FOSCARARI (Foscherari), Egidio
Nato in data imprecisata nella prima metà del secolo XIII fu il primo laico che insegnò diritto canonico presso l'università di Bologna.
Intorno alla persona del F. sono sorti, nel corso del tempo, diversi problemi in merito alla sua identificazione e all'attribuzione delle sue opere. Non è agevole, infatti, distinguere le opere del F. da quelle di un suo contemporaneo noto come "Aegidius Bononiensis", o anche "Aegidius magister decretorum", il quale, sconosciuto agli scrittori attivi nello stesso ambiente universitario bolognese del secolo XIII come Giovanni d'Andrea e Guillaume Durand, è stato successivamente accostato al F., e talvolta identificato con questo.
Tale incertezza aumenta quando si affronta l'attribuzione degli scritti tramandataci sotto il nome di Egidio: per alcuni critici essi sono opera di un civilista più che di un canonista, mentre per altri storici i testi ascrivibili al "magister Aegidius" sono opere di un canonista. A seconda delle opere prese in considerazione e attribuite a questo Egidio, il periodo della sua attività è stato inoltre anticipato o posticipato di circa un cinquantennio, rispetto al F., mentre il silenzio dei contemporanei è stato infine interpretato quale prova della scarsa importanza del personaggio.
Senza aver la pretesa di risolvere definitivamente la questione, è possibile comunque proporre alcune considerazioni. Il fatto che il problema dell'identità fra il F. e il "magister Aegidius" non sia stato posto dai contemporanei, ma sia sorto successivamente, potrebbe avvalorare la tesi che sia esistito un unico personaggio; la stessa diversità tra gli scritti a lui attribuiti potrebbe rispecchiare perciò solo diversi stadi della sua attività. Non è corretto inoltre considerare alla stessa stregua i documenti, dove l'indicazione del cognome è frequente, con le generiche annotazioni circa l'autore presenti nei manoscritti. Poiché, allo stato attuale della ricerca, non esiste un'assoluta certezza in merito all'identità del F. con l'"Aegidius" sopra menzionato occorre comunque una grande prudenza nell'esaminare i dati riguardanti la sua vita e nel compilare l'elenco delle opere.
Il F. proveniva da un'antica famiglia bolognese annoverata dal Savioli tra le famiglie popolari della parte guelfa. Il padre del F., Guglielmo, fece parte del Consiglio di credenza nel 1220 e morì prima del 6 giugno 1269, data nella quale il F. si qualifica come "quondam domini Guillielmi"; lasciò, oltre al F., altri due figli, Rolando e Isnardo, menzionati più volte nei Libri memoriali del Comune di Bologna.
Il F. si sposò tre volte. La prima moglie Adelasia fece testamento il 4 giugno 1277 e morì poco dopo. Lasciò un figlio di nome Galvano, sposato nel 1269 con Paglierina di Paglierino Accarisi, che premorì al Foscarari. Dalla seconda moglie, Contessa di Tommaso Tebaldi, sposata intorno al 1278, il F. non ebbe figli. Alla terza moglie, la quattordicenne Gisela, o Ghisola, figlia di Giovanni Pepoli, venne costituita la dote nel 1282. Da questo matrimonio nacquero Corrado ed Egidio, nato dopo la scomparsa del padre. Il F. ebbe anche un figlio naturale, Gualterone o Gualterotto il quale, sposato nel 1267 con Teodora, figlia del giureconsulto Viviano Toschi, venne legittimato per decreto del Comune bolognese nel dicembre 1287, per istanza dello stesso Foscarari. Nel 1292 Gualterone fece testamento, legando fra l'altro un prezioso palio all'altare di S. Giovanni Battista nella chiesa di S. Domenico "quod constructum fuit pro patre suo".
Abbiamo poche notizie circa gli studi compiuti dal F., ma egli stesso nella sua maggiore opera, De ordine iudiciario, ricorda spesso Bernardo da Parma, del quale cita l'apparato alle Decretali, chiamandolo "dominus et magister". Scarsi anche i dati in merito alla sua attività di docente; sappiamo comunque che tra i numerosi allievi ebbe anche Giovanni d'Andrea. Nel 1279 il F., non potendo tenere le lezioni a causa di un'infermità, si fece sostituire dallo spagnolo Garzia, dottore in decretali, dividendo in parti uguali gli emolumenti. Con ogni probabilità il F. proseguì successivamente nell'insegnamento in quanto le Quaestiones da lui redatte e legate all'attività didattica sono posteriori, come ha sottolineato il Bethmann Hollweg, al 1279.
