LAMBERTINI, Egano
Nacque a Bologna nel 1282 da Lambertino di Iacopino e da Villana di Scotto da Castel de' Britti. Ebbe due sorelle, Tiberga e Tommasina. Nel 1302 sposò Tommasina (Misina) di Villano Guastavillani e ne ebbe un figlio, Guido. Nel 1303 il padre morì e al L., unico erede e ancora minorenne, si affiancò quale curatore lo zio Guido, che aveva sempre collaborato con Lambertino nella gestione dei beni familiari da loro ereditati nel 1240.
Il patrimonio era costituito da alcune case in città e da un'estesa proprietà immobiliare nella pianura tra Bologna e Ferrara, concentrata intorno a Poggio Renatico: case e terre erano oggetto, in gran parte, di concessioni a privati con vincolo di vassallaggio. Guido e Lambertino si erano impegnati anche in prestiti e anticipazioni di sementi ai concessionari e agli abitanti; con compere mirate e acquisizioni per mancati rimborsi avevano incrementato la proprietà a Poggio Renatico e in località limitrofe.
Nell'agosto 1307 morì Guido che, privo di discendenti diretti, aveva nominato anch'egli il L. erede universale. L'estimo presentato dal L. pochi mesi dopo rivela un patrimonio di quasi 6000 lire.
La proprietà comprendeva una casa in città, in "cappella" di S. Stefano, una vigna nella guardia e molte terre nel contado, intorno a Poggio Renatico: oltre 50 appezzamenti per circa 315 ettari, 22 case e 3 grandi valli. Dell'eredità dello zio Guido il L. evidenziava le passività - legati per quasi 4000 lire -, ma le poste attive erano certo superiori, dato che una precedente denuncia congiunta del L. e dello zio faceva ascendere a 20.000 lire il valore del loro patrimonio.
La progressiva acquisizione dell'eredità, completata nel 1309, e la gestione dell'intera proprietà furono, nel successivo decennio, al centro degli interessi del L., che applicò i criteri già seguiti dal padre e dallo zio: acquisì altri appezzamenti coltivati e valli, e comprò dai Guastavillani un mulino a Caprara di Piano. Limitati furono invece gli impegni finanziari: pochi prestiti rivolti a congiunti o da questi provenienti, le usuali anticipazioni ai concessionari delle sue terre e ad abitanti della zona. Dalla dichiarazione d'estimo del 1329, di cui resta solo un frammento, si deduce che la proprietà fondiaria si era ulteriormente arricchita, ma che i redditi delle terre intorno a Poggio Renatico, nucleo centrale della proprietà, erano stati compromessi da tre anni di continue inondazioni. Da tale dichiarazione risulta che il L. si era trasferito dalla cappella di S. Stefano a quella di S. Cataldo, la cui chiesa era patronato del suo gruppo familiare. Affacciata su piazza Maggiore era la sede tradizionale dei Lambertini e molti di essi abitavano le case circostanti. Anche il nucleo familiare del L. si era nel contempo modificato: morta nel 1315 Tommasina, il L. aveva sposato qualche anno dopo Castora di Pietro Galluzzi e dal secondo matrimonio era nata Imelde. Nella casa di S. Cataldo risiedevano anche una ventina tra servi e collaboratori del L. e altri erano nelle sue proprietà nel contado: tutte persone il cui mantenimento il L. dichiarava necessario al suo stato e al suo onore.
Nel frattempo il suo interesse si era esteso a quegli incarichi pubblici dai quali si era a lungo tenuto lontano. Anche negli anni in cui Bologna, alla testa della Lega guelfa con Firenze, era stata fortemente impegnata a contrastare Enrico VII, il coinvolgimento del L. era stato molto scarso. I documenti ne indicano la presenza tra i nobili che nel 1310 accompagnarono in un breve viaggio a Roma il cardinale Armand Pelagrue, legato pontificio a sostegno dei guelfi di Emilia e Toscana, e l'inclusione nell'elenco dei tanti bolognesi che nel maggio 1313 Enrico VII accusò di aver agito a danno dell'Impero. Note di cronache lo segnalano anche tra i cavalieri inviati da Bologna nel 1315 in aiuto di Firenze e membro nel 1316 di una ambasceria inviata a Treviso: tutti impegni di breve durata e di modesto rilievo.
