EGITTO
Demografia e geografia economica. Condizioni economiche. Storia. Bibliografia. Letteratura. Bibliografia. Cinema. Bibliografia
Demografia e geografia economica di Fabio Amato. – Stato dell’Africa nordorientale. Secondo il censimento del 2006, il Paese aveva raggiunto 72.798.031 ab., proseguendo una crescita ininterrotta iniziata dalla fine della monarchia (22 milioni di ab. nel 1952). Una crescita sostenuta che è proseguita anche negli anni successivi al censimento: nel 2014 sono stati valutati 83.386.739 ab., secondo una stima UNDESA (United Nations Department of Economic and Social Affairs), con una crescita media annua dell’1,8% nell’intervallo 2006-14. Si tratta del Paese più popoloso del bacino del Mediterraneo ed è il 15° a scala planetaria, destinato, secondo le proiezioni dell’ONU, a raggiungere i cento milioni per il 2020. La crescita è imputabile alla natalità che, benché sia gradualmente scesa fino al 23,5‰ (2012; nel 1994 era del 27,9‰), genera, a fronte di una mortalità molto bassa (4,8‰), un saldo naturale positivo, suffragato anche dal numero di figli in media per donna (2,8), in lento calo, ma ancora superiore ai valori dei Paesi OCSE.
In tutto il Mediterraneo l’E. è, dopo i territori palestinesi, il Paese più giovane con un’età media di 25,1 anni. La struttura della popolazione per età registra il 40% della popolazione con meno di 24 anni. In particolare, la popolazione al di sotto dei 14 anni incide in maniera preponderante sull’indice di dipendenza strutturale, che è stimato come uno dei più alti dei Paesi del Mediterraneo (58% nel 2014). La popolazione attiva, pur essendo minoritaria, è composta da 28,5 milioni di persone, solo per un quarto donne. Tale composizione giovanile del carico demografico ha favorito un processo di emigrazione con 3,4 milioni di lavoratori egiziani regolarmente presenti in altri Paesi, con grande prevalenza della penisola arabica (1,2 milioni in Arabia Saudita, 700.000 negli Emirati Arabi Uniti) e una concentrazione più contenuta in Europa, dove la più grande comunità si trova in Italia (100.000 circa). Allo stesso tempo, non è un caso che l’ondata rivoluzionaria partita da piazza Taḥrīr, che ha destituito nel 2011 il ‘regime’ di Muḥammad Ḥusnī Mubārak, fosse promossa e animata dalla gioventù egiziana.
La speranza di vita è aumentata nel corso del nuovo millennio (71,2 anni nel 2013), con un valore superiore alla media dei Paesi MENA (Middle East North Africa). Il rango nell’indice di sviluppo umano è stabilmente medio (110°), con il 72% di alfabetizzazione. Altri indicatori sono spia di una condizione relativamente migliore in confronto al resto del mondo arabo. Per es., l’uso di Internet ha raggiunto il 49,6% (2013), mentre il livello di estrema povertà (riferito alle persone che vivono con meno di un dollaro al giorno) tocca il 22% della popolazione. Pur riflettendo un’ampia disparità, il dato può essere considerato un buon obiettivo raggiunto, avendo dimezzato questa proporzione in un decennio. La distribuzione molto squilibrata degli insediamenti permane anche negli ultimi decenni, generando densità elevatissime lungo la valle e il delta del Nilo con pochi episodi di oasi nelle aree desertiche. La distribuzione della popolazione tra aree urbane e rurali è cresciuta in modo parallelo dagli anni Settanta in poi, con valori stabili, in percentuale, con la popolazione urbana, che oscilla tra il 40 e il 43%. L’urbanizzazione del Paese si identifica con la capitale, Il Cairo, l’area urbana più grande del Mediterraneo e una delle città più popolose del mondo, con oltre 9 milioni di abitanti (19 milioni nella sua regione urbana, secondo una stima del 2013). L’area urbanizzata si estende per 35 km da Ovest a Est e per 45 km lungo il Nilo. Questa ‘metropoli della dismisura’, oltre a essere la capitale economica del Paese, assicurando i 2/3 del PIL nazionale, è anche una delle principali capitali culturali del mondo arabo. La crescita urbana, più veloce di quella nazionale, si è trasferita, secondo ondate successive, verso la parte esterna dell’agglomerazione. Con la saturazione dei quartieri centrali (densità media di 70.000 ab./km2), la crescita si è indirizzata verso le aree informali e periferiche. A partire dagli anni Novanta si sono intraprese politiche di decongestionamento con la realizzazione di nuove aree residenziali destinate alle classi più agiate, che però non hanno sortito gli effetti di riequilibrio ipotizzati. Una sfida che si configura come urgente è quella ambientale: le incredibili densificazioni generano inquinamenti dell’aria e dell’acqua, senza considerare la gestione dei rifiuti, in un contesto che dispone di servizi igienico-sanitari solo al 70% nelle aree urbane (ancor meno in quelle rurali). I rischi generati dal cambiamento climatico, inoltre, impattano sulle risorse idriche, sull’erosione delle zone costiere e sulla produttività dell’agricoltura.