Al pari dei suoi colleghi, il F. fu impegnato anche nella vita pubblica cittadina. Numerose menzioni del Chartularium confermano la sua presenza a Bologna negli anni 1265-1269. Il Savioli ricorda per l'anno 1265 un consulto che il F. rilasciò a favore del Comune circa il trasferimento dei pieni poteri a Loderengo Andalò, al fine di assicurare l'equilibrio fra i Lambertazzi e i Geremei, due famiglie di spicco della città intorno alle quali si erano aggregati gli opposti schieramenti ghibellini e guelfi; nel 1270 fu mandato come oratore a Venezia con il compito di esprimere il rammarico dei Bolognesi per l'infrazione dei patti che vietavano loro di erigere fortificazioni vicino al mare. Questa missione diplomatica fu il preludio del conflitto che oppose le due città nell'estate dello stesso anno. Nel 1272 fu tra i ventidue componenti di una commissione chiamata ad abolire uno statuto che imponeva la guerra contro Modena, inosservante dei precedenti accordi.
Particolare impegno il F. dedicò anche a placare i dissidi interni e a ripristinare la pace tra i cittadini di Bologna e gli abitanti del contado, impegno testimoniato da diversi lodi arbitrali prodotti dal Foscarari. È nota inoltre la sua collaborazione per la composizione di controversie tra alcune note famiglie bolognesi: nel 1285 fu chiamato a comporre un dissidio tra i Pepoli - ai quali come abbiamo visto il F. era legato da vincoli di parentela, avendo sposato la figlia di Giovanni Pepoli, Gisela - e gli Algardi. Sempre nel 1285, e successivamente nel 1286 e nel 1288, venne designato fra i savi della città chiamati a sedare le turbolenze dei partigiani della famiglia Lambertazzi.
Dalla sua attività di docente e di consulente il F. giunse ad accumulare un notevole patrimonio. Il Chartularium dello Studio bolognese è particolarmente ricco di documenti in merito a onorari percepiti, ad atti di compravendita e di affitto di immobili e a mutui da lui contratti o per i quali si costituiva garante. Un'idea dei beni posseduti dal F. viene fornita dai dati dell'estimo del 1283: oltre alle case in Bologna, egli risulta proprietario di terreni, vigne e allevamenti di bestiame in varie località del contado.
Il F. fece due testamenti: il primo venne rogato nell'aprile 1267 e fu sostituito poco prima della sua morte da un secondo atto, nel quale istituiva eredi in parti uguali Gualterone, Corrado e il figlio nascituro. Il testamento conteneva anche lasciti a favore dei domenicani, ai quali la famiglia era legata da vecchia consuetudine e presso la cui chiesa il F. voleva essere sepolto. Il F. morì il 9 genn. 1289 e il suo funerale si svolse con un'insolita pompa, poiché anche ai canonisti venne esteso il privilegio, limitato fino ad allora ai soli cavalieri e legisti, di partecipare al corteo funebre con vesti di colore scarlatto. La sua tomba è tuttora visibile nel sagrato della chiesa di S. Domenico.
Opere: Molti scrittori hanno fornito elenchi delle opere del F., alcune delle quali non ci sono pervenute o sono di dubbia attribuzione. La sua opera più diffusa fu senz'altro un manuale di procedura forense, conosciuto con diversi titoli quali Ordo iudiciarius in foro ecclesiastico, De ordine iudiciorum, Practica iudiciaria, Liber de iudiciis, Tractatus de ordine iudiciorum secundum consuetudinem civitatis Bononiae, tramandatoci, secondo quanto illustrato da L. Wahrmund, che ne ha curato l'edizione moderna (DerOrdo iudiciarius des Aegidius de Fuscarariis, in Quellen zur Geschichte des römisch-kanonischen Prozesses im Mittelalter, III, 1, Innsbruck 1916), in 77 redazioni manoscritte. Molto rara è l'editio princeps edita a Bologna nel 1577, conosciuta dal Wahrmund in sole tre copie. L'incipit dell'opera segnala chiaramente che essa è opera del F., chiamato "Aegidius de Fuscarariis civis Bononiensis decretorum doctor", mentre non è noto in quale periodo venne redatta. Il Wahrmund, sulla base di alcuni dati interni al testo, sostiene che essa fu iniziata intorno al 1262 e ultimata prima del 31 marzo 1266, in quanto contiene numerosi riferimenti a Bernardo da Parma, ancora vivente al momento della composizione del trattato e scomparso in quella data. Più recentemente il Nörr ha proposto una datazione dell'opera tra il 1260 e il 1266.
