BOCCANEGRA, Egidio (Egidiolo)
Figlio di Iacopo di Lanfranco e di Ginevra Saraceni, il B. nacque a Genova nella prima metà del sec. XIV e fu fratello di Simone, primo doge di Genova.
Durante il primo dogato del fratello, il B. nel 1341 divenne ammiraglio di Castiglia. Impegnato in una guerra contro il regno moro di Granata, Alfonso XI si era rivolto ai Genovesi, che avevano la reputazione di essere "muy sabedores de la guerra de la mar", per avere aiuti. Un accordo fu firmato a Genova, in base al quale il B. raccolse una squadra di circa venti galere. I viveri e le paghe mensili erano a carico del re di Castiglia e dovevano regolarsi in ragione di 800 fiorini per galera, tranne per la galera ammiraglia che doveva essere pagata 1500 fiorini.
Il B. partecipò con la squadra all'assedio di Algeciras che durò dal 3 apr. 1342 al 26 marzo 1344. Nel 1342 riportò sui Mori, assieme con Carlo Pessagno, ammiraglio del Portogallo, una vittoria fra Tatares, a una mezza lega da Algeciras, e Puerto Bullones, sullo stretto di Gibilterra. Le galere genovesi fecero ritorno a Genova alla fine della campagna e vi furono trionfalmente accolte, dopo che il re di Castiglia ebbe licenziato "trenta capi de galee de genoisi, li quali haveano bene servito": Historiae Romanae Fragmenta (Muratori, Antiquitates Italicae, III, col. 607).
In una lettera dei re d'Inghilterra Edoardo III del 1º settembre 1344 si ringraziava il B. per l'accoglienza riservata a Genova a Enrico di Lancaster, conte di Derby, che aveva viaggiato sui vascelli del Boccanegra. La lettera prova che il B. aveva l'intenzione, in quel momento, di passare al servizio dell'Inghilterra, poiché Edoardo III gli inviava Nicolino Fieschi, mercante genovese trafficante in Inghilterra, per concludere un accordo in questo senso.
La caduta del dogato del fratello Simone (23 dic. 1344), il quale si rifugiò a Pisa, dovette indurre il B. a stabilirsi definitivamente in Spagna, dove possedeva già beni e cariche. Il 2 sett. 1342 infatti Alfonso XI, per premiarlo dei primi successi contro i Mori, gli aveva concesso in feudo Palma del Rio, alla confluenza del Guadalquivir e del Genil, che divenne un maggiorasco: i discendenti del B. ebbero il titolo di conti di Palma. Poi, nel 1344, per ricompensarlo della parte avuta nell'assedio di Algeciras, il sovrano gli aveva donato l'alcázar di Manifle, un castello circondato da giardini, situato in Algeciras, e una residenza a Siviglia.
Tre atti del notaio Tommaso di Casanova del 29 dic. 1344, sei giorni dopo la caduta del doge, mostrano come l'ammiraglio avesse regolato i suoi interessi prima di lasciare la patria. Anzitutto egli concesse una procura generale ad Aimone Cantello per l'amministrazione del suo patrimonio genovese, poi costituì suoi procuratori generali questo stesso Cantello, suo suocero Percivalle Riccio e sua moglie Richetta, che resterà dunque a Genova. Questi procuratori, con un atto del 3 febbr. 1345 stilato davanti allo stesso notaio, vendettero ad un certo Ingone Gentile ed ai suoi soci tre dei quattro quinti di una cocca e baonesca", con un albero a vela quadrata, acquistata dal B. durante l'assedio di Algeciras. L'atto ci informa che valeva 1700 lire genovesi, ed il fatto che fosse venduta dal B. prova che questi aveva inteso servirsene per commercio e non come vascello di guerra, poiché altrimenti l'avrebbe lasciata in Ispagna. Del resto il B. conservava un quinto nella proprietà del battello che un atto dello stesso giorno permette di concedere in nolo "ad quascumque mundi partes". Da un atto del 27 sett. 1347 apprendiamo inoltre che Ginevra, madre del B., vendette per conto di quest'ultimo la casa del doge esiliato Simone ed un'altra più piccola: l'ammiraglio di Castiglia sembrerebbe dunque in quell'epoca rappresentare gli interessi di suo fratello a Genova per interposta persona.
È possibile che nel 1350 il B. abbia fatto parte del Consiglio di reggenza di Castiglia mentre Alfonso XI era all'assedio di Gibilterra, ove morì di peste. In ogni caso fu confermato nella sua carica di ammiraglio da Pietro il Crudele e nel 1357 contribuì ad arrestare la marcia di don Luigi de la Cerda su Siviglia, facendolo prigioniero. Nel 1359 comandò la flotta castigliana inviata contro Barcellona, capitale di Pietro IV d'Aragona. Era accompagnato dai figli Ambrogio e Lanzarotto, dal fratello Bartolomeo e dal nipote Bernardo, ma la flotta aragonese rifiutò il combattimento.
In seguito si perdono le tracce del B. nella lotta per il potere che si svolse tra Pietro il Crudele e il fratellastro Enrico di Trastamara. Sembra tuttavia che egli passasse dalla parte di Enrico nel 1366, anno della sua incoronazione a Burgos. Il 17 luglio di quell'anno Enrico II infatti gli concesse la località di Utiel. Dopo la sua fuga in Portogallo Pietro cercò di farsi inviare il suo tesoro trattenuto a Siviglia, che tuttavia cadde nelle mani del B., e fu consegnato ad Enrico. Quando Pietro, dopo la battaglia di Nájera (3 apr. 1367), entrò vincitore a Siviglia nel maggio del 1367, il B. fu condannato a morte. L'esecuzione ebbe luogo all'inizio di settembre. Ma due anni dopo Enrico, divenuto padrone incontestato dopo la morte di Pietro il Crudele (23 marzo 1369), restituì al figlio del B., Ambrogio, i beni di suo padre e la carica di ammiraglio di Castiglia.
Bibl.: L. T. Belgrano, Un ammiraglio di Castiglia, in Arch. stor. ital, s. 4, XIII (1884), pp. 42-53; Id., Doc. e genealogia dei Pessagno Genovesi, ammiragli del Portogallo, in Atti della Soc. ligure di storia patria, XV (1881), p. 295; F. Perez Embid, El almirantazgo de Castilla..., Sevilla 1944, pp. 122-131.