasia o tutti e due, ma le motivazioni addotte non paiono cogenti.
39 Così Aur. Vict., Caes. XXXIX 24 segg.; Eutr., IX 22,1; Ps.Aur. Vict., epit. XXXIX 2; Hier., Chron. a. Abr. 292, che è l’anno accettato, fra gli storici più recenti, da H.A. Pohlsander, Helena, cit., pp. 16-18.
40 A favore di questa datazione, oggi prevalente, c’è l’affermazione di Paneg. X (II) 11,4, pronunciato il 21 aprile 289, che loda Massimiano per il desiderio che i detentori dei più alti incarichi gli siano legati da parentela, così da avere al fianco persone mosse dalla pietas piuttosto che dal timor. Al riguardo, interessante anche Paneg. VIII (V) 1,5, che testimonia l’esistenza, fra Costanzo e Massimiano, di uno stretto legame anteriore alla nomina del primo a Cesare.
41 Sull’ipotizzata appartenenza della domus a Elena moglie di Crispo, cfr. J.W. Drijvers, Helena Augusta, cit., pp. 24-30.
42 Cfr. M.E. Rose, The Trier Ceiling. Power and Status on Display in Late Antiquity, in Greece and Rome, 53 (2006), pp. 92-109: il lavoro, ben argomentato, smantella anche la lettura ‘politica’ delle raffigurazioni sulla volta. Posti in una stanza adibita a ricevimenti e banchetti, gli affreschi del soffitto, ivi inclusi i quattro ritratti femminili (fino a qualche anno fa, collegati alla famiglia di Costantino), con i loro riferimenti a mitologia, filosofia e armonia domestica, dovrebbero invece illustrare la ricchezza, la concordia familiare e la cultura dei proprietari.
43 Liber Pontificalis I, ed. Duchesne, p. 183, ll. 12-13.
44 Liber Pontificalis I, ed. Duchesne, p. 182.
45 Si veda supra.
46 F. Chausson, Une soeur de Constantin, cit., pp. 151-15, prospetta la possibilità che, dopo l’eliminazione di Fausta, Costantino avesse contratto un terzo matrimonio, da cui sarebbe nata Elena, sposa di Giuliano, e, forse, la Constantia Augusta menzionata da Liber Pontificalis I, ed. Duchesne, p. 207. Ma si tratta di mere supposizioni: sull’assenza di solide prove, cfr. T.D. Barnes, Constantine, cit., pp. 150-152.
47 Cfr. Eus., v.C. III 46,2.
48 Cfr. Eus., v.C. III 47,1.
49 Socr., h.e. I 17,13, dove si dice che è deposta «nei sepolcri imperiali», cioè nell’Apostoleion.
50 Dell’ubicazione «ad duas lauros» dà notizia Liber Pontificalis I, ed. Duchesne, p. 182. Ulteriori indicazioni si rinvengono in M.J. Johnson, Where were Constantius I and Helena Buried?, in Latomus, 51 (1992), pp. 145-150 (su Elena, le pp. 147-150).
51 Sigeberti chronica, in MGH, Scriptores, VI, p. 339,66-68 (la notizia è riportata all’anno 849): «Sancta Helena imperatrix, a filio suo Constantino Magno primo huius nominis imperatore Rome in ecclesia sanctorum Marcellini et Petri martyrum in mausoleo purpureo sepulta, ad Franciam a Theogiso monacho transfertur et in diocesi Remensi magna Francorum veneratione excolitur».
52 Cfr. J. Maurice, Sainte Hélène, Paris 1930, p. 61.
53 Per una riproduzione fotografica, si veda ad esempio la dotta guida di H.-J. Kann, Auf den Spuren von Konstantin und Helena, Trier 2006, p. 22.
54 Cfr. M.J. Johnson, Where Were Constantius I and Helena Buried?, cit., p. 149 e nota 24.
55 Cfr. Eus., v.C. III 47,2.
56 Cfr. R. Klein, Helene II (Kaiserin), cit., p. 356.
57 Cfr. J. Bidez, La vie de l’empereur Julien, Paris 1930, p. 7; e, più di recente, R. Klein, Helene II (Kaiserin), cit., p. 356.