L'Ordo iudiciarius venne redatto a Bologna, come testimoniano le molteplici allusioni alle consuetudini e alla prassi ivi osservata; il F. si proponeva con quest'opera di aiutare i suoi allievi e i giovani legisti ancora poco esperti dell'attività forense, ma il suo trattato si rivela anche molto utile per i giudici e i notai. L'intera opera si divide in cinque parti, delle quali le tre iniziali, secondo il piano prospettato dall'autore e non pienamente rispettato, dovrebbero riguardare la procedura nelle cause civili, spirituali e criminali, la quarta le cautele consigliate agli avvocati nel corso della loro attività, la redazione di libelli e altre cose utili, la quinta le dispense e le redazioni delle domande "secundum stylum romanae curiae" e altre formule retoriche.
Un'opera attribuita al menzionato "magister Aegidius", nota come la Summa quoniam frequenter, dall'incipit del manoscritto che la tramanda (Parigi, Bibl. nat., ms. Lat. 4604, ma cfr. ora Dolezalek, s.v. Aegidius, dove vengono segnalati nuovi manoscritti non contemplati precedentemente) presenta molte convergenze con il trattato del F., come è stato sottolineato dal già ricordato Wahrmund, Die Summa der magister Aegidius, in Quellen zur Geschichte des römisch-kanonischen Prozesses im Mittelalter, I, 6, Innsbruck 1906). Ambedue le opere contengono formulari processuali e attingono ampiamente alla prassi dei tribunali bolognesi sia civili sia ecclesiastici. La Summa è però di poco anteriore; secondo il Wahrmund sarebbe stata scritta nel corso del pontificato di Innocenzo IV, anche se lo stesso curatore non riesce a interpretare la data del 1261, presente nel manoscritto, se non come un'aggiunta posteriore del copista. Oltre a questi indizi non abbiamo però alcun elemento sicuro per sciogliere in modo risolutivo i dubbi in merito alla paternità del trattato, tale da accogliere o respingere l'ipotesi che si tratti di una stessa opera redatta in tempi e modi diversi.
All'insegnamento universitario del F. si ricollegano le Quaestiones, edite dal Reatz sulla base di due raccolte manoscritte conservate a Darmstadt e Bamberga (C.F. Reatz, Aegidii de Fuscarariis, Garsiae Hyspani Quaestiones de iure canonico, in Collectio scriptorumde processu canonico, I, Gissae 1859, pp. 1-50). Si tratta di dieci quaestiones delle quali solo tre sono datate, rispettivamente per gli anni 1278, 1282, 1283, che riguardano aspetti di diritto canonico e presentano in molti casi espliciti riferimenti a fatti avvenuti a Bologna, Modena e Ferrara, mentre una è ambientata nella diocesi parigina.
Il F. fu anche autore di una Lectura alle Decretali, come sostiene il Lipenius, che ne segnala anche un'edizione bolognese del 1589, altrimenti sconosciuta. Le testimonianze dei contemporanei del F., quali Guillaume Durand, Giovanni d'Andrea e Giovanni d'Imola, ne provano comunque l'esistenza. Nel manoscritto Borghesiano 45 della Biblioteca apostolica Vaticana, redatto tra il XIII e XIV secolo è presente un breve commento di un "Aegidius Bononiensis" Super facto electionis (cc. 22v-23r), che potrebbe forse costituire un frammento della lettura perduta, anche se il Rota è incline a considerarla opera di un altro decretalista. In questo contesto va segnalato il manoscritto Palatino latino 634, della stessa biblioteca, contenente le Decretali con la glossa ordinaria e molte addizioni di un'unica mano firmata "Egidius" (cfr. ff. 5ra, 6va, 8vb, 11ra, 23va, 55ra-b, 133va-b).