Nel decennio seguente le cose mutarono. Nell'aprile 1322 il L. fu uno dei quattro magnati preposti con altrettanti popolari a un contingente di 200 mercenari tedeschi assoldati dagli Anziani per contrastare i sostenitori di Romeo Pepoli, dopo il fallimento del suo tentativo di signoria personale. A Bologna aveva assunto il potere un regime guelfo ed è in questo contesto che vanno inquadrati anche i successivi incarichi del L. in città e all'esterno. Nel 1326 fu alla difesa della torre dell'Uccellino, fortilizio a presidio del confine verso Ferrara, e membro delle due delegazioni inviate da Bologna a Carlo d'Angiò, eletto signore di Firenze; nel 1331 fu alla guida di milizie cittadine impegnate nelle azioni promosse dal legato pontificio, il cardinale Bertrand du Poujet, signore di Bologna.
Di maggior rilievo furono gli incarichi esterni. Nel 1324 fu chiamato podestà a Rimini, retta dalla signoria dei Malatesta coi quali anche in seguito il L. mantenne ottimi rapporti. Nel 1329 fu capitano del Popolo a Firenze e in tale veste presentò in Consiglio le proposte della riforma istituzionale con cui una ristretta oligarchia guelfa si garantì a lungo il predominio. Tra settembre e ottobre condusse anche una spedizione militare in Val di Nievole nel contesto della lunga azione con cui Firenze assoggettò Montecatini. Nel 1330 fu di nuovo podestà a Rimini e subito dopo fu nominato da Roberto d'Angiò suo vicario a Brescia, minacciata dalle milizie di Mastino (II) Della Scala. Nel 1331 fu podestà a Orvieto e nel novembre 1334, dopo che a marzo la cacciata di Bertrand du Poujet da Bologna aveva già reso evidente il fallimento della politica guelfa nella regione, fu chiamato ancora quale podestà a Rimini, l'ultimo suo incarico pubblico.
Ad accentuare i riflessi negativi del mutato contesto politico sugli incarichi pubblici concorsero forse anche vicende private. Nell'aprile 1333 il figlio Guido, combattendo nell'esercito inviato da Bertrand du Poujet ad assalire Ferrara, era stato fatto prigioniero e il suo riscatto era costato 1400 fiorini. Nel maggio seguente la figlia Imelde, giovane novizia nel monastero domenicano di S. Maria Maddalena di Valdipietra, morì in un'esperienza di ascesi mistica, fatto che dette origine a una venerazione popolare durata secoli.
L'interesse del L. tornò allora ad accentrarsi sulla gestione del patrimonio. Ne sono testimonianza le cause promosse contro persone accusate di danni alle sue proprietà e per risolvere vecchie questioni ereditarie e l'acquisto in serie di piccoli appezzamenti intorno a Poggio Renatico. L'impegno con cui il L. gestiva i suoi beni indusse, nell'aprile 1342, altri grandi proprietari che avevano visto compromessi dalle inondazioni i redditi delle terre tra Galliera e Poggio Renatico ad associarsi, affidando al L. la ricerca e il coordinamento degli interventi atti a regolare il deflusso delle acque.