58 Oltre a Giuliano, su cui si veda la nota seguente, vi accennano Auson., Prof. XVI 10-11 («dum Constantini fratres opulenta Tolosa / exilii specie sepositos cohibet») e Prof. XVII 9, che cita Narbona come residenza dei figli di Dalmazio; Amm., XIV 11,27 sulla nascita a Massa, in Etruria, di Gallo, figlio di Costanzo, a sua volta fratello di Costantino.
59 Imp. Caesaris Flavii Claudii Iuliani Epistulae Leges Poematia Fragmenta Varia collegerunt recensuerunt I. Bidez, F. Cumont, Paris-London 1922, p. 26 nota 20: περί πανούργου μητρυιᾶς. Il frammento si ricava da Lib., Or. XIV 30.
60 Ps.Aur. Vict., epit. XLI 11 segg.: «Constantinus […] Fausta coniuge, ut putant, suggerente Crispum filium necari iubet. Dehinc uxorem suam Faustam in balneas ardentes coniectam interemit, cum eum mater Helena dolore nimio nepotis increparet».
61 Zos., II 29,2: «E dal momento che la madre di Costantino, Elena, soffriva di un così grave dolore e non riusciva a darsi pace per l’eliminazione del giovane, Costantino, per placarla, la curò di quel male con un male maggiore».
62 Su queste vicende, cfr. ora T.D. Barnes, Constantine, cit., pp. 144-150. Per la versione tradizionale dei fatti, che vuole Crispo e Fausta puniti da Costantino per essersi macchiati d’incesto, si veda per esempio A. Marcone, Pagano e cristiano. Vita e mito di Costantino, Roma-Bari 2002, pp. 132-134.
63 Cfr. K.G. Holum, Theodosian Empresses. Women and Imperial Dominion in Late Antiquity, Berkeley-Los Angeles-London 1982, pp. 29-31.
64 Cfr. Paul. Nol., epist. XXXI 4: «nomine conreg‹nans Augustae eum rog›abat»; Sulp. Sev., chron. II 33,5: «Helena, mater principis Constantini, quae Augusta cum filio conregnabat». Si tratta di due testimonianze pressoché contemporanee: l’epistola di Paolino, che trasmette a Sulpicio Severo un frammento del legno della croce, si data al 403, mentre l’opera di Severo, che per questo passo pare dipendere dal resoconto di Paolino, fu portata a termine nel 404.
65 Dedicante di CIL X 517.
66 Sulle ragioni per cui è preferibile riferire queste monete alla madre di Costantino, e non a Elena moglie di Crispo, si veda P.M. Bruun, in RIC VII, pp. 493 segg.
67 Diversamente da quel che accade nelle monete di Fausta, dove la legenda adottata è salus et spes reipublicae e il diadema è presente solo in abbinamento con certe pettinature, senza che ciò implichi differenza di rango fra le due Auguste: cfr. M.R. Alföldi, Die Constantinische Goldprägung. Untersuchungen zu ihrer Bedeutung für Kaiserpolitik und Hofkunst, Mainz 1963, pp. 144 segg. Sulle attestazioni di securitas reipublice (sic!), si veda RIC VII, p. 750.
68 CIL X 678, che la res publica Surrentinorum dedica a Fausta e su cui risulta eraso anche il nome di Crispo: cfr. J.W. Drijvers, Helena Augusta, cit., p. 49.
69 CIL VI 1136 di Roma e CIL IX 2446 di Saepinum, dedicate a lei non ancora Augusta; CIL VI 1134 (= ILS 709); CIL VI 1135; CIL VIII 1633; CIL X 517 (= ILS 708) del corrector di Bruzio e Lucania; CIL X 1483 di Napoli. A queste va aggiunta CIL 678 di Sorrento, dedicata in origine a Fausta. Per un’analisi puntuale dei testi, si rinvia a J.W. Drijvers, Helena Augusta, cit., pp. 45-48.