Condizioni economiche. – La crisi politica, scoppiata il 25 gennaio 2011, ha aperto una stagione che configura una condizione di permanente instabilità complessiva del Paese.
L’E. vive un’incertezza politica di non facile soluzione, con transizioni repentine, disordini periodici, violenze, scontri e azioni repressive dei militari. Le ripercussioni sul piano economico sono leggibili attraverso il continuo rallentamento della ricchezza nazionale, che è cresciuta dal 2011 in media del 2%, quando nei primi dieci anni del 2000 aumentava del 5% annuo. Anche il reddito pro capite (a parità di prezzi) ha fatto registrare un rallentamento, ma non un declino, attestandosi, secondo la Banca mondiale, stabilmente sopra i 10.000 dollari in media. La drastica riduzione delle azioni di riforma neoliberiste intraprese con il governo Mubārak sono state accompagnate dall’incremento della spesa sociale per far fronte alle richieste delle proteste popolari. I settori più colpiti sono stati quelli del turismo e delle costruzioni, ma quasi tutti i comparti hanno subito una flessione, spingendo verso l’alto il livello di disoccupazione, stimato nel 2014 al 13,4% della popolazione attiva, quando solo tre anni prima era del 9%. Dall’inizio della crisi, l’E. ha prelevato riserve di valuta estera, dipendendo in maniera crescente dall’assistenza estera, in particolare dai Paesi del Golfo, per finanziare le importazioni e i prodotti energetici nel tentativo di prevenire un’ulteriore svalutazione della lira egiziana e la conseguente inflazione, che ha raggiunto il 6,9% nel 2013. L’agricoltura ha un ruolo ancora di rilievo, generando il 14,5% del PIL (2013) e impiegando il 29% della forza lavoro. Il cotone resta una delle principali produzioni del Paese (7° mondiale nei filati di cotone), che ha assicurato un ruolo di rilievo all’industria tessile. Il settore industriale, che nel 2013 assicurava il 37,5% del prodotto nazionale, ha nella siderurgia e nell’estrazione degli idrocarburi le componenti principali. Nonostante la crisi politica e le continue oscillazioni, il turismo resta la più rilevante attività del terziario e, in generale, dell’economia egiziana, impiegando oltre il 12% della forza lavoro. Con oltre 11,2 milioni di turisti e 10,8 milioni di dollari (2012), la quota annuale di ingressi ha segnato una risalita, benché sia ancora distante dal record di 14,1 milioni di arrivi internazionali (13,6 milioni di dollari) fatto registrare nel 2010.
Storia di Stefano Maria Torelli. – Alla vigilia di quelle che sarebbero passate alla storia come le primavere arabe, all’interno dell’entourage del presidente Muḥammad Ḥusnī Mubārak cominciava a sorgere un dibattito circa la sua possibile successione. Nel settembre del 2011, infatti, erano previste le nuove elezioni presidenziali e, in quella data, Mubārak avrebbe avuto 83 anni e potuto scegliere di non candidarsi nuovamente. La possibile ascesa politica del figlio Gamāl, a questo punto, sembrava un’eventualità sempre meno remota, ma fu proprio questo fattore a creare tensioni interne al regime. A non gradire particolarmente la figura di Gamāl era soprattutto la classe militare: il figlio del presidente era infatti espressione della nuova generazione di uomini d’affari, formatisi in università europee e statunitensi e fautori di politiche di liberalizzazione in ambito economico. L’esercito, dal suo canto, sebbene avesse perso parte del potere politico dagli anni di Anwār al-Sādāt in poi, continuava a esercitare una notevole influenza sulla vita pubblica egiziana, grazie alla gestione dell’economia e della finanza. L’idea che il possibile successore di Mubārak potesse spingere ulteriormente per politiche economiche più liberali, di fatto erodendo una parte del potere su cui i militari potevano ancora contare, generava delle divergenze di vedute interne al regime.