A integrare il quadro della sua gestione di terre tra Bologna e Ferrara stanno i legami che il L. strinse con gli Estensi. Fin dal 1294 i signori di Ferrara avevano cercato di legare a sé con concessioni feudali i membri della famiglia Lambertini, le cui proprietà in zona di confine rivestivano un evidente valore strategico. Con la fine del regime di Bertrand du Poujet erano caduti i motivi di scontro tra Bologna e gli Estensi e si era nel contempo raffreddato l'impegno del L. in incarichi pubblici a sostegno della causa guelfa. Le sollecitazioni fatte al L. per un legame coi signori di Ferrara si fecero allora più pressanti. Una prima apertura si ebbe nel 1335, quando il nobile ferrarese Nicolò de' Medici acquistò tramite Guido, figlio del L., una terra valliva con bosco e canale tra Bologna e Ferrara, per cederla in affitto al L. stesso. Nel gennaio 1340 Obizzo (III) d'Este concesse in feudo al L. una posta di mulino a Codognola, lungo il canale Navile, in territorio ferrarese, e nel giugno 1347 lo investì, insieme col figlio Guido, del feudo di vari appezzamenti vallivi intorno a San Martino, tra Poggio Renatico e Ferrara. Il legame di dipendenza così creato costituì da allora un elemento centrale nelle vicende del L. e dei suoi discendenti e non mancò di influire sui rapporti tra gli Estensi e Bologna, oggetto delle loro mire più o meno nascoste.
L'investitura del 1347 fu l'ultimo episodio di rilievo della vita del Lambertini. Rifugiatosi nell'eremo di Camaldoli per sfuggire alla peste, il 16 luglio 1348 dettò un codicillo a integrazione del suo testamento, e poco dopo morì.
Fonti e Bibl.: Arch. di Stato di Bologna, Comune-Governo, Riformagioni del Consiglio del Popolo, XIII, c. 254; Ufficio dei Riformatori degli estimi, s. II, 82, n. 73; 132, n. 133; 225, n. 20; Ufficio dei memoriali, 229, c. 378; S. Francesco, 92/4224, n. 30; Archivio Lambertini, bb. 1-8; Studio Alidosi, famiglia Lambertini; Arch. di Stato di Modena, Arch. segreto Estense, Camera ducale, Notai di Ferrara, Pietro Fabro, c. 150; Bartolomeo Nigrisoli, c. 43; Bologna, Biblioteca comunale dell'Archiginnasio, Gozzadini, 85: Epitome ovvero Cronologia… della famiglia Lambertini, cc. 77-86; Corpus chronicorum Bononiensium, a cura di A. Sorbelli, in Rer. Ital. Script., 2ª ed., XVIII, 1, vol. II, p. 426; Liber censuum Comunis Pistorii. Regesto, a cura di Q. Santoli, Pistoia 1915, p. 420; Liber Paradisus con le riformagioni e gli statuti connessi (1257), a cura di F.S. Gatta - G. Plessi, Bologna 1956, pp. 45, 111-115; I Consigli della Repubblica fiorentina. Libri fabarum XIII e XIV (1326-1331), a cura di L. De Angelis, Roma 2000, ad ind.; C. Ghirardacci, Historia di Bologna, Bologna 1605, ad ind.; Id., Historia di vari successi… della città di Bologna, Bologna 1669, ad ind.; P.S. Dolfi, Cronologia delle famiglie nobili di Bologna, Bologna 1670, pp. 438 s.; G.B. Melloni, Atti e memorie degli uomini illustri in santità nati o morti in Bologna, II, Bologna 1779, pp. 65-85; L. Tonini, Storia di Rimini, I, Rimini 1880, pp. 93, 258; M. Sarti - M. Fattorini, De claris Archigymnasii Bononiensis professoribus…, a cura di C. Albicini - C. Malagola, II, Bologna 1896, p. 342; A. Longhi, Il palazzo Vizani (ora Sanguinetti) e le famiglie illustri che lo possederono, Bologna 1902, pp. 115, 123; T. Alfonsi, La beata Imelda Lambertini domenicana, Bologna 1927, pp. 14-21, 203-210; P. Montanari, La formazione del patrimonio fondiario di una antica famiglia patrizia bolognese: i Lambertini, in L'Archiginnasio, LXII (1967), pp. 320-332.