70 CIL VIII 1633, da Sicca Veneria, l’attuale El Kef, in Tunisia.
71 CIL VI 1134 (= ILS 709), scoperta nel giardino di Santa Croce in Gerusalemme; CIL VI 1136, di cui si sono rinvenuti cinque frammenti nel XVI secolo, che ricorda il restauro delle terme vicine al palazzo Sessoriano intrapreso da Elena non ancora Augusta; CIL VI 1135, perduta, che era dietro S. Giovanni in Laterano, vicino al Sancta Sanctorum, a non troppa distanza da Santa Croce; inoltre i frammentari CIL VI 36903 e CIL 36950.
72 Si tratta dei Gesta Xysti, in cui si parla di «Basilica Heleniana quae dicitur Sessorium»: cfr. Liber Pontificalis I, ed. Duchesne, p. 196 nota 75.
73 CIL VI 1136, su cui si veda supra, alla nota 68. Anche le due epigrafi frammentarie (CIL VI 36903 e CIL VI 36950) sono chiamate in causa da J.F. Merriman, The Empress Helena and the Aqua Augustea, in Archeologia Classica, 29 (1977), pp. 436-464, per rafforzare l’ipotesi di un attivo coinvolgimento di Elena nella realizzazione sia del vasto complesso termale presso la porta Prenestina sia dell’acquedotto dell’Aqua Augustea.
74 Genetrix Constantini, in CIL VI 1135; Genetrix Constantini e avia di Costantino e Costanzo, in CIL VI 1134 (= ILS 709) e nel frammentario CIL VI 36950; mater Constantini e avia dei Cesari, in CIL VI 1136; coniunx di Costanzo, procreatrix Constantini e avia di Costantino e Costanzo, in CIL X 517 (= ILS 708); uxor di Costanzo, mater Constantini e avia dei Cesari, in CIL X 1483 e CIL X 1484; mater Constantini in CIL IX 2446.
75 Questa contrapposizione si fa esplicita nel 337, alla morte di Costantino, quando i due rami della famiglia di Costanzo Cloro promuovono due emissioni parallele di monete intitolate rispettivamente a Elena e a Teodora: cfr. J.-P. Callu, Pietas Romana. Les monnaies de l’impératrice Theodora, in Mélanges de philosophie, de littérature et d’histoire ancienne offerts à P. Boyancé, Rome 1974, pp. 141-151.
76 CIL VI 1136 (genitrice di Costantino e nonna dei Cesari) e CIL IX 2446 (madre di Costantino).
77 Si veda infra, alle note 87 e 88.
78 Cfr. Eus., v.C. III 47,3.
79 Cfr. Eus., v.C. III 47.
80 Cfr. J. Vogt, Helena Augusta, das Kreuz und die Juden. Fragen um die Mutter Constantins des Grossen, in Saeculum, 27 (1976), pp. 211-222. Lo studioso tedesco presenta la sua come un’ipotesi che potrebbe spiegare sia il silenzio di Eusebio, la cui teologia trascura la croce, sia l’interesse per essa di Elena, che da ebrea cercherebbe di abbracciare la croce, riparando alla trasgressione dei giudei, colpevoli della crocifissione (p. 219). Si è osservato, da parte di R. Klein, Helene II (Kaiserin), cit., p. 357, che le origini ebraiche di Elena mal si concilierebbero con l’antisemitismo di varie misure legislative costantiniane, ma la ragione più forte per respingere la proposta di Vogt sta nella totale assenza di riscontri. L’unico testo in cui Elena è messa in rapporto con il giudaismo (i tardi e apocrifi Actus Silvestri) dice che l’Augusta è fortemente tentata di aderire all’ebraismo perché «circumventa a Iudeis» (cfr. B. Mombritius, Sanctuarium seu vitae Sanctorum, Paris 1910, II, p. 515, ll. 2-4), non che è ella stessa ebrea.
81 Cfr. per esempio O. Seeck, Helena 2, cit., col. 2821; D. Hunt, Holy Land Pilgrimage in the Later Roman Empire A.D. 312-460, Oxford 1982, pp. 35 segg.; J.W. Drijvers, Helena Augusta, cit., p. 71.