A ciò si aggiunga che, nel luglio del 2004, erano nati alcuni nuovi movimenti, come Kifāyah («basta!»), vera e propria piattaforma di protesta formata dalla società civile, che nelle proprie manifestazioni scandiva per la prima volta pubblicamente slogan contro Mubārak. Questa era solo la prima di una serie di organizzazioni che, di lì in poi, avrebbero sfidato il regime rivendicando maggiori libertà e il rispetto dei diritti civili e politici. Dal marzo del 2008, alle manifestazioni politiche si aggiunsero le proteste di natura socioeconomica, dovute all’aumento vertiginoso dei prezzi dei beni di prima necessità come la farina. Queste nuove ‘rivolte del pane’ provocarono la morte di almeno 15 persone. Inoltre, altri due movimenti emergevano come possibili catalizzatori del malcontento politico e sociale: il Movimento 6 aprile, sorto nel 2008 per dare sostegno agli scioperi dei lavoratori del-l’industria tessile di al-Maḥallah alKubrā, nel delta del Nilo, e il blog Sia mo tutti Khaled Sa῾id, dal nome di un ragazzo la cui vicenda aveva destato molto clamore. Nel giugno 2010, Khaled Sa῾id era stato fermato dalla polizia in un internet café di Alessandria con l’accusa di possesso di droga ed era morto per le percosse subite.
Le elezioni parlamentari del 2010, tuttavia, segnarono un passo indietro per le speranze di democratizzazione, in quanto il Partito nazionale democratico del presidente Mubārak si impose sostanzialmente come unica forza partitica in Parlamento.
Sull’onda delle proteste in Tunisia, nel gennaio del 2011 anche l’E. cominciò a essere attraversato da una serie di manifestazioni di protesta guidate dalle diverse associazioni che si erano costituite negli ultimi anni. Il 25 gennaio del 2011, data simbolica perché coincidente con la Giornata nazionale delle forze di polizia, iniziò una serie di manifestazioni in una delle piazze principali della capitale egiziana, piazza Taḥrīr. L’obiettivo dichiarato non era più quello di ottenere delle riforme, ma quello delle dimissioni di Mubārak, seguendo quanto era accaduto in Tunisia con la fuga del presidente Ben ῾Alī dal Paese il 14 gennaio 2011. I primi giorni di protesta, con i giovani accampati nella piazza, videro un confronto spesso cruento tra i manifestanti e le forze dell’ordine. Le proteste si protrassero per più di due settimane e la repressione delle forze di polizia comandate da Mubārak causò più di 800 vittime in pochi giorni. Il 10 febbraio Mubārak tenne un discorso alla nazione, in cui invece di dimettersi annunciava la cessione di parte dei poteri al suo vice ῾Umar Sulaymān. Come risposta al discorso, il giorno dopo centinaia di migliaia di egiziani si riversarono nuovamente nelle piazze, in un contesto che diventava sempre più teso e incline a scivolare in un vero e proprio conflitto civile. Lo stesso giorno, Sulaymān appariva in televisione per annunciare le dimissioni di Mubārak, probabilmente sotto le pressioni dell’esercito. Da quel momento, Sulaymān si propose di guidare il Paese verso una nuova fase di revisione della Costituzione ed elezione di un nuovo Parlamento e di un nuovo capo dello Stato. Dapprima il potere fu gestito ad interim dall’ex ministro della Difesa Muḥammad Ḥusayn Ṭanṭāwī e dal Consiglio supremo delle forze armate (SCAF,Supreme Council of the Armed Forces). Il nuovo governo propose alcuni emendamenti alla Costituzione, che furono approvati con un referendum nel