Un'altra opera non pervenutaci, la cui esistenza non può però essere messa in dubbio, è il De officio tabellionis, menzionata da molti autori e vista ancora dal Trittenheim, che ne cita l'incipit: "Restat nunc, ut de officio". Essa è da collegare con il particolare interesse per il notariato, già espresso dal F. nell'introduzione all'Ordo iudiciarius.
Ancora controversa rimane l'attribuzione delle Lucubratiunculae Aegidii del manoscritto Sessoriano 43 della Biblioteca nazionale di Roma (cfr. Rota). La letteratura erudita d'età moderna ha inoltre attribuito al non altrimenti noto "magister Aegidius" le Diversitates dominorum magistri Aegidii, menzionate in un catalogo di libri appartenuti a Cervotto d'Accursio, un Libellus pauperum magistri Aegidii e un frammento di un Tractatus de protestationibus (Bibl. apost. Vaticana, Vat. lat. 2678, cc. 101-102). Un altro frammento dal titolo De moribus sive exordium advocatorum, conosciuto nella testimonianza offerta dal manoscritto Vat. lat. 5066 (cc. 83r-89r), e sempre attribuito a "Aegidius", corrisponde invece a una sezione (paragrafi nn. 189-200) dell'opera De ordine iudiciario del Foscarari.
Sono noti anche due altri membri della famiglia Foscarari, distintisi nel campo dell'insegnamento giuridico universitario. Il primo, Filippo figlio di Provenzale, attivo fra la fine del XIII secolo e i primi decenni del XIV, è ricordato una prima volta nel 1289 quando compare nel Collegio dei savi con l'incarico di definire alcuni capitoli delle convenzioni riguardanti le richieste avanzate da Ravenna e altre città romagnole. Filippo svolse un ruolo di rilievo nella vita pubblica cittadina, principalmente impegnato in ambascerie e incarichi politici. Nel 1292 fece parte del Collegio dei duemila, mentre nel 1294 compare come ambasciatore presso il Consiglio cittadino di Imola per definire un'alleanza fra le città site lungo la via Flaminia. Nel 1296 fu uno dei quattuor viri eletti per gestire la guerra contro Pistoia; nel 1298 svolse un'ambasceria a Firenze, mentre l'anno successivo ebbe l'incarico di correggere e modificare gli statuti del Comune di Bologna. Il 14 giugno 1340 Filippo compare un'ultima volta nella documentazione pubblica quando fu tra i deputati della città incaricati di compiere la riconciliazione con papa Benedetto XII. Sposato con Misina di Giovanni Pepoli, morì dopo il 1340.
Meno nota e documentata è la sua carriera universitaria dove compare, annoverato in un ordinamento del 21 giugno 1297, fra i professori dello Studium esonerati dall'obbligo di prestare servizio militare e di partecipare alle cavalcate. Il Sarti ipotizza che la sua attività pubblica lo abbia allontanato dall'insegnamento universitario, ma tale opinione è contraddetta dalla presenza di Filippo fra gli esaminatori che, il 10 nov. 1334, concessero la laurea a Bartolo da Sassoferrato. Secondo le testimonianze dell'Alidosi Filippo avrebbe lasciato varie quaestiones, non segnalate però dalla critica più recente.
Un nipote di Francesco Foscarari, Carlo, figlio di Rinaldo, suo fratello, svolse attività d'insegnamento presso l'università di Bologna. Proprio Francesco Foscarari sottoscrisse, nell'agosto 1394, la malleveria con la quale Carlo promise solennemente di ottenere entro un anno il dottorato in utroque, pena la perdita dei privilegi derivati dal titolo. Laureatosi il 19 apr. 1395, Carlo lesse nell'anno accademico successivo il Codice e venne annoverato, nel 1400, fra i membri del Collegio dei giudici. Nel 1396 aveva inoltre ottenuto, dopo aver rifiutato i benefici ecclesiastici dell'abbazia di S. Stefano, il priorato di S. Maria del Morello, già dei Crociferi.
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