82 Si veda supra.
83 Cfr. Hier., vir. ill. 77,1: «Lucianus, vir disertissimus, Antiochenae ecclesiae presbyter tantum in scripturarum studio laboravit, ut usque nunc quaedam exemplaria scripturarum Luciania nuncupentur».
84 Cfr. Ath., h. Ar. IV 2: τῇ μητρί αὐτοῦ ποιήσας ὕβριν.
85 Come già propone O. Seeck, Helena 2, cit., col. 2822.
86 J.W. Drijvers, Helena Augusta, cit., pp. 71 segg., considera l’ipotesi assai probabile; diversamente, R. Klein, Helene II (Kaiserin), cit., pp. 358 segg., pensa che le rimproverasse gli umili natali.
87 Cfr. Soz., II 19,1; e Thdt., h.e. I 21: per gli aspetti teologici e di politica ecclesiastica connessi alla disgrazia del patriarca d’Antiochia, si rinvia alle note di SC 501 ad loc. e a Thdt., h.e. II 31,11.
88 Liber Pontificalis I, ed. Duchesne, p. 183,5.
89 Liber Pontificalis I, ed. Duchesne, p. 176,7-9.
90 Cfr. Eus., v.C. III 42,1-47,3. Per un commento puntuale alle pagine di Eusebio su Elena, si rinvia a Eusebius, Life of Constantine, ed. by Av. Cameron, S.G. Hall, Oxford 1999, pp. 291-296.
91 Cfr. Eus., v.C. III 46,1.
92 Per una rassegna delle diverse date proposte, cfr. J.W. Drijvers, Helena Augusta, the Cross and the Myth, cit., p. 138 nota 54.
93 La disparità di trattamento riservata da Eusebio ai due genitori di Costantino è sottolineata da A. Cameron, S.G. Hall, Eusebius. «Life of Constantine», cit., p. 293.
94 Cfr. Eus., v.C. III 41,1 segg.
95 Cfr. Eus., v.C. III 42,1.
96 Cfr. Eus., v.C. III 42,2.
97 Cfr. Eus., v.C. III 43,1.
98 Cfr. Eus., v.C. III 43,3 segg.
99 Eus., v.C. III 43,4: θεοφιλοῦς βασιλέως θεοφιλής μήτηρ.
100 Cfr. Eus., v.C. III 43,5.
101 Anche se non si tratta del primo pellegrinaggio in assoluto. Sul graduale diffondersi della moda dei pellegrinaggi, cfr. D. Hunt, Holy Land Pilgrimage, cit., cui va il merito di aver messo in rilievo il carattere più propriamente politico di questo viaggio.
102 Eus., v.C. III 42,1: βασιλικῇ προμηθείᾳ.
103 Cfr. K.G. Holum, Hadrian and St. Helena: Imperial Travel and the Origins of Christian Holy Land Pilgrimage, in The Blessings of Pilgrimage, ed. R. Ousterhout, Urbana-Chicago 1990, pp. 66-81.
104 Cfr. Eus., v.C. III 45.
105 Eus., v.C. III 44: σύμπασαν ἑῴαν μεγαλοπρεπείᾳ βασιλικῆς ἐξουσίας ἐμπεριελθοῦσα.
106 Sull’indirizzo sempre più favorevole ai cristiani della politica religiosa di Costantino, cfr. T.D. Barnes, Constantine and Eusebius, Cambridge (MA)-London 1981, pp. 210 segg. I donativi possono anche leggersi come un tentativo di ammorbidire le resistenze alla nuova religione: lo suggerisce J.W. Drijvers, Helena Augusta, cit., pp. 66 segg., che stabilisce un paragone tra le largizioni di Elena (p. 70) e le donazioni di Costantino ai derelitti nello sforzo di convertirli (cfr. Eus., v.C. III 58). H. Heinen, Konstantins Mutter Helena. Geschichte und Bedeutung, cit., p. 23, ipotizza, invece, che i donativi fossero destinati ai cristiani per risarcirli dei danni economici loro inflitti dalle autorità persecutrici. Sul significato politico del viaggio di Elena, si veda anche D. Hunt, Holy Land Pilgrimage, cit., pp. 33-37; K.G. Holum, Hadrian and St. Helena, cit.