marzo del 2011. Tra il novembre 2011 e il gennaio del 2012 si tennero, invece, le prime elezioni parlamentari democratiche della storia dell’E. contemporaneo. La vittoria netta delle formazioni islamiste, con la coalizione guidata dalla Fratellanza musulmana (v.) che conquistò il 37,5% dei voti e quella guidata dal partito salafita al-Nūr che ottenne quasi il 28%, anticipò il risultato delle elezioni presidenziali del 2012. Al secondo turno, svoltosi il 16 e 17 giugno del 2012, il candidato del Partito libertà e giustizia (afferente alla Fratellanza) Muḥammad Mursī fu eletto presidente con quasi il 52% dei voti. Per la prima volta nella storia repubblicana, tale carica fu rivestita da un appartenente alla Fratellanza musulmana e da un personaggio non proveniente dall’esercito. La sua gestione degli affari politici, poco attenta alle istanze delle opposizioni, generò una seconda ondata di rivolte, al seguito delle quali il generale ῾Abd al-Fattāḥ al-Sīsī mise in atto – il 3 luglio 2013 – un colpo di Stato per deporre Mursī. Candidatosi alle successive elezioni presidenziali nel maggio 2014 ed eletto presidente dell’E. con quasi il 97% dei voti, al-Sīsī consolidò progressivamente il proprio potere nel tentativo di riportare stabilità nel Paese, nonostante rimanesse molto criticato per la repressione contro la Fratellanza musulmana e i movimenti sociali di opposizione. A livello internazionale, con al-Sīsī l’E. tornò a rivestire un ruolo di primaria importanza, soprattutto come argine al fondamentalismo jihadista (v. is). Nella prospettiva di un rafforzamento dell’economia, nell’agosto del 2014 l’E. ha lanciato un piano per il raddoppio del Canale di Suez. L’opera, inaugurata nell’agosto 2015, ha avuto un costo di oltre 8 miliardi di dollari e, secondo le previsioni delle autorità egiziane, dovrebbe garantire entro il 2023 introiti annuali per più di 13,2 miliardi di dollari (le entrate del 2014 sono ammontate a circa 5,5 miliardi).
Bibliografia: M. Campanini, Storia dell’Egitto contemporaneo. Dalla rinascita ottocentesca a Mubarak, Roma 2005; M. Hamam, Egitto, la svolta attesa. Mubarak l’ultimo faraone, Roma 2005; B.K. Rutherford, Egypt after Mubarak: liberalism, islam,and democracy in the Arab world, Princeton-Woodstock 2008; S.A. Cook, The struggle for Egypt: from Nasser to Tahrir square, New York 2012.
Letteratura di Monica Ruocco. – La letteratura egiziana del 21° sec. si caratterizza per la sovrapposizione di differenti generazioni di autori che, insieme, sono confluite nel grande movimento di dissenso politico che ha portato alla rivoluzione del 25 gennaio 2011. Alcuni romanzieri della Ǧīl al-Sittīnāt (La generazione degli anni Sessanta) sono ritornati alla ribalta anticipando gli eventi che hanno cambiato la storia del Paese. Tra questi Ṣun῾allāh Ibrāhīm (n. 1937) il quale, nel 2003, ha rifiutato il premio assegnatogli dallo Stato per il romanzo Amrīkānlī (2003, Americano) come segno di protesta contro la politica filostatunitense del governo durante la guerra contro l’῾Irāq e, nel 2005, ha partecipato al movimento di opposizione Writers and artists for change. Altri suoi romanzi sono al-Talaṣṣuṣ (2007, Furto), al-῾Amāmah wa al-qub῾ah (2008, Il turbante e il cappello), al-Qānūn alfaransī (2008, Il codice francese), al-Ǧalīd (2011, Ghiaccio),Berlin 69 (2014) in cui la storia egiziana viene messa in relazione con i grandi momenti della storia mondiale.
Alla stessa generazione appartiene Bahā᾽ Ṭāhir (n. 1935), che ha ricevuto nel 2008 l’IPAF (International Prize for Arabic Fiction) per Wāḥat al-ġurūb (2007, L’Oasi del tramonto) ambientato nel 19° sec. all’inizio dell’occupazione britannica del Paese. Il protagonista è un ufficiale condannato per le sue simpatie nei confronti dei rivoluzionari nazionalisti, con evidenti riferimenti all’Egitto di Muḥammad Ḥusnī Mubārak. Altri importanti esponenti del romanzo egiziano sono ῾Alā᾽ al-Aswānī (v.), Ḫayrī Šalabī (1938-2011), il quale ha dipinto con sarcasmo e umanità i bassifondi del Cairo nello stile delle epiche popolari nei romanzi Wikālat ῾Aṭiyyah (2007, Il caravanserraglio di Wikalat ῾Atiyyah) e Isṭāsiyah (2010, Istasia); Radwà ῾Āšūr (1946-2014), le cui opere più recenti sono Qiṭ᾽ah min Urubbā (2003, Un pezzo d’Europa), al-Ṭanṭūriyyah (2010, La donna di Tantura) e Aṯqal min Raḍwà. Maqāṭi῾ min sīrah ḏātiyyah (2013, Più pesante di Radwa. Frammenti di un’autobiografia); e Yūsuf Zaydān (n. 1956), studioso di filosofia islamica, il quale ha ricevuto l’IPAF nel 2009 per ῾Azāzīl (trad. it. Azazel, 2010) sulle persecuzioni dei politeisti da parte dei cristiani nell’Egitto del 5° sec. d.C., seguito da al-Nabaṭī (2005; trad. it. Nabateo, lo scriba, 2011), Maḥāl (2013; trad. it. Sette luoghi, 2014) e Guantanamo (2013) in cui l’epoca preislamica si congiunge alla storia recente.
A questi autori si sovrappone la Ǧīl al-Tis῾īnāt (La generazione degli anni Novanta), oppressa dal regime e dalla islamizzazione della società, i cui protagonisti sono Muṣṭafà Ḏikrī (n. 1966), Muntaṣir al-Qaffāš (n. 1964), le scrittri ci Mayy al-Tilmisānī (n. 1965), Mirāl al-Ṭaḥāwī (n. 1968), Nūrā Amīn (n. 1970), Sumayah Ramaḍān (n. 1951), Manṣūrah ῾Izz al-Dīn (n. 1976), oltre a Ibrāhīm al-Farġālī (n. 1967), autore di Abnā᾽ al-Ǧabalāwī (2009, I figli di al-Giabalawi), e Ḥamdī Abū Ǧulayl (n. 1967), che ha scritto Luṣūṣ Mutaqā῾idūn (2002, Ladri in pensione) e al-Fā῾il (2008, Il soggetto). Tratto comune a questi autori è l’attenzione alla dimensione individuale dell’esistenza e il sentimento di chiusura nei confronti della società e delle sue istituzioni. Gli scrittori più rappresentativi dell’ultima fase della narrativa egiziana sono Aḥmad al-῾Āydī (n. 1974), autore di An takūn ῾Abbās al-῾Abd (2003; trad. it. Essere Abbas Al-Abd, 2009), in cui dà voce a una gioventù che vive un conflitto perenne con la società diventata più violenta dall’11 settembre; Yūsuf Rāḫā (n. 1976), il quale ha pubblicato Kitāb al-Ṭuġrà (2011, Il libro del sigillo) una settimana dopo la caduta di Mubārak, una riflessione sulla decadenza della civiltà arabo-islamica e visione profetica della rivoluzione, seguito da al-Tamāsīḥ (2012, I coccodrilli), la storia di un gruppo di intellettuali troppo concentrati su loro stessi per comprendere quello che stava per accadere al Paese. Nā᾽il al-Ṭūḫī (n. 1978) traccia un’ipotesi sul futuro dell’E. in Nisā᾽ al-Karantīnā (2013, Le donne di al-Karantina), in cui diverse generazioni di criminali cercano di impadronirsi della città di Alessandria per sottometterla al proprio sistema di valori. Nell’E. pre e postrivoluzionario è rinato il genere del noir grazie ad Aḥmad Murād (n. 1978) che ha pubblicato Fīrtīǧū (2007; trad. it. Vertigo, 2012), Turāb al-mās (2009; trad. it. Polvere di diamante, 2013), al-Fīl al-Azraq (2012, L’elefante blu), in cui ritrae la gioventù egiziana che combatte contro la corruzione.La poesia ha perduto il cantore popolare Aḥmad Fu᾽ādNaǧm (1929-2013), collaboratore del compositore Šayḫ Imām, noto per i suoi versi patriottici e rivoluzionari. La sua eredità è stata raccolta da Muṣṭafà Ibrāhīm (n. 1986), autore della raccolta al-Mānīfistū (2013, Il manifesto), in cui paragona l’uccisione dei giovani rivoluzionari del 2011 con il martirio dell’imam Hussein, nipote del profeta Muḥammad, avvenuto nel 680.