107 Cfr. Eus., v.C. III 47,3: la facoltà di attingere al tesoro imperiale (con ogni probabilità la res privata: al riguardo, si veda R. Klein, Helene II (Kaiserin), cit., p. 357) dovrebbe essere limitata al viaggio in Terrasanta (su ciò, si veda Eusebius, Life of Constantine, cit., p. 296).
108 Cfr. S.A. Fortner, A. Rottloff, Auf den Spuren der Kaiserin Helena, cit., pp. 86 segg. Una diversa interpretazione del viaggio è stata di recente proposta da N. Lenski, Empresses in the Holy Land: The Creation of a Christian Utopia in Late Antique Palestine, in Travel, Communication and Geography in Late Antiquity. Sacred and Profane, ed. by L. Ellis, F.L. Kidner, Aldershot 2004, pp. 113-124, secondo il quale Elena – partita appena dopo l’uccisione di Crispo per protesta contro il figlio – ne riceverebbe sostegno solo in un secondo momento, dopo il successo ottenuto nella risacralizzazione dei luoghi santi. La proposta di Lenski, per quanto intelligente e originale, non dà ragione tuttavia del carattere eminentemente politico dell’intero viaggio, la cui organizzazione non poteva prescindere dal consenso di Costantino.
109 Così A. Piganiol, L’Empire chrétien (325-395), Paris 19722, p. 39.
110 Cfr. Soz., II 2.
111 Cfr. Eus., v.C. III 45.
112 Cfr. Rufin., hist. I 8.
113 Cfr. Socr., h.e. I 17,12; Soz., II 2,2; Thdt., h.e. I 18,8, che è tradotto in Historia Tripartita II 18,14.
114 Cfr. Cyr. H., Cathech. IV 10 (PG 33, 470A); X 19 (PG 33, 685B-687A); XIII 4 (PG 33, 776B).
115 Cfr. Cyr. H., ep. Const. III (PG 33, 1168B), dove Cirillo paragona a questo un altro prodigio, a suo avviso di maggior rilievo: la recente apparizione in cielo di una croce luminosa.
116 Si è voluto cogliere un coperto riferimento di Eusebio alla croce nel γνώρισμα («documento», «prova») della santissima passione di Cristo (h.e. III 30,1), di cui Costantino parla al vescovo Macario di Gerusalemme nella lettera sulla scoperta della sepoltura di Cristo. Ma è un’illazione non necessaria, perché γνώρισμα può appunto riferirsi al sepolcro: cfr. Eusebius, Life of Constantine, cit., pp. 279 segg.; J.W. Drijvers, Helena Augusta, the Cross and the Myth, cit., p. 148.
117 Dal punto di vista teologico, Eusebio sarebbe sensibile solo alle realtà spirituali, trascurando o sprezzando i dati materiali; sul piano politico, egli non guarderebbe con favore a una scoperta che avrebbe accresciuto ai danni di Cesarea il prestigio della rivale Gerusalemme, luogo del ritrovamento. Entrambe le supposizioni sono smentite dall’entusiasmo con cui egli dà rilievo alla scoperta dei tre luoghi legati alla natività, alla resurrezione e all’ascensione di Cristo. Sull’intera questione, cfr. Eusebius, Life of Constantine, cit., pp. 274-281.
118 Cfr. J.W. Drijvers, Helena Augusta, the Cross and the Myth, cit., p. 149, il quale plausibilmente ipotizza che il legno poi ritenuto della Croce sia emerso durante i lavori di scavo eseguiti per costruire la chiesa del Santo Sepolcro.
119 Il più ampio e completo tentativo di attribuire a Elena l’inventio resta quello di S. Borgehammar, How the Holy Cross Was Found. From Event to Medieval Legend, Stockholm 1991. Una puntuale confutazione delle sue argomentazioni si legge in F.E. Consolino, Elena, cit., pp. 208-210. Più sfumata la posizione di H. Heinen, Helena, Konstantin und die Überlieferung der Kreuzesauffindung im 4. Jahrhundert, in Der Heilige Rock zu Trier. Studien zur Geschichte und Verehrung der Tunika Christi, hrsg. von E. Aretz et al., Trier 1995, pp. 83-117, che, nonostante le difficoltà poste dal silenzio di Eusebio, si mostra proclive ad attribuire la scoperta a Elena sulla base della tradizione e della compatibilità cronologica; la successiva attribuzione a lei di una scoperta dapprima anonima non può essere esclusa, ma neppure dimostrata (pp. 113 segg.). Per un’esaustiva e aggiornatissima disamina delle opinioni sulla paternità dell’inventio, si rinvia alla trattazione di J.W. Drijvers, Helena Augusta, the Cross and the Myth, cit., pp. 147-150.
120 Cfr. S. Heid, Der Ursprung der Helenalegende im Pilgertrieb Jerusalems, in Jahrbuch für Antike und Christentum, 32 (1989), pp. 41-71; J.W. Drijvers, Helena Augusta, the Cross and the Myth, cit., p. 150.
121 Cfr. peregr. Egeriae XLVIII 1.
122 Cfr. peregr. Egeriae XXXVI 3 segg. e XXXVII 1-3.
123 Cfr. Chrys., hom. in Io. LXXXV 1 (PG 59, 461), in cui si rileva la provvidenzialità della scritta apposta da Pilato, che, quando sono scoperte le tre croci, contribuisce a far distinguere la croce di Cristo da quelle dei ladroni.
124 Cfr. J.W. Drijvers, Helena Augusta, the Cross and the Myth, cit., p. 151. In questa più antica versione, l’Augusta scopre le croci da sola e identifica quella giusta grazie al miracolo (guarigione o resurrezione) da essa operato, che manca però in Ambrogio.
125 Nota solo in siriaco e successivamente in armeno, la leggenda di Protonice ha per protagonista la moglie dell’imperatore Claudio, che trova le tre croci con l’aiuto del vescovo di Gerusalemme, Giacomo; la sua origine pare risalire alla prima metà degli anni Trenta del V secolo: cfr. J.W. Drijvers, The Protonike Legend, The Doctrina Addai and Bishop Rabbula of Edessa, in Vigiliae Christianae, 51 (1997), pp. 298-315, con riferimenti alla bibliografia precedente. La leggenda di Giuda Ciriaco, l’ebreo che indica il sito della croce e muore martire sotto Giuliano, dopo essersi convertito ed essere divenuto vescovo di Gerusalemme, si sviluppa a partire da quella di Elena; in Occidente è menzionata per la prima volta intorno al 500 (Decretum Gelasianum IV 4), e sarà poi recepita dalla Legenda Aurea (LIV 66-153). Sui suoi rapporti con le altre due leggende, cfr. ora J.W. Drijvers, The Finding of the True Cross, Louvain 1997, pp. 11-29.
126 Cfr. J.W. Drijvers, Helena Augusta, the Cross and the Myth, cit., pp. 153-158: il luogo in cui è la Croce, che opera miracoli, è individuato mentre è ancora in vita Maria, ma viene occultato dal governatore romano perché i giudei non possano trarne beneficio.
127 Ambr., obit. Theod. XLIV: «illa generatum docuit, ego resuscitatum».
128 Cfr. Zac 14,20: «In illo die erit, quod super frenum equi, sanctum domino omnipotenti» («in quel giorno sarà sacro al Signore onnipotente ciò che sarà sul freno del cavallo»).
129 Cfr. F.E. Consolino, Il significato dell’inventio crucis nel «de obitu Theodosii», in Annali della Facoltà di lettere e filosofia dell’Università di Siena, 5 (1984), pp. 161-180.
130 Ambr., obit. Theod. XLI: «beatus Constantinus tali parente».
131 Ambr., obit. Theod. XLI: «magna femina, quae multo amplius invenit quod imperatori conferret quam quod ab imperatore acciperet».