Bibliografia: S. Mehrez, Egypt’s culture wars, London-New York 2008; N.M. Radwan, Egyptian colloquial poetry in the modern Arabic canon, New York 2012.
Cinema di Giuseppe Gariazzo. – La cinematografia egiziana fu, dagli anni Trenta del Novecento, un punto di riferimento per il continente africano e, più estesamente, per il Vicino e Medio Oriente per la sua ampia produzione e per la capacità di coniugare istanze popolari e d’autore. Dagli anni Sessanta si assistette a un rinnovamento dei linguaggi, ma sempre nel segno della continuità con il passato. Dall’inizio degli anni Duemila i cineasti più rappresentativi hanno esplorato nuovi percorsi narrativi e formali. Per molti di loro, l’utilizzo del digitale ha permesso di raccontare i rilevanti cambiamenti sociali e politici con uno sguardo più libero e immediato, una scrittura in grado di intrecciare elementi di fantasia e documentari.
Ibrahim el Batout e Ahmad Ab-dalla sono stati i due registi più rappresentativi del cinema egiziano degli ultimi dieci anni. Dopo avere esordito con Ithaki (2005), lavoro a basso budget e di improvvisazione con gli interpreti, el Batout ha osservato la dura realtà di un quartiere povero del Cairo in Ein Shams (2008, noto con il titolo Eye of the sun), mentre in Hawi (2010), girato ad Alessandria, e in El sheita elli fat (2012, L’inverno dello scontento) ha portato sullo schermo storie di personaggi inquieti all’alba delle rivolte contro il potere. Con El ott (2014, Il gatto), ha spinto il suo cinema verso il noir metropolitano. Anche Abdalla ha descritto con precisione luoghi urbani fin dal film d’esordio Masr el gedida (2009, noto con il titolo Heliopolis), opera corale ambientata nell’arco di una giornata. L’idea e la pratica di un inventivo cinema indipendente sono state confermate dai successivi Microphone (2010), ritratto della nuova generazione di artisti e musicisti di Alessandria, e Farsh wa ghata (2013, noto con il titolo Rags & Tatters), sui contrasti sociali e religiosi al Cairo dopo le sommosse di piazza Taḥrīr. Decor (2014) è invece un tributo all’età d’oro del cinema egiziano degli anni Quaranta e Cinquanta.
Alcuni registi affermati hanno incrementato le loro filmografie con titoli significativi servendosi del melodramma per denunciare questioni sociali: Khaled el Hagar in El shooq (2011, Lussuria), Yusri Nasrallah in Baad el mawkeaa (2012, Dopo la battaglia), Mohamed Khan in Fatat el masnaa (2013, noto con il titolo Factory girl). Fra le opere prime ne vanno segnalate due molto diverse fra loro: Imarat Yaqubyan (2006, Palazzo Yacoubian) di Marwan Hamed, il film più costoso del cinema egiziano, con la star Adel Imam, e Al-khoroug lel-nahar (2012, Giorno per giorno) di Hala Lotfy, in cui la regista costruisce un dramma familiare con una regia essenziale. Un’altra cineasta, Jehane Noujaim, ha realizzato Al midan (2013; The Square - Dentro la rivoluzione), nel 2014 candidato al premio Oscar come miglior documentario.
Bibliografia: V. Shafik, Popular Egyptian cinema: gender, class, and nation, Il Cairo 2007; The golden years of Egyptian film: cinema Cairo, 1936-1967, ed. S. Boraïe, Il Cairo 2008. Si veda inoltre: G. Acconcia, Egitto, quando il cinema ritorna nelle periferie, 6 maggio 2014, http://www.reset.it/reset-doc/egittoquando-il-cinema-ritorna-nelle-periferie (29 apr. 2015).