132 Cfr. Rufin., hist. I 7.
133 Cfr. itin. Burdigalense 5943 e peregr. Egeriae 25,9.
134 Cfr. Paul. Nol., epist. XXXI 4; Sulp. Sev., chron. II 33,5.
135 Cfr. Socr., h.e. I 17,11; Thdt., h.e. I 18,7.
136 Cfr. Paul. Nol., epist. XXXI 6 segg. (ma anche la testimonianza appena anteriore di Rufin., hist. X 7: «femina inconparabilis fide religione animi ac magnificentia singulari, cuius vere Constantinus et esset filius et crederetur»).
137 Cfr. Thdt., h.e. I 18.
138 Legenda Aurea XII 69: «laudat filium quod abrenuntiasset simulacris ydolorum, sed dure increpat quod relicto deo Iudeorum crucifixum hominem deum colat».
139 Come rileva T. Canella, Gli Actus Silvestri. Genesi di una leggenda su Costantino imperatore, Spoleto 2006, pp. 60-62, la posizione di Elena paene Iudaea fa da pendant a quella filocristiana del figlio (sull’altercatio, cfr. Act. Silv. I 14, ed. Mombritius, cit.; T. Canella, Gli Actus Silvestri, cit., pp. 57-63).
140 Su Elena quale esempio per imperatrici e regine, cfr. J.W. Drijvers, Helena Augusta: Exemplary Christian Empress, in Studia Patristica, 24, ed. by E.A. Livingstone, Louvain 1993, pp. 85-90.
141 Cfr. K.G. Holum, Theodosian Empresses, cit., pp. 183-189, che mostra le positive ricadute del viaggio, da cui Eudocia trae una nuova autorevolezza, da contrapporre a quella di Pulcheria.
142 I dati si rinvengono in J.W. Drijvers, Helena Augusta: Exemplary Christian Empress, cit., p. 87.
143 Cfr. ACO II 1,2,155.11; e pure K.G. Holum, Theodosian Empresses, cit., pp. 215 segg.
144 Greg. M., epist. XI 35 (CCh.SL 140A,11-15): «Nam sicut per recordandae memoriae Helenam matrem piissimi Constantini imperatoris ad Christianam fidem corda Romanorum accendit, ita et per gloriae vestrae studium in Anglorum gentem eius misericordiam confidimus operari».
145 Cfr. ILCV 1775.
146 Cfr. Agnellus, Liber Pontificalis Ecclesiae Ravennatis 42, in MGH, Scriptorum rerum Langobardicarum et Italicarum, p. 306, ll. 12 segg.
147 Nello scambio epistolare tra Galla Placidia e papa Leone Magno: cfr. epist. LVI, in PL 54, p. 861A; ed epist. LVIII, ivi, p. 865A. In realtà l’unico, e assai indiretto, legame con Costantino è il matrimonio di Graziano, fratellastro della madre di Galla Placidia, con la figlia postuma di Costanzo II.
148 Cfr. Ven. Fort., Vita Radegundis II 16, in MGH, Scriptores Rerum Merovingicarum II, p. 388.
149 Cfr. Ven. Fort., carm. App. II 53 segg.
150 Cfr. Ven. Fort., carm. App. II 67-74 (il confronto con i vv. 67 segg.: «vir Constantinum, Helenam pia femina reddis: / sicut honor similis, sic amor ipse crucis»).
151 Cfr. A. Amore, Elena (Flavia Giulia Elena Augusta), in Bibliotheca Sanctorum, IV, coll. 988-992, cui segue, per la sua fortuna nelle arti figurative, E. Croce, Iconografia, ivi, coll. 992-995. Altre indicazioni su sant’Elena nell’arte si rinvengono in L. Réau, Iconographie de l’art chrétien, III/2: Iconographie des saints, Paris 1958, pp. 633-636; H.A. Pohlsander, Helena, cit., pp. 217-241.
152 Come attestato anche dalla liturgia greca, che celebra Costantino il 21 maggio insieme con la madre: cfr. A. Luzzi, Il Dies festus di Costantino il Grande e di sua madre Elena nei libri liturgici della Chiesa greca, in Costantino il Grande. Dall’Antichità all’Umanesimo, a cura di G. Bonamente, F. Fusco, Macerata 1993, pp. 585-643; S.N.C. Lieu et al., Constantine Byzantinus. The Anonymous Life of Constantine (BHG 364), in S.N.C. Lieu, D. Montserrat, From Constantine to Julian: Pagan and Byzantine Views, New York 1996, pp. 97-146, che presentano una rassegna delle più importanti vitae bizantine di Costantino e la traduzione inglese di quella edita da M. Guidi, Un βίος di Costantino, in Rendiconti della Reale Accademia dei Lincei, 16 (1907), pp. 304-340 e 637-655.
153 Ultimo in ordine di tempo è il romanzo biografico di E. Ferri, Imperatrix. Elena, Costantino e la Croce, Milano 2010.
154 Pubblicata in Acta Sanctorum, Aug. III, pp. 580-599. Sui caratteri di questa biografia, mi sia consentito rinviare a F.E. Consolino, L’invenzione di una biografia: Almanno di Hautvillers e la vita di Sant’Elena, in Hagiographica, 1 (1994), pp. 81-100. Lo scritto di Almanno è riutilizzato nella vita di Agricio di Treviri (cfr. BHL I, p. 30, e P. Bertocchi, Agrezio, in Bibliotheca Sanctorum, I, coll. 619 segg.).
155 Come è anticipato dall’epistola premessa alla biografia: «mysterium crucis, de cuius inventione beata Helena triumphavit in terris: unde et in aeternum gaudet in caelis, habens proinde venerationem debitam, et in praesenti ecclesia… et in futura» (Almannus Altavillarensis, Epist. III, in Acta Sanctorum, Aug. III, pp. 580-599, in partic. 581C).
156 Almannus Altavillarensis, Vita seu potius homilia de sancta Helena I 13, ivi, p. 584B: «ad arcem conscendit Romani imperii meritis Helenae matris».
157 Cfr. Almannus Altavillarensis, Vita seu potius homilia de sancta Helena II 20, ivi, p. 586F.
158 Cfr. Almannus Altavillarensis, Vita seu potius homilia de sancta Helena, II 24, ivi, p. 587F.
159 Cfr. Almannus Altavillarensis, Vita seu potius homilia de sancta Helena, II 24, ivi, p. 590D.
160 Cfr. Almannus Altavillarensis, Vita seu potius homilia de sancta Helena I 9, ivi, p. 583: «domus eius facta ecclesiae pars maxima in honore beati Petri Apostolorum principis in sedem episcopalem metropolis dicata, adeo ut vocetur et sit prima sedes Galliae Belgicae…».
161 Cfr. Almannus Altavillarensis, Vita seu potius homilia de sancta Helena I 12, ivi, p. 183F: «multaque illam, licet in officio concubinali, tractavit reverentia et honestate».
162 Su questo e altri più o meno credibili collegamenti fra Elena, Treviri e talune altre città della Germania, cfr. H.A. Pohlsander, Helena, cit., pp. 31-61.
163 Cfr. Historie über Herkunft und Jugend Constantins des Grossen und seine Mutter Helena, von einem unbekannten Verfasser, hrsg. von P. Dräger, Trier 20102, in partic. 235: la possibile data di composizione oscilla dal VI al XIV secolo, con preferenza per il periodo compreso tra il XII e il XIV secolo.
164 Sulla grande fortuna (latina e volgare) di Elena nell’Inghilterra del Medioevo (e oltre), si rimanda all’ampia e documentatissima trattazione di A. Harbus, Helena of Britain in the Medieval Legend, Rochester-New York 2002; ma anche a H.A. Pohlsander, Helena, cit., pp. 62-72.
165 A. Harbus, Helena of Britain, cit., pp. 52-63.
166 Cfr. Henricus Archidiaconus Huntendunensis, Historia Anglorum I 37 segg.
167 Cfr. Gaufridus Monemutensis, Historia Regum Britanniae V 78,135-143, ed. by M. Reeve, Woodbridge 20092.
168 Particolarmente degni di nota al riguardo, la Vitae sancte Helene di Jocelin di Fumess (fine XII-inizi XIII sec.) e l’anonimo poemetto in medio inglese St Elyn, pubblicati per la prima volta da Hurbus, Helena, cit. pp. 149-192.